Discordant Sonata (Italian)

By BlackRose311

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"Ladybug...io...che scelta ho? Papillon, lui è spietato e determinato. E lui...lui non è solo il mio capo. Lu... More

Disclaimer
Capitolo 1: Sonata (parte 1)
Capitolo 1: Sonata (parte 2)
Capitolo 2: Blues (parte 1)
Capitolo 2: Blues (parte 2)
Capitolo 3: Complesso
Some Art!
Capitolo 4: Valzer
Capitolo 5: Fermata
Some art!!!
Capitolo 6: Solo
Capitolo 7: Contratempo
Capitolo 8: Abbandono (parte 1 di 4)
Capitolo 8: Abbandono (parte 2 di 4)
Capitolo 8: Abbandono (parte 4 di 4)
Capitolo 9: Agitato (parte 1 di 2)
Capitolo 9: Agitato (parte 2 di 2)
Capitolo 10: Notturno
Art!!! Finale alternativo del settimo capitolo
Capitolo 11: Cambiare (parte 1 di 3)
Capitolo 11: Cambiare (parte 2 di 3)
Capitolo 11: Cambiare (parte 3 di 3)
Capitolo 12: Andante (parte 1 di 4)

Capitolo 8: Abbandono (parte 3 di 4)

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By BlackRose311

(Musica d'atmosfera: Morning Passage - The Hours)

Adrien era di fronte alla porta dell'ufficio di Gabriel. Poteva sentire la pelle d'oca formarglisi sulle braccia e i capelli rizzarglisi sulla nuca. Avrebbe di gran lunga preferito saltare su quel treno a lunga tratta che Nathalie gli aveva suggerito, piuttosto che affrontare suo padre, ma sapeva che questo confronto sarebbe arrivato prima o poi.

Quindi bussò.

Non ci fu risposta. Un momento dopo aprì la porta e guardò dentro. Gabriel era alla sua scrivania, ma non aveva reagito alla sua presenza. Nooroo sedeva su una pila di libri, ma a quanto pareva, non gli era permesso parlare, come al solito. Adrien fece un passo avanti e chiuse la porta, ma ancora, Gabriel non alzò lo sguardo dai suoi fogli.

La stretta allo stomaco di Adrien accrebbe maggiormente. Non valeva neanche più la pena di essere riconosciuto? L'ammontare di frustrazione lo spronò mentre si addentrava più avanti nella stanza.

Mettendo su un falso atteggiamento fiducioso, infine parlò: "Padre... è tempo che ora parliamo sul serio."

Gabriel lo ignorò, sfogliando con noncuranza le sue scartoffie e scarabocchiando sul suo taccuino di tanto in tanto. Nooroo lo guardò stancamente, quindi si voltò di nuovo verso Adrien.

Adrien si rizzò in tutta la sua altezza, irto di rabbia. "Almeno guardami quando ti parlo!" Adrien ringhiò: " é il minimo che tu possa fare dopo tutto quello che ho fatto per te in tutti questi anni!"

Gabriel finalmente alzò il suo sguardo, un' espressione sprezzante gli si formò sul volto, come se Adrien non fosse nient'altro che una mosca fastidiosa che era entrata nella stanza.

"Cosa c'é da dire? Sono sicuro che tu possa prevedere che cosa verrà dopo" replicò Gabriel, appoggiandosi indietro alla sua sedia massiccia e tamburellando le dita. "Comunque, dato che ovviamente sembri aver avuto problemi a pensare lucidamente poco fa, ti do un indizio." Le sue sopracciglia si corrugarono dal dispiacere; la sua voce si fece più profonda. "Con effetto immediato, rinuncerai al tuo miraculous, e pertanto ti verrà proibito di lasciare definitivamente la villa."

Adrien spalancò gli occhi, non dalla sorpresa ma dallo sdegno. "No" disse semplicemente.

"Non era una richiesta." Gabriel lo osservò attentamente; sul suo viso era evidente la disapprovazione. "Sapevi cosa sarebbe successo se mi avessi disobbedito. Perché cerchi di contrastarlo?"

