• Rainy day • [Kookmin]

By StayInDream_94

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Dal testo: "C'è stata una volta dove mi sono scusato molte volte con Jimin, ve l'avevo mai detto?" "Cosa?" "Q... More

Introduzione

Rainy day

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By StayInDream_94

La musica risuonava impetuosa tra le quattro mura spoglie di quella stanza da ballo, andando a mischiarsi unicamente con il rumore della pioggia che scendeva incontrollata nell'ambiente esterno. La stessa accompagnava i due ballerini di danza classica i quali, stanchi e concentrati, stavano provando per l'ennesima volta la coreografia a loro assegnata ormai mesi prima dall'istruttrice del corso.

Jimin era il nome del ragazzo dai capelli biondi, minuto e contraddistinto da una tale leggerezza che sembrava volteggiare tra le braccia dell'altro, un ragazzo dai capelli corvini di nome Jungkook, che senza paura lo portava in alto in prese varie e complesse con le sue braccia muscolose e forti, non sbagliando mai tempo o livello di potenza.

I due erano una coppia perfetta, motivazione per la quale l'insegnante aveva deciso di affidare proprio a loro il numero di apertura per il saggio finale dell'anno. Avevano sincronia e connessione, in più si completavano in modo impeccabile: Jimin aveva l'eleganza e la leggiadria, tanto che sembrava stesse volando più che ballando, mentre il corvino possedeva la prontezza e la potenza, componenti fondamentali nella danza se utilizzati a loro dovere, accompagnati dall'eleganza.

Insieme, i due erano come un unico essere. Un solo individuo che si muoveva perfettamente, incantando gli occhi e lasciando bocche aperte, stupendo persino chi nel mondo della danza era un veterano esperto.
I loro movimenti erano fluidi, puliti, perfettamente sincronizzati. Nulla andava mai storto e mai lo aveva fatto nei precedenti tre anni dove i due avevano lavorato insieme.

La loro prima performance risaliva a molto tempo prima: Jungkook aveva compiuto da poco diciannove anni, mentre Jimin ne aveva venti. Frequentavano una delle più famose accademie di danza in tutta Seoul e prima di allora non si conoscevano nonostante avessero il corso di danza classica in comune. L'uno dell'altro sapeva solo il nome ed all'inizio il disagio era palese, ma con il passare del tempo e delle ore di allenamento avevano preso confidenza reciproca, arrivando a stringere pochi mesi dopo una vera e propria amicizia.

Amicizia che divenne sempre, sempre più profonda ed importante fino a risultare quella che li legava lì, in quel giorno di pioggia e di prove, dove i due ormai migliori amici si muovevano delicatamente su quella base di pianoforte che dava loro lo stomaco per quante volte l'avessero provata, provata e riprovata, fino a sentire i muscoli affaticati e le ossa dolere, il sudore sul corpo e gli occhi chiudersi da soli pretendendo riposo.

Anche per quella volta la musica era terminata ed i due corpi erano in centro alla sala, posizionati come la fine della loro coreografia pretendeva: uno davanti all'altro con le mani congiunte palmo contro palmo, come se fossero stati divisi da un muro trasparente e non potessero in realtà ne toccarsi nè vedersi.

Jungkook aveva ripetuto mille volte ed anche più il suo amore per quella posa, affermando che grazie alla stessa riusciva a vedere lo scintillio negli occhi di Jimin, possibile da notare solamente mentre stava ballando. Probabilmente quella piccola luce non era altro che una sfumatura di pura felicità ed il più giovane avrebbe passato ore ed ore ad osservarla, completamente rapito dalla profondità che lo sguardo del biondo gli comunicava, provocandogli brividi lungo la schiena e farfalle senza controllo nello stomaco.

Anche quella volta il corvino si era trovato completamente perso in quegli occhi marroni come il più scuro chicco di caffè ed ancora una volta era stato colto nelle mani nel sacco dall'altro, che per svegliarlo dovette schioccare più e più volte le dita davanti al suo sguardo.

"Kookie! Hey? Tutto okay?" si ritrovò a domandare Jimin, vedendo come fosse rimasto intrappolato nei suoi stessi pensieri con protagonista una persona a lui ignota ma che avrebbe pagato per far sparire dal mondo conosciuto, o quanto meno dalla testa del ragazzo di fronte a lui.

Park Jimin era sempre stato possessivo nei confronti dei suoi amici e quello era un tratto del suo carattere che proprio non riusciva a migliorare, ma quella caratteristica era diventata fin troppo persistente nei confronti di Jungkook in quell'ultimo anno, o forse lo era sempre stata. Dopo tutto, tutti sono almeno un po' possessivi nei confronti della propria cotta, vero?

