Come il cielo a mezzanotte

By NyxEcate

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Leggende raccontano che gli dei, all'alba dei tempi, separarono le anime gemelle, gelosi di queste ultime. Il... More

Prologo
01. A nessuno piacciono i ratti
02. Corsi differenti
03. Pura poesia
04. Piccoli riti
05. Sempre un mistero
06. Profumo di Gardenia
07. Marshmallows
08. Paranoia silenziosa
09. Il mare senza di te
10. " Di rosso e celeste neanche il diavolo si veste "
11. " Sei meraviglioso ora, domani e per sempre "
12. Stellato
13. Insignificanti
14. Sono una distesa dorata
15. Ciò che non sai di me
16. Questo
17. Una spaccatura nel vetro
18. Le emozioni non sono per bambini
19. Come scogliere d'argilla
20. Quello che i bambini non dovrebbero provare
21. Nascondere
22. Non abbandono nessuno
23. Urgano
24. Il prima è sempre doloroso
25. Non c'è due senza tre
26. Come due anime si abbracciano
27. La strada
29. Fidanzato?
30. Non oggi
31. Sbagliato
32. Il tuo pappagallo
33. Ringraziamento
34. L'inizio
35. Quando accadrà
36. Coraggio
37. Come un sogno
38. Come il cielo a mezza notte
Epilogo

28. Piccoli sorrisi

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By NyxEcate

«Martin anche questa!», il signor Greden urla dall'altra parte del negozio. Sbuffo ma mi asciugo un piccolo rivolo di sudore e corro verso il reparto surgelati.

Il vecchietto indica una scala in metallo e poi si allontana con passo sicuro. Sfruttatore, anche se in teoria sono retribuita ormai il mio turno è finito da un quarto d'ora.

Mi mordo la lingua per non urlar dietro al capo e afferro la scala, pesa un po' ma l'appoggio sulla spalla destra e provo a non farci caso. Oggi la signora Garden ha deciso di ristrutturare parte del negozio, ovviamente noi dipendenti ci siamo andati di mezzo.

La solita cassiera, Ms. Ellizza, giovane donna proveniente dall'Inghilterra giunta in America alla ricerca del successo, purtroppo fallendo miserabilmente, scaltra come pochi è filata via ben un ora fa caricando sulle mie spalle tutto l'ammontare di lavoro.

Guardo preoccupata l'orologio e sbuffando nuovamente appoggio la scala nello sgabuzzino. Oggi dovrei ricevere la mia paga, con essa comprerò dei regalini, poi finalmente, dopo molto tempo, andrò a trovare tutti all'orfanotrofio.

Piano ottimo se non fossero le cinque e non fossi ancora bloccata qui, con un orribile grembiule e i capelli pieni di polvere.

Mi mordo la lingua per non dire cazzate ma ormai sono già di strada. Busso sulla porta dell'ufficio personale dei due proprietari ed attendo il consueto "Avanti".

In realtà è solo pressoché di proprietà dalla signora, da stamattina l'ho vista uscire solo un paio di volte.

Questo non arriva sostituito da strani versi attutiti. una smorfia di disgusto mi viene naturale, se i due vecchi stanno scopando perché io sono ancora qui a sgobbare?

Dovrei andarmene ma non posso senza i soldi. Alzo gli occhi al cielo ma insisto bussando nuovamente. Dall'altra parte nessuna risposta.

«Signori Greden, io ho finito il mio turno da un po' e dovrei proprio andare», ancora nulla. Valuto d'entrar semplicemente ed interrompere le loro attività "lavorative" ma di veder due vecchi abbracciati e sudati non mi va' proprio. «Mhh.. oggi è il mio giorno di paga, vorrei i soldi per favore». I versi si fanno più acuti ed io disgustata mi allontano di poco.

Che maleducati! Impongono così tante regole ai dipendenti, poi loro si comportano da conigli arrapati.

Dopo l'ennesimo gemito prendo l'avventata decisione di spalancare la porta ed interrompere l'orribile amplesso. Sono qui da cinque minuti, tra poco passa l'ultimo pullman per l'orfanotrofio e a me servono per forza quei soldi.

