‧͙⁺˚*・༓☾ Gli Immortali II (Cr...

By Zerosenpaii

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"Una persona una volta mi disse che scrivere rende immortali,e aveva ragione. Ma sai cos'altro rende immortal... More

Prologo.
Parte Prima.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
Parte Seconda.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
Parte Terza.
31.
32.
33.
Ultimo.
Epilogo.
Spazio Autrice.
Sequel.
[Extra] Oneshot: Casa (Hermann/Victor)

17.

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By Zerosenpaii

"La vendetta porta alla morte"

Quando l'elicottero atterrò,Dazai riconobbe il familiare paesaggio che si presentava davanti a lui. Ci era stato un paio di volte e un paio di volte aveva rischiato di farci edificare la sua tomba; non gli sarebbe certo dispiaciuto essere seppellito in un posto così bello,anche se sicuramente un paio di persone non gli avrebbero perdonato la sua tanto agognata prematura dipartita.
Era la seconda volta in pochi giorni che si ritrovava catapultato in una realtà diversa da quella di tutti i giorni: edifici molto diversi da quelli in Giappone,nomi di negozi scritti in una lingua diversa,il brusio delle parole delle persone del posto che lui non riusciva bene a distinguere.

Erano atterrati sul tetto di uno dei palazzi più alti,James aveva spiegato appartenesse ad un'azienda di corrieri che operava a livello internazionale e che aveva avuto bisogno del loro aiuto un paio di volte (forse era per questo che non avevano fatto domande quando avevano visto un uomo nudo avvolto da una coperta bianca scendere da un elicottero).  
Una volta entrati nell'edificio gli erano stati forniti dei vestiti piuttosto semplici e leggeri dato il clima più caldo e poi erano stati fatti uscire con più discrezione possibile.

Discrezione che attualmente si stava rivelando più inutile che altro.
<<PIZZA,PASTA,DIVINA COMMEDIA>> Saffo gridava con le mani attorno alla bocca ridendo sguaiatamente.
Victor,con le mani nella stessa posizione,gridava di rimando.
<<SPAGHETTI,GELATO,MAFIA!>>
James si passava le mani sul volto con un mezzo tic all'occhio che stava diventando sempre più frequente ormai.
Dazai ridacchiava a vederli così divertiti.
<<Cosa stanno facendo?>> chiese il biondo con voce sibilante e quasi impercettibile a Kano,l'unica che sembrava davvero preoccupata della loro situazione,infatti si guardava costantemente intorno per controllare che nessuno dall'aria sospetta si avvicinasse a loro.
<<C-c-credo che stiano giocando a chi conosce più parole in Italiano..>> rispose la ragazza,guadagnandosi un sospiro di disapprovazione da parte di Hermann,da poco tornato da dietro un cespuglio dove stava dando di stomaco per la quarta volta da quando erano scesi dall'elicottero.

<<Casa mia,casa mia!>> gongolò Dante indicando una piccola casetta lungo una fila di abitazioni simili in cima alla salita che stavano percorrendo. 
Ebbene si,si trovavano a Firenze,in Italia. Quando erano scesi dall'elicottero erano stati investiti dalla freneticità del centro storico,con i turisti e i negozi,come ogni meta turistica che si rispetti. Tuttavia,allontanandosi mano mano dal quella confusione e dirigendosi verso la periferia,si poteva respirare a pieno l'aria della città e dei suoi veri abitanti impegnati nelle faccende di vita quotidiana. Alcune signore osservavano con aria curiosa la comitiva intenta a percorrere il cammino verso la loro destinazione,ossia casa di Dante,che si trovava in cima ad una salita in un quartiere di piccole abitazioni. 
Nel frattempo la ragazza raccontava ai suoi colleghi aneddoti di fatti successi nella suddetta abitazione da quando era piccola: la maggior parte riguardavano disastri che aveva combinato o volte in cui era stata sgridata dai suoi genitori,inclusa la classificazione secondo lei dei top dieci posti dove nascondere la droga in casa.