Perché si, avete capito bene, il ballerino era completamente perso (o se preferite "sotto mille treni") per il suo migliore amico e la cosa che lo divertiva era che quei sentimenti erano cominciati molto prima della loro effettiva amicizia. Il biondo aveva infatti avuto modo di incrociare più e più volte il corvino nei corridoi della scuola e scambiare qualche occasionale parola nei corsi che avevano in comune, come appunto quello di danza classica, venendo completamente rapito dai modi di fare dell'altro.

Era stato catturato dalla sua forza, dalla sua scioltezza, dal modo in cui riusciva a fare ogni cosa gli fosse proposta con disinvoltura, come se fosse stato creato esattamente per essere un perfetto tuttofare e riuscisse al tempo stesso a fare sembrare ogni cosa facile.

Ma nonostante tutto, il maggiore si era sempre arreso al fatto che fosse una cotta idiota: Jungkook allora era irraggiungibile per lui, Park Jimin, nonostante fosse il primo della classe e questo perchè quello era Jeon Jungkook, il primo dell'intera accademia.

Non sarebbe mai stato notato ed in ogni caso il suo carattere timido gli impediva imperterrito di avvicinarsi al più piccolo, sempre circondato da persone sorridenti ed all'apparenza cento o mille volte più avvincenti di lui, che era sicuro di poter parlare solamente delle sue punte da ballo rovinate per risultare vagamente interessante alle persone che gli si avvicinavano.

Ma poi la sua professoressa di danza classica li aveva messi insieme per un concorso a cui la scuola intendeva partecipare per vincere dei fondi in denaro e tutto cambiò, loro si conobbero e divennero amici. Prima affrontarono insieme delle selezioni interne per scegliere la coppia migliore della scuola che riuscirono a vincere, inseguito parteciparono anche al concorso. Non ebbero la meglio, ma arrivarono secondi ed accettarono sportivamente la sconfitta.

Da quel periodo in poi i due continuarono a frequentarsi regolarmente e sebbene Jimin fosse certo di illudersi, dentro di lui non poteva impedire di far crescere una vaga speranza nel vedere Jungkook rifiutare di sedersi con compagni di altri corsi per venire invece al suo tavolo. I suoi sentimenti crebbero con loro durante gli anni e si tramutarono in molto più di una semplice cotta, ma Jimin non li aveva ancora catalogati.

La paura di rimanere estremamente deluso era troppa, infatti nonostante fosse diventato importante per Jungkook non significava avesse più possibilità: c'erano tantissime ragazze e ragazzi che ogni giorno gli scrivevano, gli chiedevano uscite o caffé, e sebbene lui rifiutasse sempre con cortesia tutte le proposte rivoltegli a Jimin non piaceva farsi false speranze, ripetendosi che stava semplicemente aspettando la persona giusta.

Ancora non sapeva chi fosse, ma sperava che lo avrebbe trattato come meritava, rispettandolo ed amandolo fino alla fine, mai facendogli un torto, portandogli sempre rispetto. Jimin non ne avrebbe avuto la possibilità ma sperava che chi l'avesse avuta l'avrebbe sfruttata al meglio.

"Oh, si si certo, scusami Jiminie, stavo solo pensando perdonami. Comunque come siamo andati? Mi sembravamo quasi perfetti, ma forse la presa finale va perfezionata, ti sento ancora troppo incerto tra e mie braccia e non mi piace" disse Jungkook, cambiando rapidamente argomento e facendo accigliare il biondo. Che gli stesse nascondendo qualcosa? Scosse leggermente la testa e portò alla luce i suoi pensieri.

"Non scusarti, fortunato chi è nei tuoi pensieri" affermò, un sorriso dolce gli affiorava sulle labbra mentre si dirigeva stancamente alla panchina per prendere la borraccia dal suo borsone blu. Non aveva notato lo sguardo accigliato del moro a quella frase.

Cosa avrebbe potuto rispondere?
"Se è così ritieniti una persona fortunata"? Decisamente fuori luogo, ma era la verità, era da mesi che non riusciva a smettere di pensare al suo migliore amico dal corpo minuto che ogni giorno per ore stringeva tra le braccia.

Inizialmente aveva pensato fosse semplicemente attrazione fisica la sua, dopotutto Jimin era oggettivamente un bellissimo ragazzo e nonostante lui non se ne rendesse conto c'erano davvero tante persone che cercavano di attirare la sua attenzione, quindi sarebbe stato comprensibile. Chi non sarebbe attratto da un corpo formoso, minuto e perfetto? Culminante inoltre con un viso dai lineamenti dolci ed estremamente teneri? Nessuno, esatto.