Adrien inspirò bruscamente e si preparò per quello che stava per dire dopo. "perché quello che stiamo facendo è sbagliato."

L'uomo più vecchio rise, con quella aria di condiscendenza sempre presente nella voce. " Da quando a te interessa cosa è giusto e cosa è sbagliato? Questo non è mai stato riguardo ad essere i tipici 'bravi ragazzi' e cambiare il mondo una buona azione alla volta. Questo era sempre stato riguardo ad acquisire potere. Potere che ci serve per una ragione perfettamente legittima. E ora, apparentemente, ti fai degli scrupoli morali, fingendo improvvisamente di preoccuparti per gli altri." Fissò Adrien con uno sguardo di ferro. "La vita non è bianca o nera, Adrien. I miei metodi potrebbero sembrare non convenzionali e, lo ammetto, anche controversi. Ma almeno non sono un ipocrita."

Adrien represse un ringhio, indietreggiando dal fastidio e dall'angoscia. Era come se un sacco di carboni ardenti gli fosse finito nello stomaco, bruciandolo con il senso di colpa che era sempre stato lì, ma che ora era cresciuto di dieci volte. Gabriel riusciva sempre, in qualche modo, a trovare come farlo sentire un orribile essere umano.

Ma...non si sbagliava. Chat Noir era colpevole proprio come Papillon nel mettere in pericolo la città, anche se le loro motivazioni erano leggermente differenti. Com'era possibile discutere con lui, quando era responsabile esattamente come lui nel mettere in pericolo degli innocenti? Suo padre poteva aver ragione? Non c'era modo di scappare dall' enorme fossa che si era scavato da solo? La gola gli si seccò, e non potè fare a meno se non crollare davanti allo sguardo critico del padre.

Fu in quel momento che la sua mente decise di riflettere sul tempo trascorso con Ladybug. Al giorno d'oggi, il pensiero di lei gli porto speranza e coraggio, per ragioni che solo recentemente aveva iniziato a capire. Lei era una luce bellissima che brillava sempre di più, man mano che la conosceva, illuminando l'oscura prigione in cui era stato intrappolato per così tanto.

Ricordava come lei si scusava per averlo messo in pericolo come Adrien. Lei era consapevole dei suoi errori, quindi si esponeva per rimediarli. E come Chat, che era stato suo nemico per anni, anche sapendo cosa lui avesse fatto, lei voleva ancora cercare di aiutarlo a liberarsi. Ladybug era l'unica persona al di fuori della sua cerchia famigliare che sapeva della sua doppia vita. Lei non sentiva che lui non valesse la redenzione, e veramente credeva in lui. In qualche modo lei lo aveva accolto come suo partner nonostante il loro passato, nonostante il suo retroscena, nonostante sapendo chi fosse suo padre, nonostante tutto.

Riconobbe che crogiolandosi nella sua stessa fossa non avrebbe ottenuto nulla. Corrugò le sopracciglia, immerso nei pensieri. Ammettiamo che sbagliare non è una debolezza. É una forza.

Adrien si raddrizzò inconsciamente, tirando fuori coraggio e determinazione dalla fede e fiducia che Ladybug aveva in lui.

"Le persone cambiano" rispose infine, facendo un passo avanti. "Possiamo entrambi cambiare. Padre, ascolta soltanto! Abbiamo terrorizzato la città, mettendo l'intera popolazione in pericolo per così tanto, e per nulla! Non possiamo continuare a farlo" affermò, quasi pregando.

"Oh, non è per nulla." Gabriel inarcò le sopracciglia, osservando attentamente Adrien. "Pensa a quanto è successo oggi. A come mi hai deluso. Noi ci saremmo riusciti se non fosse stato per la tua totale e assoluta inettitudine." continuò con sdegno e irritazione malcelati; la sua voce suonava più fredda e più severa ora che stavano parlando faccia a faccia e non tramite un comunicatore.

