Come il cielo a mezzanotte

By NyxEcate

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Leggende raccontano che gli dei, all'alba dei tempi, separarono le anime gemelle, gelosi di queste ultime. Il... More

Prologo
01. A nessuno piacciono i ratti
02. Corsi differenti
03. Pura poesia
04. Piccoli riti
05. Sempre un mistero
06. Profumo di Gardenia
07. Marshmallows
08. Paranoia silenziosa
09. Il mare senza di te
10. " Di rosso e celeste neanche il diavolo si veste "
11. " Sei meraviglioso ora, domani e per sempre "
12. Stellato
13. Insignificanti
15. Ciò che non sai di me
16. Questo
17. Una spaccatura nel vetro
18. Le emozioni non sono per bambini
19. Come scogliere d'argilla
20. Quello che i bambini non dovrebbero provare
21. Nascondere
22. Non abbandono nessuno
23. Urgano
24. Il prima è sempre doloroso
25. Non c'è due senza tre
26. Come due anime si abbracciano
27. La strada
28. Piccoli sorrisi
29. Fidanzato?
30. Non oggi
31. Sbagliato
32. Il tuo pappagallo
33. Ringraziamento
34. L'inizio
35. Quando accadrà
36. Coraggio
37. Come un sogno
38. Come il cielo a mezza notte
Epilogo

14. Sono una distesa dorata

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By NyxEcate

Inghiotto un altro boccone del mio hot dog sentendo subito le varie salse depositarsi agli angoli delle mie labbra. Mentre mi pulisco varie ciocche sfuggite da chissà quanto dalla treccia, mi finiscono sul volto.

Improvvisamente sento i jeans scoloriti attaccati alle gambe come una seconda pelle e, come prima emetto un altro sonoro sbuffo. La spallina dello zaino ricade sul braccio alzato e quando provo a riportarla al suo posto, tutto il suo contenuto si riversa rovinosamente a terra.

Fantastico, la fortuna oggi non è dalla mia parte. Mi affretto a finire l'ultimo boccone e accartoccio il fazzoletto in una mano, la busta gialla inerme a terra sembra pronta a sciogliersi sotto l'asfalto quasi rovente. La brezza di questa mattina è completamente sparita, preannunciando quello che probabile sarà il pomeriggio più caldo di settembre.

Mi abbasso sulle ginocchia e pizzico i lati della busta per poi afferrarla, e con cura riporla nello zaino. Mi accerto che questo sia chiuso prima di avviarmi verso il cestino più vicino.

Sulle mie spalle, all'interno dello zaino, la maglia di Cross sembra improvvisamente pesare più del dovuto. Un macigno che porta il nome di promessa, dovere e aspettative. Nome lungo per una semplice maglietta.

Sbuffo e contraggo la mascella alle ripetute vibrazioni che il cellulare emette contro la tasca posteriore dei miei jeans. Lo ignoro, sedendomi sulla panchina più vicina. Accanto a me una tranquilla signora sulla cinquantina sta osservando con occhi limpidi un bambino poco più avanti.

Emana quasi gentilezza, i capelli scoloriti raccolti in una semplice acconciatura sulla nuca, mentre il vestito azzurro segue morbido il suo profilo. In grembo. tiene una piccola giacca, probabilmente quella del bambino su cui sta vegliando.

Mi ero dimentica fosse questa l'ora di punta delle famose "escursioni al parco". Tutti i bambini adorano giocare nel cortile dietro casa dopo pranzo. O meglio, a San Francisco nel parco dietro casa. È l'una e mezza, il mio stomaco non brontola più dalla fame e le foto sviluppate riposano tranquille nella busta gialla che il dipendente mi ha consegnato, non ho nessuna scusa per tardare ancora il mio rientro alla partita.

Comincia alle tre, sicuramente ora stanno tutti rientrando dal solito locale, il Moon's. Originariamente nato come locale notturno, una specie di discoteca retrò. È finito per esser frequentato solo da studenti affamati. Grazie alla sua strategica posizione, non troppo lontano dall'Istituto, non troppo isolato. Perfetta per un branco di scimmie.

