Come il cielo a mezzanotte

By NyxEcate

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Leggende raccontano che gli dei, all'alba dei tempi, separarono le anime gemelle, gelosi di queste ultime. Il... More

Prologo
01. A nessuno piacciono i ratti
02. Corsi differenti
03. Pura poesia
04. Piccoli riti
05. Sempre un mistero
06. Profumo di Gardenia
07. Marshmallows
08. Paranoia silenziosa
09. Il mare senza di te
10. " Di rosso e celeste neanche il diavolo si veste "
11. " Sei meraviglioso ora, domani e per sempre "
12. Stellato
13. Insignificanti
14. Sono una distesa dorata
15. Ciò che non sai di me
16. Questo
17. Una spaccatura nel vetro
19. Come scogliere d'argilla
20. Quello che i bambini non dovrebbero provare
21. Nascondere
22. Non abbandono nessuno
23. Urgano
24. Il prima è sempre doloroso
25. Non c'è due senza tre
26. Come due anime si abbracciano
27. La strada
28. Piccoli sorrisi
29. Fidanzato?
30. Non oggi
31. Sbagliato
32. Il tuo pappagallo
33. Ringraziamento
34. L'inizio
35. Quando accadrà
36. Coraggio
37. Come un sogno
38. Come il cielo a mezza notte
Epilogo

18. Le emozioni non sono per bambini

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By NyxEcate

Penso capiti a tutti prima o poi, di perdersi nei propri pensieri. Fissare il vuoto e pensare al nulla, sempre se nulla esiste d'avvero. Perdersi nei propri pensieri non comporta emozioni bensì sensazioni, io personalmente le ritengo ben distinte, intendo le emozioni dalle sensazioni. Non so spiegarlo ed in realtà non so nemmeno se sento qualcosa. Spesso è così complicato esprimersi; il semplice parlare. Buttare fuori parole, parole reali che abbiano un significato è.. spiazzante. Lo facciamo in automatico, sputiamo parole e vi imprimiamo sopra una sensazione, una piccola scia dell'emozione che proviamo in mentre le pronunciamo.

Siamo schiavi delle emozioni. La mia relazione con esse è.. complicata, specialmente con alcune. Non che io le trovi irritanti o non le consideri come molti miei coetanei sono soliti fare. Abbiamo solo preso una pausa, una lunga, lunghissima pausa di riflessione. Il nostro è un rapporto travagliato e per quanto mi infastidisca ammetterlo nemmeno io sono capace di resistere all'onda travolgente delle emozioni.

Da fuori si può pensare che io non ci abbia nemmeno mai provato ma persino nei miei giorni di piena serenità e pace interiore un lato scorbutico ed incazzato bussa, non poi così timido, alla porta del centro comando emozioni. Da quando anni fa ho visto Inside out ho come avuto un mind blowing, l'idea di un "centro comando emozioni" era l'unico modo in cui riuscivo a spiegarmi la diversità di quest'ultime. Era così impossibile che io provassi seriamente tutto quello, era sicuramente qualcun'altro a farmelo fare... si, avevo tanta immaginazione.

Solo quando distolgo lo sguardo dal soffitto mi rendo conto d'essermi persa nei miei pensieri. Un giro infinito di pensieri che alla fine mi ha portato al punto di pazienza. Buffo.

L'orologio digitale verde sul comodino accanto al mio letto lampeggia, segna ormai le due di pomeriggio. L'effetto dei sedativi è svanito e la testa ritorna pesante come prima, affollata ed incasinata ma in semi tranquillità.

Vicino all'orologio c'è uno dei miei post-it giallo, quelli che prendono polvere sulla scrivania e purtroppo non utilizzo mai. Allungo il braccio e strizzo gli occhi colpiti dalla luce che trapela dalle tende sottili. Sembra la scritta di Naomi, ha scritto un semplice "Buongiorno Kath, quando ti sarai ripresa io probabilmente sarò già partita. Quando ti sentirai pronta a parlare chiamami. "

L'avevo completamente scordato, sono una pessima amica. Naomi è partita con i genitori, stanno andando dagli zii. Lei si preoccupa di me e io a mala pena ascolto quando parla. Basta una parola, una solo parola per descrivermi: delusione, sono una delusione persino per me stessa.

Fra le coperte vicino ai sedativi c'è il mio telefono, lo afferro e non nascondo un enorme sbadiglio. Se durante il giorno sono un ippopotamo di mattina sono un elefante. Cavolo potrei richiedere un provino per Madagascar.

In anteprima appare solo un messaggio di Allen.

Cross il salvatore, 10:36

Come stai?

Alzo gli occhi al cielo ed involontariamente mi scappa una risata, non ho ancora cambiato il suo nome in rubrica.

