Come il cielo a mezzanotte

By NyxEcate

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Leggende raccontano che gli dei, all'alba dei tempi, separarono le anime gemelle, gelosi di queste ultime. Il... More

Prologo
01. A nessuno piacciono i ratti
02. Corsi differenti
03. Pura poesia
04. Piccoli riti
05. Sempre un mistero
06. Profumo di Gardenia
07. Marshmallows
08. Paranoia silenziosa
09. Il mare senza di te
10. " Di rosso e celeste neanche il diavolo si veste "
11. " Sei meraviglioso ora, domani e per sempre "
12. Stellato
13. Insignificanti
14. Sono una distesa dorata
15. Ciò che non sai di me
16. Questo
17. Una spaccatura nel vetro
18. Le emozioni non sono per bambini
19. Come scogliere d'argilla
20. Quello che i bambini non dovrebbero provare
21. Nascondere
22. Non abbandono nessuno
23. Urgano
24. Il prima è sempre doloroso
26. Come due anime si abbracciano
27. La strada
28. Piccoli sorrisi
29. Fidanzato?
30. Non oggi
31. Sbagliato
32. Il tuo pappagallo
33. Ringraziamento
34. L'inizio
35. Quando accadrà
36. Coraggio
37. Come un sogno
38. Come il cielo a mezza notte
Epilogo

25. Non c'è due senza tre

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By NyxEcate

Sinceramente non so cosa mi aspettassi, un cambio drastico o una lenta progressione. Inaspettatamente la vita, o la mia personale dose di sfiga, ne ha ancora di sorprese in serbo. A farsi quasi beffe della velocità con gli ultimi eventi e problemi della mia vita si sono manifestati, il degrado della malattia di mia madre sembra invisibile, invisibile come la presenza di Allen Cross nella mia vita.

Ormai, le due entità invisibili, non fanno che tormentarmi, figuratamente parlando. Perché chiariamoci, l'unica delle due a possedere un corpo sembra, se possibile, più impercettibile.

Per tutti coloro che mi vedono dall'esterno il mio umore sembra stantio, immutato da quando la grande notizia è stata rivelata. Mi vedono come una roccia apatica ma i mi sento tutt'altro. La grande tormenta che mi aveva accolta fra le sue braccia quel giorno all'ospedale mi segue ancora.

In parte per evitare domande e rallegrare l'umore di mia madre, in parte forse pensando a lui, mi sono fatta forza, rifiutando di mostrare tristezza. Solo i muri di camera mia e il cielo conoscono i miei reali sentimenti.

Ieri, cercando di aggrapparmi ad un respiro, ho provato l'immane desiderio di ritornare in un posto felice e spensierato. La spiaggia non mi basta più, il cielo sopra il mare non mi accoglie. Volevo tornare nel bosco, nel posto di Allen ma per qualche motivo andarci da sola sembrava completamente sbagliato.

C'è qualcosa alla base di quest'idea che prima ancora d'averla formulata interamente la fatta apparire sciocca e totalmente sbagliata ai miei occhi.

Così dopo anni, aggrappandomi ancora al folle desiderio che ho provato ieri, mi trovo qui. É mattina presto e tra un paio d'ore devo andare a scuola, per qualche motivo però, a discapito degli ultimi giorni qui mi trovo a mio agio.

La foto sorridente di mia nonna mi osserva da sopra la tomba, mi piego e vi poggio sopra i suoi fiori preferiti. I dolci tulipani che da sempre si è ostinata a farsi portare, non sopportava l'odore di altri fiori. Ironicamente mia madre è diventata fioraia.

«Ciao nonna» accarezzo il terreno verde e inghiotto l'amaro sapore che da troppo tempo mi porto appresso. «Mi dispiace non esser venuta prima, lo sai come sono. Ci metto un po' a capire le cose». L'angolo destro delle mie labbra si alza in una smorfia, già me la immagino mentre scuote la testa e mi rimprovera.

«Mi manchi, mi manchi ogni giorno. Mi sento persa senza di te», un singhiozzo mi scappa alla vista dello sguardo spensierato della mia ancora. É bella ma questa foto non le rende giustizia, lei era la più bella.

«Sto cercando di esser coraggiosa per mamma, non piango mai davanti a lei o a qualsiasi altra persona, sono forte come ti ho promesso», vorrei esserlo ma dentro di me non faccio che urlare e scalciare in continuazione.

