Se sopravvivi, muori a metà

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Le mani di Magnus bruciavano sotto le sue labbra, tremando impercettibilmente. Lo sguardo era invece saldissimo, fiero, più duro. Dardeggiava implacabile, mentre le ultime parole pronunciate d'impulso, quasi in tono di sfida, aleggiavano fra loro. Emblema dell'impossibilità di trovare catarsi in quella vicenda, né redenzione.

Gli occhi di Alec si lasciarono investire completamente da quelle fiamme, amplificandone i bagliori senza timore di venirne consumati. Brillavano di luce diversa, ma con identica forza.
Nel profondo, Magnus vi trovò incisa una verità disarmante.
Non si sarebbero spezzati.
Avrebbero continuato a illuminarlo quando di sé non sarebbe rimasto che un cumulo di cenere sparsa.

Se lui era fuoco, l'altro era diamante: più resistente, più prezioso, taumaturgico. Non appena quella scintilla d'ira fugace avesse ceduto nuovamente il posto ai rimorsi, ai rimpianti, al proprio oscuro dolore, l'ostinazione dell'altro lo avrebbe mantenuto vivo. E non sarebbe più stato un incendio, ma un calore gentile.

Vinto da questa nuova consapevolezza, le parole gli graffiarono la gola, quando finalmente decise di proseguire.

«È morta per proteggere me.»

Sentì Alexander intrecciare le sue dita alle proprie, e portarsele al petto. Questo gesto, così intimo e al contempo discreto, gli fece abbozzare il fantasma di un sorriso.

«Non dirmelo, se non puoi.»

«Voglio farlo. Lo vorrebbe anche lei.» Fece una breve pausa, prima di continuare.

«Si amavano, Alexander. Tutto è iniziato come una normale, fottutissima storia d'amore. Si erano scelti poco più che bambini, affacciandosi insieme all'età adulta. Mia madre mi raccontò di quanto fosse stato meraviglioso e folle il loro sentimento, all'inizio. Mi parlò delle risate soffocate sotto la luna, negli incontri segreti in cui strappavano al tempo gli ultimi istanti, delle mani intrecciate sotto il banco, delle carezze rubate. Degli amici, delle feste, dei pomeriggi trascorsi insieme. Di come poi tutto fosse cambiato.

«Ero un ragazzino quando ascoltai questa storia per la prima volta, eppure capii che mai avrei tradito il mio cuore come mia madre aveva fatto con il suo.
Lui la lasciò, e lei credette di impazzire, di morirne. Ma c'ero io, per cui scelse di vivere per me, di amarmi il doppio, per colmare il vuoto di chi era andato via. Quando lui tornò, quel mattino di quasi vent'anni fa, non era preparata a rivederlo. E di certo non era pronta a comprendere cosa fosse diventato. Conobbi questa parte della storia molto più avanti, quando ormai non ci sarebbe stato nulla da fare.

«Quel bastardo sputò fuori ogni cosa con la cattiveria negli occhi e quel ghigno malevolo che eliminai a mani nude.
Mi aveva trovato di nuovo e stavolta era certo di potermi costringere a seguire i suoi disegni. Non so cosa glielo facesse credere, se non il fatto che, ovunque andassi, lui era lì. Quando voleva una cosa se la prendeva: suppongo di essere stato il suo unico fallimento. Mi chiedo ancora se fu l'astio provato per il mio ennesimo rifiuto o il fastidio di non vedere assecondati i propri capricci, ma mi urlò che non lo avrei certamente fermato, se perfino mia madre era morta nel tentativo di provarci.»

A quelle ultime parole, Alec sussultò visibilmente.

«Ti chiederai perché avesse aspettato un mese intero, all'epoca. Il verme mi disse anche questo. Aveva fatto un patto con lei... voleva... voleva lei, in cambio. Che fosse docile con lui, che soddisfasse i suoi fottuti maledettissimi desideri. Dopotutto, la amava ancora

Il disprezzo profondo intriso in quelle parole era scolpito nella smorfia che Alec vide allargarsi sul volto di Magnus.
Lui stesso sperimentò un intenso disagio, sentendosi complice di quella violenza per il semplice fatto di aver ascoltato. Nello stesso tempo, avvertì il medesimo sdegno, la stessa identica rabbia furiosa. Non c'erano parole possibili.

Fuoco e DiamanteWhere stories live. Discover now