È l'unico locale del paese tanto frequentato, immagino ormai i proprietari abbiano rinunciato al loro piccolo sogno, dubito che quelle quattro mura ritorneranno mai alle loro vecchie origini.

Sospiro distogliendo lo sguardo dal cielo terso, il canto degli uccellini e la momentanea quiete che mi aveva avvolta come una calda coperta si spezza del tutto, la coperta mi soffoca e la nausea ritorna quando la suoneria del mio cellulare squilla. Le dieci mezzaluna sulle mie braccia scoperte, per un attimo sembrano bruciare, come a promemoria della mia rabbia, come un allarme per il mio controllo.

Ispiro consapevole del fatto che fosse solo una sensazione, stringo i bordi della panchina cercando di fermare l'irresistibile impulso di conficcare per la seconda volta oggi, le unghie nel braccio. Non dovrebbero cercarmi così tanto, voglio solo stare un po' da sola.

Lo sguardo accigliato della signora al mio fianco brucia sul mio profilo, la osservo con la coda dell'occhio, nonostante il mio respiro affannoso non sembra spaventata, solo... sorpresa. «Signorina penso debba rispondere al suo cellulare, sono cinque minuti ormai che squilla incessantemente»

La sua voce calda arriva come un pugno contro il mio già precario autocontrollo, il leggero tono da rimprovero, le piccole labbra screpolate subito richiuse in una linea diritta probabilmente sorpresa lei stessa dal proprio improvviso interessamento, per una ragazza strana ed esuberante dai capelli rosa seduta al suo fianco... o semplicemente stanca di sentir squillare il mio cellulare.

Punto i miei occhi nocciola nei suoi incontrando un enorme distesa di grano, sembrano dorati. Li stringe di poco quando mi sorride incoraggiante rivelando piccole rughe agli angoli degli occhi. Ha il suo stesso sguardo, quello della nonna. Comprensivo e materno, persino con gli sconosciuti.

«Chiunque sia può aspettare ancora» ribatto chiudendo gli occhi rivolti al sole, non posso reggere il contatto con quella distesa dorata. Mai visto un nocciola così chiaro.

«Deve volerti parlarle urgentemente se richiama tanto insistentemente» commenta delicata evitando accuratamente di chiedermi il motivo di tanto astio. Dev'essere una donna incredibilmente comprensiva, ha capito il problema al primo colpo.

Un piccolo sorriso nasce sulle mie labbra, stringo le spalle e mi faccio piccola sotto il suo sguardo di fuoco. «Non penso, non mi sono comportata proprio benissimo ultimamente» Mi lascio scappare stranamente, non me ne pento.

«Ragazza! Non sarà di certo il comportamento tuo di oggi o ieri ad influire permanente sui sentimenti dei tuoi cari» con enfasi afferra una mia mano racchiudendola nella sua rugosa. Il suo strano modo di parlare mi lascia scappare un sorriso.

Scuoto la testa e apro bocca per contraddirla ma mi batte sul tempo. «Sei ancora giovane per capirlo ma nessun sentimento, nessuna incomprensione è più forte dell'amore, dell'amore per gli amici per i genitori, per il ragazzo. Tristezza, rabbia e ogni problema che in questo momento ti affligge non vale la pena per abbandonare attimi preziosi in compagnia dei cari» rimango imbambolata a fissarla per alcuni secondi. Chi è in realtà questa donna?

Qualcosa sembra smuoversi dentro di me quando il bambino di prima le corre incontro e le salta in grembo abbracciandola. Le loro risate risuonano come lontane, attutite dal traffico rumoroso e dai miei pensieri troppo turbolenti.

Cammino svelta lasciandomi alle spalle il quadretto felice, per un momento mi è sembrato di riavere accanto mia nonna, ha le stesse parole che mi avrebbe rivolto lei in questa situazione. Mi avrebbe anche sorriso e rimproverato dolcemente.

Sorrido sentendo un rivolo d'acqua baciarmi le guance, immagino rifletta la luce del sole creando un meraviglioso piccolo arcobaleno al suo interno. Ogni lacrima dovrebbe esser così: bellissima, unica, rara e preziosa agli occhi degli altri. Un emozione materializzata.

