Personaggi in cerca di Voce

By veneredirimmel

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1871. Attorno a Holker Hall si aggirano diversi personaggi in cerca di voce: c'è il marchese Frederick, costr... More

Angie I - L'ultima lettera
Angie II - I regali del capitano
Frederick I - l'ala ovest di Holker Hall
Frederick II - Un marchese e il suo problema
Frederick III - Le missive, inviate e ricevute, e il bagno della consapevolezza
Frederick IV - Di fughe e arrivi
Jaycob I - I primi ospiti
Jaycob II (Parte Prima) - Un dopocena letterario
Jaycob II (Parte Seconda) - Per colpa di un cappello
Jaycob III - Il duello
Jaycob IV - Mi sfiancate, Jaycob
Lucas I - L'arrivo di Lady Layla
Lucas II - la lite
Lucas III - la voce di Jaycob

Angie III - La proposta

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By veneredirimmel

Non le servirono le parole di Archie, «siamo arrivati a Holker Hall», per percepire il luogo che tanto le era mancato o per sentirsi finalmente a casa. Le bastò annusare l'aria e riconoscerla in quella famigliarità che altrove le era venuta meno. Sentì tutte le sensazioni strane, vissute per un lungo mese, aggiustarsi nello stomaco, mettersi ognuna al proprio posto, facendo un gran scompiglio, di nuovo, come quando si era scombinato tutto sopraggiungendo a Eastbourne, solo per comunicarle che finalmente la distanza da ciò che più si era fatto sentire importante si era dissolta in quel vento che spirava dal finestrino della carrozza. Riconobbe le zone paludose di Grange-over-Sands, ma non ebbe più alcun dubbio quando gli occhi le si riempirono delle pianure verdeggianti di Cartmel. Era a casa.

Avevano viaggiato per tutto il giorno ed era stanchissima, talmente tanto da trovar arduo sorridere o esprimere qualsiasi tipo di gioia stesse provando. Però lo fece lo stesso, rivedendo riflessa la stessa stanchezza, così come l'inevitabile felicità, negli occhi del cugino Frederick.

Sospirarono all'unisono, guardandosi in silenzio. Si sorrisero. Ora mancava ritrovare i volti che non avevano potuto avere attorno per troppe settimane e quel periodo sarebbe finalmente giunto al suo termine.

«Abbraccerò io, per primo, Jaycob» le disse Frederick. Lei ridacchiò. «È tutto tuo, io avrei comunque abbracciato per prima Julia».

Frederick sorrise beffardamente, prendendola in giro. «Fred, non provocarmi, ché potrei sfidarti ad abbracciare Julia».

Il marchese si accigliò. «Sfidarmi? Ho tutta l'intenzione di abbracciarla... sempre che lei me lo faccia fare» convenne infine.

«Sarebbe proprio questa la sfida, caro cugino» lo schernì. Fred roteò gli occhi al cielo, per poi guardare fuori dal finestrino con uno strano sorrisetto in viso.

Certe mancanze si provano solo con le dovute distanze, ma non è detto per questo che se ne intuiscano i motivi. Anzi, di solito non si comprendono affatto. Serve qualcosa di più forte, palese: tutt'altro stato d'animo.

Nessuno dei due aggiunse altro, ormai troppo impazienti di sentire i cavalli fermarsi e il cocchiere annunciare l'arrivo a destinazione.

Questo, infatti, accadde diversi minuti dopo.

Scesero dalla carrozza quando già si era inoltrato il crepuscolo, ma la poca luce non impedì a nessuno dei tre di vedere la fila di domestici di fronte all'entrata, in attesa del loro arrivo. Nell'altra carrozza, il duca del Devonshire aveva viaggiato da solo ed era chiaro che fossero tutti lì principalmente per il suo ritorno.

Ovviamente, non era soltanto l'intera servitù ad attenderli.

Quando il duca, compìto, scese i due scalini della carozza, a passo svelto si rintanò all'interno della propria casa, seguito da diversi dei suoi domestici personali; Frederick fu il primo a muoversi in uno slancio verso l'unico ragazzo che lo attendeva con un sorriso ampio sul volto.

