My dream come true

Bởi Captainwithoutasoul

22.8K 974 310

Le uniche cose che mandano avanti Sarah con i cavalli, dopo dieci anni, sono la grinta e la voglia di non arr... Xem Thêm

Premessa
Personaggi & Trailer
Il maneggio di Michele
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 25
È la fine?
Missing Moment - Il compleanno di Sarah

Capitolo 24

314 16 2
Bởi Captainwithoutasoul

Killer era di fronte a me, senza finimenti, le orecchie rivolte nella mia direzione.

«Vieni, bello!» esclamai, scattando in avanti e voltandomi verso di lui per accertarmi che mi stesse seguendo.

Lui avanzava, i grandi occhi scuri fissi su di me e gli zoccoli che si muovevano sempre più veloci insieme alle mie gambe, come se temesse di essere lasciato indietro.

«Andiamo!»

Ben presto mi ritrovai a correre e lui a galoppare, prima dietro, poi di fianco a me, e risi forte, facendo una brusca deviazione per coglierlo di sorpresa. Killer si immobilizzò e si voltò con una piroetta verso di me, che nel frattempo avevo già ripreso a correre. Si era sollevato sui posteriori e aveva inarcato la schiena come se si stesse impennando, ma poi era ricaduto elegantemente sugli anteriori e aveva mosso il collo verso di me, ripartendo al galoppo come se nulla fosse.

Ero così persa a guardarlo, abbagliata dalla sua potenza, che quasi non mi accorsi che l'enorme baio mi aveva raggiunta e si era fermato di fronte a me, le froge allargate ed il fiato corto.

Lo accarezzai sul collo, sulla spalla e sul torace, sfiorando con le dita il mantello lucido e vellutato. Di colpo un'idea mi sfiorò la mente. Un'idea folle, ma così attraente che non riuscii a resisterle e non potei fare altro che metterla in atto. Afferrai con la mano i crini radi vicino al garrese, abbassai le ginocchia per prendere la spinta e mi issai su. Era stata una bazzecola, realizzai, quando di colpo mi ritrovai sulla sua groppa. Eppure mi ricordavo di avere avuto così tante difficoltà la prima volta, tanto che Michele aveva dovuto aiutarmi...

Il garrese non troppo pronunciato, il tronco muscoloso ed i fianchi allargati rendevano Killer una vera comodità a pelo. Con un certo stupore, realizzai che mi pareva di trovarmi in poltrona e dovetti fare appello a tutta la mia forza di volontà per non spaparanzarmi sulla sua schiena ma assumere un assetto vagamente decente.

Con i talloni bassi ed il coccige leggermente sollevato per non fargli male alla schiena, lo esortai ad avanzare con uno schiocco di lingua. E Killer partì senza farselo ripetere due volte. Montarlo a pelo era semplicemente meraviglioso, ma dopo quell'assaggio volevo di più, molto di più. Così lo spronai ancora e il baio partì al trotto e poi al galoppo senza che ci fosse bisogno di chiederglielo. Mi aggrappai forte alla sua criniera, il vento che mi soffiava tra i capelli, un senso di libertà profonda e primitiva che mi fecero istintivamente chiudere gli occhi, sollevare le mani al cielo e gridare con quanto fiato avevo in corpo, mentre Killer continuava a galoppare, falcata dopo falcata.

Quando aprii gli occhi, mi accorsi che al margine del mio campo visivo c'era una sagoma in movimento. Si trovava oltre il bordo del campo, nello stesso punto in cui Benedetta aveva assistito alla nostra prima lezione, realizzai in un soffio. Sapevo che non avrei dovuto distogliere lo sguardo, che non mi sarei dovuta distrarre da ciò che stavo facendo, ma fu più forte di me. Mi voltai di scatto in quella direzione, temendo di trovarvi la ragazza.

Ma stavolta non c'era Benedetta. C'era Tramontana, che ci veniva dietro al piccolo trotto, gli occhi fissi su di noi, come se cercasse di non perderci di vista.

Che ci faceva lì? Che fosse fuggita? Rimasi paralizzata a fissare la cavallina, la testa voltata in quella direzione, ma un'improvvisa girata di Killer mi riportò alla realtà, così bruscamente da farmi perdere l'equilibrio.