Adrien strinse i pugni così forte che gli si conficcarono le unghie nei palmi. Doveva convincerlo. "Ucciderai delle persone" affermò, cercando di trattenere la voce dal tremare.

Gabriel fece un verso stizzito e un gesto con la mano con fare sprezzante. "Non essere così immaturo. Sacrifici devono essere fatti; tu e io abbiamo entrambi concordato su questo tempo fa."

"Ero un bambino!" urlò Adrien, un insopportabile calore solleticarlo alla base del collo, la tensione nella stanza quasi soffocante. "Ero un bambino spaventando che aveva appena perso la madre ed ero disperato nel riportarla indietro, e tu eri mio padre! Mi sono fidato di te, ho creduto che tu sapessi cosa fare!" Abbassò la voce, cercando di calmarsi. "Tu hai deluso ME, padre. Non il contrario. E se non ti fermerai, finirai per perdere tutta la tua famiglia."

Gabriel inspirò aspramente. "Quando avrò successo e tu riavrai tua madre indietro, indegno come sei, vedrai l'errore dei tuoi modi e implorerai il mio perdono!"

"Mamma non ti perdonerà mai se scoprirà che cosa hai fatto!" Adrien lo contrastò con enfasi. "Cosa NOI abbiamo fatto! Padre, ci stiamo sbagliando. Tutti questi anni, abbiamo fatto cose imperdonabili, causando dolore a così tanta gente! Ma possiamo mettere fine a questo ora. Possiamo finire questo e insieme troveremo un altro modo per aiutare la mamma. Ladybug può aiutarci!"

"NON nominare quel insetto! Sai che è completamente fuori questione!" Ringhiò Gabriel: "Continuerò la mia missione e così farai anche tu, se sai cos' è buono per te."

"Non posso" disse Adrien, risoluto. "Non lo faro" dichiarò, più forte stavolta. "E io non lascerò che tu faccia lo stesso. Non ferirò più altre persone innocenti. Non è quello che la mamma vorrebbe, e lo sappiamo entrambi.

Gabriel rispose, infuriato: "Come fai tu a sapere cosa vorrebbe?! Io sono quello che la conosce meglio! Se devo forzarti ad aiutarmi, o riprendere il tuo potere e usarlo io stesso, in un modo o in un altro, io RIPORTERò la mia Emilie alla vita!"

Adrien sentì come se fosse fisicamente colpito. "Riportare...riportare alla vita?" Cercò gli occhi di suo padre in confusione. "Cosa intendi con 'riportare alla vita'? M-mamma non è...lei è in coma, non è... Avevi detto..."

"Tua madre è morta, Adrien" sputò Gabriel, lanciatogli un occhiata velenosa.

Adrien lo guardò a bocca aperto incredulo, lottante per mantenere la stabilità sulle gambe. Voleva chiamare suo padre bugiardo. Voleva maledirlo e urlargli a pieni polmoni che era un errore. Ma non poteva. Da qualche parte, dento di sé, sapeva che era vero.

"Tu...tu mi hai mentito?"

Gabriel ignorò la domanda. "Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno del miraculous della creazione" spiegò lui, esasperato. "Tua madre non ha bisogno di guarire. Deve rivivere." Si spostò nella sua sedia, incrociando le braccia, come l'intera conversazione era tutta troppo irritante da dover sopportare. "Capisci ora? Perché è così importante ottenere quegli orecchini?"

Adrien stava lì, incredulo, nel mezzo dello spazioso seppur opprimente soffocante stanza. Stava davvero succedendo? Questa era letteralmente il soggetto di così tanti incubi, dove poteva risvegliarli singhiozzando e iperventilando.

Dunque perché non stava piangendo? Perché non stava urlando? Si sentiva insensibile. Non riusciva a parlare. Non riusciva a respirare.

Sua madre.