Dazai tirò più volte occhiate a James,il quale rimase in silenzio per tutto il tempo con un'espressione strana.
<<Sei mai stato qui?>> chiese la ragazzina Greca all'irlandese quando si accorse del suo silenzio e della maniera meccanica con cui percorreva la strada,come se già la conoscesse.
Lui annuì.
<<Un paio di volte>> ammise,ma non aggiunse altro e non ci fu modo di farlo parlare oltre; al che Saffo si innervosì alla sensazione di essere ignorata.
<<Non hai portato il tuo cagnolino?>> rivolse dunque la parola al bendato.
<<Il mio cagnolino?>> dovette trattenere una risata sguaiata <<ti riferisci a Chuuya? Starà bene. E poi aveva altro da fare>>
Lei alzò un sopracciglio.
<<Più importante che seguire l'uomo che ami poco dopo che lo hanno quasi ammazzato?>> chiese con tono sarcastico.
Dazai scrollò le spalle.
<<In ogni caso stava per dirmi che se ne andava,gli ho solo risparmiato il disturbo>>

Dazai lo sapeva di essere praticamente scappato. Non gli importava. Aveva fatto un casino,lo riconosceva,ma il casino più grande era che non aveva ila minima idea di dove tutta quella situazione sarebbe andata a parare.
Ricordava di aver fatto il nome di Oscar,ma sapeva che Chuuya non avrebbe capito nemmeno se avesse tentato di spiegargli come stavano davvero le cose: probabilmente si era già fatto uno schema mentale,un ragionamento tutto suo che crede impeccabile ma che il realtà ha falle da ogni parte che si rifiuta di vedere. Se aveva già trovato le sue rispose,chi era Dazai per fargli notare che si stava sbagliando?
...
Il suo ragazzo,ecco chi..

<<Siamo arrivati!>> Dante tirò fuori una vecchia chiave rossa arrugginita e la inserì nel buco del cancelletto che delimitava i confini del piccolo giardino intorno alla casa.
Era mal tenuta,tutte le piante erano appassite,i muri erano pieni di crepe e si potevano intravede ragnatele vicino alle finestre. Anche la targhetta "Alighieri" davanti alla porta d'ingresso era talmente piena di polvere e ruggine che si riuscivano a malapena a distinguere le lettere.
<<Quanto è di preciso che non torni a casa,Dante?>> osservò Hermann,ma lei lo ignorò totalmente continuando a sorridere con aria entusiasta ma molto finta.
Dazai le si affiancò interrompendo i suoi pensieri e fu il primo a varcare la soglia una volta aperto il cancelletto e poi la porta d'ingresso.

L'interno era messo anche peggio dell'esterno. Tutte le stanze erano piene di polvere e antichità. Il primo piano comprendeva la cucina,un salottino e un bagno,insieme ad una porta chiusa che Dante spiegò essere tipica delle famiglie italiane,dove si conservano tutte le cose vecchie e la si tratta come una sala da ricevimento anche se non ci si entra praticamente mai (raccomandò dunque di non aprirla), mentre al secondo piano vi erano due camere da letto,un altro bagno e la biblioteca di famiglia. Nel complesso non era per niente spaziosa come casa.

I membri della D.A.N.T.E non avevano nemmeno fatto in tempo a guardarsi intorno che il loro capo aveva posato secchi,spazzole,strofinacci e scope sul tavolo della cucina.gridando qualcosa come "giorno delle pulizie".
Le lamentele e i sospiri che ne seguirono le ricordarono molto una grande famiglia riunita il giorno di Natale.

[...]

