Tia

La ragazza dai capelli castani si guarda attorno, con sguardo distratto. Gli occhi castani saettano da una macchina all'altra, cercando di intravedere qualcosa di irrazionale. Si siede. Un libro sulle cosce, lo stilo nella mano destra. Con l'inchiostro nero che fuoriesce da quel cilindro, si traccia dei marchi sulla pelle candida. La bacchetta in legno di prugnolo è infilata accuratamente dentro lo scarpone, nascosta. Il pugnale in bronzo celeste lo tiene tra i denti, mentre la spada angelica è ancorata alla schiena. Indossa una maglia arancione brillante, con scritto a chiare lettere "Campo Mezzosangue", la spilla di Serpeverde appuntata sul petto all'altezza del cuore. Schiocca le dita per avvolgersi nella Foschia, di cui sua madre è la dea. Ripensa alle amate miniere di carbone del Distretto 12, dove le persone l'additavano dicendo:"È una Divergente, quando era neonata viveva nell'esperimento di Chicago." 
Fa passare lo stilo sopra l'orecchio destro, come fosse una matita e lei una progettista. 
Sospira. Apre il libro in una pagina indefinita, muove gli occhi da una riga all'altra, veloce. Avida di parole, le accoglie tutte nella sua testa, beandosi del suono melodioso delle cose non espresse a voce.  Quando sfoglia le pagine, sembra quasi accarezzarle, come fossero dei bambini e lei la loro madre. E mentre legge, viaggia lontano, non sente più niente. Le lettere la rapiscono, progettando di riportarla indietro, alla monotona realtà, non appena finita la lettura. Ma lei è comunque insaziabile. Un libro dopo l'altro, quasi li divora. Finché qualcuno le scuote la spalla, allora è costretta a fingere di essere normale, come se le cose lette qualche momento prima non esistessero. Come se non ci fossero maghi, cacciatori di demoni, semidei...e come se lei non fosse una di loro.