Come il cielo a mezzanotte

By NyxEcate

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Leggende raccontano che gli dei, all'alba dei tempi, separarono le anime gemelle, gelosi di queste ultime. Il... More

Prologo
01. A nessuno piacciono i ratti
02. Corsi differenti
03. Pura poesia
04. Piccoli riti
05. Sempre un mistero
06. Profumo di Gardenia
07. Marshmallows
08. Paranoia silenziosa
09. Il mare senza di te
10. " Di rosso e celeste neanche il diavolo si veste "
11. " Sei meraviglioso ora, domani e per sempre "
12. Stellato
13. Insignificanti
14. Sono una distesa dorata
15. Ciò che non sai di me
16. Questo
17. Una spaccatura nel vetro
18. Le emozioni non sono per bambini
19. Come scogliere d'argilla
20. Quello che i bambini non dovrebbero provare
21. Nascondere
22. Non abbandono nessuno
23. Urgano
24. Il prima è sempre doloroso
25. Non c'è due senza tre
26. Come due anime si abbracciano
27. La strada
28. Piccoli sorrisi
29. Fidanzato?
30. Non oggi
32. Il tuo pappagallo
33. Ringraziamento
34. L'inizio
35. Quando accadrà
36. Coraggio
37. Come un sogno
38. Come il cielo a mezza notte
Epilogo

31. Sbagliato

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By NyxEcate

«Mi hai seguito»

La sua non era una domanda, una semplice constatazione. Non ne sembra sorpreso o arrabbiato, forse solo rassegnato. Non aveva bisogno di guardarmi per accertarsi della mia presenza, probabilmente sono l'unica persona che conosce nel raggio di miglia.

Sono arrivata poco dopo di lui, l'ho trovato nella stessa posizione in cui si trovava settimane fa': chino sopra la stessa lapide. Da allora, nonostante le numerose occasioni, non sono mai tornata a leggere il nome che vi è inciso sopra.

Non sono affari miei, dovrebbe sentirsi lui libero di parlarmi, è sbagliato profanare così il suo volere. Semplicemente sentivo fosse sbagliato, ora, complice la curiosità, un po' lo rimpiango.

Le larghe spalle fasciate dalla semplice maglia sono ricurve, i muscoli della schiena tesi, così come l'intero corpo di Allen. Non mi è una scena inconsueta. Ormai sono famigliare col suo costante sussurro d'aiuto. Allen Cross, l'adolescente prodigio, non urlerà mai in cerca di aiuto. Sussurra, quasi timido aspettando e corrodendo.

Ho desiderato così ardentemente questo momento con lui, che ora ne sono pietrificata. Non so cosa dire, cosa fare. MI sembra tutto così sbagliato, io in primis. Stono completamente qui, accanto al suo dolore, più vicina di chiunque altro al suo lato vulnerabile.

Senza riuscir a risvegliare le corde vocali riesco solo ad annuire, chinato com'è dubito mi abbia visto farlo. Partecipe in qualche modo del suo dolore, riesco solo ad avvicinarmi con piccoli passi.

«Che ci fai qui? Pensavo d'esser stato chiaro l'ultima volta», sputa senza però animare le sue parole. Il suo tono di voce è monocorde, quasi come se non provasse nulla. Per qualche motivo ciò mi ha pugnalata più del suo normale tono arrabbiato. «Torna da tua madre»

Non avrei dovuto rincorrerlo, non sarei dovuta andare a parlargli in quel stupido bar. Nonostante l'evidente stupidità e l'eccesso masochismo che ultimamente sembro provare verso me stessa, decido di restare.

Una parte di me vorrebbe chiedergli perché insista con mia madre, l'altra, ben più logica, pensa non sia il momento adatto per farlo.

Scaccio tutti i pensieri e mi fermo in prossimità del suo corpo. Da qui posso facilmente leggere il nome sulla tomba, ma ancora una volta decido di non farlo. Mi concentro esclusivamente sul suo capo chinato, su suoi morbidi capelli spettinati, sulle guance leggermente arrossate.

Mi era mancato terribilmente, ne ero già consapevole, ma solo ora il peso di tutto ciò mi ha investito.