Il suono di quell'abbraccio si propagò come fosse una melodia. Si strinsero forte, emettendo dei versetti gioiosi mentre le braccia si stringevano di più attorno ai loro corpi. Jaycob lo attirò a sé, prendendolo, per pochi attimi, goffamente in braccio. Il salto che Fred compì toccando nuovamente terra fu l'ultimo rintocco di quella canzone. Si allontanarono, per guardarsi, e si sorrisero: «Quanto mi sei mancato, fratello!» esclamò Fred.

«Quasi dimenticavo come fossi fatto. Sei più alto o sbaglio?» rispose Jaycob, attirandolo nuovamente in un secondo abbraccio.

Contemporaneamente, Angie imitò i passi lunghi e affrettati che Julia stava compiendo verso di lei. Come era sua consuetudine, Julia avanzò un breve inchino che, come era solita fare, invece, Angie le impediva di concludere. Questa volta lo fece per attirarla a sé in un abbraccio che, inizialmente, creò soltanto con le sue braccia.

Lady Angelica chiuse gli occhi e non si preoccupò del fatto che quell'unione non fosse stata ancora corrisposta, perché conosceva a tal punto l'altra da sapere che, se veniva colta di sorpresa, anche nel gesto più prevedibile, doveva darle il tempo di metabolizzare e, poi, reagire. Difatti, quando le sue braccia la avvolsero, la stretta non fu meno vigorosa.

«Ju» esalò, sollevata.

«Gì».

Sebbene gli epiteti che si erano da sempre scambiati lasciassero poco spazio all'immaginazione, il sorriso che entrambe avevano ben piazzato sui loro volti, in quel momento, spazzò via ogni buon senso, ogni razionalità. C'era solo affetto.

«Ebbene, nessuno abbraccia me?» convenne, alle spalle delle due coppie che si erano formate, Archibald.

Aveva le mani sui fianchi, in una posizione strategicamente studiata e rivolta nei confronti dei quattro che, alla sua vista, avrebbero senz'altro dovuto provare pena per lui, invece risero.

Tuttavia, Archibald era fin troppo affascinante e pieno di sé per dar anche solo l'apparenza di chi nella vita fosse privo di attenzioni, perciò quando Fred si voltò per guardarlo, seguito dagli altri, incominciò ad avanzare verso di lui, allargando le braccia e beffandosi di lui, nel tentativo di abbracciarlo. Archibald non ebbe tempo di fingersi indignato. «Venite qui, Archie, vi abbraccio io» disse poco dopo Julia, avvicinandosi a lui che, alla piccola dama dai capelli rossi, non le si negò.

Questo terzo abbraccio non fece passare in secondo piano quello tra Jaycob e Angie, benché meno vigoroso dei primi due. C'era riverenza, nonostante fossero cugini, di medesimo impatto e compostezza, come quello tra Julia e Archibald. I quattro, nelle medesime movenze, si allontanarono scambiandosi dei sorrisi lievi.

Poi, silenzio, subito dopo. Non senza motivo, dopotutto. Il cortile dell'immenso maniero di Holker Hall si era subito svuotato. Anche le carrozze avevano ripreso il loro cammino, verso le stalle e la rimessa, mentre la servitù era tornata al proprio lavoro, subito dopo aver visto il duca sparire all'interno del maniero, dritto verso le proprie stanze.

Angie guardò Frederick, così come faceva Jaycob, mentre Archie osservava un po' tutti senza comprendere il motivo. Julia, invece, non guardava nulla. Forse la punta dei propri piedi.

Il punto a quell'imbarazzante momento era molto semplice da capire: fra l'euforia e la gioia di quei momenti di riunione, era venuto meno un abbraccio, che per diversi motivi non ci sarebbe stato, almeno così erano coscienti di sostenere la maggior parte di loro. Quello per cui Fred avrebbe potuto scommettere con sua cugina, ma che nemmeno lui in realtà si aspettava di ricevere. Eppure, questo non significava affatto che in quel gesto mancato ci fosse un'assenza di sentimenti. Forse, solo di un po' coraggio. E decisamente una attitudine sovrabbondante alle convenzioni sociali.