Ma con il tempo e con tantissime analisi a se stesso ed i suoi sentimenti aveva capito che ciò che provava era molto di più, perché lo portava a compiere dei comportamenti che passavano inosservati agli altri, ma che solitamente non aveva necessità di fare con i suoi amici.

Mai prima d'ora ai pigiama party di gruppo aveva dormito abbracciato ad una persona, eppure all'ultima rimpatriata notturna con la loro piccola compagnia (i ragazzi che dormivano nelle stanze vicine) si era addormentato con Jimin, steso sul tappeto morbido della stanza di Taehyung e Hoseok, abbracciandolo per il fianco con una mano. Non sapeva perché lo aveva fatto, era stato automatico: aveva avuto l'istinto di proteggerlo. Ancora una volta, non avrebbe mai sognato di regalare piccoli contatti a qualcuno per il semplice gusto di farlo, eppure non poteva contare con due mani le volte in cui si era avvicinato a Jimin per accarezzargli il fianco, prendergli la mano o passargli un braccio attorno alla vita.

Erano comportamenti spontanei, senza forzatura o altro e se doveva dirla tutta gli procuravano una piacevole sensazione alla base dell'intestino che lo faceva sentire bene, ma erano anche strani ed inusuali per una persona come lui: tante parole e poco contatto.

Si sentiva frustrato, ma l'ultima goccia di sintomi aveva configurato completamente la sua ipotetica diagnosi. Perchè lui era geloso, geloso del suo migliore amico, e sebbene in principio avesse giustificato la senzazione con il desiderio di proteggerlo, presto si rese conto che non era solo quello.

Non poteva più vedere i ragazzi confabulare su Jimin, su quanto stesse bene nel suo body attillato, su quando fosse bello pettinato in una determinata maniera o su quanto avrebbero voluto provarci senza guardarli male, senza avere l'istinto di prenderli a parole e fargli capire che al biondo non potevano nemmeno pensare di avvicinarsi.

Non poteva vederlo scambiarsi abbracci e contatti vari con gli altri suoi amici senza provare un contraddistinto fastidio alla bocca dello stomaco. Non poteva vedere qualcuno toccarlo più del dovuto. Era... confuso, da dove veniva tutta quella possessività?

Voleva che Jimin fosse suo e non poteva sopprimere quello strano sentimento di possessione che cresceva sempre più in lui. Anche in quel momento, dove il più grande era intendo a sorridere ai messaggi che si scambiava con chissà chi mentre lui era li, imbambolato sul posto come un perfetto idiota mentre pensava a quanto fosse effettivamente preso per il suo migliore amico, non poteva fare a meno di sentirsi geloso.

'Alla faccia dell'attrazione fisica Kook' gli aveva detto Namjoon, il suo compagno di stanza, qualche giorno prima, quando gli aveva raccontato quello che stava provando e che gli stava succedendo troppo in fretta per i suoi gusti.
'Tu per Jimin provi qualcosa di molto forte' gli aveva detto, confermandogli la sua stessa diagnosi: era innamorato.

Si era innamorato di Park Jimin senza nemmeno rendersene conto, ma era inesperto e giovane, non sapeva trattare l'amore con il paio di guanti che necessitava. Come avrebbe fatto? Scosse la testa, rispondendo al maggiore.

"Dovrei dirlo a chi pensi tu, sai? Tipo ora, a chi stai scrivendo, di nuovo quel Juhyun che ti chiede di uscire circa quattro volte al giorno?" aveva ribattuto, ma la frase era uscita più amara di quello che aveva pianificato ed ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Sentiva già la famigliare sensazione di gelosia montare nel suo animo, mischiandosi però ad una nuova e travolgente: la rabbia, probabilmente scaturita dall'immagine di quel ragazzo approfittatore del buon cuore di Jimin.

Non si era reso conto di aver smorzato l'area pacifica che vi era stata prima di quell'istante tra loro. La spada era stata tratta e come volevasi dimostrare Jimin smise immediatamente di sorridere, poggiando lentamente il telefono mentre rivolgeva un'espressione di mera confusione al suo migliore amico.

Juhyun? Perché aveva nominato il suo compagno di corso? Cosa voleva dire?

"Che stai dicendo Jungkook? Cos'è quel tono arrabbiato? Io... non volevo dire qualcosa per farti arrabbiare, era per scherzare, pensavo fosse ovvio... ma poi che centra Juhyun?" Jimin si scusò ancora prima di capire cosa avesse detto per causare quella reazione.

