Crisantemi fritti a colazione

By SiraRivera

254K 15.4K 7.1K

VINCITORE WATTYS 2020 - CATEGORIA ROMANCE Qual è la più grande bugia che avete detto? Pensateci. Qualunque co... More

1. L'uomo della fotografia
2. Kanpai!
3. Crisantemi fritti a colazione
4. Favorisca un documento
5. Cos'è la felicità?
6. Una sola regola: bocca cucita
7. Frutti tropicali sul soffitto
8. L'inaspettata verità
9. Quello che non ho
10. Lui lo sapeva
11. Alessandro Ömer Aslan
12. E se ne va, lui e tutto il resto
13. Profumo al sandalo
14. Nessuno lo sa
15. Sei nel mio cuore
16. Facciamo da me o a casa tua?
17. Resta con me
18. Vuoi sapere un segreto?
19. Piacere, Damiano!
20. Dovrai obbedirmi
21. Stai scappando da me
22. Diasporo
23. Hoşgeldin
24. Bel visino
25. Sakura
26. Il patto
27. Qualcosa di importante
28. L'usignolo e la rosa
29. Pan per Focaccia
30. Non ti ho guardata, ti ho ascoltata arrivare
31. L'uragano Aslan
32. Ömer!
33. Innamorarsi così
34. Non guardarmi come fai
35. Sai cosa fare, figlia mia
36. Un ti amo e qualche cazzotto
37. Scusa
39. La lettera
40. E poi nuotare
41. Nel cassetto
Ringraziamenti
Contenuti extra
Booktrailer

38. Mio padre

4K 291 124
By SiraRivera

Stilla dopo stilla, le pietre del vialetto cominciano a puntinarsi di pioggia. Alzo la fronte al cielo, ingombro di nuvole grigie e pesanti: ho sempre amato i temporali, quelli improvvisi anche di più. E così, esposta a braccia larghe nel mezzo del giardino della villa di Aslan, aspetto.

Una goccia, poi due, ancora due gocce, un'altra goccia. C'è qualcosa, nel tempo di questa giornata triste mutato d'un colpo come il mio stesso umore, che sembra sia fatta apposta per noi: affidatevi a lei, alla pioggia - credo ci stia dicendo - e lasciate che lavi come può le vostre piccole grandi macchie, lasciatela fare.

Una folata decisa, e il vento si diverte a tracciare una serpentina tra gli amuleti. Li osservo agitarsi nell'aria, appesi ai rami che appena li trattengono a braccetto al loro albero, il guardiano solitario che raggiungo a passo lento. Tintinnano come sono soliti, i ciondoli, forse mi stanno parlando in una lingua che non comprendo: conoscono, almeno loro, il segreto, sinora serbato con tanta dedizione, da Alessandro Aslan? Lo conoscono?

"Finirai con il prenderti un raffreddore". Aslan ha parcheggiato il fuoristrada e mi raggiunge di corsa. "Entriamo", allunga la mano, il diasporo teso a riflettere l'ultima luce prima del tramonto.

Ma io non afferro quella mano, non stavolta. Accarezzo uno degli amuleti e gli faccio segno di avvicinarsi. C'è posto anche per lui sotto le fronde, dove la pioggia è tutta una zampillo; sì, anche per lui, qualunque sia la sua piccola grande macchia.

"Sai che i giapponesi si sono inventati cento modi diversi per dire la parola pioggia?", gli chiedo con il viso solcato da un rivolo che scivola sulla tempia.

"Cento, così tanti?", sorride malinconico, mentre il suo profumo mi avvolge. Lascio che mi abbracci e, in tutta risposta, cerco il suo petto ampio, che mi pare capace di reggere la sua e la mia tristezza insieme.

Abbiamo lasciato l'Agenzia in silenzio, non appena terminato il suo colloquio con Ercole Re. Uno scarabocchio per firma sulla trattativa con la AgePub, e il patron ha congedato tutti, per tornarsene a casa, e credo soffrire in pace. 