Caddi da un lato e di colpo mi ritrovai aggrappata al fianco del baio con le unghie e con i denti, il corpo che scivolava sempre più in basso ad ogni falcata.

«Killer, fermati!» urlai, il panico che mi faceva tremare la voce, ma lui pareva sordo ad ogni comando. 

Ricordai che era sempre stato così: farlo partire era semplice, ma fermarlo era tutto un altro paio di maniche...

Mi mancavano le forze, i miei polpacci bruciavano da impazzire e le mie mani ben presto non riuscirono più a reggersi. Con l'orribile consapevolezza che sarei caduta e finita schiacciata sotto gli zoccoli di Killer, sentii le dita allentare la presa sui crini e le gambe scivolare sempre più giù.

Quando mi lasciai andare, precipitai nel vuoto.


Aprii gli occhi e mi tirai su di scatto, boccheggiando.

Il cuore mi martellava nel petto ma, dopo un momento, realizzai che intorno a me non c'era nessun campo. Non c'erano né Killer, né Tramontana.

Ero sdraiata a mezzo busto su un letto d'ospedale.

Respiravo a bocca aperta, cercando di regolarizzare i battiti, lo sguardo fisso sul lenzuolo bianco che mi copriva. Sotto, i contorni indefiniti del mio corpo.

Avevo un ricordo molto vago di quel che era successo e, con una sottile ansia, provai a muovere le dita dei piedi. 

Muovile, muovile, muovile

Vidi un fremito smuovere le coperte e tirai un sospiro di sollievo. Provai a fare la stessa cosa con le gambe e poi con le mani, rincuorandomi vedendo che il mio corpo, libero da qualsiasi fasciatura, reagiva senza problemi. Ero illesa. Ma allora perché mi trovavo lì?

Sollevai piano lo sguardo per osservare la stanza, che si rivelò sgombra. Fu mentre facevo scorrere lo sguardo ai lati del mio campo visivo che realizzai quanto fosse ristretto. Per avere una visuale completa avrei dovuto muovere tutta la testa che, mi resi conto con ansia crescente, era l'unica parte del corpo che non avevo preso in considerazione. Mi tastai la faccia e, chiedendomi come diamine avessi fatto a non notarlo prima, mi accorsi di avere una fasciatura lungo tutta la testa.

Solo allora, quando voltai meccanicamente il capo verso destra, lo vidi. Ero l'unica degente nella stanza, quello sì, ma non ero sola. C'era una persona, seduta sulla poltroncina di fianco al mio letto, con la testa fra le mani. Michele.

Sussultai e, in un lampo, mi tornò tutto in mente. Tramontana. La gara. L'incidente!

Avrei voluto gridare con quanto fiato avevo in corpo ma, quando lo chiamai, la voce mi uscì flebile come un sussurro.

«Mich...»

In ogni caso, lui mi sentì. Quando sollevò il capo ed incrociò il mio sguardo, la sua espressione si fece di colpo sollevata.

«Sarah!» esclamò. La voce gli tremava per l'emozione «Finalmente ti sei svegliata... vado a chiamare i tuoi!»

Fece per alzarsi in piedi, ma scattai in avanti, ignorando un'improvvisa fitta alla testa, e lo afferrai per il braccio.

«Aspetta» mormorai e lui si bloccò, lo sguardo già sulla porta. «Tramontana. Come sta Tramontana?»

Michele rimase immobile, dandomi le spalle, e non disse nulla. Le lacrime mi salirono di colpo agli occhi.

«È morta?» La voce mi si strozzò in gola.

Lui rimase in piedi per quella che mi parve un'eternità. Alla fine si voltò di nuovo verso di me e si lasciò cadere stancamente sulla sedia. 

«No» disse, ma evitava di guardarmi in faccia. 

Il suo tono evasivo mi spaventava. Era chiaro che avrebbe preferito tenermi all'oscuro di ciò che, dopo un lungo sospiro, pronunciò.

«Ma si è rotta l'anteriore sinistro.»

Percepii il mondo intorno a me andare in pezzi. No. No, non era possibile. 

Le lacrime cominciarono a sgorgarmi ai lati degli occhi e mi coprii la bocca con le mani, cercando di contenere i singhiozzi.