«Miss Wise, è bello rivedervi» disse, alla fine, Frederick, consapevole che gli sguardi dei cugini non lo avrebbero lasciato in pace finché non avesse proferito parola. Lei, d'altro canto, si era già inchinata in una reverenza: «Anche per me, marchese...» dopotutto, la distanza aveva fatto il suo dovere. Non tutto, ma il necessario per far crollare almeno uno dei primi muri.

Per tali motivi, dando prova che non fosse lui ad avere la mania per ciò che fosse convenzionalmente giusto o no, le prese una mano per baciarne il dorso. Tutti reagirono con sorpresa. Quel gesto, così innocuo e delicato, forse era in grado per fino di far impallidire una scommessa.

Colta di sorpresa, Julia si limitò ad alzare lo sguardo per memorizzare che tutto ciò stesse succedendo per davvero. Perché quello era molto più scioccante dell'abbraccio che Angie le aveva rubato durante il suo tentativo di salutarla come conveniva. Le guance le si imporporarono di rosso, mentre la sua volontà vacillava al desiderio di non ritrarre la mano, impaurita. Un marchese che fa il baciamano alla figlia di una governante, oltremodo oltraggioso, le sembrò di sentire perfino sua madre commentare quello sciagurato gesto.

Angie si impedì di scoppiare in un sorrisino divertito, mentre Jaycob aggrottava la fronte guardando sua sorella e subito dopo il cugino, facendosi chissà quali domande. Questo, mentre Archie, in scherno all'atteggiamento di Fred, si era avvicinato a Jaycob per tentare con lui il medesimo gesto appena svoltosi di fronte ai loro occhi. D'altronde, un abbraccio era venuto meno anche fra loro, sebbene fosse la realtà dei fatti che nessuno dei due avesse sentito la mancanza dell'altro. Jaycob, nonostante questo e tutti gli attriti passati, glielo concesse: perché c'era sempre complicità fra i due, se il motivo era quello di deridere il marchese.

Quel teatrino, riprovevole agli occhi di un signore anziano come il duca del Devonshire, fece invece molto ridere il gruppetto di ragazzi che, dopo un mese, finalmente si era riunito.

Con quella risata che esprimeva molto più di un banale divertimento, i cinque ragazzi rientrarono in casa.

***

Nel breve lasso di tempo che intercorse tra il loro ritorno e la cena, Angie e Julia si erano raccontate già tantissime cose, tutto ciò per via epistolare era stato tralasciato o solo sottointeso. Avrebbero avuto per loro ancora tantissime ore e molti giorni per parlare di ciò che era successo nelle reciproche vite in assenza l'una dell'altra, ma la foga di far entrare tutto in quella mezz'ora non mancò di lasciarle ben presto senza fiato.

Quando Lady Angelica si arrestò, dopo il racconto che le aveva fatto sui regali ricevuti dal capitano Query, prese un grosso respiro. «Domani ti mostrerò che cose meravigliose ci sono state regalate».

Julia, che sembrava essere sempre pronta nel correggere le sue distrazioni – e che ora dava proprio l'idea che non farlo le fosse mancato terribilmente – subito la corresse: «Il capitano le ha regalate a te!» lanciandole uno sguardo che era quasi insolito vederle spuntare sul suo visetto lentigginoso.

«Non guardarmi così, te l'ho detto, non c'era alcuna intenzione in particolare nel suo gesto. Ha fatto un regalo anche ad Archibald e a Frederick» fece la sua premessa. Poi riprese velocemente, anticipando la replica dell'altra: «E, no, il regalo è per entrambe! Quando mi sono ritrovata a parlare con il capitano Jailor di arte, gli ho raccontato della tua passione e gli ho descritto anche alcuni dei tuoi dipinti-»

«Quali?» la fermò la ragazza, un campanellino d'allarme a trillare minacciosamente. Angie sorrise bonariamente e si guardò vagamente attorno. «Non ricordo quali, in particolare, gli ho detto che hai una passione per i ritratti. Comunque, cosa stavo dicendo? Ah sì, il capitano Jailor ha consigliato al capitano Query di farci questo regalo ricordando proprio questa conversazione, però, quest'ultimo era del tutto ignaro del nostro interloquire sulla vostra passione in comune, e ha semplicemente dedotto che io avessi potuto gradire i pennelli, le tempere e tutto il resto. Per fortuna che, mentre io ero confusa dal gesto inaspettato, ci ha pensato Freddy a chiarire la situazione...» spiegò la donna, camminando per i corridoi di Holker Hall senza una vera e propria meta.

