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Touya's Pov

Qualche minuto prima.

«Va bene. Se è quello che vuoi, va bene. Lasciamoci» rispondo. «Ma adesso sali in macchina, maledizione» indico la portiera con tono seccato.
«No» risponde coincisa.
«Hai davvero intenzione di camminare vestita da detenuta come se nulla fosse?»
«Sì» replica.
«(t/n), sali, non farti pregare...»

Porta le braccia al petto, evitando in tutti i modi di incrociare i miei occhi imploranti. È palesemente stanca e pure io lo sono, non vedo il motivo di fare questo spettacolino tanto pietoso.

Faccio qualche passo avanti, ritrovandomi a pochi centimetri distante da lei e non so se sia per il semplice fatto che abbia appena deciso di chiudere con me, ma poso inconsciamente le mani lungo i suoi fianchi, accarezzandole il viso per costringerla a guardarmi dritto in faccia.

«Puoi entrare in macchina, perfavore?» supplico.

Sbuffa, mordendo l'interno della sua guancia. Non so cos'altro fare per farle mettere piede all'interno di questa dannatissima jeep.

«(t/n)...?»
«D'accordo... Ma lo faccio solo perché non voglio essere sbattuta di nuovo al fresco» borbotta liberandosi dalla mia presa, entrando all'interno del veicolo sotto il mio sguardo di fuoco.
«Certo» rispondo senza creare altri problemi, chiudendo la portiera del passeggero mentre si allaccia la cintura.

Salgo anche io a bordo, girando le chiavi e riattivando il motore per partire tacitamente. C'è silenzio, ma non mi lamento, limitandomi a guardare la strada difronte a me.

- Non so cosa dirle -

Le lancio un occhiata furtiva per controllarla. La sua testa è posata sul finestrino e i suoi occhi fissano il paesaggio che scorre al di fuori di quest'auto. Quando gli si chiudono le palpebre dopo un sospiro profondo, ne approfitto per osservarla discretamente mentre guido.

«Si può sapere perché mi stai guardando?» nota.
«Così» faccio spallucce.
«Sempre il solito...» borbotta.
«Come dici?»
«Niente» smentisce.

Torna ad appoggiare la fronte sul finestrino, con la differenza che stavolta porta le gambe al petto.

- Probabilmente avrà freddo -

Sono tentato di dargli la giacca che si tolse poco fa, ma sono sicuro che non la accetterebbe mai, specie dopo ciò che è successo...

«E adesso che si fa?» chiede lei di punto in bianco.
Non controbatto subito, riportando l'attenzione sulla strada per riflettere su che risposta darle.
«Direi che per ora starai da me. Se non ti va giù la convivenza potremmo trovare un modo per separarci senza che nessuno dei due ci rimetta»
«E come faremo con la polizia?»
«Non lo so. L'unica cosa che desidero in questo momento è tornare a casa, lavarmi e dormire. Sono stanco, pure te» finisco.

Mi gratto il sopracciglio rallentando a un semaforo rosso, voltandomi verso (t/n) che non fa altro che guardare al di fuori del finestrino. Non mi piace la situazione che è venuta a crearsi, così decido di aprire bocca.

«Senti, tu vuoi veramente rompere con me?» la divoro con gli occhi.
Non mi guarda, ma sono sicuro che abbia sentito benissimo la domanda.
«Il tuo silenzio lo devo prendere come un 'sì'?»
Annuisce.
«Bene» sospiro, ripartendo al cambio di colore del semaforo, tenendo la mascella contattata.

Passiamo il resto del tempo che ci separa dal mio appartamento in silenzio e, quando arrivo all'ultima curva, svolto a sinistra parcheggiando l'auto davanti alla mia abitazione.

Scendo dall'auto e lei fa la medesima cosa, ma prima ancora di chiudere, prendo la giacca che si è rifiutata di mettere durante tutto il tragitto.

«Tieni, mettila» gliela porgo.
«Non la voglio» rifiuta freddamente.
«Non mi interessa se non la vuoi. Ti ho detto di metterla» la guardo con fare autoritario.
Fa una smorfia, ma alla fine la prende sgarbatamente dalle mie mani. Non riesco più a tollerare i suoi atteggiamenti infantili e se fare la voce grossa aiuta, meglio usarla.