Perché mi ha chiesto come sto? Ci rifletto un po' su poi il ricordo di ieri sera m'investe in pieno come un tram.

La consapevolezza dell'epocale figuraccia e, di una possibile lettera d'invito al manicomio più vicino, riescono a togliere definitivamente ogni colorito dal mio viso. Chiudo gli occhi e un grugnito si libera fra le mie labbra, che imbecille che sono. Mi ha aiutato per pena, non avrò mai più il coraggio di parlargli. Forse è meglio così, troncare i rapporti prima io mi affezioni e lui si stanchi.

Probabilmente sarà lui ad evitarmi, comprensibilmente. Anche se non sono pazza mi comporto da tale. Emetto un orribile verso mentre cerco di alzarmi. Sento un nido di nodi sopra la testa e un peso invisibile sulle spalle. Ormai mi ero abituata alla sua presenza, sarà difficile non aver più Cross attorno.

«Sei sempre così femminile Martin». Per poco non sento la testa staccarsi dal collo. Una fitta mi colpisce per la troppa velocità con cui mi sono voltata ma passa in secondo piano, davanti alla porta, bello come sempre Allen mi osserva divertito. Che ci fa qui?

«Come sei entrato?» chiedo portandomi al petto le coperte e provando a risultar presentabile. Lui si guarda attorno studiando la stanza. Si sofferma un po' di più sulla foto della nonna con uno strano luccichio negli occhi.

«I tuoi genitori, sono-»

«Opprimenti? Antipatici? Bugiardi?» lo interrompo alzando un sopracciglio.

«Accoglienti», mi rivolge un sorriso sghembro ed inizia ad avvicinarsi al letto. Forse è venuto per prendermi in giro, riedere un po' della povera Kath. Magari vuole ricattarmi.

«Come fai a sapere dove abito e perché sei qui?» gli chiedo diretta osservando il blu quasi omogeneo delle sue iridi. Non mi piace guardare troppo allungo negli occhi le persone ma i suoi hanno un colore tanto particolare ch'è impossibile per tutti resistere.

«Ieri sera Naomi è scesa qui lasciandomi a piedi per portarti qualcosa..». Gli mostro i sedativi e lui li prende osservando uno degli imballaggi vuoti, alza lo sguardo e inclina leggermente la testa. Chissà a cosa sta pensando, forse nemmeno lui capisce perché è ancora qui. «Non hai risposto al mio messaggio»

«Stavo dormendo» dico, appoggio entrambe le mani sul letto e lentamente mi alzo appoggiando i piedi sul freddo pavimento. «Non hai risposto, perché sei qui?»

«Ieri sera una mia amica stava male, l'ho aiutata a calmarsi ma qualcuno, non mi ha permesso di vederla così ho deciso di venirla a trovare il giorno successivo»

«Pensavo volessi ignorare l'argomento» affermo guardando le improvvisamente interessanti crepe sullo schermo del mio telefono.

«Perché dovrei?», sembra realmente confuso, la mascella contratta in disappunto e gli occhi dispiaciuti.

Non gli rispondo ma sostengo in suo sguardo. C'è chi si sveglia con un ottima colazione a letto e chi, come me, che si sveglia con accanto l'unica persona che in quel momento voleva evitare. Penso d'esser una specie di calamita attira guai.

«Ti ho portato questo» alza il braccio che prima gli penzolava su un fianco e indica un sacchetto marrone. Allungo la mano e lui me lo passa.

Mi ha preso il gelato, non solo uno ma ben tre scatolette diverse. «Mirtilli, Cioccolata e.. Panna?»

«E questi» distolgo lo sguardo dalla strana combinazione fra le mie mani, lui butta sul letto un pacchetto di Marshmallow. «Vestiti, ti porto via da qui». Non distoglie lo sguardo dal mio nemmeno per un secondo, la posa rigida e il tono fermo non mi danno margine di scelta.

Osservo i dolci accanto a me e i sedativi poi sorrido. Se lui non ha intenzione di evitarmi non riuscirò mai a tenerlo lontano, è tanto determinato quanto arrogante. Se si ostina tanto a giocare col fuoco faccia pure. Naomi ha ragione, posso dargli una possibilità.. ieri sera ha sentito il peggio di me, certo non mi ha visto ma se è ancora qui forse c'è una remota possibilità che non si sia spaventato.

«Esci Cross» afferro un paio di jeans dal cassettone e una maglietta gialla pronta a cambiarmi.

«Perché?»

«Mi devo cambiare, esci» ripeto con tono ovvio. Ride poi si gira di spalle ma resta immobile. «Cross» stringo i denti e mi astengo dal buttarlo fuori a calci in culo.