Anche davanti alla sua tomba continua a mentire. Abbasso il capo disgustata da me stessa e una piccola, singola lacrima accompagna un altro singhiozzo. «Non è vero, sono debole. Non imparo mai, sono intrappolata e persa».

Una piccola parte di me si sente patetica a parlare con una tomba, ma è la sua. Dal suo funerale non sono mai venuta qui, forse non ne sentivo il bisogno, non lo so.

Dopo una lunga pausa ho ripreso a parlare, un grosso groppo pesa nella mia gola impedendomi di respirare regolarmente. «Lei presto verrà a star con te, la mamma. Sta male e se possibile potrei sta male anch'io fra non molto... Sai, nell'ultimo periodo non eravamo in buoni rapporti, vorrei dar la colpa all'adolescenza ma penso d'esserne l'unica responsabile», la mia voce è affaticata e ad ogni parola sento il bisogno di smettere di parlare.

«Mi dispiace, mi dispiace per tutto», lascio correre la punta delle mie dita sulla superficie liscia dei fiori, un grosso respiro lascia il mio petto quando mi rialzo. Vorrei stare ancora qui ma non penso di averne le forze.

Cammino per pochi metri prima di rendermi conto che ad una delle numerose tombe davanti all'entrata, piegato in avanti propenso sulla pietra, vi è Allen. La mano sinistra non appoggiata alla tomba gli copre gli occhi, sembra stia piangendo.

Una morsa mi stringe il petto. Non pensavo avesse perso qualcuno, forse per questo sta male. Mi avvicino non potendo farne a meno, non dovrei invade questo momento, non vi appartengo.

Mi fermo a pochi metri di distanza lasciandolo da solo, vederlo in questo stato mi lascia una sensazione di inadeguatezza che raramente ho provato. Le lacrime rapprese di prima vengono lavate via da altre, devo trattenermi per non scoppiare. Sono una tale egoista da non essermi mai resa conto dei suoi pensieri, del suo dolore tanto simile al mio.

La sua vista mi fa male, in un modo totalmente diverso da quello della tomba di mia nonna. Le spalle ricurve, i capelli totalmente scompigliati e lo zaino abbandonato per terra, distante da lui. Il senso di inadeguatezza si fa sempre più forte, non dovrei esser qui, non avrei dovuto vederlo.

Doveva raccontarmi lui la verità, non merito di venirla a scoprire così. Sfrego con violenza il mio viso bagnato e correndo via prego che non mi abbia notato. La sfortuna si è forse alleata con la coincidenza? O è solo opera della prima?

Corro fuori dal cimitero, lasciandomi alle spalle il tanfo di morto e terreno fresco. Guardo con rammarico la sua moto e mi fermo sulla panchina davanti alla fermata dell'autobus. Non mi aspettavo di trovarlo qui ed evidentemente lui non era a conoscenza della mia presenza.

Chissà chi starà visitando. Forse un parente molto importante sembrava troppo disperato per non aver alcun legame speciale col defunto. Mi mordo l'interno guancia e stringo gli occhi in due fessure, non sono affari miei, allora perché non riesco a smettere di penarmi?

Vorrei tornare dalla nonna e chiederle consiglio, anche se lei non può rispondermi, solo sentire la sua presenza in qualche modo può aiutarmi.

Il mio spirito per qualche motivo è affine a quello di Cross, o almeno è quello che avrebbe detto lei. Io riesco solo ad inquadrare entrambi come due ragazzi colti impreparati dalla durezza della vita.

Forse quella sepolta era sua nonna, un amico di vecchia data, una fidanzata. La verità è che io di lui so poco e niente, ho scalfito solo la superficie di Allen Cross. Il mitico ragazzo della porta a canto, stereotipo americano. Per qualche motivo, nonostante l'evidente realtà che ci viene posta sotto il naso da lui stesso, penso che questo ragazzo non sia affatto così. La sua vera natura è nascosta e raramente viene rilasciata.

Il ragazzo che ha lasciato quella lattina, il ragazzo che ha visto in me qualcuno di simile a sé, è quello il vero Allen Cross; quello che è venuto in ospedale per me, quello che piange sulla tomba di un caro e quello che mi ha portato nel suo posto speciale.

Forse in fondo sto solo reclamando su di lui diritti che non ho, il momento a cui ho assistito poco fa non mi apparteneva. Egoisticamente nonostante ciò lo tengo stretto a me, come un ricordo significativo ed importante.

