My dream come true

By Captainwithoutasoul

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Le uniche cose che mandano avanti Sarah con i cavalli, dopo dieci anni, sono la grinta e la voglia di non arr... More

Premessa
Personaggi & Trailer
Il maneggio di Michele
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
È la fine?
Missing Moment - Il compleanno di Sarah

Capitolo 16

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By Captainwithoutasoul

«Prova a farlo galoppare un po'» mi suggerì Michele dalla staccionata, gli occhi fissi su Killer, che trottava rapido lungo il perimetro del tondino.

Annuii e mi avvicinai ai posteriori del baio, cercando di mantenermi alla sua andatura. Non era facile, dato che un suo tempo di trotto equivaleva più o meno a tre miei passi spediti. Killer non mi perdeva di vista mentre, completamente libero, trottava obbedientemente lungo il tondino.

«Guarda come sta impegnando i posteriori» mi fece notare l'istruttore. 

Era vero: stava allungando gli arti al punto che gli zoccoli dietro quasi sfioravano quelli davanti. Il suo era davvero un trotto magnifico.

Killer procedeva a testa bassa, allungando la schiena, con aria tranquilla. Quando mi avvicinai decisa verso i suoi posteriori e sollevai appena le mani per enfatizzare il gesto, lui si riscosse e alzò di scatto la testa, rompendo al piccolo galoppo.

«Bravo!» esclamai di getto, notando che non aveva neanche accennato una sgroppata nella mia direzione, ma anzi galoppava piano lungo la circonferenza del tondino, con movimenti lenti e perfettamente controllati.

Mi voltai verso Michele, gli occhi che mi brillavano.

«Hai visto?»

«Non distrarti» mi rimbeccò lui, senza riuscire a trattenere un sorriso.

Feci fare a Killer un altro paio di giri e poi lo guidai perché cambiasse mano, per poi farlo ripartire al galoppo. Era ancora un po' confuso dal cambio di giro, come se non sapesse ancora bene come reagire di fronte ai miei movimenti, ma era solo questione di tempo prima che imparasse, ne ero sicura. Dopotutto la gestualità ed i movimenti erano sempre gli stessi, proprio per creare un senso di continuità e infondere sicurezza agli animali, che sapevano già cosa aspettarsi e non si mettevano sulla difensiva.

Dopo averlo fatto rallentare al trotto e poi al passo, mi inginocchiai sulla sabbia, dandogli le spalle. Rimasi a fissare un punto oltre la staccionata, immobile, finché non sentii il fiato caldo di Killer solleticarmi il collo.

A quel punto mi alzai lentamente in piedi, attenta a non fare movimenti bruschi, e gli diedi una pacca sul collo.

«Bravissimo» bisbigliai, accarezzandolo piano, dal collo fino alle estremità delle orecchie. 

Il mio tocco non lo disturbava più come prima, anzi, lo vidi socchiudere placidamente gli occhi alle mie carezze e mi sentii al settimo cielo.

Michele nel frattempo aveva scavalcato la staccionata e ci si era fatto vicino. Mi sporsi per afferrare la capezza e la lunghina che mi stava porgendo e mi accinsi a metterli a Killer, senza mai smettere di accarezzarlo.

«Sarah» mormorò ad un tratto Michele e mi bloccai dall'agganciare il moschettone.

«Sì?»

L'istruttore ammiccò verso Killer e sorrise.

«Ti va se domani proviamo a girarlo con la sella?»


Di fronte a quella notizia, poco ci era mancato perché mi mettessi a saltare dalla gioia. Mi ero trattenuta solo perché avrei mandato a monte giorni e giorni di lavoro con Killer.

Da quando era al maneggio, il baio era in continuo miglioramento, ma i veri risultati erano cominciati ad arrivare da quando, la settimana prima, avevo iniziato a lavorare con lui in libertà nel tondino. Non l'avevo mai visto così a suo agio e la cosa mi faceva sognare ad occhi aperti, tant'è che spesso mi trovavo ad accarezzargli la linea del garrese, fantasticando sul momento in cui avrei potuto sellarlo. Non riuscivo a credere che quel momento fosse finalmente arrivato!