"Ha avuto un altro attacco cardiaco, nei giorni scorsi", si è limitato a rivelarmi Aslan, una volta tornato in ufficio. "I medici si sono raccomandati di non fare sforzi e di non lasciare Londra, ma non ha accettato". Una spinta alla poltrona della sua scrivania, e un mugolio nervoso: "Ho bisogno di non pensare, almeno per un po'. Vieni via con me?".

E, così, siamo arrivati qui, a cercare riparo nell'intimità che si è costruito poco distante dalla Metropoli. Un lampo rischiara l'atmosfera lattiginosa, carica di umidità, che invita a cercare riparo. Ma noi restiamo, proprio dove gli ho chiesto. Proprio dove non dovremmo.

Con il pollice, Aslan disegna una mezzaluna per tamponare le gocce che mi cadono sul viso. Anche lui ha spalle e capelli bagnati, anche lui respira a grandi boccate l'odore forte della pioggia che si sprigiona contro il legno, in mezzo alle foglie e tra gli steli dell'erba del prato.

"Non c'è momento, anche il più insignificante, che tu non mi sorprenda, Rossella", scuote il capo, tra il convinto e l'incredulo. "E, ogni volta, mi sveli un pezzo della realtà senza confini che tieni chiusa qui dentro". La sua mano ferma ora si posa all'altezza del mio cuore, preme contro, lo ritempra di un calore familiare.

"Parole così belle, per così poco?", mi schernisco e, veloce, gli sfuggo scivolando fuori dalla sua stretta, tra i rami dell'albero più bassi.

"Sei in cerca di complimenti facili", mi fa notare, divertito. "Non ne avrai altri, torna qui", si scrolla la pioggia tra i capelli.

D'un tratto, sento il bisogno di sapere, di chiedere. E non mi trattengo: "Quale colpa tieni nascosta, Ömer?", pronuncio d'un fiato, seria, cercando i suoi occhi limpidi. "A cosa alludeva Damiano, vuoi dirmelo?".

Il mio dubbio lo spiazza. Lo colgo nel moto fulmineo con cui volta altrove le sue isole color nocciola. Un sospiro, e Aslan arriva a me con decisione: "Hai paura? Per questo vuoi saperlo?".

"Non ho paura", prendo la sua barba tra le mani. "Solo, conosco così poco di te, del tuo passato, dei tuoi progetti...".

I suoi anelli d'argento sfiorano le mie guance bagnate: "Sono Ömer, Rossella. Sono l'uomo che ti adora. E sono Samurai, l'amico che per mesi non hai mai visto, ma che ti ispirava fiducia. Questo sono. Ti basta?".

"No", prendo coraggio e ribatto. "No, se qualcuno mette in dubbio la tua sincerità. Di cosa ti sta accusando Damiano?".

"Di nulla, credimi", mi accosta al tronco. "Sono favole che ha costruito nella sua mente, niente di quel che dice è vero".

Mi stringo nel giubbotto di jeans, infreddolita: "D'accordo, allora non parliamone più", provo a sorridergli.

L'avambraccio poggiato contro la corteggia, le dita della mano impegnate a giocherellare con un ciuffo dei miei capelli, Aslan mi tocca, pieno di desiderio, pur senza sfiorarmi. Ci riesce con il solo sguardo.

"Ho da dirti qualcos'altro", mi confessa, combattuto. "Ma non ora, non qui. Adesso, voglio spogliarti" - e lo scollo della camicetta che indosso, oramai fradicia, inaspettatamente si allarga, il primo bottone s'apre e il pizzo fa capolino, vezzoso, tra i seni - "Voglio scaldare questo corpo infreddolito, farlo mio, sentire il piacere che sale e il tuo respiro perdersi tra le mie lenzuola. Voglio sentirti dire che mi ami, mentre chiedi di me ancora e ancora". 