Solitamente il più piccolo stava al gioco alle sue battute, perché quella volta aveva avuto quella reazione strana ed esagerata? E poi cos'era quel tono arrabbiato? Non si era mai rivolto a lui in quel modo, ne era passato da allegro ad uno stato d'animo del genere in così poco tempo.
Lo aveva completamente preso alla sprovvista e non aveva idea di come comportarsi. Optò per rimanere calmo.

"Cosa centra Juhyun mi chiedi? Beh, quello ti sbava dietro ogni volta che entri in una stanza e ti fissa come se volesse fossi sul menù quando siamo in mensa, pensavo voi steste combinando qualcosa, no? Quante volte sei stato nel suo letto per farti guardare così?" continuò in tono duro, come se non riuscisse a calmarsi.

L'immagine del biondo e quell'idiota insieme gli infestava la mente e non gli concedeva riposo. Era frustrante, specialmente l'insensata rabbia che stava provando.

Jimin sussultò alla freddezza nella voce dell'altro, sentendosi ferito dalle parole da lui appena pronunciate.
Cosa voleva intendere con l'ultima frase? Lo stava accusando di "volare da fiore in fiore"? Oppure gli stava chiaramente dicendo che nessuno lo avrebbe potuto desiderare a meno che non si fosse messo a disposizione anche nella sfera sessuale?

A queste supposizioni le lacrime affiorarono negli occhi del biondo, rendendoli chiaramente lucidi.
Perché si stava riferendo così a lui?
Aveva sbagliato qualcosa?

"J-Jungkook cosa stai dicendo?" chiese, il cuore che batteva forte nel petto e che doleva, mentre le lacrime premevano per uscire e macchiargli le guance. Il corvino sentì una stretta al cuore davanti a quella scena, ma la rabbia era ancora troppo forte, la gelosia gli offuscava la vista, il cuore, l'empatia, non riusciva più a ragionare razionalmente.

"Cosa sto dicendo? La verità! Quello ci prova con te ogni volta che respiri! Non è affidabile Jimin, ti guarda come si guarda un dolce!" affermò arrabbiato, in mente l'immagine del ragazzo che fissava Jimin poche ore prima, mentre passavano nell'atrio principale.

Stava accompagnando il più grande in classe e Juhyun lo aveva fermato, chiedendogli un caffè dopo le loro prove. Gli aveva risposto che gli avrebbe scritto, era a lui quindi che stava scrivendo prima. La rabbia salì ancora di più nel suo corpo.
Si sentiva esplodere.

"Juhyun-ssi non mi guarda in quel modo! E se vuoi proprio saperlo si, era lui e mi ha chiesto un caffè fra trenta minuti, alla fine delle prove. Non riesco a capire che problema ti causi però! Che diavolo di problemi hai?!" rispose il biondo, confuso ed adirato per le parole del suo migliore amico.
Non lo aveva mai visto così, ma che gli era preso?

"Io non ho nessun problema! Sei tu che non apri gli occhi! Quello ti vuole usare proprio come ha fatto con le sue precedenti fiamme e tu non puoi andare in giro ad aprire le gambe al primo che passa! Che gli hai risposto, gli hai detto di si?!" urlò, lo fece in modo talmente sicuro da spaventare Jimin, il quale a quelle parole sentì il cuore stringere e le lacrime rigargli le guance.

Era questo che pensava Jungkook di lui? Che fosse un'amante del sesso senza sentimenti? Eppure tra i due era lui quello vergine, era lui quello che non aveva ancora dato il primo bacio, sognando ad occhi aperti di poterlo dare proprio al ragazzo corvino che gli stava urlando addosso nella peggior maniera in quel momento.

Forse aveva fatto un errore e nel realizzarlo gli scappò un singhiozzo rumoroso. Dov'era il suo migliore amico?
Dov'era il ragazzo di cui si era perdutamente innamorato?
Quel lato del moro non gli piaceva, non lo aveva mai visto prima.

Indietreggiò di un passo ed un altro ancora, le spalle che tremavano a causa del pianto che non stava più trattenendo e gli occhi segnati di sofferenza puntati in quelli del più piccolo di fronte a lui.

Rabbrividì nel vedere che erano colmi di rabbia, indistinguibili da quelli dolci e curiosi che presentava di solito e di cui si era preso una cotta tre anni prima.
Era spaventato, non gli piaceva quel Jungkook e lo stesso dovette rendersene conto, perché la sua espressione dura si sciolse e il suo sguardo si tinse di pura consapevolezza.

"Jimin, io... non so cosa mi sia preso, ascolta-"

"No." la voce seria e traballante di Jimin lo fece arrestare immediatamente, gli occhi puntati verso il basso pieni di vergogna. Cosa gli era preso? Come aveva potuto rivolgersi al ragazzo che amava in quel modo, con parole tanto crudeli?