Domani, Sarah, domani, mi redarguii quando, completamente persa nei miei pensieri, mi resi conto che, sella sottobraccio, mi stavo dirigendo verso il box di Killer anziché verso le poste. Scuotendo la testa, tornai sui miei passi e posai la sella ai piedi di Tramontana, che la fissò con quello che sembrava autentico orrore.

Di fronte alla sua espressione spaventata, scoppiai a ridere fragorosamente.

Anche con Tramontana avrei dovuto lavorare con la sella, ma in modo completamente diverso. Quando Michele mi aveva spiegato cos'avrei dovuto fare con lei, avevo a stento mascherato il mio scetticismo. Ma d'altronde mi fidavo del mio istruttore, che sembrava in grado di prevedere con assoluta sicurezza quale fosse l'approccio migliore per ognuno dei suoi cavalli. Non avevo idea di come ci riuscisse.

Così mi attenni a quello che mi era stato detto. Dopo aver spazzolato a fondo la cavallina, le posai sulla groppa un sottosella e poi la sella, spostandomi appena in tempo per evitare un morso quando iniziai a stringere il sottopancia. Poi le misi l'imboccatura e allacciai capezzina e sottogola, evitando per un soffio un altro morso. Michele mi aveva detto di lasciarle la capezza sotto e così feci.

Quando ebbi finito con quelli che per Tramontana erano strumenti di tortura, la cavallina tornò tranquilla come al solito. La accarezzai con affetto sul muso, facendole un grattino in corrispondenza della stella bianca che aveva sulla fronte. Lei sbuffò di piacere.

«Sei pronta?» esclamò di colpo una voce alle mie spalle.

Mi voltai verso Monica, che proveniva dal vialetto, e annuii.

«C'è Deborah che sta lavorando con Wind nel campo grande» mi informò. «È fantastica! Ammetto che non sapevo chi venire a vedere» disse in tono bonario.

«Sul serio?» 

Pensai a quanto mi sarebbe piaciuto vederli a mia volta. A pranzo, la ragazza ci aveva annunciato che quel pomeriggio avrebbero fatto una lezione da terra. Anche lei non riusciva a contenere l'eccitazione al pensiero che in un paio di giorni sarebbe finalmente salita in groppa al grigio. 

«Comunque non dovrei metterci molto, con Tramontana. Dopo possiamo andare a vederli.»

Mentre slegavo la cavallina, mi sporsi in direzione del campo grande, ma non riuscii a vedere nulla, anche perché la mia visuale era ostacolata da un capannello di ragazze riunite attorno alla staccionata.

«Hai visto che pubblico?» commentò Monica, seguendo il mio sguardo.

«Vuol dire che noi staremo più larghe» ribattei, distogliendo lo sguardo dal campo, facendola scoppiare a ridere.

Conducemmo Tramontana lungo il sentiero, la quale continuava a rosicchiare il filetto e a ondeggiare sulle zampe, voltandosi ogni due minuti verso la sella e cercando di mordere gli staffili.

La strattonai perché mollasse la presa, sospirando. In quei giorni, dopo aver scoperto che Tramontana praticamente non era domata, Michele mi aveva fatto ripartire dalle basi con lei. Così l'avevo girata, sia in libertà che alla longia, ed era stata davvero impeccabile, ma il vero problema rimaneva quello della sella. Il giorno prima le avevo lasciato "esplorare" i finimenti –Michele aveva detto proprio così – lasciando che li annusasse e persino che li mordesse. Quel giorno, oltre alle istruzioni che mi aveva dato, Michele non mi aveva detto altro. Sperai che, di qualsiasi cosa si trattasse, il suo piano andasse a buon fine.

Il nostro istruttore ci attendeva all'ingresso del tondino, in compagnia di Sofia. Stupita di trovarla lì, le rivolsi un timido cenno di saluto.

Michele mi disse di passargli la lunghina di Tramontana e, dopo avergliela consegnata, mi appoggiai allo steccato, presto imitata da Monica e Sofia. Ero troppo infervorata per poter anche solo pensare di stare seduta sulla panchina.

Michele fece entrare Tramontana nel tondino e, dopo essersi chiuso il recinto alle spalle, si avvicinò alla cavallina, che continuava a camminare nervosamente su e giù, occhieggiando i finimenti.

«La sella è stretta bene?» chiese lui, controllando il sottopancia e voltandosi verso di me.