«La abbatteranno?» non riuscii a fare a meno di chiedere. 

Dovevo saperlo. Era tutta colpa mia. Solo colpa mia.

Michele mi rivolse uno sguardo profondamente addolorato. 

«Forse» mormorò e, vedendo che pendevo dalle sue labbra, aggiunse: «In questo momento stanno valutando l'entità del danno. Se la frattura è composta, non ci sarà niente da fare. Beth è disperata.»

Scoppiai a piangere senza riuscire a controllarmi. 

«È-È tutta colpa mia!» balbettai, in preda ai singhiozzi.

«Non è colpa tua, Sarah» stava dicendo Michele dolcemente, ma mi rifiutavo di ascoltarlo.

«Sì che lo è!» ribattei, scossa dai singhiozzi. «Devi dirlo a Beth. È colpa mia...»

Rivivevo con chiarezza gli ultimi momenti della gara. L'ansia che mi attanagliava, quei maledetti pensieri che si agitavano dentro di me impedendomi di concentrarmi sul percorso, Tramontana che cercava di fare del suo meglio mentre io l'abbandonavo a se stessa.

«Sarah, non è colpa tua» ripeté Michele. 

Il suo tono, stavolta più duro, mi riscosse. 

Tornai a guardarlo, la sua figura sfocata per via delle lacrime che mi appannavano gli occhi.

«Beth, come me, ha visto tutto dagli spalti» spiegò Michele, pazientemente. «Tramontana è inciampata dopo il salto. Non dipendeva da te, sarebbe potuto succedere a chiunque. È stato un incidente. Un terribile incidente.»

Il tono calmo di Michele portò un po' di quiete nel mio animo lacerato. Cercai di riprendere il controllo sui miei respiri e sulla mia voce, fino ad allora ostacolata dai singulti.

«Ma io non ero lì con la testa» obbiettai quando mi fui calmata, tirando su col naso. «Se solo fossi stata un po' più concentrata...»

Michele sospirò e mi rivolse uno sguardo di scuse. «Lo so. Stavolta è colpa mia.»

Ricordavo anche quello. Ricordavo le sue labbra sulle mie, l'emozione che mi avevano lasciato addosso, le mani che non riuscivano a stare ferme mentre impugnavano le redini di Tramontana.

«Non avrei dovuto farlo» mormorò Michele. 

Non ricordavo di averlo mai visto così abbattuto. 

«Non avrei dovuto baciarti.» Lo ripeteva come se tentasse di auto convincersi. «Non lì, almeno. Dio solo sa da quanto volevo farlo.»

La sua sincerità mi spiazzò. Lo fissai a bocca spalancata. «Ma... e Beth?»

Lui alzò lo sguardo, perplesso. «Che c'entra Beth?»

«A lei piaci!»

Lui sbatté una mano sul bracciolo della sedia con aria spazientita. 

«Non m'importa niente di Beth!» sbottò, ma nell'incontrare i miei occhi, ancora gonfi e rossi di pianto, la sua espressione si addolcì. «Io sono innamorato di te, Sarah.»

Lo guardai, incapace di sbattere le palpebre, le lacrime che parevano essersi cristallizzate sulle ciglia e il cuore che mi batteva forte nel petto.

«Sul serio?» mi sfuggì di bocca. 

Credevo di averlo solo pensato, ma poco importava. Non riuscivo a capacitarmi che l'avesse detto davvero. No, non mi stavo immaginando che il mio istruttore di equitazione, colui che consideravo – o meglio, credevo di considerare – un fratello maggiore, che prendevo amichevolmente in giro da sempre, che frequentavo da anni e anni e che mi conosceva come le sue tasche, avesse appena detto di essersi innamorato di me.

Lui annuì e mi sorrise. «Da un pezzo, ormai» aggiunse.

«Ma lei... Beth...» Annaspai alla ricerca delle parole giuste. «Sarebbe più adatta a te.»

Lui alzò gli occhi e mi rivolse uno sguardo divertito. «È un modo carino per dirmi che sono troppo vecchio per te?»

Cinque anni. Non erano pochi, ma no, non l'avevo mai pensato neanche una volta. Ma Beth era bella, aveva comprato la fattoria vicina, era cotta di lui... sarebbe stata la scelta più ovvia. 