«Martin cosa sta' facendo?». La voce del vecchio mi ferma poco prima che io apra la porta.

Mi giro verso di lui confusa, se lui è qui, e la signora dentro... chi è l'uomo che si sta' tanto divertendo?

Guardo ad intermittenza la porta e l'uomo finché questo scocciato non alza un sopracciglio. Peccato che qua l'unica scocciata dovrei esser io, e per ovvie ragioni. «Cercavo uno di voi due. Il mio turno è finito e oggi è giorno di paga». Taglio corto con tono seccato.

Lui mi guarda storto ma annuisce e basta, mi supere ed entra nell'ufficio senza troppe cerimonie. Aspetto urla di rabbia e sfuriate ma nulla.

Confusa decido di allontanarmi e aspettare i miei maledetti soldi davanti alla cassa. Lavorando qui senza contratto e offrendo orari molti malleabili è più comodo sia per me che per i proprietari consegnarmi direttamente i soldi in mano, un po' come se stessi tagliando l'erba al vicino.

Dopo pochi minuti da dietro l'angolo emerge il signor Greden, la sua espressione è normale. Magari sta fingendo, mii impietosisco un po', forse avrei dovuto avvisarlo. Beh, ormai il danno è fatto.

Prendo la busta e saluto di fretta, non sembrava turbato, forse per lui era una scena consueta, ma chi sono io per giudicare le abitudini degli altri magari è un loro fetish segreto.

Salgo sull'autobus per un pelo cercando ancora d'evitar il filo di pensieri a cui ero giunta. A distrarmi, come sempre, c'è il pessimo odore dell'abitacolo.

Convinta tiro fuori dalla borsa un deodorante per ambienti che ormai mi porto dietro da un paio di mesi, e spruzzo nell'aria tutt'intorno a me. Ricevo molti sguardi confusi, alcuni indignati ma non ci faccio caso, segretamente mi stanno ringraziando tutti.

Contenta d'aver fatto la mia mensile azione caritatevole, infilo le cuffiette ed attendo la fine del viaggio. É passata una settimana da quando ho avuto il simpatico discorso con mia madre.

Quella sera Naomi era particolarmente curiosa, tanto da opprimermi con una lunga serie di domande sulla mia relazione con il moro Allen Cross, presto capitano della squadra di football. Nonostante la distanza mi tengo sempre informata sui suoi progressi e ogni tanto, con la scusa d'assistere Naomi mi imbuco agli allenamenti e faccio segretamente il tifo per lui. Non so se sene sia mai accorto o meno, ma mi è stato riferito dalla sorella che pure lui, spesso, chiede informazioni su di me.

Non so per quanto ancora la voglia tirar per le lunghe, o se veramente è convinto della sua decisione, ma in qualità di miglior amica ho provato a stargli il più lontano possibile, anche se le occhiaie e l'aria affranta del suo volto mi hanno spezzato il fiato ben più di una volta.

Distolgo lo sguardo dal finestrino e scendo dall'autobus arrivata ormai nel piccolo paesino che ospita il Doons, anche qui come davanti alla tetra struttura, il terreno è comporto prevalentemente da ghiaia.

La sento scricchiolare sotto la suola leggera delle scarpe fino alla solita libreria in cui sono solita fermarmi prima di una visita ai ragazzi. Apro la porta e la richiudo alle mie spalle ignorando il campanello.

Percorro le strette corsie e m'interrogo su cosa potrebbe piacere al piccolo Christian, mi fermo davanti alla sezione romanzi e senza indugio afferro una copia di Harry Potter e la pietra filosofale, è da tanto che voleva leggerla ma non l'ho mai trovata.

Giro un altro po' per il negozio fino alla sezione cartoleria e qui porto via un paio di diari. Uno per Jenny e l'altro per Alice, le due bambine sono le più timide del gruppo. Hanno pressappoco entrambe dieci anni ma non sono mai state molto loquaci con i loro coetanei. Spero che in questi diari riescano a trovar un amico migliore, se stesse.

Pago tutto ed esco dal negozio, entro in quello vicino e afferro un abbondante manciata di caramelle per Jane e Joel, i più piccoli della cucciolata. Due gemelli di otto anni. Non sono mai stati molti schizzinosi, a loro va sempre bene ogni regalo.

