Oltre_Una recita d'amore

By LudovicaCelenza

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Un famoso attore straniero, conosciuto per bellezza e bravura, inizia a girare un film in Italia. Una ragazza... More

Introduzione
Gettata nella mischia
Un fulmine a ciel sereno
Prove di feeling
Ricerche
Una scena toccante
Tempo condiviso
Tra finzione e realtà
Aggiungiamo del piccante
Una prova e un dietro-front
Entriamo nel vivo
Sotto i riflettori
Colpito e affondato
Tutta una recita?
Geloso per paura
Sempre sul più bello
Alzare o abbassare la guardia?
Prendersi cura
Turbamenti
Nelle loro teste
Black-out
Scambio di ruoli
Ricambiare
Piccole realtà
Tutto a posto e niente in ordine
L'addio...o no?
Il volo
Game over
Il gioco che ci brucia piano
Dimmi qualcosa
Il party (parte prima)
"Senza te dovrò restare"(Il party, parte seconda)
Andare avanti o tornare indietro?
La Prima
Dove tutto può ricominciare
Epilogo
Ringraziamenti e saluti

Di nuovo noi, solo noi

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By LudovicaCelenza

Luce

Accettai il solito passaggio di Marco, ma nessuno dei due parlò per tutto il tragitto verso casa. Solo quando parcheggiò sotto il mio appartamento e io mi affrettai a salutarlo per andarmi a rintanare tra le mie quattro mura, mi pregò di aspettare.

"Era lui?" mi chiese, senza che ci fosse di nuovo bisogno di specificare a chi si riferisse.

"Sì"

"Che vuole?"

"Parlarmi" gli risposi.

"E tu ci parlerai, non è così?" mi chiese Marco, fissando il volante.

"Sì"

"Quante speranze ho, Luce, adesso che è tornato? Dimmi la verità".

Non gli risposi: me la presi con le pellicine attorno alle mie unghie, rovinando la manicure fatta solo qualche giorno prima e che mi rendeva perfetta davanti al pubblico.

"Devo pensare, Marco...non ti terrò sulle spine per molto, te lo prometto".

Scesi dalla macchina. Lui attese come al solito che aprissi la porta e mi guardò con gli occhi di chi aveva già capito che le sue possibilità erano davvero poche. Sentii l'auto allontanarsi e improvvisamente mi accorsi di essere sola e vulnerabile. Non avevo mai creduto alle coincidenze: non poteva essere un caso che, dopo essermi decisa a dare una possibilità a Marco, mi fossi ritrovata Can di fronte. E per quanto mi sforzassi di pensare che avrei sbagliato a mandare tutto all'aria, l'unica cosa che volevo davvero sapere in quel momento era cosa avesse da dirmi Can. Chiamai un taxi e mi feci accompagnare in quell'hotel, il nostro hotel. Alla reception mi riconobbero subito, salutandomi calorosamente. Chiesi di lui e mi indicarono la solita stanza, sempre quella: la trecento trentatré. Presi l'ascensore, con cui ormai avevo preso familiarità e non mi faceva più paura. Arrivai al piano e mi avvicinai a quella porta, restandovi davanti indecisa se bussare o meno. Se fossi rientrata lì dentro mi sarebbero piombati addosso tutti i ricordi che avevo cercato di celare nei cassetti della mia memoria, per non soffrire ulteriormente. Appoggiai l'orecchio sul legno: non proveniva nessun rumore dall'interno, segno che Can non era nella stanza.

"Cerca qualcuno?" sentii chiedermi.

Non ebbi bisogno di voltarmi per controllare chi fosse: avrei riconosciuto la sua voce in mezzo ad altre cento.

"Volevo vedere la stanza" gli dissi voltandomi verso di lui.

"Allora è fortunata, perché la stanza è la mia...piacere, Gianni!" mi disse allungandomi la mano.

"Luce, piacere mio!" gli risposi sorridendo, ricordando il pranzo al ristorante e il nome italianizzato che avevo usato per chiamarlo davanti a Martino.

"Le ricorda qualcosa questa stanza?" mi chiese ancora, continuando a stringere la mia mano nella sua.

"Lì dentro ci ho lasciato il mio cuore..." gli risposi, tornando a fissare per qualche secondo la porta chiusa.

"Beh allora mi dispiace deluderla, ma devo dirle che lì dentro non ho trovato nessun cuore, signorina" rispose lui, con faccia mesta.

"Avranno rubato anche quello insieme agli orecchini" dissi a voce alta, più a me stessa che per continuare quel gioco con Can.

Lo vidi mettersi una mano in tasca e tirare fuori proprio quegli orecchini a cui mi riferivo.

"Parla di questi?" mi chiese, mostrandomeli sul palmo della sua mano.

"Come fai ad averli tu?" gli chiesi io, con espressione esterrefatta.

"Sono tornato da te, poco dopo esserci lasciati. Tu eri andata da Ferzan e nella stanza c'era un'inserviente a ripulirla: avrebbe dovuto portarli in reception, ma ha preferito darli a me con la speranza che te li restituissi. A proposito, devo portarti i suoi saluti, anche se ormai sono vecchi di due mesi" mi rispose aprendo la porta e facendomi entrare prima di lui nella stanza.