Feci per aprire bocca, ma lui mi anticipò.

«Lo so» mormorò, sospirando. Lo scintillio divertito nel suo sguardo era scomparso. «Sono più grande, ma soprattutto sono il tuo istruttore. Tutto questo va contro la mia etica professionale. Ma dovevo dirtelo comunque.»

Parlava piano e le parole gli uscivano a fatica. Non l'avevo mai visto così insicuro, se non quando mi aveva chiamata al telefono, dopo la gara di orientamento, e di colpo lo vidi per quello che era davvero, senza maschere. Non il mio istruttore di equitazione, ma un ragazzo impacciato poco più che ventenne. In maneggio si comportava sempre come un personaggio, sfoggiando un lato forte e sicuro di sé che certamente contribuiva ad alimentare il suo fascino agli occhi degli altri. Ma nel percepirlo così autentico, nel sentirlo aprirsi in mia presenza, lasciando che intravedessi per una volta le sue fragilità, ebbi un brivido d'emozione. Mi venne spontaneo aprirmi a mia volta.

«Per me è lo stesso» mormorai piano, cercando di sostenere il suo sguardo per più di dieci secondi consecutivi. «Anche se ci ho messo un bel po' per rendermene conto» conclusi, fallendo miseramente nel mio intento quando mi ritrovai a parlare rivolta alle lenzuola.

Michele sorrise e lo fissai di sottecchi. Pareva divertito dal mio imbarazzo, ma allo stesso tempo notai un'impercettibile ombra di sollievo attraversargli lo sguardo, come se fino a quel momento non fosse del tutto certo che ricambiassi i suoi sentimenti.

«Non ne ero così sicuro» ammise infatti, dopo un momento. «Tu ti comportavi in modo così strano ed io... io non volevo abusare della mia posizione, ma mi sembrava di essere sempre più sfacciato!»

Risi sommessamente. Ad essere onesta, non avevo mai notato nulla di diverso in Michele e, se anche me ne fossi accorta, non avrei avuto comunque la minima idea di come fargli capire che il suo interesse era ricambiato. Forse un giorno gli avrei rivelato che quel mondo mi era del tutto nuovo. Che nessuno prima d'allora si era mai interessato a me e mi aveva fatta sentire in quel modo. Che era stato il mio primo bacio.

«Ho anche temuto che qualcuna delle ragazze se ne accorgesse» borbottò l'istruttore, un po' imbarazzato.

Lo fissai sgranando gli occhi, mentre dentro la mia testa qualcosa si metteva in moto. 

Ecco cos'aveva voluto dirmi Benedetta, il giorno in cui avevamo discusso! "Possibile che tu non te ne sia ancora resa conto?" La ragazza aveva visto più lontano di me. Ma quella reticenza nel parlare di Michele, la voce carica di rammarico nel dire che l'istruttore preferiva me a lei... fui colpita da un sospetto. 

Possibile che..?

Scrutai Michele, il suo profilo greco, la mascella squadrata, i corti capelli a spazzola, lo sguardo solitamente sicuro che quel giorno era più impacciato del solito, il fisico possente sotto la camicia. Al di là della sfacciataggine di Beth, non era un segreto che Michele fosse considerato affascinante anche dalle ragazze del maneggio, i cui commenti maliziosi erano all'ordine del giorno. Monica me ne faceva di continuo ed io stessa non ero rimasta indifferente, specialmente visti gli ultimi eventi, pensai, diventando rossa come un pomodoro. Ma non avevo mai pensato, neanche per un momento, che potesse fare lo stesso effetto anche a Benedetta.

Mentre Michele mi fissava, vagamente perplesso, decisi che non stava a me dirgli la verità sui suoi sentimenti.

«Anche se per me non ci sarebbe niente di male, se lo venissero a sapere» proruppe lui, non sapendo come interpretare il mio silenzio, ignaro di ciò cui stavo venendo a capo.

Quell'affermazione mi riscosse di colpo, forse perché non la condividevo. 

«Io...» Ebbi un attimo di esitazione. «Non sono sicura di volerlo. Chissà cosa penserebbero.»

Allora si propagò in me un pensiero che fino a quel momento non avevo assolutamente preso in considerazione. Ricambiai lo sguardo di Michele, che mi guardava come per capacitarsi di quel che avevo detto, e di colpo lo vidi con occhi diversi.