Quando l'autobus arriva, e diversi minuti dopo mi ritrovo di fronte alla scuola, mi sento molto più incasinata rispetto a sta mattina. Vedere la tomba di mia nonna, assistere a quella scena intima che apparteneva solo ad Allen, mi ha spinto se possibile ancora più vicino al fondo delle scale, alla caduta.

Vorrei solo tornare a casa presto e controllare mia madre, non c'è due senza tre e ho paura che oggi quel tre sarà lei. Purtroppo, contrariamente ai miei programmi, sono bloccata per metà pomeriggio al corso di biologia. Ho stretto un patto con il professor Been e per quanto mi scocci non posso perdere l'anno.

Ho provato ad ascoltare le lezioni ma come sempre riesco solo a perdermi fra i miei pensieri, tutt'altro che positivi nell'ultimo periodo. L'uragano in cui mi sento prigionieri si fa più consistente in questi momenti.

Percepisco il gelo attorno a me, il vento che mulina ciocche fucsia attorno al mio capo e il mio cuore che altro non può fare se non correre, spettatore silente della mia rovina. É strano ma io riesco a percepirla, la mia caduta diventa ogni giorno più imminente. Sento grossi pesi poggiarsi come camion sul mio petto, le gambe pian piano che cedono sotto al loro peso e la mente che tenta di resistere.

Nei momenti di silenzio mi perdo; mi perdo nel buio che la serenità lascia alle sue spalle, in quello che riesco a percepire sotto i miei piedi, alla base della scala. Sotto di me solo buio e vuoto.

Non sono pronta per lasciarmi andare, mi aggrappo a tutto: ad Allen, a Naomi, al ricordo della nonna. Ho solo paura d'esser spinta giù a forza con la morte di Grace, con l'allontanamento degli unici veri amici che ho. Il prima mi sta spaventando, ma il dopo mi terrorizza.

A pranzo sono riuscita a scorgere le ciocche scure e le spalle larghe di Cross, curvo sopra il suo tavolo intento a parlare con gli altri. La solita espressione è impressa sul suo volto, ma finalmente riesco a riconoscere nei suoi tratti quella amarezza che non avevo mai compreso, il senso di colpa che gli grava addosso.

La scintilla spenta nello sguardo, nascosta da strati di superiorità e finto narcisismo. Guardandolo da qui, in una mensa piena di adolescenti, riesco solo a condannarmi per non averlo mai capito veramente, non so nulla di lui, si è sempre nascosto e io non l'ho mai cercato.

Mi porto dietro il ritrovato senso di avventura fino all'aula di biologia. In qualche modo vederlo così fintamente allegro ha fatto scattare qualcosa in me, qualcosa che doveva scattare molto prima. Ho voglia di scoprirlo, per riscattare me stessa e lui dal senso di colpa, per tenermi lontana dal silenzio e dall'uragano attorno a me.

La lezione inizia e come per tutta la durata di questi mesi Eavy si siede al mio fianco. La ragazza occhialuta si è rivelata una fastidiosa giornalista parecchio pettegola, ma siamo compagne di corso per il resto dell'anno e dovremo fare in coppia buona parte dei progetti.

«Ehi Martin, ben tornata nel mondo dei vivi», Eavy scuote una mano davanti al mio viso cercando di attirare la mia attenzione. Sbuffo e le sventolo anch'io una mano davanti al viso.

Lei si allontana infastidita e confusa. «Non è piacevole vero? Allora non farlo ad altri», mi giro poco dopo aver colto la sua espressione stizzita. Io l'ho detto che è fastidiosa, anche se certe volte è simpatica; in realtà lo è solo quando stufa decide di fare anche la mia parte di lavoro.

Il professor Been è piuttosto soddisfatto dei miei risultati quest'anno, tutto merito dell'occhialuta al mio fianco.

«Sei sempre acida quando non parli con Allen, che c'è la coppia perfetta ha litigato?»

«Non sono affari tuoi il mio umore e nemmeno le mie relazioni personali», chiudo per sempre la discussione riportando lo sguardo sulla lavagna. La sento sghignazzare, fiera d'esser riuscita a punzecchiarmi. É una bambina.

Eavy è con un anno più piccola rispetto a tutti quelli che frequentano questo corso, è fastidiosamente brava in biologia, tanto da aver saltato una classe. Al suono della campanella sono pronta per fiondarmi fuori e tornare a casa ma qualcuno mi afferra il polso.