Julia si arrestò. «Ci ha pensato Fr- il marchese?»

«Sì, ci sarei arrivata anche io, te l'ho detto ero troppo stupita dall'atteggiamento insolito del capitano. Comunque, lui è intervenuto evitando di farmi passare per maleducata, dicendo che tu avresti molto apprezzato tutti quei doni, sostenendo che se per me disegnare è un semplice diletto, per te è una vera e propria passione... Oh, Julia. Non vedo l'ora di farteli vedere. Domattina, promesso!»

Julia annuì silenziosamente, riprendendo a camminare. Sorrideva. Non aggiunse né domandò altro, interrotte dall'arrivo di un domestico che annunciava ad entrambe che la cena sarebbe stata servita da lì a momenti e che il duca, piuttosto innervosito, lo aveva spedito a cercarle. Per questo, si affrettarono a raggiungere la sala dove erano soliti riunirsi per mangiare. Angie continuava a guardarsi attorno come se cercasse dei cambiamenti o qualcosa che alla sua vista doveva esserle mancato più di quel posto. Entrare nell'immensa sala, dove un tavolo fin troppo grande per raccogliere poco più di una decina di persone, era imbandito perfettamente dinnanzi a loro, le fece nascere uno splendido sorriso.

Era a casa, e aveva fame.

«Miss Wise, fra qualche mese compirete gli anni, mi sbaglio?»

A metà della cena, Frederick decise di rompere il silenzio. Il duca sedeva a capotavola, mentre tutti gli altri seguivano per la lunga tavolata imbandita. Fu proprio il padre ad alzare lo sguardo, in segno di rimprovero. Detestava che si parlasse con la bocca piena e il figlio non sembrava mai interessato a compiacerlo. Anzi, pareva nato per rendergli la vita sempre un po' più difficile.

Julia annuì semplicemente. Si sentiva sempre inappropriata a partecipare a quei momenti di riunione, Angie lo sapeva benché non la capisse veramente. Era difficile, infatti, credere che Julia non si sentisse in famiglia, quando quella – sebbene mancassero effettivamente i genitori – lo fosse. Il motivo, però, non era questo. Julia sapeva riconoscere quei volti come la sua famiglia, ma non si sentiva mai alla pari con nessuno di loro, nemmeno con Jaycob, che era suo fratello, dopotutto.

Frederick aveva tutta l'aria di essere alla ricerca di una buona scusa. «Se non vi offende farlo sapere, dovreste compierne...»

«Diciotto, marchese. E quanti anni compio non mi offende affatto» rispose, guardando un po' tutti, tranne chi le stava rivolgendo la parola. Quando i suoi occhi si fermarono sul duca, rabbrividì. Sembrava, infatti, non gradire l'attenzione che il figlio le stesse riservando.

«Che cosa avete in mente, Fred?» domandò Lady Angelica, intromettendosi nel discorso. I due si guardarono, scambiandosi una complicità che, subito, venne ricambiata anche da Jaycob e Archibald. Gli altri commensali, tra cui anche i fratelli minori di Frederick e il duca, invece, rimasero all'oscuro di tutto. Anche Julia in realtà, che li guardava piuttosto perplessa.

«Pensate a ciò che sto pensando anche io?» chiese Jaycob, allora. Il marchese replicò ammiccando con le sopracciglia.

«Cosa?» esclamò eccitata la cugina.

«Diciotto anni sono importanti, non trovate Miss Wise?» questa volta la ragazza non rispose. Lo fece l'amica seduta accanto a lei: «Assolutamente importanti!», «Quindi c'è proprio bisogno di una festa!» concluse Fred, venendo allo scoperto. E prima che il padre potesse controbattere e annullare ogni buon presupposto per l'organizzazione di un gran ballo in onore della figlia della governante, l'erede del duca riprese parola: «Pensavo di invitare anche Lady Heartcote e il capitano Query, assieme al capitano Jailor, ovviamente. Sono stati fin troppo generosi con noi, in questo mese. Che ne dite, padre?» Una mossa strategica, palese anche agli occhi del più anziano che, però, dopo un breve attimo di contrarietà sembrò subito ripensarci. «Ne parleremo più tardi. A proposito, appena avete finito di cenare, vorrei restare da solo con mio figlio» annunciò.