La sua gentile, bellissima madre, che lo aveva amato, tenuto stretto, protetto. La sua più grande fonte di conforto da piccolo, il miglior esempio di puro, incondizionato amore. Il pensiero di lei permanentemente andata era stato così devastante e travolgente, che aveva combattuto per essere sicuro che non sarebbe mai accaduto, e aveva fieramente tento persino la più piccola speranza che suo padre gli aveva offerto.

Eppure, in realtà, la possibilità di riportarla indietro era talmente tanto più piccola di quanto avesse mai immaginato, ed era stata sempre così piccola. Tutte le sue speranze di rivederla erano basate solamente sulla traballante congettura e ambigua conoscenza di magia di Gabriel? Cos'altro suo padre gli aveva tenuto nascosto?

Riguadagno finalmente il controllo della sua voce Adrien sussurrò: "Questo significa...che è andata. é davvero andata..." Contrastò un improvviso senso di stordimento e nausea, il suo cuore batteva un ritmo violento nel suo petto.

"NO! NON lo è!!!" Ruggì Gabriel, la voce salendo gradualmente di tonalità. "Lei è facilmente raggiungibile e la salverò. Non rinuncerò mai a lei. Lei è mia moglie, la mia anima, il mio tutto! Non devi avere la capacità di iniziare persino a comprendere la profondità del mio amore per lei."

Adrien ribolliva all'insinuazione che non amasse la sua stessa madre tanto quanto Gabriel, ma decise di continuare a cercare di ragionare con lui invece di stare con le mani in mano. "Ma lei é andata, padre! Siamo solo noi due ora! Dobbiamo accettarlo. Dobbiamo convivere con il fatto che lei non tornerà indietro se noi non iniziamo a guarire! E, se rimaniamo uniti e ci aiutiamo a vicenda, allora penso...penso che potremmo anche essere di nuovo una famiglia."

Gabriel gettò la testa all'indietro e rise, un rombo sinistro e di gola che rimbombò attraverso la spaziosa stanza.

"Adrien" disse infine, guardandolo dall'alto in basso. "Onestamente non me ne frega niente di cosa pensi."

Si alzò bruscamente dalla sedia e camminò verso l'enorme ritratto di Emilie, attivando un ascensore nascosto per il suo covo, con Nooroo a seguirlo dietro.

Adrien inarcò le sopracciglia, incapace di fare alcunché se non rimanere stupefatto per alcuni secondi. Scuotendosi, si incamminò pesantemente verso il piccolo ascensore mentre Gabriele scendeva.

"Ma che diavolo?! Non mi volti le spalle! Non abbiamo finito qui!" Ma suo padre non si voltò nemmeno.

Infuriato, Adrien chiamò impazientemente l'ascensore, chiaramente non soddisfatto dell'improvvisa interruzione della discussione da parte del padre.

Una volta arrivato nella camera scusa, Adrien lo notò immediatamente; una figura, alta, sottile in piedi davanti a un immensa vetrata, stagliata verso il cielo della sera che andava scurendosi. In ogni caso, l'uomo che guardava al di là del vetro non era più Gabriel, ma Papillon.

Perché si è trasformato? Adrien corrugò la fronte dalla confusione.

Il silenzio nella stanza buia e cavernosa era assordante. Lo spazio era sempre sembrato più freddo del resto della villa, nonostante le temperature interne attentamente controllate. La figura di Papillon irradiava ostilità, e un rivolo di ghiaccio scese lentamente lungo la schiena di Adrien.

"Padre...?" Adrien lo avvicinò lentamente con il cuore che accelerava il battito, i peli ritti in un allarme improvviso, il suo istinto che gli urlava di scappare.

La testa di Papillon si voltò lentamente verso di lui, le labbra sottili rivolte in un sogghigno e diede una piccola risata. La stessa aria nella sala sembrava opprimente, quasi al punto da essere soffocante.

"Tu inutile bambino" disse Papillon con evidente disgusto. "Ti ho dato il privilegio di portare il miraculous del gatto ed è grazie a me se ce l'hai per cominciare. Avrei potuto togliertelo per sempre dopo averlo trovato tra i tuoi oggetti anni fa. Vedo ora che permetterti di tenerlo è stato un errore. Tu hai più libertà e potere di quanto meriti. Ma dimentichi che io sono colui che ha il potere di distruggere te."