Lo vidi con gli occhi delle ragazze del maneggio. Affascinante sì, ma del tutto irraggiungibile, vista la sua età e la sua posizione.

Lo vidi con gli occhi dei miei genitori. L'istruttore di equitazione della loro figlia, una persona seria, una persona adulta.

Improvvisamente realizzai come chiunque ci avrebbe visto e mi ritrovai a deglutire a vuoto, lo stomaco stretto in una morsa. 

«Cosa penserebbero di noi?» ripetei, facendo vagare lo sguardo tra me e lui in modo eloquente. «Le ragazze, i miei genitori...»

Sul volto di Michele si delineò un sorriso amaro. «Io... lo capisco. Ma credi davvero che non ci abbia mai pensato, in questo periodo? Non solo a cosa direbbe la mia clientela, Sarah, ma al fatto che potrei essere radiato.» 

Michele parlava con estrema calma, come se avesse ripetuto quel discorso decine di volte e mi resi conto di quanto doveva essersi scervellato su quella questione. Poteva essere tante cose: giovane, avventato, innamorato. Potevo prenderlo in giro e dargli del bambino, ma in quel momento capii che era perfettamente consapevole dei rischi che stava correndo. Sapeva che la posta in gioco era davvero molto alta.

«E tu sei pronto ad affrontare tutto questo...?» bisbigliai, il cuore che perdeva un battito, incapace di portare a termine la frase. 

Per me?

«Lo farei.» Michele parlò senza alcuna esitazione, ma poi la sicurezza nel suo sguardo parve vacillare. «Ma non se l'opinione degli altri conta davvero così tanto per te.»

Mi scrutò, cercando di capire se pensassi sul serio le cose che avevo detto. Potevo immaginare quello che gli stava passando per la testa: ne valeva la pena, rischiare tutto per una come me, che oltretutto faceva discorsi da persona superficiale ed immatura? La dimostrazione che in fondo ero solo una ragazzina per lui e che, se anche i miei genitori o le associazioni sportive avessero approvato, non poteva comunque funzionare tra noi.

Ma, se da una parte non potevo contraddirlo, dall'altra lui non poteva sapere quello che avevo passato in quegli anni. Non poteva sapere cosa volesse dire ritrovarsi ad essere sempre l'emarginata, sopportare il peso degli sguardi e delle prese in giro. Dopo anni in maneggio passati a far fronte ai soprusi delle altre, non avevo più intenzione di farlo. Proprio adesso che mi stavo iniziando ad integrare, che avevo delle amiche...

Non sapevo come esprimere i pensieri che mi affollavano la mente, ma Michele dovette trarre le proprie conclusioni dal mio più completo silenzio.

«Rispetto la tua decisione» mormorò, con un sospiro. «Anche se, lo ammetto, non mi avevi dato quest'impressione» aggiunse, la delusione che affiorava dal suo tono monocorde. 

Alzò gli occhi su di me, ma la sua espressione mutò di colpo, come se si fosse improvvisamente reso conto di cosa stava passando chi aveva davanti.

«Scusami» si affrettò a dire.

Io scossi piano la testa, gli occhi fissi sul candore immacolato delle coperte. 

«No» esclamai poi, alzando lo sguardo. «Mi spaventa la reazione della gente. Non lo nego. Ma...» arrossii fino alla radice dei capelli, mentre dicevo, tutto d'un fiato: «...non voglio perderti.»

Avevamo gli occhi fissi l'uno nell'altra, ma le nostre mani si trovarono senza difficoltà a metà strada, sulle lenzuola bianche. Mi sentii riscaldare quando le dita callose di Michele si intrecciarono alle mie. Mi sentii al sicuro. 

Al diavolo quello che penseranno gli altri.

«Troveremo una soluzione» mormorò Michele, abbozzando un sorriso. «E mi dispiace, non volevo essere così duro. L'ultima cosa di cui hai bisogno adesso sono i miei problemi. Dopo quello che è successo a Tramontana, la commozione cerebrale...»

«Commozione cerebrale?!» esclamai di colpo, la mano che si divincolava dalla stretta di Michele e correva istintivamente alla testa, coperta dalle fasce.