Deglutisco, confusa ed eccitata dal suo corteggiamento serrato. E non oppongo resistenza, il sangue comincia a ribollire, il ventre ad agitarsi. Non mi bacia, con quel suo labbro spaccato. Mi solleva anzi tra le braccia e, con il mio peso lieve rannicchiato al suo centro, si avvia verso la villa, perso nella voglia di fare l'amore. 

Mentre cammina, affida a un sussurro, che affonda nella mia bocca, la promessa: "Poi, amore mio, giuro che parleremo".

Ma le ore trascorrono, piene, brevi. E noi, sereni prigionieri del suo letto, ancora affamati, finalmente ci addormentiamo per poi svegliarci avvinti l'uno all'altra, nel sapore che l'una s'è appiccata addosso dell'altro, e l'altro di lei.

Mi accorgo che è mattina dai brontolii del mio stomaco. Ho fame, realizzo: saranno almeno le sei? Subito dopo, la sveglia entra in funzione. Cerco il display: le sei e trenta.

"Ömer...", mi avvicino al suo orecchio. Ho gli occhi pieni del suo sonno: lo osservo nel dormiveglia, pancia in giù, i lunghi capelli castani sciolti sulla federa del cuscino, la bocca socchiusa. 

Tra poco, le luci della Metropoli, che si intravedono più in basso, si accenderanno di nuovi punti, lampioni e fari delle automobili ferme lungo il raccordo. Tra poco, l'Agenzia riprenderà l'attività, e tutto tornerà come prima.

"Ömer, è ora di fare colazione e andare al lavoro", gli solletico il collo.

Lui sorride.

"Sai, è bello qui", mi stringo nella coperta. "Queste stanze, in qualche modo, raccontano di te".

Avverto le sue palpebre sollevarsi, ma non mi volto. Sfioro appena una piccola scultura che ci osserva dal comodino: un animaletto in pietra, grassottello, due lunghi denti da roditore.

"È un lemming", allunga il mento, per indicarmi la statuetta. "Me l'ha regalato un artigiano inuit, che ho conosciuto durante un reportage in Alaska, parecchi anni fa".

"Molto carino", accarezzo il lemming una seconda volta.

Aslan si stropiccia gli occhi, appesantiti dalla notte: "Rossella, ci ho riflettuto a lungo, non sono riuscito a riposare. E va bene, per me va bene.  Vuoi davvero sapere chi è mio padre?".

Questa domanda mi lascia stupefatta: "Cosa dici?", balbetto. "Perché tuo padre, cosa c'entra?".

Lui si mette seduto, il torso nudo, e con un piede spinge in fondo le lenzuola: "Non ne ho mai parlato con nessuna - strofina la fronte, adombrata da brutti pensieri - Questa è una ferita che ho ricucito, ma spesso brucia ancora".

"Non farlo", lo supplico allora. "Se per te non è il caso, non dirmi nulla. Posso capirlo. Posso, davvero".

"Perché continuare con i segreti, Rossella?". Già, perché continuare?

"Voglio che tu lo sappia. Non puoi immaginare quanto mi stia pesando questa eterna menzogna. Anni e anni passati a fare finta di nulla, giusto una pacca sulla spalla, una stretta di mano...".

Lo ascolto, ammutolita da questo sfogo inatteso che prova, un'ultima volta, quanto la serratura del cuore di Alessandro Aslan, chiusa a doppia mandata al mondo, da me e da me soltanto possa essere forzata. 

"Finalmente ho vicino una donna che mi può comprendere senza giudicare. Con te, ho smesso di stare sulla difensiva da un pezzo". Lui ha smesso, da un pezzo. Ma io? Lo stomaco vuoto mi si contorce dal rimorso.

"Vedi, ho cominciato a lavorare nel mondo della pubblicità per vivere accanto a mio padre - scandisce lentamente, un po' a fatica - Sono entrato all'Agenzia Re per lavorare al suo fianco, capisci?".

Non capisco, vorrei confessargli. Un padre, l'Agenzia Re. Cosa, diavolo, mi sta rivelando Aslan? Di chi è figlio? E perché io non gli ho confessato prima la mia bugia, cosa sto aspettando?