L'ultima fermata è il negozio di tessuti fuori paese. Emily è sempre stata molto selettiva, per lei solo stoffe e fili.

Entro dalla porta e rimango a bocca aperta, è ormai diventata un'abitudine ammirare la bellezza di questo posto. Non è una bottega molto grande ma è di innegabile bellezza. Numerosi tessuti sono appesi da ogni parte, colori, modelli e forme differenti. É un'esplosione di vivacità.

Sorrido a Jordan, il proprietario. «Salve Kathryn, ancora qui per cui particolari tessuti?»

«Stavolta per sfortuna o fortuna niente indicazioni». Sorrido e lui si scompiglia con una mano i cappelli grigi, ammiccando verso il retrobottega. L'ultima volta che sono venuta Emily aveva espressamente chiesto cinque metri di tessuto cognac in simil pelle. Un colore orrendo.

«La piccola Emily è molto pretenziosa e raffinata, diventerà di sicuro un'ottima stilista. Appena sarà abbastanza grande sarò io stesso ad offrirle un tirocinio»

«Le saremmo grate entrambe Jordan». Annuisce comprensivo mentre sposta diverse scatole. In questo paesino tutti conoscono i ragazzi del Doons, purtroppo nessuno si sente abbastanza stabile economicamente per adottarne uno, o almeno così dicono loro. É solo una responsabilità troppo grande.

Jordan mi porge della graziosa seta rossa, quello che sembra un carta modello e poi mi riaccompagna verso la cassa. Lo osservo in silenzio mentre scrive su un foglio varie istruzioni per Emily e lo infila in una cassetta piena di lustrini e bottoni. Questi due si scambiano corrispondenza attraverso me da quando Jordan, capendo fin da subito la mia inesperienza in campo, ha scoperto il vero destinatario dei suoi bellissimi tessuti.

«Questi sono un regalo, per il resto con un piccolo sconto vengono trenta cinque dollari». Cavoli Emily mi spellerà viva con tutti questi acquisti.

Tiro fuori i soldi riluttante ma pago inghiottendo il groppo e sentendo i miei duri giorni di lavoro, e i gemiti della signora Graden come colonna sonora della mia disperazione. Dio non li dimenticherò mai, che schifo.

Tengo accanto al petto la pesante borsa in cui ho riposto tutto e m'incammino verso il Doons. Meno male che per Alex non ho speso un soldo. Per il suo compleanno la sorella di Naomi ha ricevuto un altro ipod identico a quello che già possiede, è stato spedito quindi fra le mani di Naomi ma la ragazza non lo utilizza quindi passa di diritto ad Alex.

Un ipod nuovo di zecca sarà invidiato da tutti anche se ovviamente lui lo presterà a tutti. Un sorrido spontaneo nasce quando penso a loro, alla bellissima ma inusuale famiglia che sono, che siamo. Si sostengono a vicenda e non potrei esserne più grata.

Appena Alex se ne andrà in casa la più grande sarà Emily e tutti dipenderanno da lei, io e il giovane passeremo molto spesso a trovarli ma non voglio neanche immaginare cosa passerà lei. Le loro vite sono sempre e sempre saranno più difficili di quelle degli altri.

Nel mio piccolo sto cercando di aiutarli, di alleggerire i grossi vuoti che provano, le mancanze che purtroppo la mia presenza e i piccoli regali non riusciranno mai a colmare.

Quando arrivo davanti ai famigliari pini ormai sono quasi in lacrime, mi ricompongo fissando per alcuni secondi il tramonto. Il buio sta calando. Stringo al petto la borsa e decido di scrivere un veloce messaggio ai miei genitori per informali sulla mia posizione.

Rimetto il cellulare in borsa e sostengo con entrambe le mani i regali, mi avvicino con passi pesanti alla porta e provo in tutti i modi a suonare il campanello senza perder l'equilibrio. Prima che ci riesca il pesante legno si fa da parte da solo e un Alex divertito mi viene in contro.

