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Quando scesi in cucina, mia madre stava raccogliendo da terra i cocci di un bicchiere da vino di vetro; un altro, colmo per tre quarti di liquido rosso come sangue coagulato, scintillava sul ripiano della cucina.
Non nominai Evan, non feci commenti sul litigio che avevo origliato, non le dissi che secondo me in quel periodo stava bevendo un po' troppo, e non le ricordai che erano tre giorni che non usciva di casa, o indossava qualcos'altro a parte la sua vestaglia di seta blu notte.
I suoi capelli biondo chiarissimo erano tirati da giorni in uno stretto chignon che non ne nascondeva lo sporco, e le unghie normalmente curate ora erano mangiucchiate e con lo smalto scheggiato.
L'immagine che avevo davanti agli occhi collimava così poco con quella che per tutta la vita ero stata abituata ad avere di mia madre, che vederla in quello stato era davvero penoso.
Nata in Svezia, era stata portata in America - di cui si considerava ormai cittadina - da una zia premurosa all'età di cinque anni, dopo la morte dei genitori; lei e mio padre si erano innamorati all'ultimo anno di liceo, lei era rimasta incinta, e bam, matrimonio, lavoro, figli, vita da adulti per quelli che erano ancora due ragazzini. Banalissima storia di una tipica famiglia americana.
In Svezia non ci era più tornata, nonostante le mie continue richieste di visitare il paese dove risiedevano un po' delle mie radici, sicuramente più esotiche della parte presente a Miller Town, ma lei si era sempre rifiutata; sospetto che i suoi ricordi di quel periodo non fossero molto belli.
Dei miei nonni materni non sapevo nulla, se non che avevano lineamenti rigidi, come congelati dal freddo invernale delle steppe nordiche, uno sguardo severo -avevo trovato una foto sepolta in uno dei cassetti di mia madre -, che erano morti in un incidente d'auto e che erano sepolti in Svezia.
Il fatto di essere mezza svedese a me non aveva comportato nessun vantaggio - al contrario di Evan, che aveva ereditato tratti alteri e particolari -, e anzi mi aveva dotato di un colorito da mozzarella che mi impediva di abbronzarmi d'estate, quando i raggi del sole mi facevano diventare simile ad un'aragosta.
Non potevo negare di provare un certo rancore nei confronti di mia madre: Evan aveva sempre avuto un rapporto molto conflittuale con i nostri genitori, e lei non stava affatto migliorando la situazione.
Volevo bene a mia madre e a mio padre, ma lui era mio fratello gemello: io avrei dovuto difenderlo e proteggerlo in ogni caso.
I litigi, il disprezzo, la distanza, la mancata comunicazione: capivo perché Evan non sopportasse i nostri genitori - così ordinari, tipici, noiosi, ordinati, abitudinari, cliché - e sapevo che io dovevo essere il suo canale per il mondo; mio fratello ragiona in modo diverso dagli altri, e si sa che ciò che é diverso per molti costituisce anche una minaccia, perciò facevo tutto il possibile per coinvolgerlo nella mia vita, in una vita normale, non importa se poi lui rifiutava per rimanere nell'ombra: volevo che sapesse che io c'ero, in ogni caso, anche se non avesse voluto chiedermi aiuto.