<<Come dovremmo fare a risolvere un omicidio se siamo bloccati qui?>> 
La prima domanda che ruppe il silenzio della tanto desiderata cena nella nuova base operativa venne da Victor.
Avevano pulito ogni angolo di quella casa da cima a fondo tranne che per la stanza chiusa,sistemato le due camere da letto con dei giacigli per poterci dormire tutti e avevano creato nel salotto una sorta di stanza delle pianificazioni con tutto ciò che avevano racimolato fino a quel momento in merito all'omicidio di Croce e Delizia; alla fine,stanchi,avevano mandato Kano e Dazai a fare la spesa (loro ne avevano approfittato per una delle loro solite chiacchierate da membri della Port Mafia) e avevano cenato con scatolette di tonno e fette biscottate,segno che dovevano ancora ambientarsi bene. 
In merito alla domanda di Victor,tutti si scambiarono uno sguardo interrogativo.
A quel punto fu Dazai a prendere la parola.
<<Ho promesso alla piccola psicopatica che avrei risolto l'omicidio dei suoi genitori>> si guadagnò un sorrisetto da Saffo <<ma dobbiamo stare attenti,a quanto pare qualcuno non vuole che noi lo facciamo. Quindi metteremo insieme le prove che abbiamo da qui,e se sarà necessario fare altre ricerche ci assicureremo di uscire pochi alla volta e in maniera discreta>>
<<Osamu,credi si tratti delle stesse persone che hanno commesso l'omicidio?>> domandò la rossa dando un morso alla sua fetta biscottata.
Il bendato fece per annuire,ma si bloccò.
Era una risposta scontata,certo,ma c'era qualcosa che gli faceva credere non si trattasse solo di quello. C'era dell'altro sotto. 

La conversazione non continuò oltre,e alla fine della cena James si raccomandò con tutti di essere svegli alle sette del mattino dopo,in modo da mettersi al lavoro il prima possibile. Avrebbero anche istituito dei turni di guardia notturni,ma come prima sera nella nuova sede decisero di concedere a tutti un po' di meritato riposo. 

La sistemazione delle camere vide Saffo,Kano e Dante in una camera,mentre Dazai,Hermann,Victor e James nell'altra. 
Non erano camere molto spaziose e i letti erano singoli,perciò decisero che avrebbero fatto a turno su chi avrebbe dormito a terra di volta in volta. 
Erano circa le undici quando Saffo si alzò per andare in bagno senza la minima accortezza a non svegliare le altre due che dormivano profondamente,e si scontrò con una figura alta e ingombrante nel mezzo del corridoio.
<<Brutto spilungone!>> sibilò,facendo la linguaccia a colui che l'aveva intralciata.
Dazai le fece la linguaccia a sua volta.
Guardandosi negli occhi capirono che nessuno dei due era riuscito a prendere sonno come avrebbe voluto.
<<Vieni>> le fece cenno il moro <<come ai vecchi tempi>>

Uscirono sul balcone che affacciava dalla biblioteca,Saffo tirò fuori un pacco di sigarette dalla tasca e ne offrì una al suo compagno che accettò con piacere.
Fumarono per un po' in silenzio,ognuno pensando ai propri problemi,fin quando la piccola greca non diede voce ai suoi pensieri.
<<Cosa credi stia facendo ora quel ragazzo?>> chiese,buttando fuori il fumo <<Dalla prima volta che l'ho incontrato,sulla Divina Commedia,mi è sembrato così dipendente da te che ho quasi provato pietà per lui>>
Dazai distolse lo sguardo e ripensò a quando si era svegliato nell'ambulatorio e Chuuya gli era saltato addosso abbracciandolo,dopo che aveva letto le lettere di Oscar.
<<Penso che anche lui sia consapevole di questa cosa>> borbottò,ispirando a pieni polmoni l'aria della sera e il tabacco della sigaretta.
<<E credi che gli stia bene?>>
Era chiaramente una domanda retorica.
<<Ovvio che no,altrimenti non avrebbe fatto di tutto per andarsene da me>>
<<Sei tu quello che se n'è andato,Dazai>>

