🇲🇨Monaco - 2021

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Come si chiama quel fremito che ti viene in corpo quando ti agiti di passione? Si! Quello che ti fa tremare le dita delle mani e ti fa rizzare la pelle.

Ah si! Il brivido!

Perché la storia che sto vivendo e che voglio raccontarvi non può che iniziare con dei brividi che scorrono lungo tutto il corpo come se un cubetto di ghiaccio stesse passando lento sulla vostra schiena.

In questo esatto momento sono in piedi, proprio di fronte alla parete composta da immense vetrate che appartiene alla sala stampa presente dentro l'autodromo di Montecarlo. Da qui è possibile vedere la griglia di partenza del circuito in modo abbastanza decente e rispecchia quasi in modo preciso ciò che immaginavo quando ero piccola : sognavo ad occhi aperti di trovarmi proprio dentro gli autodromi più portentosi del mondo, quando invece mi trovavo sempre fra le braccia del mio papà che con fervore sosteneva davanti la televisione il suo pilota preferito ed io che con gli occhi cercavo sempre la "Macchinina rosso fuoco".

Michael Schumacher per l'appunto. Probabilmente non ci stancheremo mai di questo nome e negli anni a venire si parlerà sempre e solo di lui, incentivato anche dal fatto che quest'anno il figlio ha preso un sedile presso la scuderia Haas.
E posso garantire che leggere le iniziali del ragazzo, lì nell'angolo sinistro dello schermo, mi fa venire la pelle d'oca rievocando in me quelle tenere memorie ormai lontane ma che ho sempre considerato come le fondamenta per poter costruire il palazzo della carriera che svolgo ora.
E no, il lavoro non è ancora finito.

Guardo l'orologio sul polso sinistro: mancano cinque minuti esatti alle 15:00 in punto. Lo schermo di fronte a me inquadra il grosso ed iconico quadrante firmato Rolex, rifinito in oro e adagiato sul suo classico sfondo verde. La lancetta dei secondi scorre imperscrutabile, quasi come se avesse fretta di arrivare alla sua ora x, dimostrandosi capace di portare a termine il suo ruolo e vincere contro il tempo stesso perché ne è lei la vera padrona.
Ma come se avessero un orologio interno, tutte le vetture all'esatto scadere dei cinque minuti stimati, hanno già finito il giro di formazione. Una dopo l'altra si posizionano, fra motori indemoniati e sospensioni tese come molle.

Chiudo gli occhi e respiro lentamente.
Manca un solo minuto alle tre.
Forse il minuto più lungo della nostra vita, perché il tempo sembra essersi fermato lì sulla griglia.
Riesco così ad ascoltare meglio il mondo a me circostante: sento i piedi sui vari acceleratori e il rumore potente che ne segue, sento sulla pelle l'impazienza di voler partire subito, la voglia di vincere e alzare il trofeo.
Respiro l'adrenalina che si concentra nell'aria tesa fino all'ultimo sospiro, per inebriarmi di essa poiché mi da la carica, mi invoglia a non smettere.

Apro gli occhi.
Istintivamente cercano il vetrino dell'orologio da polso, ma dura poco più d'un battito di ciglia.
Mi accorgo che mancano pochi secondi alle fatidiche tre del pomeriggio. Il sole sorride sul tracciato di Montecarlo, forse lo stesso sole che sorrise ad Ayrton Senna anni fa.
La lancetta va in lenta sincronia con il semaforo pendente sulle loro teste; più di quelle, sui loro cuori. Gli ultimi quattro secondi vengono dettati dai quattro schematici cerchi rossi che la struttura sovrana concede. Là dove tutto il mondo resta in apnea, là dove alcuni portano le mani allo schermo nella speranza di una vittoria del proprio eroe, là dove negli spalti c'è un silenzio tombale ma forse quest'ultimo non è dovuto del tutto alla partenza, anzi forse è proprio colpa di una non partenza.

Sono le tre spaccate.
E poi il verde.
E poi il libera tutti, il respiro di tutti che si libera in un affanno smorzato, pieno di tensione da scaricare. Finalmente la tribuna esulta.
Loro, quasi tutti simultaneamente lasciano andare via il freno sia della vettura che quello delle loro teste. Già, perché hanno lasciato alla partenza tutti i pensieri, i dubbi, i complimenti, le polemiche e gli scandali.
Dal televisore proviene la voce di un Vanzini molto su di giri, lui che non riesce mai a contenere la sua euforia e quasi spesso lo capisco.
Sento poi qualcosa di completamente diverso, unsa sensazione ustionante che coinvolge ogni cellula del corpo. La partenza scaturisce sempre in me quella scarica di adrenalina o quella sorta di scossa talmente forte che attraversa le vene, oltrepassa la schiena e ogni fibra del corpo facendolo tremare dalla punta dei capelli fino alla punta dei piedi. Qualcosa che identifico come pura passione, elemento fondamentale nella mia vita perché mi conferma tutte le volte che questa è la mia strada, questa è la mia vita.
E soprattutto mi fa vivere ogni gran premio come fosse il primo, senza mai provocarmi eccessiva noia.
Seguono attimi, secondi impercettibili di fiato sospeso, di speranze, di emozioni.

The Prince / Il Predestinato Where stories live. Discover now