«Tranquilla non ho cattive intenzioni. Se volessi scopare non saresti la mia prima scelta, mi basta entrare in un bar per riempire la rubrica con i numeri di ragazze. Sai, sono molto focose e-» Alza le mani in aria come ad accentuare la sua innocenza ma gli tiro dietro i pantaloni per frustarlo.

«Che schifo, sei un idiota Cross.» borbotto disgustata. Allen è indubbiamente un ragazzo molto attraente e non fatico a credergli, anch'io se non conoscessi che razza di arrogante testardo è probabilmente gli andrei dietro. Sarei uno di quei numeri in rubrica. «Esci comunque, essere mio amico non ti da il diritto di vedermi in lingerie»

Ride ancora poi mi fa l'occhiolino ed esce dalla stanza. Dopo essermi cambiata prendo i sedativi e li nascondo nel cassetto sotto alla panca davanti alla finestra. I miei genitori non sanno che li prendo. Dopo il primo attacco anni fa mia nonna era andata completamente fuori di testa, mi ha portata dal dottore che mi ha prescritto appunto, i sedativi.

Non è stata l'idea più brillante di sempre, all'inizio ne abusavo troppo e gli effetti si notavano. I miei genitori se ne sono accorti e c'è stata la prima vera litigata fra loro e la nonna. Da allora li hanno sempre tenuti loro, me ne davano lo stretto necessario e questo in parte ha aiutato. Quando le acque sembravano calme ho smesso completamente di prenderli, solo la nonna ne aveva alcuni di scorta in casa. Con la sua morte è passato tutto nelle mani di Naomi.

Se i miei genitori pensassero che io stia abusando nuovamente o solo sospettassero la presenza dei sedativi nel mio organismo sarebbero capaci di mandarmi in una clinica di disintossicazione. È stata una mossa azzardata prenderli ma ne avevo bisogno.

Apro la porta della stanza e per poco Allen non mi cade addosso, il profumo di gardenia che la sua pelle emana mi stordisce per pochi secondi ma riesco comunque a spingerlo via. Non mi abituerò mai a questo odore, non poteva che so io.. profumare di carbone? O qualsiasi altra cosa.

Quando si è raddrizzato afferro il suo polso e lo tiro dentro la stanza. «Pensavo dovessimo uscire»

«Infatti», afferro il telefono e lo metto nella tasca posteriore dei jeans e metto in uno zaino tutto c'ho che ha comprato Allen. Mi faccio una coda e aspetto che si avvicini a me ed alla finestra.

«E allora perché siamo ancora qui? La porta è giù»

Sorrido e apro la finestra dandogli le spalle, appoggio un piede sul davanzale e tendo una mano nella sua direzione. «Non voglio vederli. Da qui scendiamo senza problemi» Non batte ciglio, non fa domande. Rispetta il mio silenzio ed i miei tempi.

Solo ora capisco di quanto io ne avessi bisogno.. di uno come lui. Nessuno nella mia vita si è mai comportato così, nessuno mi ha rispettato, attesa e conquistata. Nessuno mi ha capito con un solo sguardo.

Avvolge le sue dita attorno alle mie e scuote la testa divertito, alcuni riccioli scuri gli cadono fra gli occhi e sembrano sfregare con le ciglia ma non se ne preoccupa. «Sei proprio strana», fa quel solito sorriso sghembro poi afferra lo zaino che tengo nella mano libera e se lo mette in spalla.

Scendo grazie al piccolo ma robusto albero davanti a casa. Quando poggio i piedi a terra e sento il dolce abbraccio del sole circondarmi tiro finalmente un sospiro di sollievo, il cielo è terso ma in questo momento non potrebbe esser più perfetto.

Mi accorgo della presenza di Allen solo quando afferra di nuovo la mia mano ed incrocia le nostre dita «Effettivamente così è più divertente» strattona il mio braccio mentre inizia a correre e sono costretta a seguirlo.

«Dove stiamo andando? Perché corriamo?»

«É un segreto per ora, e se non corriamo il gelato si scioglierà» Mi trascina fino ad una moto, una bella moto per giunta. Aspetto se spiegazioni ma non dice nulla, si toglie semplicemente lo zaino dalle spalle e lo ripone sotto al sedile del veicolo.

Spalanco gli occhi, questo pappamolle ha la moto, chi l'avrebbe mai detto. Pensavo venisse a scuola a piedi perché non sa guidare. «E poi sarei io quella strana, hai questo gioiellino e non lo usi» Si gira verso di me e ghigna porgendomi un caso nero.