Sorrido, ogni tanto faccio pensieri molto poetici. Mi do della stupida quando senza osservare il mittente rispondo alla chiamata.

La voce sorpresa di mio padre tentenna salutandomi, rispondo schiva. «Kath dove sei?» chiede, ha il respiro affannato, sembra abbia appena finito di correre.

«A farmi gli affari miei» brusca attraverso a grandi falcate la strada attenta all'orario.

«Va bene, va bene... io e tua madre non ci saremo a casa stasera. Restiamo a casa di alcuni amici» Sembra assorto nei suoi pensieri, la voce flebile. Non ha ascoltato una parola di ciò che ho detto.

Dev'essere stanco dal lavoro, assorto dai suoi pensieri o nel bel mezzo di una tragedia. Scuoto la testa sconsolata, tenetevi i vostri segreti babbani.

Non sentendo alcuna risposta si affretta a continuare il discorso parlando rapido, come agitato, in guardia per qualcosa. «So che oggi c'è la partita, puoi invitare qualcuno a casa, non lo so fate le solite cose da adolescenti..» mi blocco nel bel mezzo della strada, sotto alla fermata dell'autobus.

Il fiato corto per la corsa sembra risvegliare l'uomo all'altro capo del telefono. Inizia a pormi domande di ogni genere ma taglio corto interrompendo la chiamata.

Il sudicio autobus si sta avvicinando, alla sua guida la stessa donna di ieri. Se non c'è traffico dovrei metterci solo un quarto d'ora per arrivare a scuola. Per le due e venti avrò rispettato la mia promessa.

Un senso di appagamento mi si diffonde nelle viscere appena mi siedo su uno dei pochi posti liberi, ho spento il cervello ed ho agito d'istinto. Che siano i sensi di colpa a spingermi o le parole di quella donna non importa, non lo so e forse non voglio scoprirlo.

Il caldo qua dentro è ancora più insopportabile, mischiato al puzzo di sudato rende l'aria quasi insopportabile. Mi spiaccico completamente sulla sporca vetrata cercando un po' di conforto dagli spifferi d'aria.

Abbasso lo sguardo sul telefono ancora acceso fra le mie mani; ben dieci chiamate perse da Naomi, una da mio zio e trenta messaggi dalla ragazza. Scrollo lo sguardo fra questi ultimi e le numerose minacce che contengono.

È un escalation di insulti, il primo risale a qualche minuto dopo la mia uscita di scena: mi augura solo di schiarirmi le idee. Il secondo ben mezz'oretta dopo mi ricorda della partita. Da quel singolo messaggio sono partite minacce, a quanto pare la mia presenza è molto richiesta.

Un numero non registrato in rubrica mi ha scritto poco fa, dice d'essere Eavy e in poche semplici parole mi ricatta sottilmente rammentandomi il mio compito provvisorio da fotografa della partita.

Perché sono tutti così assillanti, opprimono le mie ali, la mia voglia di libertà. Emetto un sospiro teatrale e alzando le sopracciglia in un arco quasi perfetto mi affretto a comunicarle la mia attuale posizione. Non sia mai che quella decida di non farmi più i compiti.

Mi rilasso appena sul sedile massaggiando con le dita gli occhi stanchi. Tutto questo mi sta consumando: i miei genitori, l'adozione di Tommy, i segreti che la mia famiglia sembra caparbiamente voler custodire. Le crisi stanno aumentando di frequenza, come un disperato avvertimento di ciò che potrebbe succedere se mi lasciassi andare alla rabbia. Un piccolo assaggio.

Una condanna a cui apparentemente dovrò convivere per sempre. Oggi mi sono esposta troppo, non ragiono lucidamente in quei momenti. Naomi lo sa, ha provato a fermarmi e gliene sono grata. Probabilmente sarei persa senza di lei.

Nello stesso instante in cui l'autobus s'immette nella statale che conduce fuori dalla periferia il cellulare vibra leggermente fra le mie mani. Quasi timido.