Gli poso una mano sulla spalla, sussulta leggermente e se possibile si è irrigidito ancor di più. Tutte queste reazioni da parte sua mi fanno male, sento tante, minuscole ed infinite ferite. La cosa più sana per me sarebbe allontanarmi all'istante, dimenticare tutto, dimenticare lui.

Ma come accennato prima, quando in ballo c'è Allen Cross tendo ad esser molto masochista. Se in gioco c'è la nostra amicizia, la sua serenità, allora voglio giocare.

«Non me ne vado»

Scuote il capo, alcune ciocche gli finisco in mezzo alle ciglia folte ma non si cura di toglierle. Resta chino, appoggiato a quel pezzo di marmo. «Ti prego», sussurra, sembra sull'orlo del pianto.

Mi è impossibile capire se mi stia pregando di andarmene o di restare. In ogni caso, per questa volta, si fa a modo mio. Ho già provato a dargli ascolto, speravo nonostante tutto che migliorasse, che si riprendesse. Non è stato così. Ora si fa' come dico io.

Continua a scuotere il capo, fissa la lapide e ne accarezza i bordi. Probabilmente, come me, starà pensando che io in quel quadretto non centro proprio nulla. Mi sorprende però quando le sue spalle tremano leggermente. Sta piangendo, ci manca poco che singhiozzi.

«Sono qui», ormai è inutile porre resistenza. Avvolgo istintivamente le mie braccia attorno al suo torace e quasi immediatamente lui si alza.

Ti prego Allen, apriti con me, voglio solo aiutarti. Vorrei dirgli di abbracciarmi ma non ce n'è bisogno. All'inizio il suo corpo era incredibilmente teso, ho stretto leggermente la presa e ho affondato il viso nel suo petto. Lui si è sciolto pian piano ed ha avvolto le braccia attorno a me.

Lo sento chiaramente mentre affonda il capo nei miei capelli e prende un grosso respiro, inconsciamente ho seguito il suo esempio inebriandomi della sua dolce fragranza alla Gardenia. Finalmente respiro di nuovo.

Non so esattamente chi stia consolando chi in questo abbraccio, dovrei esser io l'amica forte, ma al momento mi sento solo un enorme disastro. Fra le sue braccia ogni mia falsa convinzione cala, riesco solo ad esser me stessa, a dire e provare solo parole e sensazioni vere.

«Mi dispiace, mi dispiace così tanto Ryn..». Ancora una volta non capisco a cosa si stia riferendo, se a noi o se ad altro, non glielo chiedo.

Ascoltando riesco solo a pensare a quanto in profondità si annidino i suoi demoni, quanto sgorgano le sue ferite.

«Sfogati con me Allen, parlami, svuotati», gli accarezzo i capelli come una mamma premurosa, o una fidanzata amorevole. Quasi non mi schiaffeggio mentalmente, non ha senso paragonarmi ad una sua fidanzata, non lo sarò mai e questo non è di certo il momento adatto per fantasticare. Lascerò certi pensieri per dopo, come sempre.

«Ti fa' male tenere tutto dentro, non è il modo adatto per affrontare tutto.. questo», prendo un'altra pausa sospirata sentendolo fremere fra le mie braccia sottili. «Devi liberartene, affrontare il passato, le tue pure. Se non ti senti a mio agio con me almeno parlane con qualcun'altro, ti prego. Fallo per te stesso». Mi trattengo per evitar di scoppiare in lacrime anch'io, sentendo le mie parole auto ferirmi.

Se questa è la realtà, se lui d'avvero non si fida abbastanza di me, potrei crollare definitivamente.

«Mi dispiace Ryn, mi dispiace d'averti fatto pensare a queste stronzate», la sua voce è roca, rotta. Il respiro mi si mozza in gola pensando si stia riferendo a tutto il discorso. Sono davvero un ipocrita. Sto per staccarmi e fuggire per sempre ma lui riprende a parlare prima che io possa anche solo allontanarmi di un centimetro. «Tu sei l'unica con cui mi sento a mio agio, l'unica con cui posso confidarmi, parlare per ore ed ore, anche di cose stupide. Non potrei mai parlarne con nessun altro.»

La sua presa è ferrea sui miei fianchi e gliene sono grata, senza di essa potrei cadere per quanto sono molli le mie gambe. Prendiamo quasi contemporaneamente una grossa boccata d'aria.