I sensi di colpa presero il posto della rabbia, che a contatto con il cuore infranto di Jimin riflesso nei suoi occhi era completamente evaporata, lasciando posto al rimorso ed al pentimento.

"I-io... io non so cosa ti prende Jungkook, so solo che questo non è il mio migliore amico. T-tu hai osato darmi del... tu hai osato infrangere la mia dignità in ambito sessuale così deliberatamente, nonostante tu sappia benissimo che sono vergine! M-ma che ti passa per la testa!? Jeon Jungkook, sono vergine e lo sai p-perfettamente! Perché se avessi prima di oggi fatto qualcosa t-te lo avrei detto quando tu me lo hai confessato a tua volta, l'anno s-scorso, sotto le stelle del giorno di capodanno! Mi d-dissi che avevi già dato tutte le tue prime volte via e secondo te io non ti avrei detto nulla se avessi e-esperienza?! Jeon Jungkook sono vergine! N-non ho nemmeno dato il primo bacio! Sono puro, intoccato! Non hai il d-diritto di dirmi quelle cose! Ho tenuto tutte le mie p-prime volte custodite nonostante le proposte di uscite ed incontri perché volevo donare tutto alla p-persona giusta! Ma non so se sia effettivamente giusta, ora c-come ora, come posso donarmi a qualcuno che mi ha appena accusato di aprire le gambe a tutti quelli che incontro?! Jungkook sono innamorato d-di te da tre anni e nemmeno te ne sei accorto, io-" si bloccò le lacrime ed il nodo in gola non aiutavano la prosecuzione del discorso, ma deglutì, e lo riprese. Si passò una mano nei capelli.

"Jungkook ho conservato tutto quello che potevo dare per te, perché sono innamorato di te dal primo giorno in cui ti ho visto, perché tu sei la mia persona giusta e tu... io- mi sento un idiota, mi sento un completo stupido ad aver creduto che Jeon Jungkook potesse provare qualcosa proprio per me ma... Kook, mi hai appena spezzato il cuore malamente, mi sento così..." prese un respiro profondo e puntò lo sguardo in quello dell'altro.

Era sconvolto. Gli occhi sgranati e le labbra leggermente dischiuse in un'espressione di puro stupore alla quale Jimin si ritrovò a piangere ancora di più. Si sentiva un perfetto idiota. Sentì il fortissimo impulso di andarsene e semplicemente lo seguì. Non potendone più di tutta quella situazione.

"Sai una cosa? Fai come vuoi, non mi importa, pensa ciò che vuoi ma stai lontano da me. Non osare chiamarmi io.. d-devo stare solo" detto ciò, prese velocemente tutto quello che gli apparteneva e prima che il corvino potesse fermarlo, era già fuori dalla sua vista.

Jungkook era sotto shock.

Jungkook rimase totalmente immobile mentre la porta della sala da ballo nella quale aveva passato ore immemorabili venire chiusa dalla persona che mai avrebbe pensato di far soffrire.

Rimase a fissare esterrefatto quell'asse di legno fino a quando come una gelida secchiata di acqua la consapevolezza lo inzuppò totalmente, facendogli sentire così tante emozioni in una sola volta che dovette sedersi per non cadere immediatamente a terra.

Era stato un idiota, non c'era altro da dire. Come aveva potuto dire tutte quelle meschine cattiverie al suo migliore amico? Come aveva fatto ad arrivare ad accusarlo di cose così brutte?

Si mise istintivamente le mani nei capelli mentre avvicinava le ginocchia al volto. Ma che cosa aveva fatto? Come aveva potuto? Come aveva avuto il coraggio di dire tali cattiverie ad un ragazzo così dolce come solo Jimin sapeva e poteva essere?

Proprio in quel momento, le parole del biondo gli attraversarono la mente, perforandola senza pietà e facendogli realizzare cosa effettivamente avesse detto il più grande prima di correre via da lui.

Park Jimin era innamorato di lui.
Park Jimin aveva rifiutato baci e rapporti sessuali perché voleva completamente donarsi a lui.
Park Jimin era vergine, intoccato, solo per lui.
Park Jimin lo amava da sempre e lui era stato solo troppo stupido per capirlo.
Ma Park Jimin lo amava, lo amava per davvero.
Lo amava e lui era stato un completo idiota.

Lo amava e lui lo aveva insultato, ferito, gli aveva spezzato il cuore accusandolo di cose che non si trovavano ne in cielo né in terra solo perché la rabbia aveva preso il completo controllo di lui. Era arrivato ad accusarlo di andare a letto con il primo che gli capitasse a tiro, quando nemmeno aveva dato un singolo bacio a stampo.