Annuii, senza capire il perché di quella domanda, e lo osservai accarezzare Tramontana sul collo e poi procedere a sfilarle le redini dagli anelli del filetto. Per ultima, sganciò la lunghina dall'occhiello della capezza e si ritrasse con uno scatto, facendo appena in tempo a scavalcare la staccionata.

Fu come se avesse premuto un interruttore. Di colpo libera, ma ancora soverchiata dai finimenti, Tramontana diede in escandescenza. Saltò in aria con tutte e quattro le zampe, scalciando e sollevando una nuvola di polvere dietro di sé.

Monica, Sofia ed io assistemmo a bocca aperta mentre la cavalla continuava a sollevarsi e scalciare l'aria, in preda a spasmi selvaggi, come se qualcuno le stesse dando la scossa. I quartieri della sella si sollevavano e abbassavano al ritmo dei suoi salti come ali.

«Ed è solo l'inizio...» mormorò Michele ridacchiando, notando le nostre espressioni scioccate.

Tramontana aprì la bocca come se volesse sbadigliare e poi la richiuse di scatto, agitò il muso avanti e indietro e spalancò di nuovo le mascelle. Dopo un attimo capii che stava cercando di liberarsi dell'imboccatura ma, nonostante tutti i suoi sforzi, quella rimase salda dov'era. Come se si fosse arresa all'evidenza, la cavalla smise di scuotere furiosamente la testa e si bloccò, voltando il muso verso la sella e annusando i quartieri, le froge esageratamente allargate.

«Toglietevi di lì.» La voce di Michele era perentoria.

Ci affrettammo ad allontanarci dalla staccionata, ma non ci fu il tempo di chiedergli alcuna spiegazione. L'attimo dopo Tramontana si lanciò di schianto contro lo steccato.

Trasalimmo all'unisono, vedendo il corpo della cavalla abbattersi esattamente nel punto in cui avevamo poggiate le dita fino ad un momento prima.

«Sta cercando di togliersi la sella...» pigolò Sofia, incapace di staccarle gli occhi di dosso.

Dopo essersi buttata contro il recinto un altro paio di volte, Tramontana si gettò a terra, rotolandosi in tutte le direzioni e schizzando sabbia ovunque.

Mi voltai verso Michele, che sedeva tranquillo sulla panchina, le braccia incrociate dietro la testa.

«Ora capisco perché mi hai detto di usare quella vecchia sella» borbottai, facendolo scoppiare a ridere.

Tramontana nel frattempo si era alzata in piedi, scuotendosi la sabbia di dosso, nella speranza che anche la sella facesse lo stesso. Niente da fare: la cavalla voltò il muso di lato e constatò che la sella era sempre al suo posto.

Notai che adesso aveva il fiatone e che chiazze di schiuma e sudore cominciavano a delinearsi sul suo collo e sulle natiche. Nonostante ciò, la cavalla riprese a sgroppare in aria, per poi lanciarsi di nuovo contro lo steccato, stavolta dall'altro lato.

Non seppi dire con esattezza quanto durò quel rodeo. Continuammo ad osservare Tramontana rotolarsi, scuotersi e saltare e ancora sgroppare, scalciare e mordersi. Man mano che il tempo passava però, la cavallina agiva sempre con meno convinzione, come se la fiamma che l'aveva animata fino a quel momento si stesse spegnendo.

Michele, che doveva averlo previsto fin dal principio, si era fatto più vicino. Dopo un altro paio di tentativi vani, la cavallina si fermò al centro del tondino, madida di sudore.

A quel punto il nostro istruttore scavalcò la staccionata e si avvicinò piano a Tramontana. Quando vide che la cavallina non reagiva, le agganciò la lunghina e prese ad accarezzarla energicamente su tutto il corpo.

«Brava, bravissima...» ripeteva a voce bassa, mentre la cavallina si abbandonava a lui con uno sbuffo. 

Dopo un momento l'istruttore parve ricordarsi di noi, le cui espressioni dovevano rasentare ancora lo shock, e si voltò nella nostra direzione. 

«Avete visto? In questo modo, Tramontana ha capito che i finimenti non rappresentano alcun male.» Sogghignando, aggiunse: «O meglio, che da sola non se ne può liberare.»


«Devo ancora riprendermi» borbottò Sofia, mentre mettevo Tramontana in box.