"Tuo...". Suo padre, sì, stento quasi a pronunciare questa parola, stento quasi a crederci. E quei due nomi mi si fermano proprio sulla punta della lingua: Corrado Sermenti o Ercole Re? Caspita, com'è possibile? Sono loro gli uomini della sua vita, in fondo. 

La mia mente corre all'indietro: Coco che l'ha cresciuto; Ercole che lo tratta al pari di Damiano; Coco che rinuncia alle sue quote societarie per fargli strada, che l'ha istruito a dovere; Ercole che affida a lui la trattativa che deciderà il futuro dell'azienda; e poi Coco che lo redarguisce, Coco che lo sostiene; ed Ercole che gli confida che sta male, male sul serio.

"Non continuare", lo imploro mentre scivolo giù dal materasso. "Chiunque tu sia non ha importanza. Hai ragione: sei il mio Ömer Aslan, sei Samurai, questo è quanto. Questo, in fondo, mi serve".

Rossella, che stai facendo?, mi chiedo. Lui ti sta aprendo il suo cuore e tu, anziché lasciarlo libero di sgravarsi dal peso di questo segreto, ti rifiuti di ascoltare? Questo, lo so, lo devo soltanto alla mia codardia: non posso tollerare che Aslan mi sbatta in faccia la sua sincerità, quando io da settimane gli nascondo come sono capitata all'Agenzia, e con quale scopo.

"Credimi, non appena ti avrò spiegato tutto ti sarà chiaro...", insiste lui, sempre più convinto.

Finché, sul più bello, il citofono gracchia per annunciare l'arrivo di qualcuno: "Dio Allah, chi può presentarsi qui a quest'ora?", sguscia dal letto e, con stizza, si sporge dalla finestra. "Coco?". Noto il suo viso rischiararsi e, subito, tendersi: "Sarà successo un guaio, posso scommetterci". Quindi, con la maglietta già infilata per metà, torna a me: "Scusa, güzel yüzüne - mi accarezza una guancia - Dobbiamo rimandare il discorso a più tardi".

Annuisco: "Aspetta - lancio un'occhiata alla finestra - mi hai chiesto come ci siamo conosciuti, io e Corrado, ricordi?".

Aslan si ferma, a un passo dalle scale: "Sì, questa storia vorrei proprio sentirla", esclama. "Sarà esilarante".

"Non so se ti piacerà, però è giusto che te la racconti. Per me, per noi". Sono mezza nuda, eppure tremo per l'agitazione, l'agitazione soltanto.

Ma il citofono insiste. "Coco odia che lo faccia aspettare. Tieni il racconto in caldo", mi sorride, Aslan. "E preparati con calma, io intanto metto su il tè". Ciò detto sparisce al piano di sotto: ho perso l'ennesima occasione.

Sarà il naso? O la forma degli occhi? Dieci minuti dopo, metto piede in cucina con il volto cupo e il collo allungato. Sono un libro aperto, che ci posso fare? Non riesco a non soffermarmi sui dettagli dei loro visi, per cogliere qualche somiglianza. D'altronde, se è Corrado Sermenti il padre di Ömer, deve in qualche modo avergli passato qualche tratto somatico.

O il sorriso? "Eccola, la ragazza tutta matta! Sei sempre così piacevolmente poco loquace al mattino? Devo anticiparti il turno, allora", sbraita Coco, con il solito piglio rude. No, rifletto, il sorriso proprio no: chi ha mai visto Coco sorridere, a essere sincera?

"Buongiorno. È successo qualcosa di grave?", mi avvicino all'isola sulla quale Aslan ha già sistemato tre bicchieri del suo çay.

"Anche tu, la stessa domanda?", grugnisce Sermenti, il faccione piegato sul suo tè. "Ieri, dopo che ve ne siete andati...", ci guarda torvo. "A proposito, la Mossetti qui presente sarà anche la tua assistente personale, ma non può andarsene durante l'orario di lavoro, mi sono spiegato?".

"Era con me, sono il suo capo", mi lancia un occhiolino Aslan.