Papillon si voltò, le braccia rimanenti dietro la sua schiena, aprendo quasi innaturalmente alto ed imponente. Camminò verso di lui.

"Ripeterò ciò che ho detto prima. Sei congedato dai tuoi compiti, Adrien. Consegnami l'anello, o te lo prenderò io" : lo guardò minacciosamente in cagnesco.

Adrien fece un passo indietro, pieno di paura.

Era una trappola. Papillon aveva contatto sulla sua testa calda e la sua natura impulsiva, e sapeva che lo avrebbe seguiti qui, dove scappare era più difficile.

Il panico iniziò a crescergli nel petto, ma nonostante il suo cuore palpitante, piantò i piedi e disse: "P-plagg, trasfor..."

Una momentanea oscurità e un acuto dolore lo interruppero. La sua testa annaspava e realizzò che non poteva respirare. Il suo corpo si voltava e si contorceva, cercando di scappare dalla presa intorno alla sua gola, graffiando le braccia di Papillon e annaspando per aria mentre veniva lentamente alzato dal suolo, verso l'alto lungo il muro.

Papillon lo allontanò dal muro e lo sbatté di nuovo, disorientarono ancora di più e indebolendo la sua presa.Il suo campo visivo iniziava a scurirsi. Sapeva che non sarebbe passato molto prima di svenire.

Adrien calciò selvaggiamente e graffiò le braccia di Papillon. Non poteva lasciare che accadesse. Non poteva permettere che Papillon vincesse. Non poteva. Ma come il suo corpo diventa sempre più insensibile e la sua lotta lentamente diminuiva, perdeva velocemente speranza. Lacrime indesiderate gli pizzicarono gli occhi mentre guardava in quelli dell'uomo che lo aveva cresciuto.

Suo padre.

Nonostante tutto il suo abbandono e abuso emotivo, Gabriel non aveva mai alzato un dito su di lui.

Ma, Adrien ora capì, che non era Gabriel. Non più. Rimaneva solo Papillon. Gabriel non c'era più. La sua intera famiglia gli era stata portata via nel giro di pochi minuti.

Sarebbe mancato a qualcuno se ne fosse andato anche lui?

Un' onda di emozioni gli attraversò il viso. Nathalie, Nino, Alya, Marinette. Ladybug. A lei sarebbe mancato? Avrebbe saputo cosa gli era capitato? La prossima volta che avrebbe incontrato Chat Noir sarebbe stato attraverso un portatore diverso? Il pensiero di Gabriel essere in possesso del potere della distruzione lo terrorizza va, e gli faceva temere per la vita di Ladybug. Adrien aveva giurato di proteggerla. Se suo padre avesse ottenuto il suo miraculous, lei sarebbe stata ancora più in pericolo di quanto lui avrebbe mai potuto pensare. Doveva scappare...doveva...lui...

Il velo di oscurità cresceva e Adrien smise di lottare di colpo, non rimanendogli più forze. Ma prima che i suoi occhi si ribaltassero all'indietro, un lampo però saettò direttamente verso la faccia di Gabriel, cogliendolo di sorpresa.

Adrien si raggomitolò a terra, ansimando e tossendo, mentre Plagg sfrecciava intorno a Papillon, quest'ultimo ruggendo dall'indignazione. Adrien alzò lo sguardo verso di loro, stringendosi la gola dolorante, la vista che lentamente tornava normale.

Papillon infine riuscì schiacciare via Plagg, e il suo piccolo corpo fu lanciato contro il muro opposto.

Adrien provò a chiamarlo, riuscendo solo ad emettere un verso strozzato e affannato.

Con sua sorpresa, Plagg eseguì una graziosa giravolta e ricadde a carponi. Si spinse via dal muro e gonfiò il suo piccolo petto.