Lo aveva accusato di non riuscire ad aprire gli occhi, quando il primo era proprio lui. Lo aveva insultato, gli aveva urlato contro, era stato cattivo poiché preso dalla rabbia e lo aveva perso.

Aveva perso il suo migliore amico, il suo amore, quel ragazzo così puro, così gentile, bello e dolce. Si era fatto scappare l'assoluta perfezione perché era stato un perfetto coglione.

Lo aveva perso.

Più queste due parole gli si ripetevano nella mente, più sentiva il magone salire alla gola e le lacrime farsi spazio nelle sue iridi scure che non avevano avuto il coraggio di guardare in faccia Jimin mentre rispondeva alle sua insulse accuse.

"Stai lontano da me" quelle parole gli attraversarono la testa e lo fecero scoppiare in un pianto disperato che decisamente non era da lui. Jungkook piangeva poco ed ogni volta che accadeva... non sapeva come comportarsi.

Appoggiò la fronte sulle ginocchia e lasciò che le sue lacrime scorressero libere e gli si seccassero sulla pelle, o gli raggiungessero i pantaloni della tuta sudati. Avrebbe voluto tornare a qualche minuto prima, quando Jimin era ancora tra le sue braccia e lo stava sollevando aggraziatamente con un sorriso dipinto in volto.

Avrebbe voluto tornare anche al giorno prima se necessario, ed evitare di guardare male tutti i ragazzi che lo avevano fissato in corridoio quando aveva sfoggiato un perfetto biondo anziché l'ordinario rosa che aveva portato fino al giorno prima della visita casuale dal parrucchiere.

Voleva non aver mai provato gelosia nei confronti di un ragazzo così dolce, amorevole ed estremamente romantico e voleva non aver mai provato rabbia per tutte le persone che gli si avvicinavano.
Avrebbe voluto sapere che Jimin lo amava ed era così a lui devoto, come Jungkook lo era a sua volta.

Avrebbe voluto sapere prima tutto ciò che quel giorno aveva scoperto in maniera così brusca e brutale. Avrebbe voluto rimediare a tutti i suoi sbagli, ma come fare?

Le carte in tavola erano già state lanciate e le sue mosse si erano esaurite dopo aver fatto un disastro dopo l'altro, come pensava di poter riprendere il gioco? Vi era un modo? Jungkook si asciugò le lacrime e si guardò intorno spaesato, niente che gli suggerisse cosa fare in quel luogo, fino a che i suoi occhi non si posizionarono proprio sulla porta che il suo migliore amico aveva utilizzato per uscire dalla stanza dieci minuti prima.

La osservò per un po', pretendendo di vedere la figura del suo biondo rientrare e concedergli perdono, anche se sapeva non sarebbe mai successo. Stava per tornare a lasciarsi andare alla rassegnazione quando un'idea gli attraversò il cervello. Era stupida, istintiva ed insensata, ma alla fine questi erano gli aggettivi che usavano tutti per descriverlo al meglio, quindi non si fermò ad analizzarla oltre. Non prese nulla delle sue cose a parte cellulare e portafogli, semplicemente uscì di corsa dalla palestra della città che avevano affittato per le prove quel giorno e si avventurò sotto la pioggia correndo e sperando di intravedere tra le miriade di persone e di ombrelli che popolavano quel giorno la sua Seoul, anche una testolina bionda che correva, ma non trovò nulla nonostante continuò a correre per venti minuti pieni.

Si fermò con il fiatone sotto una tettoia occasionale di un negozio di frutta e si guardò in giro spaesato, non riconoscendo nemmeno la strada in cui era. Probabilmente si era perso nel correre a casaccio tra le vie intricate della città ed in quel momento nemmeno riusciva a riconoscere il quartiere in cui si trovava.

Sentì la frustrazione accumulata in quei minuti crescere dentro di sé e per la seconda volta nel giro di troppo poco tempo di ritrovò a piangere rumorosamente, con i singhiozzi a smuovergli le spalle ed ad occupargli con un macigno la gola.

Si guardò intorno e passò una mano sui capelli. Non sapeva in che strada andare e in preda al completo panico di aver perso Jimin, aver corso a caso senza una meta precisa e non aver guardato dove stesse andando decise di chiamare il biondo, nonostante i suoi divieti nel farlo, e cercare di convincerlo a dirgli dove fosse.