Eavy si schiarisce la gola e molla la presa, la guardo in attesa e lei rassegnata scuote la testa. «La settimana prossima abbiamo la presentazione del progetto», sto per dirle che non so nulla e non voglio studiare ma lei mi anticipa, posa un dito sulle mie labbra e riprende a parlare. «Ho già fatto tutto io, so che non avresti fatto nulla quindi ti ho anticipato»

Le scosto il dito e la osservo soddisfatta, finalmente ha capito come girano le cose. Il voto è condiviso, senza la mia partecipazione è rovinata quindi ha deciso di far tutto da sola e passarmi il lavoro completo, giusto per evitar che io rovini tutto. Meglio di così non potrebbe andare.

«E quindi? Non devi fare rapporto»

«Divertente» alza gli occhi al cielo e si sistema la spalla dello zaino. «Devi venire a casa mia per firmare il lavoro, ho tutto lì»

«Non ho tempo, devo tornare a casa», mi allontano di corsa ma lei mi raggiunge con poche falcate.

«Kathryn devi solo firmare, prendere la tua copia e poi ti riaccompagno a casa», gli occhi da cucciolo che fa sono ingranditi ancor di più dalle lenti spesse. «Tu prendi l'autobus, se partiamo ora tempo che facciamo tutto sarai a casa per lo stesso orario. La mia macchina è qua fuori»

Naomi oggi non ha allenamento quindi è già tornata a casa, in autobus ci metto un'eternità a tornare a casa, forse nonostante la piccola sosta potrei persino arrivare in anticipo con Eavy.

«Va bene andiamo, ma veloce». La ragazza salta un paio di volte esultando poi mi afferra il polso e si fionda fuori dall'istituto.

«Mio fratello odia guidare le auto quindi questa è tutta mia, comunque oggi non aveva l'allenamento, dovrebbe esser a casa, ma penso che tu questo lo sappia». Parla allegramente, contenta per l'imminente voto positivo nella sua materia preferita, ignara del fatto che io non sia a conoscenza dell'identità di suo fratello.

Il viaggio è breve e silenzioso, ancora una volta mi perdo fra i miei pensieri e il forte vento che spinge l'uragano vicino a me. Ciò che mi mozza il fiato però non è l'intensità del mio tormento interiore, bensì la casa a cui ci siamo fermate di fronte.

Scendo dall'auto e la indico a Eavy. «Abiti qui?»

«Si, perché?». Tira fuori le chiavi dallo zaino e mi guarda in attesa. Le indico la casa piena di fiori a pochi passi di distanza.

«Il bambino che si è traferito lì da poco è un mio caro amico». Tommy abita proprio di fronte ad Eavy, probabilmente si conoscono anche.

La ragazza ride e annuisce, infila le chiavi nella toppa e gira un paio di volte. «Oh si, Tommy è molto... simpatico, energico». La seguo dentro casa non potendo che confermare la sua breve descrizione. «Non ci ho parlato molto, ha subito legato con mio fratello e per me non c'era spazio».

A quanto pare il fratello di Eavy è il fantomatico ragazzo di cui Tommy mi ha parlato, sinceramente sarei stata più tranquilla se avesse fatto amicizia con la ragazza. Tutto sommato non è male, gli avrebbe insegnato ad impegnarsi a scuola.

Domani verrò a trovarlo, non lo vedo da un paio di giorni e l'ultima volta era in compagnia di Kim. Voglio parlargli a quattrocchi e risolvere la situazione ch'è rimasta in sospeso l'ultima volta.

Seguo Eavy fino ad un grazioso salotto, mi fa accomodare su una poltrona e mi ordina di aspettare finché non trona con il computer e la ma copia della ricerca.

Ne approfitto per guardarmi un po' attorno, la casa è molto graziosa, semplice e quasi rustica. Molto accogliente tanto da sprigionare un'aura di famigliarità che mette a proprio agio qualsiasi ospite.

Dopo pochi istanti sento i passi di Eavy alle mie spalle, piccola ma veloce.

«Kathryn che ci fai tu qui?», non faccio in tempo a girarmi. Maledizione, ovviamente è questo il tre, non è mia madre.

Questa non è di sicuro una coincidenza, è pura sfiga. Dannato Allen Cross.

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