"E chissenefrega, diavolo di un ragazzo!", inveisce l'altro. "Un biscotto da mettere sotto i denti c'è, o è chiedere troppo?".

Rido: "Dopo che ce ne siamo andati... Continua, Coco".

"Sì, già. Dicevo, dopo che ve ne siete andati, si è scatenato il dramma: Annabella, la responsabile del personale, è corsa da me a piangere", una golata e il çay bollente gli sparisce in bocca. "Per farla breve, Damiano l'ha licenziata".

"Licenziata?", Aslan mi avvolge tra le braccia e con una mano afferra un bicchiere. "Per licenziare Annabella deve avere avuto un'ottima motivazione...".

"Bah, non saprei", borbotta Coco, finalmente addolcito da un piatto di biscotti. "Sostiene che non ha vigilato abbastanza sulle addette alle pulizie, perché una di loro gli ha rubato non ha voluto dire cosa".

Io e Aslan ci guardiamo, convinti di aver capito. La cartellina, Re vuole andare fino in fondo. Teme di venire scoperto.

"Addirittura? - si schiarisce la voce lui, con indifferenza - Parlerò io con Annabella. Quell'incapace di Damiano non vede l'ora di creare problemi, prima di andarsene a Londra con Ercole, e toglierci il capo del personale può rivelarsi una buona mossa".

Licenziare Annabella, mi paralizzo. Cosa sta architettando, adesso, Damiano Re? Temo che non si tratti solo della cartellina. Completamente devastato dalla decisione del padre, avrà escogitato un nuovo piano per colpire il suo avversario. E Annabella è legata alla mia assunzione, in fondo. Se solo Ömer non avesse fatto a pezzi quell'assegno, lo avrei potuto ricattare con la prova della tentata corruzione alla AgePub! 

No, Damiano vuole distruggere il nostro legame, non c'è altra spiegazione: ci ha provato insistendo sul segreto di Aslan, ma il colpo sulle prime è andato a vuoto. Sono io, di nuovo io, il bersaglio cui mirare, e cos'altro può servigli se non la storia del mio impiego per le pulizie, che Corrado gli ha raccontato in buona fede, quando gli ha spiegato come ha fatto a risolvere il problema della campagna da presentare ad Aslan?

Non ci provare, Re. Devo essere io a raccontare tutto all'uomo che amo; invece, ho il presentimento che tu, Damiano, voglia farlo al posto mio. E, allora, sarà un nuovo non detto che Ömer potrebbe non perdonare più.

Sermenti, a questo punto, allunga le sue dita tozze e le pressa sul braccio di Aslan: "Alessandro, da quando lavoriamo insieme non c'è giorno che non abbia benedetto la tua scelta di entrare nella pubblicità. Sono convinto che prenderai ancora la decisione giusta, anche in questo caso. Solo, aspettiamo che Damiano sia partito, se decidi di far rientrare Annabella nello staff".

Il vetro colpisce il piano di acciaio, facendoci sobbalzare. Il bicchiere di Aslan, posato con forza, è ancora pieno: "Coco, dimmi, in questi anni ho mai avuto paura di agire, guardando Damiano dritto in faccia?". 

Continue Reading

You'll Also Like

1.1M 31.3K 93
Kimberly Morgan è una ragazza gentile, simpatica, testarda come poche, e a dir poco bella. Suo fratello ritenendola troppo innocente per la vita crud...
1.2K 331 96
Sole e Luna, due gemelle che più diverse non si può. Una estroversa e luminosa come una fiamma danzante, l'altra timida e a tratti gelida e tagliente...
360K 12.7K 36
Una vita cambiata dall'arrivo di quegli esseri nella cittá di Seattle. Ginevra, ragazza ribelle nella maggiore etá , deve combattere per la propria...
628K 25.6K 42
Cheyenne Leroy è la figlia perfetta: brava a scuola, frequenta ragazzi educati e di buona famiglia, ha amiche popolari e ha già in tasca una borsa di...