Nessuno ebbe da obiettare e d'altronde la cena non durò ancora poi molto. I primi ad alzarsi, dopo aver chiesto pigramente il consenso, furono i fratelli piccoli. Archibald seguì silenziosamente Jaycob e subito dopo toccò alle dame, accompagnate per ultime da Angie e Julia.

Spencer, uno dei figli minori del duca, rimase con l'intenzione di dover presenziare a quella che il padre aveva fin da subito premesso essere un colloquio tra lui e il figlio più grande. Infatti, pochi attimi dopo, fu proprio il duca a congedarlo: «Spencer, lasciaci soli».

Il fratello, dopo un'occhiataccia stizzita nei confronti di Fred e un sorriso verso il padre che non si curò di ricambiare, se ne andò con la coda tra le gambe. Non doveva aver ancora digerito il viaggio di un mese che gli era stato precluso a causa degli studi.

«Scommetto che finirà con l'uccidermi nel sonno» commentò ironico l'erede del ducato di Devonshire.

«Devi smetterla con queste scommesse, Frederick. Non è rispettoso per un uomo di legge, quante volte dovrò ripetertelo?»

Fred si voltò giusto in tempo per alzare gli occhi al cielo; per fortuna si era mosso dall'inquisizione dello sguardo del padre, per dirigersi verso il camino acceso.

Il duca lo seguì poco dopo, raggomitolandosi impettito nella poltrona che affacciava davanti al fuoco.

«Dunque, era per questo rimprovero che mi avete fatto restare con voi? Sono molto stanco-».

«In che rapporti sei con la figlia della governante?» tagliò corto il duca. Il suo non sembrava un rimprovero, anche perché non appariva neppure preoccupato della risposta che avesse potuto dargli il figlio; certo era che, da quella, in ogni caso, sarebbero giunti al motivo per cui il padre aveva voluto quel colloquio.

Questo, e ancor prima la domanda che gli era stata posta, confuse notevolmente Frederick che, di primo acchito, se ne rimase in silenzio con un palese cipiglio rivolto al vuoto.

Dalla porta che, all'uscita di Spencer, era rimasta semiaperta, la risata di Angie fu difficile da trattenere silenziosa. Julia, di nuovo, le strinse un braccio cercando di convincerla ad andare via.

Nessuna delle due poteva parlare: infatti, essere scoperte non avrebbe giovato a entrambe. Julia, però, quando era stata costretta dalla curiosità dell'amica a tornare indietro, si era lasciata trascinare, perché con Lady Angelica le cose erano andate sempre per quel verso. D'altro canto, ora che il duca aveva posto quella domanda, l'amica non aveva alcuna intenzione di andarsene. Era stata fin da subito curiosa di scoprire i motivi di quel colloquio ma più di ogni altra cosa, dopo aver sentito pronunciare dalla voce di Frederick la parola "festa", voleva essere sicura che questa si sarebbe potuta organizzare, dopo la concessione del padrone di casa. Perciò se ne stavano lì, ad origliare una conversazione che di certo non avrebbero dovuto ascoltare, né lei né Julia; quest'ultima alla domanda del duca era diventata paonazza e voleva assolutamente impedirsi di ascoltare ulteriormente. Peccato che quella ficcanaso della sua compagna di disavventure non fosse del suo stesso avviso.

«Angie non-»

Angie l'azzittì mostrandole un indice davanti alla bocca, ma il silenzio durò per pochi, brevi attimi, quando Frederick lo ruppe per rispondere al padre. La voce, seppur di poco ovattata, arrivò chiara alle orecchie di entrambe.

«Miss Wise? In che rapporti siamo? Siamo cugini, o cresciuti come tali».