«La uso solo quando devo rimorchiare. La piccola Jinny è speciale, si fa cavalcare solo se in sella c'è una bella ragazza» Mi fa l'occhiolino mentre con le dita mi sfiora il mento, finisce di allacciarmi il casco e si mette il suo.

«Idiota, non puoi rimorchiarmi. Comunque, potevo mettermelo da sola» borbotto tenendomi salda al sedile.

«Hai ragione, sei già stra cotta. Come darti torto, è impossibile non cadere ai miei piedi» Si siede davanti a me e all'istante gli tiro un pugno sulla schiena.

«Montato presuntuoso» Non controbatte, mette semplicemente in moto e parte piano. Riesco quasi a percepire il sorriso sulle sue labbra, specchio del mio. Tengo saldamente la presa al sedile e cerco di non far caso al vento che prepotente ci sferza addosso o al paesaggio che si muove troppo velocemente. Non ho detto che mi piace andare in moto, anzi. Adoro guardarle, apprezzarne i dettagli ma starci sopra è tutta un altra storia.

Per poco non caccio un urlo quando un autobus ci passa troppo vicino, stringo una mano sulla maglietta di Allen stropicciandola e lui rallenta un po'.

Dopo ben mezz'ora di viaggio a velocità più o meno costante Allen ferma la moto sul ciglio di un bosco, attorno a noi solo alberi. Ci siamo allontanati di molto da San Francisco e dalla nostra città, è da un quarto d'ora che attorno a noi non riconoscevo più nulla.

Potrebbe avermi portata qui per stuprarmi o chissà che altro, è isolato, silenzioso, nascosto e stranamente mistico, mistico come quelle case abbandonate del 900, intriganti e misteriose. Scendiamo entrambi e dopo aver preso lo zaino e riposto i caschi Allen procede a passo sicuro verso un piccolo sentiero.

«Dove stiamo andando? Come conosci questo posto?»

«Ci venivo con mia madre» mi risponde a mezza voce, come preso dalla nostalgia. Aggrotto le sopracciglia non capendone il motivo.

«Non stai cercando di rapirmi vero?» gli chiedo, l'aria improvvisamente pesante fra noi due non mi piace. Provo a tirarlo su di morale ma sembra ancora distante. Cosa stai provando Cross?

«L'ho già fatto» si riprende non appena con un balzo supera una grande radice. Non ha voglia di parlarne a quanto pare, se non se la sente non glielo chiederò voglio restituirli il favore.

Solitamente dopo un attacco passo giorni a letto in uno stato pietoso. La sua sola presenza mi sta aiutando e l'unico modo in cui posso ricambiare è rispettandolo. Mi avvicino a grandi falcate e con finta noncuranza avvicino la mia spalla sinistra alla sua creando un piccolo contatto, spero capisca che io gli sto vicina. Se proprio dobbiamo esser amici è meglio farlo come si deve.

«Ti consiglio la lingua»

«Cosa?» si gira verso di me e per poco non rido davanti alla sua espressione confusa.

«Per quando venderai le parti del mio corpo dopo avermi ucciso, vendi prima la lingua» La sua espressione di totale stupore per un istante mi fa dubitare delle mie azioni. Possibile che io dica solo cretinate? Volevo tirarlo su di morale invece ora starà solo pensando a come allontanarsi il più velocemente possibile dalla "pazza".

Inaspettatamente una risata lascia le sue labbra carnose seguita subita da un altra. Per poco non si piega su sé stesso. Il suono limpido si propaga attorno a noi ed improvvisamente mi sento stupida. «Era veramente pessima» si riprende e con una mano cerca sostegno verso l'albero più vicino.

Sorrido anch'io e lo osservo di sottecchi. É bello da togliere il fiato ora, gli occhi blu incorniciati dalle folte ciglia, il labbro fra i denti per evitare un'altra risata e l'espressione terribilmente carina ed adorabile.

Distolgo lo sguardo prima che lui si accorga della mia più che approfondita occhiata. L'espressione di prima è scomparsa, almeno l'ho distratto. Si rialza dall'albero e mi fa segno di seguirlo dentro il bosco.

Il fiato mi si spezza davanti al panorama che mi ritrovo davanti, la natura ha lasciato spazio solo a numerose rocce, fra essa una profonda buca contiene acqua fumante, sono delle terme. La radura tutto attorno è verde e rigogliosa. Il sole picchia forte riscaldando la mia pelle, qui qualche nuvola timida macchia il cielo.

Mi giro verso il mio accompagnatore e stupita gli pongo una tacita domanda di cui so già la risposta. Lui mi stava già osservando, meravigliato quanto me si apre in un piccolo sorriso ed annuisce.

Siamo in un piccolo scorcio di paradiso e non posso che esser felice.

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