"é tutto quello che si fare, tu checca??" schernì lui, accompagnandolo con un volgare gesto verso Papillon che gli suggeriva di compiere un'azione di dubbia probabilità anatomica. Quindi scattò di nuovo verso Papillon, strusciando la sua coda contro la faccia del cattivo con sonori schiaffi, sibili e ringhi come il gatto che era.

Adrien non potè fare a meno che fare un sorrisetto compiaciuto. Vedere il coraggio di Plagg gli alimentò la sua forza di volontà e, nonostante il doloroso, affaticato respiro e un gusto metallico in bocca, si alzò in piedi vacillando leggermente. SI stordì un po' per il cambio di altitudine, ma ciò nonostante, una fiera determinazione gli infiammava gli occhi.

Con rinnovato vigore, Adrien riuscì a gracchiare: "Plagg, trasformami!" Un brillante bagliore verde illuminò la stanza.

Ruggendo ferocemente, Papillon sguainò la spada e caricò verso Chat, il quale ebbe a malapena il tempo di bloccarlo con il suo bastone.

I due si scontrarono in brutale combattimento, i loro colpi veloci e senza pietà. Chat balzava intorno, schivando e parando, prendendo pieno vantaggio della sua agilità da gatto per evitare gli attacchi in arrivo. Papillon era senza scrupoli nel suo inseguimento, sempre impennandosi in avanti, mai esitante o facente un passo indietro.

La maestria dello spadaccino di Papillon era inesorabile e intensa. Erano anni che non si allenavano e duellavano insieme. La differenze tra i suoi stili di combattimento ora, comparato a com'era tempo fa, era netto. Era come se stesse combattendo una persona completamente diversa, uno concentrato solamente sull'attacco; uno che intendeva uccidere, non inabilitare.

Con un grugnito, Papillon oscillò la sua spada in un ampio taglio, e Chat non fu in grado di bloccare in l'intero colpo. Un rivolo di sangue gli scese lungo il braccio, e Chat non potè fare a meno di fissarlo.

Lo aveva ferito. Lo aveva ferito veramente. Non era uno scherzo, un tentativo di prendere l'anello. Uno stratagemma per cui si sarebbe scusato e sostenuto 'Adrien, mi hai costretto a farlo.' Suo padre stava cercando di ferirlo di proposito. La realtà che questo non fosse qualche brutto sogno gli piovve addosso, nel vero senso del termine. Alzò lo sguardo verso suo padre...o chiunque fosse a questo punto.

Chat continuò a parare gli affondi e colpi, ma occasionalmente una penetrava le sue difese. Prima che se ne rendesse conto, era ricoperto di tagli e graffi.

Ansimava pesantemente, i polmoni bruciavano, il cuore pulsava, e i muscoli dolevano. Guardò verso il suo nemico, che non stava neanche respirando a fatica; non una singola traccia di sudore gli imperlava la fronte.

Chat fece un disperato balzo verso di lui, sperando di sorprenderlo momentaneamente così da poter riprendere fiato. Ma nella sua stanchezza, era disattento, i suoi movimenti fiacchi.

Ciò che avvertì dopo fu solo dolore. Un lancinante, atroce dolore sul suo torso.

Chat fece uscire un urlo frastagliato, cadendo contro il muro e accasciandosi al suolo, stringendo la pulsante ferita al fianco. Respirare divenne insopportabile.

Eppure, sforzò sé stesso a rialzarsi. Fece un passo. E un altro. Raggiunse il suo bastone e tornò in una posizione di difesa.

Le labbra di Papillon si arricciarono all'insù, il divertimento danzava nei suoi occhi. Chat avrebbe persino potuto giurare che sembrava quasi fierezza, ma sicuramente questo era impossibile.

Chat si lanciò verso di lui a testa bassa con il suo bastone, che venne facilmente bloccato, e ripresero il loro scontro. Papillon avanzava su di lui, proseguendo il combattimento senza sforzi, eppure Chat rimaneva senza fiato ogni secondo di più. Guardò in giro, cercando in vano per qualche oggetto che poteva essere usato a suo vantaggio.