«Hai ragione, devo togliermi questo peso e condividerlo con qualcuno, e voglio che quel qualcuno sia tu Kathryn Martin. Anche se farlo è terribilmente egoista da parte mia». Una risata amara gli esce spontanea.

«Se non ti va di parlarne ora non devi-», lo stringo se possibile ancor più vicino, voglio sentirlo contro di me. Sentire il suo battito, il calore della sua pelle e ogni dettaglio di lui che nell'ultimo mese non ho potuto osservare.

«No, è arrivato il momento. Te lo devo», mi interrompe.

«Lo devi solo a te stesso»

Innumerevoli minuti di silenzio hanno seguito la mia affermazione. Pensavo si stesse pentendo di tutto fin quando, silenziosamente, si è allontanato dai miei capelli e dolcemente mi ha preso per mano. Mi ha trascinato fino al pino lì vicino e senza proferire parola si è seduto sull'erba morbida.

Che stia finalmente per aprirsi con me? Speranzosa mi siedo accanto a lui. Il legno scomodo a contatto con la schiena, solo il calore della sua mano a confortarmi. Era da così tanto che non sentivo il suo tocco ruvido sulla mia pelle, che ora mi sembra un sogno fin troppo bello.

Prende un grosso respiro come se si stesse preparando, riesco solo ad accarezzare il dorso della sua mano per infondergli coraggio. Io sarò qui, indipendentemente da quanto brutta è la verità che custodisce tanto gelosamente.

Tiene gli occhi chiusi ed un'espressione distesa, sospira dolcemente quando percepisce il mio contatto, poi come se stesse conversando con sé stesso annuisce.

«Mia madre si chiamava Annabeth. Era una donna stupenda, bellissima a dir poco. Lei e mio padre si erano conosciuti ai tempi del college, un tempo si amavano molto».

Era? É.. è morta? É sua la tomba qua davanti? Mi astengo da porgli i miei dubbi, il suo racconto è appena iniziato e deve liberarsi di ancora molto.

«Non sono stati insieme per molto: lei era molto libertina, lui voleva una famiglia fissa. I loro caratteri non erano compatibili, rimasero comunque amici in buoni rapporti. Mio padre poco dopo aver rotto con lei ha conosciuto Jennifer, la mamma di Eavy. Si sono innamorati all'istante, è stato un colpo di fulmine il loro, anime gemelle». La nota di malinconia nella sua voce è molto marcata.

É inevitabile che in me si formi un forte sentimento di compassione.

«Mia madre al tempo era partita per un viaggio verso il Giappone, la sua famiglia era molto ricca quindi poteva facilmente permetterselo. Purtroppo, i primi sintomi della gravidanza arrivarono e la sconvolsero totalmente. Mio padre mi ha raccontato la disperazione con cui Annabeth l'ha chiamato quella sera... avere un figlio e viaggiare contemporaneamente non era possibile. Le ho distrutto tutti i sogni»

Era impossibile non sentire il senso di colpa nelle sue parole, si dava la colpa di tutto. Non avevo la mina idea che tutto ciò fosse successo. Penso che aver due genitori separati sia terribile, ma vivere con la consapevolezza d'aver distrutto i sogni di uno dev'esser ancor peggio, anche se in realtà, non c'è nulla di cui colpevolizzarsi.

«Come ti ho detto mio padre desiderava moltissimo una famiglia, quindi quando ha sentito la notizia per poco non faceva i salti di gioia. Ero il suo principe» Si lascia sfuggire una risata amara e si stende completamente sul tronco appoggiando un fianco al mio. «Mia madre non ne voleva sapere, avrebbe voluto abortire ma per sfortuna lui l'ha convinta»

Davvero sua madre non lo voleva? Mi sembra impossibile, così sbagliato. Il suo racconto prende sempre di più la sfumatura di una tragedia, il tono cadenzato e a tratti furioso mi provocano una forte pelle d'oca.

Riesco solo a stringermi completamente a lui, lo abbraccio poggiando la testa sul suo petto e incrociando una gamba fra le sue. Lui mi bacia sulla testa e sospira. È evidente che per lui sta diventando sempre più complicato continuare, doloroso.