Julia avrebbe potuto correggerlo prontamente, ad occhi chiusi, mentre era proprio il settimo duca del Devonshire a farlo al posto suo: «Voi non siete cugini, tu sei cugino con suo fratello, Jaycob, figlio di mia sorella, ed è già tanto che io accetti questa parentela dopo tutto ciò che è accaduto. Lady Angelica e Kathleen sono tue cugine di secondo grado, figlie a loro volta di una mia cugina, se ne andate cercando di sangue. Perciò, senza ulteriori beffe da parte tua, rispondi alla mia domanda».

Angie si voltò a guardare Julia, forse per la prima volta in quei pochi attimi stava rivalutando l'idea di restarsene lì. Fu Julia a concederle, con un semplice sguardo, di restare ad ascoltare. L'espressione che le rigirò, difatti, esprimeva quanto quel discorso non fosse più in grado di ferirla. Anche perché il duca aveva ragione, lei non aveva alcun tipo di legame con i Cavendish: suo padre, colui che, prima della sua nascita, era stato lo stimatissimo avvocato di diverse famiglie nobili, dopo la morte della prima moglie – la madre di Jaycob – aveva completamente perso la testa per la governante di Holker Hall e, come se ciò non fosse abbastanza, aveva stravolto la sua vita, rinunciando alla sua magistrale carriera per diventare un cuoco. Il duca di Devonshire aveva permesso che ciò accadesse soltanto perché, a parte il destino di un nipote che poco aveva a cuore, Lord Wise non andava rovinando la reputazione della famiglia. Quando nacque Julia, da quel matrimonio svolto in totale riservatezza, il padrone delle loro vite lavorative aveva concesso al nuovo nucleo famigliare tante libertà e tanti privilegi, unicamente perché impegnato in un ruolo che era arrivato senza attenderlo, d'improvviso, con la morte del cugino.

«Ebbene, allora, non c'è nient'altro. Siamo due persone che sono cresciute insieme, è la sorella di mio cugino».

«E la festa?»

«La festa? Padre, è solo un motivo come un altro per organizzare qualcosa. È sempre un mortorio qui a Holker Hall e non organizziamo mai nulla. I balli sono alla base dei rapporti sociali, delle buone maniere per stringere e mantenere i legami con i vicini e gli amici più lontani-»

Il duca sembrò sbuffare spazientito, ammutolendo senza dire nulla all'uomo che stava ancora in piedi.

«Organizzerai un ballo, allora, se è proprio quello che vuoi» stabilì qualche secondo più tardi.

Nuovamente, Lady Angelica trovò difficile trattenere un commento entusiasta, si morse forte un labbro per impedirsi di fare qualsivoglia verso di eccitamento.

«Dite sul serio?» anche Fred, come Angelica, sembrava sorpreso da quel risvolto improvviso. Ma soltanto Julia, forse, sentiva che ci fosse qualcosa sotto che non quadrava.

«Credo sempre in ciò che affermo. Inviterai anche Lady Mary Heartcote e suo nipote e chiunque tu voglia, se ti fa piacere».

La voce di Frederick risultò un guizzo troppo felice, possibile che sottovalutasse l'astuzia del padre? Incredula, ancora, ma soprattutto contenta la voce del marchese tuonò «Certo, padre!» e Angie invidiò la sua possibilità di dimostrarlo. Fosse stato per lei, avrebbe aperto rumorosamente quella porta e si sarebbe fiondata a capofitto dallo zio, per abbracciarlo in segno di gratitudine. Per fortuna, ancora una volta, c'era Julia a saperla trattenere con silenziosa reticenza.

Nessuno aveva chiesto a lei se avesse voluto una festa in suo onore, per i suoi diciotto anni. E probabilmente nessuno glielo chiedeva perché, oltre a non avere voce in capitolo, tutti erano in grado di sapere già la risposta che avrebbe dato.

Ciò nonostante, il duca non ci impiegò molto a stabilire le sue intenzioni in modo chiaro e incisivo, dando modo di spiazzarli una seconda volta. «Non festeggeremo ciò che vuoi».

«In che senso non lo sarà? Credevo...»

«Cosa? Che mi fosse dato di volta il cervello e permettessi di organizzare la festa in onore della figlia della governante? Frederick, ti credevo più intelligente».