Ci fu silenzio per qualche istante,la cenere che cadeva dalle due sigarette veniva portato via al venticello fresco della serata Italiana,trasportato verso chissà quale destinazione e destinato a disintegrarsi chissà dove.
<<Cosa farai una volta che avrai scoperto la verità?>> Dazai ribaltò le posizioni con questa domanda,e difatti fu Saffo a guardare un punto fisso per un po',in cerca di una risposta.
<<Non saprei.. starò... in pace?>>
<<In pace?>>
La ragazza gesticolò leggermente.
<<Non lo so,la consapevolezza porta alla pace,non dicono così?>>
<<La morte porta alla pace,la consapevolezza porta alla disperazione>>
<<E la vendetta allora?>>
<<La vendetta porta alla morte>>
<<Quindi la vendetta porta alla pace,insomma>>
Dazai ebbe un rapido flashback davanti agli occhi,e pensò che forse a quella conclusione non ci era mai arrivato,anche se era così palese.
<<Si. Proprio così>>
Buttò il mozzicone di sigaretta sul pavimento e lo calpestò con il piede,immaginando di calpestare in quel modo le sue ansie e le sue angosce; sarebbe stato bello se solo con quel semplice gesto avesse potuto tornare a com'era prima di quel giorno in ospedale,quando qualcosa in lui si era rotto per un motivo sconosciuto.

<<Rientriamo?>> Saffo lo riscosse dai suoi pensieri picchiettandogli il braccio dal basso della sua statura. Il suo sorriso nel guardare il più giovane gli ricordò dell'effettiva età che la ragazza aveva,e si disse che in quei ventisei anni la piccola greca era cresciuta il doppio di quanto non fosse cresciuto lui in ventitrè anni e mezzo di vita. 
Un giorno avrebbe dovuto chiederle come aveva fatto a continuare a sorridere in quel modo spensierato nonostante tutto,si disse,mentre chiudeva la porta del balcone e tornava nella sua stanza dopo aver salutato la sua amica.
Quella notte sognò di nuovo Oscar.
Ma non come o conosceva,non lo aveva mai sognato nel modo in cui lo conosceva.
Lo sognò in maniera ripugnante e spaventosa.
Ed era proprio quello che lo terrorizzava a morte. 

[...]

Dante strofinava con forza il panno bagnato sul tappeto,ma era tutto inutile. La chiazza color marrone scuro,secca e dura attaccata al tessuto,sembrava non voler venire via nè da lì nè dalla sua anima. Aveva il respiro pesante e non solo per lo sforzo; intorno a lei l'aria nella piccola stanzetta la cui porta era stata chiusa per tutto il giorno sembrava essere priva di ossigeno.
Si guardava continuamente intorno,terrorizzata che qualcuno di vivo o no potesse osservarla mentre compieva il suo peccato.
La stanza chiusa era un piccolo studio,una scrivania piena di carte impolverate occupava metà della stanza,mentre l'altra metà era occupata da librerie con targhe e trofei davanti ai libri e cassetti pieni di cartelle e altre scartoffie. Una sola foto era appesa vicino ai quadri,gli occhi penetranti della persona raffigurata le urlavano di andare via,e lei lo sentiva.
"Basta così,basta così.."
Si ripeteva,le goccioline di sudore che le scendevano dalla fronte inumidendo i capelli sciolti e spettinati,ma la sua mano continuava a strattonare il tessuto del tappeto con il panno: quella macchia doveva venire via. Doveva,altrimenti lei sarebbe impazzita.

Il rumore metallico della maniglia della porta la costrinse a girarsi di scatto da che era accovacciata sul pavimento.
Sgranò gli occhi,terrorizzata.
Era sicuramente quella persona,era lì per portarla all'inferno.
Il respiro le si mozzò in gola e sentì la testa girarle così forte che pensò sarebbe svenuta in qualsiasi momento. Era la sua fine,la fine che si meritava.
Le mani le si strinsero forte attorno alla macchia come se da questo dipendesse la sua vita.