«Puoi fermarti qui, andiamo avanti a piccoli passi», sussurro come se fosse un segreto, come se fossimo circondati da migliaia di persone e dovessi farmi sentire solo da lui. Siamo solo circondati da salme, corpi senza vita e natura rigogliosa. Due estremi completamente differenti, ma per qualche motivo non cozzano.

I nostri sguardi s'incontrano, i suoi occhi blu saettano mille emozioni nei miei, è uno spettacolo unico, il cielo più bello che io abbia mai visto. In essi, ancora una volta vi vedo la sua l'anima, frammenti, milioni di frammenti riflettenti. Ora a differenza di un mese fa sembrano assumere un significato totalmente differente sotto il mio sguardo. Non sono più semplici schegge di un passato, ora assumono una forma, un significato preciso.

Non è lui ad esser cambiato, sono io. Forse con la fine del suo racconto capirò finalmente qualcosa in più su di lui, forse sarà lui a star meglio, a ricomporre i suoi stessi pezzi. Nonostante ciò non gli chiederò di continuare, è una sua scelta.

Mi guarda come se fossi tutto ciò che in questo momento conta per lui, è dolce, premuroso mentre posa un bacio sulla mia fronte. Non capisco quali siano le sue emozioni al momento, ma in qualche modo lo percepisco connesso a me.

Mi accoccolo ancor di più sul suo petto ed alzo il capo, lentamente, come non facevo da molto, piazzo delicati baci sulle sue guance, sulla fronte, sulle tempie e sulla mandibola tesa. Si rilassa fra le mie carezze e vi si abbandona completamente. «É tutto ok, sono qui con te... lo sarò sempre». Poso le mie labbra su ogni centimetro della sua pelle, non l'ho mai fatto se non in modo giocoso, questa volta è diverso. É diventato un contatto di cui abbiamo bisogno entrambi.

Gli poso un debole bacio all'angolo delle labbra e quasi istantaneamente il mondo si ferma attorno a noi, sento solo d'esser leggera, come una piuma bianca. Lo guardo timidamente negli occhi, trovandovi lo stesso sguardo misterioso con cui numerose volte l'ho sorpreso fissarmi. Mi chiedo cosa sia, forse disgusto? Mi sono inconsapevolmente spinta troppo oltre, è evidente che lui non mi vedrà mai in quel modo. Ho rovinato tutto, solo per colpa della mia impulsività.

Lo guardo d'un tratto spaventata per il nostro futuro, l'ho appena ritrovato, non posso permettermi di perderlo di nuovo. Anche se il quasi bacio è stata l'esperienza più mitica della mia vita, solo un debole sfioro di labbra ma nulla comparabile ai viscidi baci di Pole, il mio primo fidanzato.

Si avvicina lentamente, gli occhi si alternano fra labbra e occhi, così come i miei. Cosa sta facendo? Smetto di pensare quando il tocco della sua mano ruvida entra in contratto con la mia guancia, la accarezza lentamente facendomi distogliere per qualche istante le iridi dalle sue tanto belle e misterioso. Un istante fatale, un istante fatto di sospiri silenziosi e un'immensa voglia da parte mia. Un istante, uno solo prima che le sue labbra si scontrino con le mie.

Dentro di me solo fuochi d'artificio, tutta la mia pelle formicola, come se improvvisamente mi trovassi in mezzo ad un incendio. Chiudo gli occhi e mi godo il debole contato con le sue labbra dolci. Sanno ancora di caffè, ma non è questo a stordirmi del tutto, a farlo è il suo profumo, la dolce Gardenia che tanto amo, il mio fiore preferito che per coincidenza o forza del destino è anche la sua fragranza.

Voglio che questo bacio casto gli gridi ogni mio pensiero, lascia che ti ami, lasciati amare da te stesso, aprimi una parte del tuo cuore, come io ho fatto con il mio. Perché qui, ora, sento solo d'esser tua e vorrei che tale rimanessi per sempre. Mi hai rapito con i tuoi modi, con quegli occhi blu stipendi e l'interesse inspiegabile che provavi nei miei confronti.

«Non hai idea di quanto tu mi sia mancata, ho sentito di non aver abbastanza aria per respirare in queste settimane. Sono stato un idiota ad allontanarmi, a dire tutte quelle stupidaggini, sono solo bugie, stronzate. Mi dispiace», soffia sule mie labbra, umide dopo che le ho leccate cercando ancora d'assaporare il sopore delle sue.