«Sarà comunque un ballo per rimediare al Natale trascorso distanti, questo non potrete impedirlo...» la voce di Frederick sembrò dura, inflessibile. Non si sarebbe piegato, era questa la sensazione che trasmise ad entrambe. Angie guardò Julia con un sorrisetto rapido, prima di tornare a guardare per la piccola fessura che le concedeva la porta semiaperta.

«Fa' come credi, non importa. Ciò che mi interessa veramente è che quel giorno ufficializzerai il tuo fidanzamento. Ho già deciso tutto, questo mese a Eastbourne, constatare con i miei occhi i nostri possedimenti, ora che abbiamo ereditato ciò che ci spetta, mi ha dato modo di prendere le giuste considerazioni in merito.» confabulò confondendo tutti gli altri, suo figlio in primis.

Angie corse in fretta a stringere la mano di Julia, che subito gliela fece trovare. Non avrebbero dovuto essere lì per una serie di buoni motivi, ma rimasero comunque ad ascoltare, ora con la paura a inondare bruscamente i loro animi. Quando si guardarono, trovarono l'una il disorientamento negli occhi dell'altra. Frederick annunciò il proprio, invece, attraverso il tono di voce: «Le giuste considerazioni, padre? State parlando del mio futuro come se fosse una decisione da prendere a tavolino. L'amore non è un affare da concordare!»

Il duca rise. Fu insolito udirlo, sebbene non sorprese nessuno il fatto che pure quel suono sembrasse disgraziatamente stonato.

«Parli d'amore proprio tu, ragazzo? Come se non ti conoscessi abbastanza da capire che sei interessato all'amore come ti interessano le cause giudiziarie! In ogni caso, sto parlando proprio di affari. Il tuo matrimonio, come la tua eredità alla mia morte, assieme al passaggio del titolo, sono affari di famiglia. L'amore è una clausola che si può anche spuntare, ma non necessariamente deve essere inclusa! Devi sposarti, Frederick. E dovrai farlo perché così è stato deciso, con la persona che rafforzerà la tua eredità e il nostro nome e che non ci farà perdere nulla, nulla, da questa unione».

Un fremito colse la pelle di entrambe le ragazze. Avevano spesso letto di amore, ne avevano anche parlato, magari perfino superficialmente, alludendo alle loro reciproche prime cotte e infatuazioni. Ma mai in rapporto a questioni di affari o, peggio, a clausole da poter escludere, cancellare, prendere o meno in considerazione. L'Amore, come per qualsiasi ragazza della loro età, aveva ben altre entità. Timide, forse, ma decisamente importanti. I libri avevano influenzato i loro ideali, e forse illuso le aspettative. Quella, invece, era l'atroce realtà.

A Julia non era mai stata celata l'evidente cotta che Angie aveva per Archibald. Sebbene la ragazza non glielo avesse mai detto chiaramente. Così come ad Angie era chiaro che Julia fosse legata a Frederick molto più di quanto desse o volesse dare a vedere. Magari Julia, così come Angie, non avevano accettato ad alta voce i loro sentimenti, eppure sapevano leggere l'una il cuore dell'altra, ma come se fosse un segreto e lo custodissero come un tesoro: non per usarlo a proprio vantaggio quando se ne fosse presentata l'occasione, bensì perché tenevano alla felicità dell'altra molto più della propria.

«Suppongo voi non vi riferiate a Miss Wise, considerata la vostra curiosità di prima».

«Certo che no!»

Il silenzio che seguì sembrò eterno.

«Certo che no, quella ragazza non potrebbe mai rafforzare i nostri averi e il nostro titolo, è la figlia di una governante e del marito di mia sorella! Ma se sposassi qualcuno all'interno della nostra famiglia, i tuoi figli saranno dei veri Cavendish, come non lo potranno mai essere se ti sposassi con una estranea. In più, dopo la legge approvata lo scorso anno che garantisce alle donne di mantenere la propria proprietà dopo il matrimonio, sarebbe un rischio sposarsi con una che non fa parte della famiglia. Ci ho pensato molto, in questo mese, ed è tutto perfetto. I possedimenti a Eastbourne saranno il mio regalo per voi, la vostra casa».