«Dammi qua, ti sto guardando da un po' sembravi una papera», prende la borsa dalle mie mani e si lascia scappare una risata, nonostante l'occhiataccia che gli lancio mi ci unisco anch'io.

«Potevi anche uscire ed aiutarmi»

«Nah, è stato più divertente così», gli faccio la linguaccia e lo seguo lungo il corridoio fino al salotto.

Tutti e sei sono già sparsi per tutta la stanza.

«Ehy mi aspettavo un accoglienza più affettuosa»

Sei paia di teste si girano verso di me, volti sorpresi e contenti. I più vicini, i gemelli, mi saltano addosso inondando la mia vista di ciocche biondo platino.

«Kathryn», nonostante l'urlo collettivo non riesco a prepararmi in tempo all'attacco. Mi saltano tutti addosso e per poco non cado per terra dalle ristate, a finire il lavoro ci pensa Alex, il ragazzo si butta sul mio fianco. Come un domino vivente cadiamo tutti rovinosamente a terra.

Tra risate e piccole manine faccio quasi fatica a distinguere dove inizia e dove finisce il mio corpo. Annaspo alla ricerca d'aria mentre non riesco a fermare le risate, persino piccole lacrime si formano agli angoli dei miei occhi.

«Che sta succedendo qui?! Vi si sente dalla cucina», la burbera signora Tabolt entra nella stanza, mani sui fianchi ed espressione scocciata. Il suo sguardo analizza la stanza poi l'ammasso di corpi fino a fermarsi su di me, o quel poco che riesce a vedere. «Ah c'è la signorina Martin, ecco spiegato il trambusto»

Quella che penso sia Emily ride ancora più forte alle parole della tutrice, rotola sullo stomaco di Alex mentre questo cede all'ilarità del momento e si agita come un'anguilla.

La donna scuote il capo e si allontana, non prima d'aver rammentato a tutti l'orario della cena. Infondo anche lei vuole bene a questi ragazzi.

«Kath mi hai portato i dolci?» Joel si avvicina saltellando e punta i suoi chiari occhi azzurri sui miei.

Faccio finta di pensarci su poi annuisco indicando fiera la borsa.

«Per redimere la mia prolungata assenza ho fatto un po' di spese», gli ultimi stravacati si alzano e curiosi avvicinano le manine alla borsa.

Li lascio fare consapevole che ognuno prenderà solo ciò che suo, riconoscendolo, apprezzandolo e in caso, condividendolo con gli altri. Mi alzo e li guardo mentre meravigliati sfogliano il libro di Christian, sfiorano la seta rossa di Emily, osservano i diari di Jenny e Alice e mangiano le numerose caramelle di Jane e Joel.

«Non mangiatele tutte, tra poco ci sarà la cena», Alex mi affianca guardando i ragazzi con altrettanta serenità.

«Grazie»

«E di cosa? Dovremmo esser noi a ringraziarti, anzi lascia che lo faccia»

Mi godo l'abbraccio e appoggio la testa nell'incavo del suo collo. «Senza di voi sarei rovinata, mi staccate dalla realtà, qua è tutto un altro universo»

Lo sento ridacchiare leggermente per poi stringermi ancora di più a sé. «Kathryn non ci sarebbe quest'atmosfera allegra senza si te. Saremmo noi quelli rovinati se tu non ci fossi». Scuoto la testa ma non ribatto, non è questo il momento. «Grazie per tutti i regali, sei come babbo natale per loro»

«Spero di esser più magra e sexy di Babbo, nulla in contrario alla pancia da biscotti e alla barba bianca», ride mentre mi pavoneggio ma mi riattrae quasi subito in un abbraccio.

«Ah e non creder di essertela cavata così, ho qualcosa anche per te».

Sono in momenti come questo, osservando la sua espressione sorpresa, la felicità nei suoi occhi e sentendo le risate gioiose dei bambini, delle mie piccole sorelline e dei piccoli fratellini, che non rimpiango neanche per un secondo d'esser così come sono. Di averli conosciuti, di sacrificare alcune ore della mia vita per comprar loro qualcosa.

Questi sorrisi mi ripagano di qualsiasi fatica e mi distraggono da qualsiasi preoccupazione.

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