«Shhh, ti perdono ma sei comunque un idiota, anche se io lo sono di più per averti dato ascolto.»

«Non dirlo»

«Cosa?», gli chiedo perplessa. Non ci siamo ancora allontanati dalla posizione di prima, e ciò mi piace da morie.

«Non sei un idiota, sei la persona migliore della mia vita. Vederti su quella spiaggia è stata la cosa migliore della mia vita..». Interrompo il flusso delle sue parole con un bacio, non riuscivo più a guardare quelle labbra carnose senza assaporarne più approfonditamente la materia. Ci stacchiamo lentamente con uno schiocco, il suono migliore di sempre. Appoggia la fronte sulla mia e riprende a parlare. «Non ha senso aspettare ancora, è meglio se ti dico tutto ora. Finalmente dopo moltissimo tempo ho trovato il coraggio di aprirmi e non so se ci riuscirò ancora»

«É tutto ok..»

«Mia madre era tornata qui, ha vissuto gli ultimi mesi di gravidanza a casa di mio padre. In quel periodo anche Jennifer rimase incinta. Immagino che la situazione in casa fosse piuttosto imbarazzante. Le ultime settimane arrivarono, stavo per nascere ed esser consegnato fra le braccia di mio padre, come un pacco. Lei aveva semplicemente promesso di tornare ogni tanto. Non mi ha mai amato, non come mio padre e Jennifer, ho sempre considerato lei mia madre». Le emozioni di Allen sono contrastanti e molto forti. Senso di colpa e risentimenti nei confronti di sua madre. Lei lo ha abbandonato e nonostante ciò lui si sente in colpa per averle strappato qualche mese di libertà.

Non mi spiego ancora la sua tomba davanti a noi. É strano immaginare che lì dentro c'è realmente la donna dei racconti di Allen, quella donna tanto attaccata alla libertà ed all'avventura da abbandonare il proprio figlio, come una storiella da poche notti.

«L'ho uccisa Kathryn, è solo colpa mia se ora si trova lì», ormai la voce gli trema, la sicurezza di prima è sparita completamente. Il suo tocco sulla mia guancia si alleggerisce fino a scomparire, io però gli prendo la mano e la porto di nuovo sulla mia guancia, l'accarezzo e lascio un altro bacio d'incoraggiamento sulle sue labbra.

Non pensavo sarei mai arrivata a questo tipo di confidenza di lui, mi piace, mi piace dannatamente tanto.

«Non è sopravvissuta al parto, è morta.. per causa mia, un figlio che nemmeno voleva». Finisce con un enorme sospiro.

Il peso che si porta dentro è enorme, l'abbandono da parte di quella che avrebbe dovuto esser la donna più importante della sua vita, e il senso di colpa per averla distrutta per sempre.

«Non è mai stata colpa tua»

«Mi odia, ne sono sicuro. Sono sbagliato»

«No, non lo sei. Lei non ti odia, non puoi esserne sicuro, dev'essere fiera del uomo che sei diventato, orgogliosa di suo figlio e contenta d'aver dato ascolto a tuo padre». Alza lo sguardo e lo posa nel mio, nei suoi occhi c'è solo una fragilità immensa.

Allen è un ragazzo complicato, divorato da sentimenti contrastanti che per troppo tempo si è tenuto dentro, logorato dalle sue stesse mani, da idee dettate dal dolore di una perdita enorme.

«Non poi più far nulla per lei. Non la conosco, ma dai tuoi racconti penso che lei voglia solo che tu viva la tua vita al massimo, che tu ti lasci trasportare, che tu respiri a pieni polmoni, sempre. Oggi hai fatto il primo passo, io sarò accanto a te durante tutti gli altri». Gli sorrido dolcemente.

Ci asciughiamo a vicenda le lacrime, lecchiamo le ferite l'uno del altro e stiamo vicino, come avremmo dovuto far fin dall'inizio.

È poetico in un certo senso, ci riprendiamo, scopriamo qualcosa di nuovo, nell'unico luogo in cui tutto finisce.

Mi bacia ancora una volta, stavolta un bacio vero, niente labbra sfiorate, solo anime che si abbracciano. «Mi piaci un casino Kathryn Martin, non hai idea di quanto io sia pazzo di te»

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