«Anche io» mormorai di rimando, mentre chiudevo la porta. «Credo che non mi abbia detto niente di proposito, perché probabilmente, se avessi saputo di cosa si trattava, mi sarei opposta. È che mi è parsa una cosa molto... barbara

«Sì, ma penso che sia servito molto a Tramontana» intervenne Monica, pensierosa. «È ancora giovane, no? Aveva bisogno di testare i suoi limiti, di capire fin dove poteva spingersi. È come se avesse imparato una lezione, oggi.»

«Probabilmente hai ragione» ammisi, scrollando le spalle. «Ehi, ma io devo ancora vedere Deborah e Wind!» esclamai poi, in un lampo.

Mi precipitai lungo il vialetto, seguita da Sofia e Monica, le cui risate mi accompagnarono fino al campo grande. Ad attendermi, lì, uno spettacolo che mi mozzò il fiato.

Il capannello di ragazze si era disgregato e ne era rimasta solo qualcuna, seduta insieme ad Azzurra sulle panchine. Mi avvicinai lentamente allo steccato, quasi in punta di piedi, per non disturbare quello che stava succedendo.

Oltre la recinzione, Deborah si era appena seduta a gambe incrociate sulla sabbia. Con sé non aveva né una corda né una frusta. Poco lontano da lei, c'era Wind, completamente libero. Il cavallo si muoveva, abbassando la testa e annusando il terreno, ma vidi che non si allontanava mai troppo dalla ragazza. Mi accorsi che Deborah aveva allungato le gambe e stava battendo una mano sulla sabbia, come se stesse rivolgendo a Wind un invito. Un invito che il cavallo, sotto i miei occhi strabuzzati, accettò: si inginocchiò sulla sabbia e, con un colpo di reni, si lasciò cadere a terra, accanto a Deborah. A quel punto la ragazza gli diede un'affettuosa pacca sul collo. Stava sorridendo e, quando nel voltarsi incrociò il mio sguardo, sorrise ancora di più.

Le mie labbra si incurvarono a loro volta all'insù, mentre riflettevo tra me me. La scena di quel pomeriggio, con Tramontana che cercava disperatamente di togliersi di dosso i finimenti, mi aveva colpito nel profondo. Monica aveva indubbiamente ragione: la mia cavalla quel giorno aveva imparato una lezione, cioè che sarebbe stata sottomessa all'uomo e che ribellarsi non aveva senso. Era sempre stato così nell'equitazione e lo sapevo bene anch'io, perché d'altronde spesso facevo lo stesso, ma vedere dal vivo quanto fosse vano un tentativo di ribellione, nonostante tutti gli sforzi impiegati, aveva tutto un altro effetto. Era stato come un pugno nello stomaco.

Ma nel vedere Deborah e Wind rotolarsi insieme nella sabbia, con la risata cristallina di lei nelle orecchie, mi resi conto che il nostro rapporto con i cavalli poteva essere molto più di una dominazione. Un rapporto in cui l'animale poteva stare con  noi perché lo voleva e non perché era costretto. Una scelta e non un obbligo. Vedendo Michele, Sofia e Monica venire nella mia direzione, di colpo capii quanto fossimo fortunate a frequentare un posto che ci permettesse di farlo.


IN FOTO: Deborah e Wind.

Ehilà! Approfitto di questo momento di pausa da tutto e tutti per scrivere un po'. So che la mia lentezza è davvero estenuante, ma non mi sono scordata della storia. Spero non ve ne siate scordati anche voi! <3 (ma se l'avete fatto, ahimè, posso capirlo).

Due cose su questo capitolo, scritto di getto. Sarah e Deborah sono ad un passo dal realizzare i loro sogni, cioè montare i loro cavalli, ma le sorprese non sono finite :) Tramontana viene lasciata libera di sfogarsi per un po' e la violenza con cui cerca di liberarsi dei finimenti colpisce Sarah... e le fa fare una riflessione random senza la quale altrimenti non avrei saputo come finire il capitolo. Grazie Sarah per il volo pindarico.

Consiglio vivamente di canticchiare "Get Off My Back" (la MERAVIGLIOSA colonna sonora di Spirit!) dentro di voi mentre leggete la scena di Tramontana nel tondino, più o meno è così che me la sono immaginata XD

Un bacio e a presto, spero.

Captainwithoutasoul.

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