Una farfalla piantata a terra

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Aprii gli occhi per una frazione di secondo, ma li richiusi subito.

Perché questa stanchezza non mi abbandonava nemmeno dopo una nottata di sonno?

Ero ancora nudo.
Mi tirai su sulle braccia e sulle ginocchia, trovandomi a quattro zampe.
Abbassai lo sguardo per vedere il mio cazzo ciondolante proteso verso l’asciugamano rosso, come un bimbo in cerca un abbraccio.

Entrambi attratti dal Rosso, pensai.

Scivolai giù dal letto e a passi striscianti arrivai alla doccia. Avrei voluto crogiolarmi sotto l’acqua, ma era ora di andare a vedere come stava il Piccolo Mo.

Di solito fremevo per passare tempo con lui, ma dopo ieri sera le cose erano cambiate.
Non so cosa avesse fatto la differenza, ma ero certo di non voler sentire ringraziamenti in nome dell’amicizia.

Amicizia era una parola che mi dava i brividi, se associata a Mo.

Finito di asciugarmi, presi una tuta dall’armadio e mi vestii sbadigliando.

Quando arrivai in soggiorno, mi stupii di trovarlo vuoto.
La coperta che avevo lasciato sul divano ben ripiegata e sopra di essa il cuscino: Mo se ne era andato.

Ancora peggio: aveva sistemato ogni cosa, anche in cucina. Aveva cancellato ogni traccia del suo passaggio.

Mi sedetti sul divano e rimasi per qualche secondo a fissare la finestra, ma senza vedere oltre.
Anzi, nel giro di pochi secondi la vista mi si appannò.
Stavo piangendo, senza sapere perché. Soprattutto senza volerlo.

Allungai una mano per afferrare il cuscino e me lo spinsi sul viso.

Il profumo di Mo.

Dopo il primo singhiozzo premetti ancora più forte. Era impossibile prendere aria e mi girò la testa.

Reclinai il capo indietro, staccai il cuscino dalla faccia, e osservai le chiazze che le mie lacrime avevano impresso.
Ci vidi la sagoma di una farfalla, con le ali un po’ sbilenche. Una farfalla che per quanto bella non sarebbe mai riuscita a volare.

Ecco come mi sentivo: piantato a terra.
Esausto.

ESAUSTOWhere stories live. Discover now