E poi sentì il rumore della porta che si chiudeva di nuovo,la chiave che si girava nella serratura,questa volta verso l'interno.
Delle mani fredde le afferrarono le spalle saldamente,ma con una dolcezza che le fece scorrere calde lacrime pesanti lungo il viso. Scoppiò a piangere come una bambina e lasciò andare il tappeto,adesso le sue mani stringevano il camice bianco dell'uomo in ginocchio davanti a lei: non se l'era tolto,probabilmente non era mai nemmeno andato a dormire.
Tentando di soffocare i singhiozzi,Dante affondò la testa sul suo petto senza lasciare la presa e subito inspirò un profumo a lei molto più familiare di quanto credesse. 
<<Sapevo che ti avrei trovata qui>> la sua voce le risuonò vicino l'orecchio,con un tono che le sembrò di non aver mai sentito,basso e gentile,come si stringe fra le braccia qualcosa di molto fragile. Questo la fece piangere soltanto di più.
Dopo un paio di minuti sentì le lacrime venir meno da quanto aveva pianto,le mani di lui la tenevano stretta a sè e non accennarono a lasciarla andare se non quando lei si portò le mani agli occhi per asciugarseli tirando su il naso. 
Solo allora Dante si azzardò a guardarlo in faccia,e quella vista le fece venir voglia di mettersi a piangere di nuovo.
<<....chè...qui?>> fu la mezza domanda che riuscì a porgli,strofinandosi gli occhi.
<<Sono venuto a darti una mano>> rispose con tono serio ma ammorbidito rispetto al solito tono scontroso e professionale. 

In silenzio,riordinarono la scrivania e la spolverarono,fecero lo stesso con la libreria e le targhe. Quando venne il momento di pulire il pavimento,Dante contestò la sua scelta di buttare il tappeto.
<<É irrecuperabile>> spiegò lui,ma alla rossa non importava.
<<Nulla qui è recuperabile in primo luogo>> fu la sua risposta. 
In due allora lo presero e lo girarono: certo non era bello come la parte frontale ma sicuramente la macchia era meno visibile. Altre macchie erano sul parquet al di sotto,ma quelle furono più facili da pulire.
Quando finirono erano circa la quattro,e fuori tutto era ancora buio; dentro Dante però adesso la luce si affacciava da un piccolo spiraglio.
Si prese un momento per rievocare dei ricordi in quella stanza,per immaginare la persona a cui quello studio apparteneva intenta a svolgere il suo lavoro,a sentirsi in colpa per quello che le aveva fatto e a desiderare la morte per quello; infine,tornò Dante.

Il ragazzo stava in piedi in mezzo alla stanza,probabilmente immerso negli stessi pensieri. 
Lei gli andò vicino e lui la guardò negli occhi con sguardo malinconico,come a chiedere cos'altro volesse dato che il lavoro era finito.
Dante si aggrappò nuovamente ai suoi vestiti,improvvisamente incapace di reggersi in piedi.

<<Devi promettermi>> biascicò <<devi promettermi che non lo dirai a nessuno. Devi prometterlo... loro non capirebbero,loro non mi perdonerebbero. Sto già scontando la mia pena,ma loro non devono...>>
Le mani del più alto che le sistemavano una ciocca di capelli dietro l'orecchio le provocarono una scarica di brividi in corpo che non le permisero di continuare.
<<Perchè me lo richiedi adesso,dopo tutto questo tempo?>>
Dante chiuse gli occhi,incapace di sostenere il contatto coi suoi così vicini.
Alla fine lui sospirò e si allontanò,uscendo dalla stanza senza aver aggiunto una parola.

Quando lei fu in grado di ricomporsi e tornare in camera,dopo aver richiuso la porta a chiave,un solo pensiero le si ripeteva costantemente in mente.
Doveva sentirselo dire ancora una volta.
Se non poteva essere perdonata,se era solo questione di tempo prima che la scoprissero,allora doveva sentirsi dire che lui non l'avrebbe abbandonata di nuovo.

<<Devi promettermelo...>>

<<...James>>

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