Cross il salvatore, 14:13
Hai una promessa da rispettare tornado rosa. Voglia te e la mia maglia qua davanti a me.

Quell'idiota ha salvato il suo numero nella mia rubrica, dovevo saperlo che lasciarli il mio telefono quella sera sarebbe stata una pessima scelta. Sono su questo sudicio pullman nonostante la mia sfuriata per un motivo, mantengo sempre le mie promesse Cross. Il tono però con cui immagino la sua voce pronunciare il testo del messaggio mi infastidisce. Non sono una bugiarda, so mantenere la parola data, anche se in questo caso sottratta per ricatto.

Cross il salvatore, 14:16
Ah e dimenticavo, scatena la tua rabbia contro gli avversari, quando farai il tifo per me alla partita. Per sta sera dovrai avere le pile completamente scariche ;)

Sorrido appena noto la faccina che si è premurato di aggiungere a fine messaggio. Mi aggrappo alla barra di fianco alle porte dell'autobus e, scendo ghignando non appena noto una testa mora china sul telefono davanti all'ingresso della scuola.

Alle sue spalle numerose persone si aggirano nel cortile frontale dell'istituto, probabilmente tifosi degli avversari. I nostri sostenitori anche in una partita amichevole non si smentiscono mai. Nessuno di loro si è premurato d'avvisare i poveri della nuova entrata per il campo.

Hanno spostato l'ingresso impedendo l'accesso alla scuola e creando uno direttamente per il campo. L'hanno chiamata questione di comodità, io la chiamo perdita di tempo.

Svelta mi avvicino a Cross tirandogli una spallata amichevole. «A chi stai scrivendo capitano?» ammicco indicando lo schermo del cellulare nero ancora illuminato.

«Ad una buffa ritardataria che ha decisamente bisogno di una camomilla» sembra passata un eternità dall'ultima volta che abbiamo parlato, la seria in cui gli sono praticamente addormentata addosso.

All'istante le mie guance si colorano leggermente di rosse, sento gli zigomi bruciare così mi affretto a superarlo con grosse falcate, la sua risata mi colpisce in pieno scatenando anche da parte mia un po' di ilarità.

«Immagino che questa ragazza sia molto dispiaciuta per il ritardo e la fine dell'incontro precedente» affermo dandogli ancora le spalle.

«Immagino proprio di sì, per il suo bene soprattutto» lo sento più vicino a me e d'istinto mi giro verso di lui rendendomi conto dell'improvvisa vicinanza.

Da qui i suoi occhi blu sembrano veri scariche elettriche, fulmini ad esser precisi. Uno di questo sembra trasportare un po' di rimprovero. Abbasso lo sguardo e solo in quel momento mi accorgo del suo abbigliamento. Gli scarponcini e i pantaloni, è pronto per la partita, manca solo la maglia.

Tolgo dolcemente lo zaino dalla mia spalla e lo apro estraendo la maglia colorata, pulita e stirata. Gliela mostro e lui si apre all'istante in un sorriso. «Mi dispiace per l'altra volta, e per oggi..»

«Non importa, probabilmente avevi i tuoi motivi e io non voglio farti il terzo grado» alzo di scatto lo sguardo da terra incatenandolo al suo, sorpresa. Una sguardo comprensivo mi accoglie, mi riscalda. Non me lo aspettava, pensavo si sarebbe messo come gli altri a giudicarmi, a scovare in me motivi di pazzia, solo per vantarsi d'aver " cambiato, aggiustato " la pazza.

Sorrido debolmente lasciandogli fra le mani la maglietta. «Buona fortuna Cross» gli auguro lentamente, terra contro cielo, tempesta contro mare.

«Con te a fare il tifo vinceremo di sicuro» ha il tempo di farmi un piccolo occhiolino prima di lanciarsi verso gli spogliatoi della scuola.

Afferro la mia fotocamera e richiudo lo zaino, faccio segno agli sconosciuti di seguirmi e li conduco al campo, entrando a mia volta. Mi avvicino al coach e insieme a lui resto seduta sulla panchina in prima fila, fino all'arrivo delle due squadre.

Forse ho fatto bene a venire.











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