Miller Town, 14 febbraio 2007

<< Dai, mettilo! Ti farà più carina, e poi sa di fragola. >>
Lyanna arrossì, prendendo il lucidalabbra che la sua nuova amica Olivia le stava sventolando davanti alla faccia; si voltò verso lo specchio del bagno della scuola e se lo applicò con attenzione sulle labbra socchiuse, che lasciavano intravedere il luccichio argentato dell'apparecchio per i denti.
<< Stai benissimo >> esclamò estasiata Olivia nella sua acuta voce da bambina di undici anni, mettendosi accanto a lei per guardarsi nello specchio << Ora siamo sorelle di lucidalabbra! >>
Lyanna era stata nervosa al pensiero di iniziare la prima media: suo fratello Evan sarebbe stato in classe con lei, ma nessuno dei due era molto bravo a fare amicizia, perciò temeva che si sarebbero ritrovati soli ed esclusi dalla classe come alle elementari.
Perciò era stato quasi uno shock quando un'aggraziata e incantevole bambinna dai lunghi capelli biondi le si era seduta accanto il primo giorno:
<< Io sono Olivia >> si era presentata sorridendo << Mi piace il tuo cerchietto. >>
Lyanna aveva balbettato un ringraziamento e si era presentata a sua volta: e così era iniziata la loro amicizia.
Dopo quasi sei mesi un bel po' di imbarazzo se n'era andato, ma la bambina ancora non sapeva bene come comportarsi nei confronti dell'esuberante ed estroversa amica: lei era decisamente più timida e riservata.
<< Spero tanto che Adam mi mandi una valentina. >> sospirò Olivia rimettendosi il lucidalabbra nella tasca della divisa.
<< Adam Sommers? Quello che ha messo quella rana morta nell'astuccio di Emily? >>
<< É carino! >>
<< Si starnutisce sulle mani e poi non le pulisce. >> storse il naso Lyanna.
<< Va bene, e sentiamo, Miss Perfettina, chi é degno della tua regale attenzione allora? >>
La bambina si strinse nelle spalle, arrossendo di nuovo: << Nessuno. Ho solo undici anni. >>
Olivia rise, e uscirono a braccetto dal bagno, per tornare in classe.
Nell'aula, priva di insegnante, le aspettava un eccezionale trambusto: Miles Howard e la sua piccola gang di bulletti, Adam e Parker, accerchiavano il banco di Lily Jung, una timida e introversa bambina dai lunghi capelli neri e i tratti orientaliggianti, che in classe preferiva stare a scrivere e scarabocchiare sul suo quaderno piuttosto che socializzare con gli altri.
Ridevano e schiamazzavano passandosi un foglio, mentre le guance di Lily erano rigate di lacrime; il resto della classe tendeva il collo, incuriosita.
A un tratto Miles si voltò e si diresse verso il banco di Evan, che era seduto tranquillamente a rigirarsi una penna tra le dita, lo sguardo perso nel vuoto fuori dalla finestra.
Miles schiaffò il foglio che aveva tra le mani davanti a suo fratello, chinandosi in avanti con un ghigno malevolo. << Un biglietto di San Valentino >> spiegò in modo che tutti sentissero << dalla tua ammiratrice segreta. >>
Tutti erano con il fiato sospeso a seguire la scena, ma Evan non mosse un muscolo, a parte le dita, che continuavano imperturbabili a far roteare la penna.
Passarono un paio di secondi, che sembrarono dilatarsi all'infinito, e poi Lyanna sentì un movimento al suo fianco.
<< Se sentivi il bisogno di confessare i tuoi sentimenti, Miles, avresti certamente potuto trovare un modo un po' più privato. >> esclamò spavalda Olivia. Ci furono parecchie risate, e Miles voltò la sua faccia lentigginosa verso di loro, furioso.
<< Ma guarda guarda. Denti di Ferro e Oca Harris paladine della giustizia? Chi l'avrebbe mai detto, visto che una spiccica a malapena parola e l'altra dovrebbe chiudere la bocca un po' più spesso. >> il sorriso cattivo ricomparve mentre riprendeva in mano il foglio. << Se é questo che volete, lasciatemi illustrarvi la stomachevole dichiarazione d'amore di uno scherzo della natura >> e indicò Lily << all'altro >>, e puntò Evan.
<< Caro Evan, >> cominciò a leggere con trasporto e in falsetto <<  sbaglio a pensare che io e te siamo molto simili? Entrambi soli, preferiamo vivere in un nostro mondo che adeguarci a quello degli altri. Quando vedo i tuoi capelli biondi e i tuoi occhi neri come pozzi il cuore mi balza nel petto e... >>
Il foglio venne strappato dalle mani di Miles da un Olivia furiosa che aveva fatto un balzo per prenderlo e incenerire il ragazzino con lo sguardo.
<< Tutto ciò é cattivo e maleducato! Non sono fatti tuoi, Miles, ma cose private che le persone coinvolte devono risolvere tra loro! >>
<< Oh, ma così é molto più divertente. >> si allungò sul banco di Evan per guardarlo negli occhi. << Allora, playboy, cosa ne pensi? Darai alla piccola Lily la chance di perdersi nei tuoi profondi occhi neri? >>
Evan ricambiò lo sguardo, e Lyanna rabbrividì alla scintilla di disprezzo che vi colse, che forse gli altri avevano preso per calma, e se aveva la speranza che si comportasse da gentiluomo difendendo Lily, la perse in quel momento.
<< Non mi importa niente di voi idioti. Ora spostati dal mio banco. >>
Miles fece un passo indietro con una risata sguaiata. Prese la lettera dalle mani di Olivia, che si era incantata a guardare la scena, e la strappò, gettandone i frammenti accartocciati alla legittima proprietaria.
<< Visto, sgorbio? Non ti vuole. Nessuno lo fa. >>
Lily scoppiò in singhiozzi e corse fuori dalla classe, e i tre bulletti risero, assieme a qualcun'altro della classe.
Olivia tremava di rabbia al suo fianco, mentre Lyanna intrecciava lo sguardo con suo fratello: dietro i suoi occhi, lesse l'indifferenza e il distacco più assoluti.

Buongiorno!
Lo so, lo so, dovrei smetterla di fare note di fine capitolo e ammorbarvi inutilmente, ma questa in particolare é più importante del solito: prima di tutto volevo scusarmi, perché avevo detto che avrei aggiornato settimanalmente e invece sono passate due settimane - questo capitolo in quanto a lentezza di scrittura é stato un parto -, e poi ringraziarvi. Sì, perché mentre scrivo questa storia ha raggiunto le 324 visualizzazioni e 42 voti.
Tanti lo possono considerare un risultato da nulla, ma voglio che sappiate che per me é davvero molto importante: non sono mai stata, e mai sarò, una di quelle autrici che "se non recensite in 267384 non pubblico il prossimo capitolo!!!!": scrivo questa storia perché mi piace farlo e la condivido nella speranza che piaccia anche a voi, e vi trasmetta determinate emozioni anche solo per il tempo di un capitolo.
Ovvio, per un autore sapere cosa pensano i lettori e sempre cosa gradita, ma per me il semplice fatto che qualcuno si sia preso la briga di aprire questa storia e leggerne anche solo un paio di righe o il prologo, é già una grande conquista.
Perciò ringrazio voi che avete votato, recensito, o solo dato un'occhiata a questo progetto che sto portando avanti con piacere e impegno, quando l'unica ricompensa a cui miro - non voti, commenti o popolarità - é farvi passare dei bei dieci minuti di lettura, spero, o anche farveli perdere - spero di no, ma é con i commenti negativi che si migliora!
Quindi vi saluto con un abbraccio fortissimo, e spero di ritrovarvi al prossimo aggiornamento, che d'ora in poi cercherò di postare ogni sabato!
Lisa

What's wrong with EvanWhere stories live. Discover now