Il Diavolo in divisa.
Piano Tredici, Porta numero Sei
Quel sottile rumore dell'ascensore, che saliva inesorabilmente, era l'unica cosa a coprire il pesante respiro esalato dalle sue narici. Aveva cercato di allentare la cravatta per non sentirsi un cappio al collo, ma nulla: il sudore freddo imperlava quella fronte che andava stempiando, mentre la mano sinistra stringeva con vigore la maniglia della sua ventiquattrore.
Fosse stata una semplice cena di lavoro, svolta in un elegante ristorante sulla quattordicesima a New York, il signor Weiss non avrebbe sofferto neanche un minimo di nervosismo. Del resto contratti e negoziati erano il suo pane quotidiano; una buona parola qui, una firma là, e la sua azienda ne avrebbe goduto al meglio, come al solito. Nulla di più semplice per lui.
Ma questa volta l'incontro era così importante e, al tempo stesso, così rischioso, che nella sua testa era presente solo un pensiero ingombrante: ne sarebbe uscito indenne da questa storia?
A ridestarlo fu il limpido suono che decretò l'arrivo al tredicesimo piano. Il signor Weiss uscì dall'ascensore e si diresse in fondo al corridoio, subito in cerca della sesta porta, ignorando la cura con cui era mantenuto il posto, dalle piantine ben tenute all'intonaco praticamente nuovo.
Arrivato però davanti alla porta targata con quel "sei" fatto di ottone, sinuoso come un serpente, si fermò un attimo. Passò la mano destra prima sui suoi capelli ricci, poi sul mento privo di barba, e infine si riallacciò la cravatta al collo. Non aveva ancora conosciuto quello che di li a poco sarebbe stato il suo interlocutore; mai visto di persona o in foto, e mai udito al telefono. Sapeva solo che si trattava di una persona estremamente meticolosa. Dunque, ci teneva a fare la figura migliore che poteva.
Ruotò la maniglia e aprì la porta, ritrovandosi ad osservare quella stanza immersa in un fil di luce, proveniente esclusivamente dalle tapparelle, poste in fondo. Di fronte a lui c'era una scrivania, un posto a sedere per lui e, all'altro capo, l'immobile silhouette della persona a cui si stava per rivolgere, per chiedere il suo servizio. Non era un'ombra imponente o squadrata, ma Weiss sentiva il suo sguardo penetrante su di sé.
Quando la porta si richiuse alle spalle del CEO, la luce della lampada posta su quella scrivania illuminò il volto della misteriosa figura.
Due occhi dall'iride grigia squadravano il volto dell'uomo alla soglia, protetti da occhiali rotondi, la cui montatura sottile e poco vistosa andava a posarsi sul piccolo naso all'insù presente su quel volto di donna. Volto giovane, dai lineamenti dolci ma affilati al tempo stesso, che davano un che di...artificiale in quella donna, di non naturale.
Il vestiario, poi, era decisamente insolito per quell'occasione: dal colletto ai polsini, una divisa militare di vecchio stampo la vestiva in modo impeccabile, priva di qualsivoglia piega fuori posto, sfoggiando le sue tonalità verde scuro e nere.
E ad incorniciare quel volto vi erano dei lisci capelli rossi, molto scuri e lunghi fino a metà del collo. Un basco nero infine faceva da corona.
-Benvenuto nel mio ufficio, signor Weiss. Mi auguro che il suo volo sia andato senza intoppi. Intanto si accomodi pure, non è cortese far restare gli ospiti alla porta.-
Quella voce suadente e pregna di buone maniere, che usciva da quelle labbra sottili, lo aveva appena invitato a prendere posto, cosa che fece senza troppa fretta, nonostante le sue gambe minacciavano di abbandonarlo per la tensione. Posò delicatamente la ventiquattrore sulla scrivania immacolata, sul lato destro. Nel far ciò il signor Weiss notò che sul lato sinistro era presente una tazza di tè fumante, fatta di una porcellana fine. E sul piattino era presente un quadratino di cioccolato fondente...
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La Seconda Cartagine
Fanfiction16 Agosto 2019: sono passati 14 anni da quando XANA è stato annientato e il Supercomputer spento. I Guerrieri Lyoko hanno potuto così passare degli anni di vita normale e tranquilla. O almeno così era fino ad adesso: la curiosità di un solo ragazzo...