Il telefono squillò quattro volte prima che la voce spezzata di Jimin gli raggiungesse le orecchie, probabilmente stava ancora piangendo per cosa era successo prima e ciò non fece altro che far arricciare lo stomaco del più giovane. Era un completo idiota, non meritava Jimin ed il suo amore, proprio per niente.

"Jungkook, ti ho d-detto di non chiamarmi! Io e te abbiamo chiuso, lasciami in pace!" urlò con la voce rotta dai singhiozzi, sentendo in risposta unicamente quelli di Jungkook che lo fecero accigliare.

Stava piangendo anche lui?

"Hyung io..." quel nomignolo lo preoccupava, voleva dire che era successo qualcosa, oppure che la questione era seria.
"Hyung mi dispiace, m-mi dispiace così tanto- io- io non so dove mi trovo, ho f-freddo e sono sotto la pioggia e- hyung non ho idea di dove sono. Hyung aiutami- mi dispiace così tanto" il tono del più piccolo era disperato e nel sentirlo ridotto in quel modo Jimin lasciò cadere le sue difese e si ripromise di rimandare la discussione a dopo.

"Jungkook, dove ti trovi, posso raggiungerti" disse calmo, sentendo l'altro tirare su con il naso per poi rispondergli.

"I-io non lo so, dimmi dove sei tu, p-prenderò un taxi e t-ti raggiungerò. Mi dispiace tanto Jimin- perdonami" pianse nuovamente, facendo sentire Jimin male a sua volta. Era arrabbiato certo, ma sentire così il ragazzo di cui era perdutamente innamorato lo distruggeva completamente.

"Sono al negozio di fiori della signora Shin, hai presente? È a pochi minuti dal nostro dormitorio al college" spiegò, sempre con il tono più calmo che avesse nel repertorio.

"S-Si si, sto a-arrivando. J-Jimin ti prego perdonami" si scusò ancora una volta ed il biondo sentì il cuore stringersi nel sentire il migliore amico ridotto così per colpa sua. Certo se lo meritava per come gli si era rivolto, ma non poteva far a meno di sentire il suo cuore dolere ed i sensi di colpa montare nell'animo nel sapere che la causa del suo malessere fosse lui.

"Basta scusarti Kookie, pensa a raggiungermi e poi ne parleremo con calma, ma ti prego calmati, mi spaventi se fai così" affermò con calma, cercando di tranquillizzare l'altro che semplicemente mormorò un "Okay" flebile e lasciò cadere la telefonata.

Jimin rimise nella tasca della sua giacca il telefono e si asciugò le ennesime lacrime che gli stavano scorrendo sul volto, ma questa volta senza che lui ne sapesse il motivo. Mentre osservava la pioggia cadere ai limiti del suo ombrello e schiantarsi sull'asfalto pensò a quanto avesse detto proprio poco prima al corvino ed un'inspiegabile paura si impossessò del suo cuore. Aveva confessato di amarlo, lo aveva fatto davvero, ma in quel momento Jungkook stava arrivando proprio da lui e... e se lo avesse rifiutato? Con quale coraggio lo avrebbe ancora guardato negli occhi?

Si sentì tremare dal terrore di un rifiuto, ma poi cercò di tranquillizzarsi, mettendosi una mano sul petto e respirando più volte profondamente. Non era detto lo avrebbe rifiutato, o anche se lo avesse fatto non sarebbe cambiato nulla nella loro amicizia e lui non avrebbe perso Jungkook. Giusto?

Si asciugò le lacrime ancora una volta con la manica del cappotto e poi attese, attese guardando le macchine scorrere in fila davanti a lui mentre la pioggia diveniva sempre più fitta, facendogli chiedere se il più piccolo avesse un ombrello per ripararsi. Domanda stupida perché conosceva bene il suo migliore amico e quindi sapeva che era probabilmente corso sotto la pioggia senza alcun riguardo per se stesso. Se avesse preso la febbre sarebbe stata colpa sua e si sentì male al pensiero, ma cercò di spegnere la mente fino a che non avrebbe visto il moro arrivare.

Non dovette attendere più di dieci minuti, perché infondo alla strada poté presto notare un taxi venire proprio verso di lui e fermarglisi di fianco.

Jungkook scese da quell'auto e dopo aver pagato velocemente la sua corsa, lo guardò con gli occhi rossi e gonfi pieni di sensi di colpa che fecero star male Jimin. Lo aveva capito che il corvino era dispiaciuto ed avrebbe voluto dire qualcosa, ma era come bloccato. Entrambi lo erano in realtà. Stavano ad un metro di distanza e si guardavano negli occhi senza poter dire una parola. Erano in silenzio, Jimin sotto il suo ombrello nero e coperto da un cappotto, Jungkook con la maglia larga sudata dell'allenamento, sotto la pioggia ed interamente grondante d'acqua. Il biondo si preoccupò e stette per dire qualcosa a riguardo, ma non fece a tempo a schiudere le labbra screpolate dal freddo invernale che il suo migliore amico gli si avvicinò di scatto e prima che se ne rese conto, fece collidere le loro labbra in un bacio disperato.