Li aveva tenuti con sé per tutto quel tempo, aspettando solo il momento giusto per riconsegnarmeli. Mi guardai attorno: era tutto come ricordavo.

"Posso?" mi disse Can, indicandomi gli orecchini.

Mi voltai verso il comò, mettendomi davanti lo specchio: Can mi diede gli orecchini e mi alzò i capelli mentre io li indossavo.

"Perfetti" mi disse, sorridendomi attraverso il vetro.

Mi specchiai di nuovo, come quel giorno a Firenze, fino a che i miei occhi non si riempirono di lacrime e fui costretta ad abbassare il viso. Can mi lasciò i capelli, facendoli ricadere su una spalla. Mi abbracciò da dietro, stringendomi forte a lui. Mi baciò dietro un orecchio, scendendo lungo il collo, mentre io continuavo a piangere, sconvolta da quelle sensazioni che tornavo a sentire, dopo tanto tempo.

"Mi sei mancata, Luce!"

"Credevo non saresti più tornato! Era difficile anche gioire per i miei successi lavorativi, senza di te!" gli dissi, continuando a piangere.

"Voglio provarci, voglio far funzionare questo rapporto! Ti prego perdonami!" mi disse con tono di voce davvero pentito.

"Ti ho perdonato già da un po', Can"

"Ti amo, Luce"

"Dimmelo ancora" gli chiesi rialzando lo sguardo e tornando a guardarlo attraverso il vetro.

"Sen cok seviyorum, Luce".

Mi voltai e lo abbracciai. E in quell'abbraccio ritrovai me stessa, sentii di nuovo il mio cuore battere, il sangue fluire velocemente da una parte all'altra del corpo, l'aria entrare pulita e fresca attraverso i miei polmoni. Era tornata la felicità, la mia felicità.

Can

"Ti amo tanto anche io!" mi disse mentre mi stringeva le braccia attorno al collo.

"Usciamo allo scoperto, Luce: non voglio più nascondermi! Voglio che tutti sappiano che ti amo!" le dissi prendendole il viso per guardarla negli occhi.

"Che vuoi fare?" mi chiese mentre le asciugavo le lacrime che le avevano rigato le guance.

Presi il mio cellulare e la feci voltare di nuovo verso lo specchio: aprii la fotocamera e ripresi per pochi secondi il mio viso, mentre baciavo il collo di Luce su cui pendava quell'orecchino che le sue e le mie fan non avrebbero tardato a riconoscere. Il passo successivo sarebbe stato quello di postare il video su Instagram, scrivendovi sopra Sonunda sen, iṣik!!!(Finalmente tu,Luce). Ma prima che potessi postarlo, mi bloccò.

"Aspetta Can: io ho una questione aperta da risolvere" mi disse.

"Con Marco, vero?" le chiesi tanto per avere conferma.

"Già! Gli ho promesso che sarei stata sempre sincera e non l'avrei tirata per le lunghe. Puoi aspettare domani per pubblicare questo video? Voglio prima parlargli, voglio che lo sappia da me e non da una notizia sul web!".

Per quanto mi infastidisse che pensasse a lui in quel momento, non riuscii a non apprezzare quella decisione che aveva preso, da persona matura e rispettosa quale si era sempre dimostrata.

"L'avevo detto che eri pericolosa, ho capito subito che mi avresti rovinato. Non sarò più un sex simbol, lo capisci?" le dissi sorridendo e facendole il solletico.

Mi era mancata la sua risata, musica per le mie orecchie. Ci lasciammo cadere sul letto, mettendoci su un fianco e guardandoci negli occhi. Eravamo così vicini che le punte dei nostri nasi potevano quasi sfiorarsi. I nostri respiri si scontravano e si mescolavano, caldi. Le accarezzai il mento, avvicinandomi ancora di più a lei e fissandole le labbra. Non aspettò che fossi io a baciarla: fu lei ad appoggiare le sue labbra sulle mie, riaccendendo così quelle braci ancora vive di un fuoco che non si era mai totalmente spento.

"Eri bellissima su quel palco stasera: sicura, tenevi la scena e l'attenzione concentrata solo su di te" le dissi.

Vidi qualcosa accendersi nel suo sguardo, una luce particolare che forse non le avevo mai visto prima. Si mise su di me e iniziò a sbottonarmi lentamente la camicia, aprendola e accarezzandomi il petto. Poi si abbassò a baciare il mio collo, e scendendo a lasciare una serie di baci sul mio torace. I suoi capelli mi solleticavano la pelle, ma non mi infastidivano affatto, anzi. Quando arrivò a baciare gli addominali e mi sbottonò i pantaloni, accarezzandomi al di sopra delle mutande e strappandomi un lamento, la fermai quasi spaventato da quella intraprendenza che avevo visto raramente in lei, e mai in modo così spinto.