«Mia e di chi, esattamente?» d'improvviso, la voce di Frederick sembrava imperscrutabile.

«Di tua cugina, Angelica, ovviamente. Chi altri, altrimenti? Avrà pure superato l'età, ma andrà bene. È una donna ancora in salute, metterà al mondo sani nobili figli che erediteranno ciò che spetta loro dalla nostra famiglia. Il ballo sarà l'occasione per ufficializzare il tuo fidanzamento con lei».

Ammettere a se stessa di aver già capito dove il duca avesse voluto andare a parare fu difficile, ma Julia in quel momento non ebbe modo neppure di rendersi conto di ciò che aveva appena udito. Prima di lei, colei che aveva osservato il colloquio privato, sbirciando da un'esile fessura, aveva avuto modo di ritrovarsi sulla bocca di uno zio che, senza troppi scrupoli, si era dimostrato disinteressato ai suoi voleri, ai suoi desideri.

«No...»

D'altronde non importava nemmeno che Angie dicesse "sì" alla proposta di matrimonio, quello era quasi scontato, più che altro. L'importante era che il figlio si decidesse a farlo.

In realtà, però, gli obblighi formali erano due e sarebbero comunque stati tali. Lady Angelica avrebbe dovuto sposare il futuro duca del Devonshire, erede dei Cavendish. E viceversa.

Julia se ne rimase ferma davanti alla porta, mentre l'altra lasciava andare la sua mano per iniziare a correre velocemente lungo il corridoio, e sparire con la stessa velocità verso i piani superiori.

Una volta sola, sentì il suo cuore scattare irrefrenabile, rabbioso. Lo ripeté lei, questa volta, come fosse l'eco della voce dell'amica appena fuggita: «No...»

Angie e Frederick ufficialmente fidanzati, durante il ballo per il giorno del suo compleanno. Era un'idea peggiore della volontà di tutti di organizzare una festa in suo onore.

Non si curò della risposta che poté dare il marchese e, ignorando anche il modo in cui il suo corpo stesse reagendo incondizionatamente a tutte quelle nuove informazioni, si mise a correre verso il piano superiore.

Perché era evidentissima una cosa, fra tutte, quella notizia recava giovamento ad un'unica persona, che non era lei, né Frederick, né tantomeno Lady Angelica.


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Ho trovato questa foto su pinterest e ho voluto modificarla per rendere un po' la mia idea su due personaggi fondamentali e su una scena che viene descritta proprio in questa terza parte. Nelle note in fondo vi spiego anche perché ho un problema con i prestavolti.


Eccoci qui. La terza e ultima parte del capitolo di Angie si è conclusa con la peggiore delle proposte da parte del duca. Ma dopotutto era nell'aria e doveva solo essere detta ad alta voce. 

Frederick e Lady Angelica dovranno sposarsi. Ora, però, il punto sta nell'annunciarlo. E non sarà semplice, soprattutto per Fred dire alla cugina cosa accadrà al ballo - perché ovviamente lui non sa che lei stesse origliando! 

Nel prossimo capitolo cambieremo personaggio, apro qui le scommesse su chi pensate sia il fortunato. 

Ora, sui prestavolti. Mi è stato fatto notare che non solo non ho palesato un cast per i personaggi, ma che non ci sono descrizioni sufficientemente chiare per poterli immaginare. Ho valutato l'idea di mettervi i volti di chi immagino si avvicinino ai miei personaggi ma vi priverei della possibilità di farlo da soli, in base a come vi ispirano le parole. Non ci sono descrizioni perché, per ora, abbiamo visto attraverso gli occhi di Angie e lei, beh, non si interessa particolarmente dell'aspetto estetico delle persone che la circondano, valuta per lo più il loro animo. Coi prossimi personaggi, in base al modo di essere, ci saranno differenze anche di questo tipo. Ma resto piuttosto convinta di non volervi pubblicare quelli che ho scelto io. Forse alla fine della storia. Sì, probabilmente farò così. 

In ogni caso, il mio Frederick si avvicina molto all'uomo nella foto postata sopra. 


Al prossimo capitolo, che pubblicherò fra due sabato!

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