Jungkook non aveva saputo trattenersi dopo averlo osservato così tanto ed aver realizzato che il ragazzo di fronte a lui fosse suo, che era innamorato di lui, che provava le sue stesse emozioni. Aveva fatto quindi due passi avanti in maniera veloce, prendendo il braccio di Jimin che reggeva l'ombrello per tirarlo verso di sé e far passare facilmente due braccia attorno alla sua vita, facendo poi collidere le loro labbra mentre l'ombrello cadeva abbandonato in un punto del marciapiede sotto di loro. Nessuno dei due se ne curò e lasciarono che la pioggia avesse la meglio su di loro.

Dire che il biondo fu colto alla sprovvista è un eufemismo, ma dopo un attimo di perplessità che lo aveva reso rigido e sconvolto tra le braccia del castano decise di lasciarsi completamente andare al bacio, passando le sue braccia attorno al collo dell'altro e guastando quel bacio che stava aspettando da tre anni. Le braccia di Jungkook attorno a lui erano strette, possenti e sicure e lo tenevano incollato al suo petto, tanto che nemmeno un foglio di carta sarebbe potuto passare tra loro, mentre le loro bocche si schiudevano e lasciavano le loro lingue ballare una danza che sapevano solamente loro. Emozioni travolgenti infestarono gli animi dei due ragazzi che non poterono fare a meno di sorridere con tutta la sincerità del mondo nel bacio tanto bramato che stava comunicando tutti i loro reciproci sentimenti. Se l'amore fosse stato un gesto, sarebbestato quel bacio, così veritiero e profondo da far commuovere anche chi non credeva più nei sentimenti.

Jimin si sentiva così felice. Non importava di starsi interamente bagnando a contatto con Jungkook, non gli importava se si sarebbe ammalato nei giorni successivi, stava finalmente ottenendo ciò che aveva sognato per troppo tempo, non voleva pensare a nient'altro. Voleva solo concentrarsi sulle labbra dolci di Jungkook a contatto con le sue, voleva solo sentire le sue mani attorno alla sua vita e i loro cuori battere all'unisono, come fossero stati legati sulla stessa sinfonia. Voleva imprimersi nella memoria quel momento fino a che l'avrebbe pensato tutti i giorni e sognato tutte le notti. Voleva fermare il tempo e rimanere così per il resto della lunga eternità, ma purtroppo tutti i momenti finiscono ed anche quello terminò nel momento in cui l'ossigeno venne a mancare ed il corvino si staccò lentamente dall'altro, pronucendo un lieve 'Pop' che li fece sorridere entrambi.

Non si allontanarono l'uno dall'altro, ma restarono così, sotto la pioggia a bagnarsi e guardarsi negli occhi con le fronti appoggiate l'una all'altra, godendosi quel momento speciale e magico che non avrebbe potuto essere migliore, sentendo i loro respiri fondersi in una promessa d'amore indelebile che li avrebbe portati ad amarsi da quel giorno in poi.

"Ti amo Jimin".

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"C'è stata una volta dove mi sono scusato molte volte con Jimin, ve l'avevo mai detto?"

"Cosa?"

"Quel giorno di pioggia"

"Cosa?"

"Quella giornata di pioggia. Nello studio. Abbiamo litigato"

"Ah! AHAHAHAH-"

"Cosa è successo durante un giorno di pioggia?"

"Ve lo racconto in breve: abbiamo avuto un litigio durante un giorno di pioggia nella sala da ballo. Dopo la discussione ero davvero arrabbiato, quindi ho detto a Jungkook 'Fai quello che vuoi' e poi me ne sono andato. Stavo tornando alla nostra casa, erano circa venti minuti di camminata partendo dallo studio. Poi ho ricevuto una chiamata da Jungkook. 'Jimin sono così dispiaciuto!!' e gli ho risposto 'Ti avevo detto di non chiamarmi!" poi gli ho chiesto dove fosse e mi ha risposto che non lo sapeva. Gli ho chiesto di dirmi dove fosse così lo avrei raggiunto ma non lo sapeva, così-"

"Così mi ha detto lui dove era ed io ho preso un taxi"

"si, quindi lo stavo aspettando sotto la pioggia e quando è arrivato l'ho abbracciatolo chiamandolo tipo 'Jungkookah!!"

• The end•

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