Rivoli di sudore scendevano lungo il viso e il collo, e fu in quel momento che i suoi si spalancarono in realizzazione.

Sta giocando con me. Vuole solo stancarmi.

Avvertendo la sua esitazione, Papillon squarciò Chat alla gamba con una lunga stoccata orizzontale. Chat ululò dal dolore, collassando ancora una volta sulle mattonelle dure e fredde.

Papillon lo sollevò rudemente per il suo braccio destro e lo strattonò verso il piccolo tavolo al centro della stanza. Lo gettò a terra con un sonoro thank e lo tenne giù per il polso. Chat era troppo debole per sottrarsi dalla ferrea stretta, neanche in grado di mettere su la più piccola onta di resistenza.

Papillon alzò la spada, preparandosi a lanciare un affondo. Chat alzò lo sguardo, gli occhi annebbiati e disorientati. Strizzò gli occhi, cercando di scacciare la nebbia dalla mente.

"Arrenditi, o perdi l'anello nel modo più difficile." sibilò Papillon, la sua faccia mezza nascosta nell'ombra.

Chat lo guardò confuso. Perché non poteva semplicemente sottrargli l'anello, dato che chiaramente non era più in condizione di combattere?

"Padre..."gracchiò Chat. "Perché stai facendo questo?"

L'angolo della bocca di Papillon si arricciò in un ghigno crudele. "Ti sto impartendo una lezione. Dopo tutto, i bambini disobbedienti devono essere puniti."

Gli occhi di Chat si spalancarono dal terrore. Lui lo sta per fare davvero. é...è questa la mia fine? Nella mia stessa casa, spezzato e da solo?

Sull'orlo della disperazione, una voce dolce e amorevole parlò da un angolo della sua mente:

"Non sei più solo Chat."

Le gentili parole di Ladybug lo travolsero come una fresca brezza gentile, alleviando le sue paure e riempendo il cuore di speranza. Qualsiasi cosa fosse accaduta, Papillon non avrebbe mai avuto l'anello.

Un piccolo barlume di idea gli attraversò la mente.

Chat sbuffò e osservò sarcastico: "Hai scelto uno strano momento per decidere di fare il genitore." Guardò versò di lui, alzando la mano libera. "Ma non se l'unico che alcuni assi nella manica."

Papillon si fermò, guardandolo con curiosità.

Chat gli risolve un sorrisetto finale e disse calmo: "Cataclisma."

La faccia di Papillon si contorse dalla sorpresa, e lasciò uscire un urlo infuriato mentre il palmo sinistro di Chat toccava il pavimento.

A sua insaputa, Chat aveva guadagnato l'abilità di evocare il Cataclisma attraverso entrambe le mani, e non solo quella che portava l'anello. Papillon aveva continuato a contare sul fatto che non fosse capace di usare il suo potere non senza distruggere inutilmente il tavolo dove si trovava la sua mano destra con l'anello.

Lunghe vene spigolose si diffusero per tutto il pavimento, diffondendo lentamente la loro oscurità malata e arrugginita. Perdendo l'equilibrio mentre il pavimento si sgretolava sotto di loro, Papillon lasciò andare il polso di Chat e si lanciò all'indietro, lontano dall'epicentro della distruzione.

Alcuni istanti dopo, Papillon si alzò dalle macerie, scrollandosi alcuni detriti da dosso con irritazione. La polvere era svanita in qualche modo, e la penombra del tramonto entrava attraverso la finestra che illuminava la stanza ancora una volta.

Tornando infine in sé, la testa di Papillon zigzagò a avanti e indietro, cercando attraverso il caos. Ma era troppo tardi. Chat se n'era già andato.

Consumato sia dall'incredulità che dalla rabbia, lasciò andare un forte urlo; gelido, selvaggio e inquietante.

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(CONTINUA NELLA PARTE 4)

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