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* * *

06:30 di mattina,
i primi raggi di sole si facevano spazio tra le fessure delle persiane nella stanza buia di Sayaka.
Quest'ultima aprì lentamente gli occhi, si stiracchiò e contemplò per qualche tempo il soffitto.
Era un giorno come tanti, da lì a poco si sarebbe alzata, lavata e preparata per affrontare al meglio la giornata scolastica, ma per qualche strana ragione dentro di sé sentiva che non sarebbe stato un giorno come gli altri.
Si stiracchiò nuovamente, si mise a sedere, si mise ai piedi le sue ciabatte azzurre e pigramente si trascinò in cucina, dove, inaspettatamente, i suoi genitori si trovavano seduti a tavola con un sorriso seducente sui loro volti.

"Buongiorno Sayaka, avanti fai colazione prima che il caffè si raffreddi."

Non era solito che sua madre le parlasse con tono così dolce e leggero, soprattutto la mattina.
Senza rispondere, la giovane si sedette a tavola e, prendendo un biscotto, guardò dritto negli occhi i due genitori.

"Avanti, andate al sodo, come mai mi avete riservato questo dolce risveglio?"

"Piccola, ci offendi! I tuoi genitori non possono nemmeno più offrirti una buona colazione di tanto in tanto?"

Replicò il padre.
Inutile dire che lo fulminò con lo sguardo.

A quell'occhiataccia entrambi gli adulti fecero un grosso sospiro e le loro voci diventarono serie.

"Senti, ieri la presidentessa, o meglio dire ex presidentessa del comitato studentesco, è diventata bestiame dopo aver perso una partita contro la nuova eletta:
Kirari Momobami."

Sayaka assottigliò gli occhi mentre si era portata alla bocca la tazza ormai tiepida della bevanda.

"Non sappiamo come sia riuscita a sconfiggerla, ma quella ragazza sembra essere un fenomeno.
Ha due occhi blu diamante ipnotizzanti che sembrano possano leggerti nel pensiero, capirai bene che risulta una grossa minaccia per la nostra famiglia."

'Interessante', pensò la ragazza, ma sarà davvero tutta questa gran cosa?

"Degno di cappello, lo ammetto, ma io cosa dovrei farci? Perché me ne state parlando?"

I due adulti si guardarono risoluti, la madre fece di sì con il capo e lasciò spiegare il padre.

"Devi diventare la nuova presidentessa, Sayaka."

La ragazza sbattè con forza le mani sul tavolo rizzandosi in piedi e facendo cadere a terra la tazza di caffè ormai freddo.

"CHE COSA HAI DETTO?"

"Hai capito bene, e non hai via di scampo.
La mamma ne ha già parlato con lo zio, e sai che occupa 'i piani alti'."

"Sayaka, diventando presidentessa dell'istituto e spodestando Kirari Momobami dal suo trono, riuscirai a diventare il capo di una delle più importanti istituzioni dell'intero Giappone, capisci che cosa ti stiamo dicendo?"

Rimase senza parole.

"Non potete farmi questo, sapete quanto io odi questa scuola e tutti coloro che stanno in alto a comandare.

Quelli là sanno soltanto giudicare e osservarti con disprezzo, reputandoti una semplice pedina sul loro campo di scacchi...

Rifiuto."

Disse tutto questo con una voce pacata quasi rotta da un pianto che con tanta tenacia cercava di frenare.

"Non puoi."

Eh?

"Non puoi ribellarti alle nostre parole, Sayaka.
Siamo noi a decidere del tuo futuro e delle tue azioni, solo noi siamo capaci di dirti cosa puoi fare e cosa non puoi fare."

La ragazza si voltò di spalle stringendo i pugni e trattenendo ancora di più le sue lacrime.
Il tono di voce di suo padre era così rigido e serio che non lasciava spazio a nessuna obiezione.

"Dovrai prendere il posto della presidentessa, spetta a te decidere che strategia attuare, di certo l'intelletto non ti manca."

Sentì sua madre alzarsi e aprire un cassetto sotto i fornelli.
Si avvicinò alla figlia con passo cauto e le prese la mano.

"Diventa presidentessa, a qualunque costo."

Disse la signora porgendo nella mano aperta e fragile di Sayaka una pistola.

Non si spaventò, sapeva le origini della sua famiglia, e sapeva anche che non poteva ribellarsi.
Continuando a fissare per terra, afferrò con grinta l'arma e fece allontanare colei che gliel'aveva data.

"Sì madre."

* * *

Si erano ormai fatte le sette,
Igarashi si andò a preparare in bagno e si guardò allo specchio con serietà.
Era solita portare i capelli sciolti e le lenti a contatto a scuola, ma pensò che per prendere il posto dell'attuale presidentessa doveva prima ingraziarsela e mostrarsi decisamente inferiore a lei, almeno esteticamente.
Dunque si fece due trecce corte e recuperò dai meandri di uno scaffale un paio di occhiali che portava alle elementari.
Ormai non le andavano più bene, ma voleva apparire il più infantile e indifesa possibile.

Allacciandosi le scarpe pensava che tipo potesse essere questo nuovo fenomeno del consiglio studentesco, sapeva solamente che aveva dei profondi occhi azzurri e delle assurde capacità nel gioco d'azzardo.

'Ma sì —pensava Igarashi— magari sarà divertente mettersi nei panni di una povera bambina pronta a fare da leccapiedi a uno di quegli stronzi ai piani alti.
Immagina-'
Ma ad un tratto la sua mente smise di vagare e tornò alla realtà ricordandosi del suo vero compito:

diventare una delle persone che più odiava con mente e anima.

Rabbrividì e il suo sguardo si fece vitreo.
Guardò il marchingegno assassino che aveva lasciato su un comodino davanti alla porta, prese la sua borsa e lo ficcò in mezzo a dei libri e della cancelleria.

Cominciò a tremare.

"Solo in caso di emergenza..."

Disse a sé stessa.

Uscì di casa senza salutare i suoi, e si avviò con passo deciso fuori dal portone del palazzo.
Una volta raggiunto il mondo esterno, Igarashi socchiuse gli occhi per la forte luce che il sole aveva deciso di emanare quel giorno.

Era primavera e gli alberi di ciliegio stavano perdendo i loro primi petali rosa.
La ragazza si fermò ad osservare il paesaggio, stese la mano verso l'alto per coprire parte del sole e lo osservò tramite le dita.

"Kirari Momobami, eh?"

* * *

i've never been with you, until nowWhere stories live. Discover now