Il ragazzo stava per dire qualcosa, quando la porta della stanza si spalancò di colpo.

«Sarah! Ti sei svegliata!»

Mia madre attraversò correndo la stanza e fece per gettarmi le braccia al collo. Dietro di lei, intravidi confusamente mio padre ed un uomo in camice bianco cercare di trattenerla.

«Quando è successo?» esclamò lei, allontanandosi a malincuore da me e piantando gli occhi in faccia a Michele.

Lui stava per aprire bocca, ma io lo anticipai.

«Proprio adesso, mamma» dissi. «Michele stava per venire a chiamarvi» aggiunsi, lanciandogli un'occhiata.

«Oh, Michele!» proruppe mia madre, stritolandolo in un abbraccio, probabilmente quello che avrebbe voluto riservare a me. Mio padre e il dottore si scambiarono un'occhiata perplessa, prima di avvicinarsi al mio letto.

«Come stai, tesoro?» mi domandò mio padre, la fronte corrugata.

«Bene... mi sembra» mormorai, prima di spostare lo sguardo sul medico. «Ho una commozione cerebrale? È vero?» domandai, con il cuore in gola.

Lui annuì e mi rivolse uno sguardo impassibile, da cui non riuscii a carpire alcun indizio sul mio stato di salute. Attesi con impazienza che mi desse qualche spiegazione e il mio sguardo insistente dovette infine riuscire a far breccia in lui.

«Hai sbattuto la testa durante la caduta, ma il casco ti ha salvato la vita.» mi informò il dottore, dopo un attimo. «Nei prossimi giorni dovremmo fare qualche controllo, ma non sembrerebbe essere niente di preoccupante, sta' tranquilla. Hai ripreso conoscenza qualche ora dopo l'incidente, il che è un ottimo segno.»

Abbassai lo sguardo sulle lenzuola. Qualche ora dopo... questo significava che l'incidente era avvenuto da poco. Che la vita di Tramontana era sempre appesa ad un filo.

Mi sembrava impossibile che fino a poco tempo prima fossi in maneggio, a contare i minuti che mancavano alla gara, a scherzare con le ragazze, a spazzolare e sellare Tramontana, più bella che mai... Tramontana che adesso rischiava di morire.

Nuove lacrime minacciavano di uscire e solo l'apparizione di Michele, che si stava facendo avanti per salutarmi prima di andare via, mi impedì di scoppiare di nuovo in singhiozzi.

Il mio cuore scalpitò nel petto quando il ragazzo si chinò su di me per quello che sembrava un innocente bacio sulla guancia ma si rivelò un contatto ben più pericoloso. Mi sfiorò l'angolo della bocca con le labbra e poi si spostò verso il mio orecchio, perché solo io potessi udirlo.

«Ho già l'approvazione di tua madre, comunque.»


IN FOTO: Killer nel sogno di Sarah. (Credits: Haley Breen)

Ehilà! Siamo già al capitolo 24 :)

È un po' meno equestre del solito, ma è il primo momento in cui i nostri due protagonisti si mettono davvero a nudo... spero che vi sia piaciuto!

La vita di Tramontana è in bilico e scopriremo cosa ne sarà di lei  nel prossimo e ultimo capitolo.

PS: La scena in cui Sarah muove le dita dei piedi è una brutta, bruttissima citazione di Kill Bill. Non ho resistito XD

Un bacio!

Captainwithoutasoul.

Đọc tiếp

Bạn Cũng Sẽ Thích

3.2K 568 18
Talìa Waves è una giovane ragazza di 18 anni. Vive in una piccola città in California,Avalon. Sembra essere sfrontata,diffidente e sicura di sé,semp...
15.8K 306 49
SEQUEL DI: BE ALRIGHT |JUSTIN BIEBER| "Fu una bastonata dura per me. Ma poi, che farci? Continuai la mia strada , in mezzo alle trasformazioni del m...
2.8K 550 31
Silena e Marcus credono che il loro fratellino abbia volutamente deciso di rompere qualunque contatto con loro perché non li ritiene in grado di farg...
30.3K 859 40
Draco, che non trova più ragioni per essere felice, ritorna a sorridere grazie ad una misteriosa ragazza. Cosa accadrà quando starà per sposarsi ed H...