Apro con le chiavi il portone del palazzo, salendo insieme le scale rimanendo ognuno per le sue, fino a quando non arriviamo difronte alla porta del mio appartamento che apro senza alcuna fretta.

«Cazzo, finalmente» sbuffo.
«Vedo che stare in macchina con me ti seccava...» mi attacca.
«Vai a sederti» ignoro la sua ultima insinuazione per non aprire un altro putiferio.

Mi sorpassa, andando ad accomodarsi sul divano senza fare storie, mentre io vado in cucina, aprendo il frigorifero.

Tiro fuori una bottiglia d'acqua per (t/n) e una di vino rosso per me, così da far raggiungere a entrambe le bevande una temperatura ambiente.

- Stasera basta con i problemi -

Prendo una confezione di Tachipirine, andando in soggiorno per gettarle con noncuranza sopra il tavolino vicino al sofà in cui è seduta (t/n).

Si stava massaggiando la tempia, ma notando la mia presenza smette subito, sussultando al rumore violento della confezione che sbattere sulla superficie difronte a lei.

«Vado a preparare il bagno, tu prendi questa» indico la medicina.
«Mh» non ringrazia.
«Certo che per te l'educazione è un tabù...»
«Come per te le buone maniere»
«Tsk, vado» mi dirigo verso il bagno. «Sul bancone in cucina c'è dell'acqua affiancata da una bottiglia di vino. Stai attenta a-»
«So distinguere una bottiglia d'acqua da una di vino, Todoroki» mi interrompe bruscamente.
«Come cazzo mi hai chiamato?» mi fermo fulminandola con lo sguardo.
«Non dovevi andare a preparare il bagno?» mi sfotte.

La mando a fanculo a bassa voce, riprendendo il mio cammino verso il bagno imprecando ogni gergo volgare in mia conoscenza. Una volta arrivato nella stanza, vado verso la vasca che fa pure da doccia, chinandomi per aprire il rubinetto dell'acqua.

- Tch, "Todoroki" -

«Ma vaffanculo, va» digrigno infuriato i denti.

Approfitto dello scorrere dell'acqua per bagnarmi la faccia prima che esploda dalla rabbia. Mi alzo irritato, grattandomi freneticamente i capelli per alleviare lo stress mentre mi asciugo con un asciugamano.

«Dio, voleva farmi incazzare e ci è riuscita... Ma porco il cazzo!» impreco.

Mi appoggio con ambe due le mani sul lavandino, togliendomi la maglietta a causa della mia temperatura corporea alzata a dismisura. La getto con nonchalance a terra, aspettando per alcuni minuti che la vasca si riempia.

«Accidenti a te e a quel pennuto di merda...» borbotto tra me e me. «Ma perché devi sempre comportarti così, (t/n)?» sospiro.

Alzo la testa per guardarmi per allo specchio. Le uniche parti della mia pelle non ustionate fanno a gara col colore violaceo delle mie bruciature, diventando di una tinta sempre più rossa.

Sono incazzato, ma non solo perché mi ha chiamato con il cognome di quel bastardo di mio padre... Sono al limite, questi tre mesi sono stati un inferno e adesso che ho finalmente ciò che volevo, ci rompo così, su due piedi.

Ammetto di aver esagerato, ma adesso l'unica cosa che vorrei è che entrasse da quella porta e-

«Touya...»

Sgrano gli occhi e mi giro con calma, vedendo (t/n) accostata alla porta. La studio dalla testa ai piedi e quello che vedo non mi piace per niente.

Ha una faccia rossa e un espressione da ebete. Con una mano tiene una bottiglia vuota di vino rosso mentre con l'altra la sua stessa maglietta che alza scoprendo la pancia, come se fosse intenzionata a togliersela.

- Dio, non dirmi che... -

«Ei, facciamo... Heheh... Il bagno insieme?» propone sghignazzando.

- È ubriaca?! -

SICK LOVE // (Dabi x Hawks x Reader)Kde žijí příběhy. Začni objevovat