-Mhm.-

- Lo fai per soddisfare te stesso? La ragazza che subisce cosa ottiene in cambio?-

"Cosa ottiene in cambio? Sta scherzando spero."—Pensai.

Ottiene me, cazzo.

- Ottiene quello che ottengo io: gratificazione fisica e mentale.-

Mi ricordo ancora lo sguardo dello psichiatra. Mi guardava scettico.

- Quindi per te ha un ruolo importante anche la ragazza, non è tutto incentrato su di te e sul tuo di piacere?-

- All'apparenza sì, ma in realtà è lei che ha tutta la mia attenzione. Le faccio fare un'esperienza. Dolorosa e piacevole allo stesso tempo. Se a lei non piace, non c'è divertimento.-

-Quindi è tutto finalizzato a far star bene la ragazza?-

- Lo faccio con il fine di far stare bene entrambi, non voglio creare disagi a nessuno.-

Solo provocarle un orgasmo memorabile

- Ti capita di desiderare di avere rapporti...standard?- mi chiese con la speranza di ottenere una risposta positiva.

- Sí, è capitato.-

- Oh bene. Questa è un'ottima cosa. E riescono a soddisfarti ugualmente questi tipi di rapporti?-

- Sí, se sono innamorato sì. Anche se non è lontanamente paragonabile.-

Lui restò a fissarmi per qualche secondo.

- Okay, Alexander. Te la senti di dirmi perché?-

- Perché nel sesso normale alla fine si arriva solo all'orgasmo, al piacere fisico. Manca qualcosa. Non c'è quella complicità e manca quella sensazione di benessere mentale...-

A quel punto però mi bloccai. Non mi sentivo più a mio agio a continuare.
Non mi andava di raccontare cose così personali ad uno sconosciuto. Non le avevo mai dette neanche a Juliet.

- Non me la sento di continuare.-dissi freddo.

Così lui annuì e mi fece un test finale, sottoponendomi a varie domande.
Dal test risultò che non sono un sociopatico che desidera far del male agli altri o che ama vedere la gente soffrire. Sono solo un sadico che ama infliggere umiliazione e sofferenze fisiche durante il sesso.

-Niente di che allora.- dissi sarcastico.

Tanto è solo una cosa che spaventerebbe il 99% delle ragazze.

Senza contare le mie ingestibili manie di controllo.

Alla fine le sedute con lo psichiatra terminarono, mi classificò un disturbo da sadismo moderato, innocuo e non pericoloso.
Ma pur sempre un disturbo.
Sebbene avessi già il dubbio, il fatto saperlo con certezza, di essere malato, fu un brutto colpo.

Quindi Juliet fuggì quella notte, ma poi tornò a casa e io non riuscivo neanche a pensare di toccarla ancora. Sarebbe fuggita ancora. O almeno così credevo.
Ma fu più semplice di quanto avevo previsto, con Juliet.
Aveva quella strana capacità di farmi venire voglie irrefrenabili, e poi sedarle con un solo sguardo.
Perciò fu facile non farle del male.
Ed è assurdo a pensarci.
È l'unica a provocarmi quegli impulsi così malsani, ed è anche l'unica che riesce a farmeli mettere da parte.
Forse perché mi era mancata tanto.
O forse perché la amo per davvero.

E ora, finalmente, sono a casa.    

Juliet è venuta tutte le sere a trovarmi in ospedale.
Mi chiedevo se mio padre lo sapesse. Mi raccontava di cosa succedeva a casa, di lei che stava cercando lavoro, di mio padre che voleva farle una raccomandazione per un tirocinio in uno studio di contabili, ma a patto che avesse ripreso la scuola.
Lei parlava sempre sottovoce quando veniva trovarmi. Io la guardavo attento e sul suo volto ci vedevo la paura: sembrava che quella notte fosse rimasta impressa nei suoi grandi occhi color nocciola.
Ma ero intossicato e immobile su quel letto di ospedale, non potevo fare nulla per proteggerla.

Allungavo una mano verso di lei.

Juliet aspettava tutta la sera solo quel mio gesto. Non me la prendeva neanche la mano, mi si gettava direttamente addosso lanciandomi le braccia al collo. La mia faccia si trasformava in una smorfia di dolore quando accidentalmente mi stringeva troppo e sfiorava la mia ferita.
Ma trattenevo i lamenti per il dolore più che potevo, non volevo che smettesse di abbracciarmi. Non l'avrei più allontanata per nulla al mondo.

E poi, c'erano le note più scure, quelle più dolenti.
Mi raccontava del casino in cui eravamo finiti, degli agenti di polizia che non facevano altro che andare e venire da casa mia per interrogarla. Degli avvocati, di mio padre che veniva tenuto nottate intere in centrale per gli interrogatori.
Mi sembra di essere sprofondato nel passato, con una grossa differenza però: ora c'è Juliet con me.

Anche mio padre veniva quasi ogni giorni a trovarmi, ma lui non voleva parlarmene del casino che accadeva là fuori. Lo conosco troppo bene; avrebbe voluto essere al posto mio su quel letto d'ospedale, come avrebbe voluto essere al posto di Juliet nell'uccidere quel mostro che aveva distrutto la mia famiglia.
Ci sarebbero state udienze e processi. Me l'aveva detto Juliet, perché lui si ostinava a non volerne parlare. "Pensa solo a guarire, Alexander". Questo è tutto quello che diceva.

Si sentiva in colpa, perché per un suo errore aveva perso mia madre e per poco non aveva perso anche me.

-L'avvocato dice ci sono tutte le basi per la legittima difesa. La corte sarà sicuramente dalla parte di John, dato che Jacob ti ha sparato ma... non è così semplice.-
Juliet sapeva dirmi solo questo. Non è semplice.
E infatti no, non lo era.
C'era sempre qualche cavillo giudiziario da definire. Sopratutto considerando il movente di mio padre.
Kyle Withman aveva confessato l'omicidio della moglie di John Ackerman. E guarda caso poi quest'ultimo gli aveva sparato.
Un movente bello grosso.
Troppo grosso per far finta di nulla e chiudere il tutto con "assolto per legittima difesa".

-Non vedo l'ora che torni a casa Alex.-
Juliet mi abbracciava sempre forte, solleticandomi fastidiosamente il naso con i capelli lunghi. Era fastidioso, eppure adorabile. Ma solo perché lo faceva lei.

Mi portava ogni giorno qualcosa da leggere, a volte qualcosa da mangiare.
Juliet è una frana a preparare i biscotti. A preparare qualsiasi cosa di commestibile. Però non potevo fare a meno di sussurrarle un grazie tra le lunghe ciocche castane, ogni volta che mi lasciava un bacio e andava via.

Non per i biscotti, ma perché mi aveva salvato la vita.

🌟

Eccoci con il primo capitolo!

I tempi verbali sono al passato perché Alexander è appena tornato a casa dall'ospedale ma racconta di quando Juliet è fuggita (fine primo libro). Ho voluto riprendere da lì, creando un piccolo filo conduttore con il primo libro, proprio perché era lì che si erano interrotti i suoi POV.

Anche la permanenza in ospedale verrà riassunta perché sarebbe troppo noioso farci capitoli interi!

Fatemi sapere se vi è piaciuto!!
A presto chicass ✨

BADLANDS IIWhere stories live. Discover now