Capitolo 2: La verità

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Amore. Ha detto proprio amore. Forse un nomignolo affettivo tra amici di vecchia data che io personalmente non conoscevo. Si baciano. Amici un cazzo, questi stanno insieme. Ele mi guarda e mi dice.
-Ringrazia Franco per non averti denunciato.
Denunciato di cosa, non ricordo niente. Sorrido. Non ho il tempo di controbattere che lui dice.
-Ti aspetto fuori, ma fai presto.
Esce e rimango da solo con Eleonora. Ho mandato tutto a puttane. Nel frattempo entra un dottore.
-Ben tornato, come si sente?
Mi punta immediatamente una luce negli occhi senza darmi il tempo di rispondere.
-Bhe, allora come sta il nostro paziente?
-Tutto bene.
Rispondo. Bene un cazzo. Ele si è messa con questo Franco, e poi questa denuncia ma che cavolo ho combinato. Quindi lo conosco questo Franco o no?
-Si ricorda come si chiama-
Dice il dottore mentre mi massaggia le gambe.
-Si mi chiamo...,- come cazzo mi chiamo? -Luca, mi chiamo Luca.
-É normale, dopo un trauma cranico così non ricordarsi alcuni particolari.
Mi porto le mani alla testa e sento le fasce.
-Si ricorda quello che è successo?-
-Bhe... Si...-
No, non ricordo niente. Tartaglio un po' nel vano tentativo di ricordare ma il dottore capisce che qualcosa non va.
-Bene,- lui dice -ora parlerà con un esperto che l'aiuterà a ricordare quello che è successo-
Ed esce.
-Ele, cosa ho fatto?-
-Ti sei sparato un colpo in testa ma per fortuna eri ubriaco e ti sei preso di striscio-
La guardo con vergogna, non so cosa dire
-Non ti preoccupare,- accarezzandomi -qui ti aiuteranno. Ora devo andare ma ci sentiamo.-
Sulla soglia della porta mi guarda ed esce, e con lei escono tutte quelle poche speranze di riconquistarla.
Ma cosa avrò fatto? Ma oggi che giorno è? Quanto tempo ho dormito? Troppe domande devo trovare una risposta. Mi siedo sul letto cercando di scendere. Stacco dal petto i sensori dell'ecg, il macchinario è piatto quel suono mononota mi dà uno strano effetto. Spengo la macchina. Il piede sinistro sinistro tocca il pavimento è freddo, poi il destro, barcollo un po'. A piccoli passi, con il volto abbassato, cercando di ricordare come si cammina, sembro un bambino che si è appena alzato sulle sue gambe, arrivo fino alla porta trascinandomi dietro la flebo ancora attaccata al mio braccio.
-Lei dove sta andando?
Alzo lentamente lo sguardo. Un uomo in camice. Un dottore ma non quello di prima, mi sorride, lo già visto ma non ricordo. Mi mette una mano dietro la schiena e mi volta di spalle, mi riaccompagna sul letto. Tutto senza dire una singola parola, poi si siede alla poltrona nell'angolo della camera.
-Io sono lo psichiatra dell'ospedale, sono qui per aiutarti a ricordare, mi chiamo dottor Mazzalla ma tu mi può chiamare Bernardo.

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⏰ Last updated: Feb 18, 2021 ⏰

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