"Che ti è successo in questi due mesi" le chiesi.

"Mi sono rassegnata a pensare che non ti avrei più rivisto, che non ti avrei più parlato, baciato..." mi rispose lanciandosi di nuovo sulle mie labbra.

"Ti voglio, Can, voglio sentirmi di nuovo tua, solo tua..." mi sussurrò in un orecchio mentre mi accarezzava i capelli e il viso.

La volevo anche io, da morire.

"Dove sei stata in tutti questi anni?" le chiesi ribaltando la situazione e facendola stendere sotto di me.

"Ad aspettare che arrivassi" mi rispose.

"Non lasciamoci più Luce!" le dissi mentre mi liberavo della camicia.

"Ti conviene non farlo se ci tieni a me, perché la seconda volta potrei morirne!" mi rispose prima di tornare a baciarmi. Facemmo l'amore e fu tutto più intenso e passionale di quanto non fosse già stato solo poche settimane prima. Per quanto fosse più sicura di se stessa apprezzai il fatto che su altri aspetti non fosse affatto cambiata: il suo concedersi completamente, i brividi che le percorrevano la pelle appena la sfioravo, i suoi gemiti di piacere mentre entravo in lei e perdeva totalmente il controllo.

La mattina mi svegliai che la tenevo ancora tra le braccia: il mio orecchio era premuto dietro la sua schiena e con un braccio la stringevo attorno alla vita. Aprii gli occhi ma restai ad ascoltare il suo respiro regolare, la gabbia toracica che si alzava e abbassava ad ogni respiro. Volevo uscire allo scoperto perché era troppo felice di avere Luce nella mia vita, ma al tempo stesso avrei voluto che il tempo si fermasse, restando in quella camera d'albergo a fare l'amore con lei per sempre. Mi voltai lentamente e le baciai la schiena. La sentii muoversi e quasi mi dispiacque per averla svegliata.

"Scusa, non ho resistito" le dissi mentre si voltava verso di me e mi sorrideva.

"Hai fatto bene: prima mi alzo, prima vado a parlare con Marco" mi disse.

"Davvero? Il primo a cui pensi, dopo la notte trascorsa, è Marco?" le chiesi inchiodandola a letto con il mio corpo, prima che riuscisse a scendere.

"Sai anche tu che è giusto che lo faccia, Can"

"Posso provare a convincerti a ritardare un po', magari..." le dissi mentre le accarezzavo un capezzolo, rendendolo turgido quasi all'istante.

"Perché tu intanto non vai a casa, invece? E magari ci porti anche i tuoi bagagli?" mi disse lei.

Mi aveva spiazzato ancora una volta. Lasciai che si alzasse, che prendesse le chiavi del suo appartamento e tornasse a sedersi sul letto, consegnandomele.

"Qualche mese fa sono stato io a  riconsegnati le tue chiavi di casa, e adesso sei tu a darle a me, anche se la casa non è la stessa" le dissi ricordando uno dei nostri primi incontri.

"Tutto torna" mi rispose lei, sorridendo.

"Dobbiamo dire addio a questa stanza, non è vero?" le dissi, mettendomi a sedere anche io.

"Abbiamo un sacco di ricordi qui dentro, fa male anche a me...ma ne avremo altri di bei ricordi, si spera" mi rispose.

"E se la comprassi questa stanza?" le dissi ancora.

"Dovresti comprare tutto l'hotel!" mi rispose ridendo.

"Potrei fare una proposta ai proprietari" le risposi baciandola.

Chiamai Carlo, che fu il primo a complimentarsi con noi per aver deciso di provare davvero a viverci. Andammo nell'appartamento di Luce e cercai di ambientarmi mentre lei andò a parlare con Marco. Quando tornò era decisamente più rilassata.

"Come l'ha presa?" le chiesi, curioso di scoprire cosa si fossero detti.

"Non benissimo, come immaginavo, ma sapeva io fossi ancora innamorata di te..."

"Dovrai cambiare chitarrista?" le chiesi ancora, forse sperandoci.

"Assolutamente no: siamo abbastanza grandi da riuscire ad andare avanti, anche perché non c'è stato granché tra di noi! È un bravo musicista, non ci tengo proprio a cercarmene un altro!" mi rispose lei.

"Basta che non ti fai più riaccompagnare a casa e non ci resti sola in macchina" le dissi attirandola a sedere sul divano.

"Potrebbe capitare..." mi rispose sorridendo maliziosamente.

Le tirai una leggera cuscinata e poi la stritolai in un abbraccio.

"Sei pronto a vivere il presente, insieme a me?" mi chiese mentre ce ne stavamo abbracciati sul divano.

"Sono pronto ad andare incontro al futuro, insieme a te!" le risposi.

Luce mi prese il viso e iniziò a riempirlo di baci: era bello vederla così felice e serena. Postammo il video che ci eravamo fatti la sera prima: in pochi minuti cominciò ad essere condiviso su tutti i social, scatenando la gioia di tutti quelli che avevano sognato guardando il film di Ferzan e si erano innamorati della nostra coppia.         

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