Solo tu lo sai [Capoplaza]

By CheSbattiOh

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DAL CAPITOLO 30 ~ "Vostri? Perchè, secondo te, esiste un noi? Cioè esiste un me e Leila?" Quasi le scoppio a... More

1. LO DEVO DIMENTICARE
2. SOLO COLPA MIA
3. GLI STESSI OCCHI
4. TUTTO SI ANNULLA
5. VALLO A CAPIRE
6. ALLONTANATI
7. POTERE
8. PROMESSE
9. NIENTE DI PIÙ
10. ESTRANEO
11. MILANO
12. TRA LE MIE BRACCIA
13. GIUDICARMI
14. UNICA SOLUZIONE
15. OCCHIONI
16. RITORNARE
17. PERCHÈ NON RISPONDI?
18. ANCORA UN PO'
19. FINGERE
20. SUL PUNTO DI CADERE
21. DEBOLE
22. STAI TRANQUILLO
23. PARLAMI
24. NON POSSO
25. LO AMI ANCORA
26. ASSENTE
27. LA MIA ROVINA
29. MI APPARTIENE
30. HAI VINTO
31. POSA LE ARMI
32. CAT WOMAN
33. NON TU
34. LEI È LA MIA FAMIGLIA
35. INTERROGAZIONE
36. QUALCOSA
37a. DIVIDERCI
37b. TUTTO A PUTTANE
38. SORRISO
39. MI FIDO
40. NON ME NE VADO
41. PERCHÈ MI AMI
42. SCONOSCIUTI
43. SEMPRE LO STESSO
44. URLA
45. VALE LA PENA?
46. TRA ME E TE
47. DISTANTE
48. PENSACI UN ATTIMO
49. ALLEATA
50. SAI CHE SIGNIFICA?
51. PAURA
52. L'HO SCOPERTO
53. PER UNA DONNA
54. HAPPY BIRTHDAY
55. COMANDO IO
56. VULNERABILE
57. SENZA DI VOI
58a. CLUB DEGLI ALCOLISTI ANONIMI
58b. UNA SOLA PERSONA
59. SEI DIFFICILE
60. RIFUGIO
61. CON OCCHI DIVERSI
62. CHI SALVERÀ LEI?
63. COS'HAI?
64. INDIETRO
65. RAMANZINA
66. CI MANCAVA SOLO LUI
67. GETTARE SANGUE
68. PERDONO
69. STRANGOLARMI
70. VOGLIO CHE ME LO DICA LEI

28. INCATENATO

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By CheSbattiOh

Luca's pov

"Zio Lù."
"Zio Lù."
"Zio Lù."

Porca troia

Mi giro verso destra, con ancora gli occhi chiusi, e sento improvvisamente il vuoto sotto al mio corpo. Un tonfo pesantissimo. La testa rimbalza. Sono sdraiato sul pavimento. 

Affamoc...

Apro gli occhi lentamente e non posso fare a meno di sentire la testa pulsare e purtroppo so che non è dovuto soltanto dalla botta. Pian piano sorgo davanti a me una figura minuta, prima in modo appannato e poi più chiaramente. Sbatto le ciglia ripetutamente e provo ad alzare almeno il busto. 

Con una mano poggiata sul punto della testa in cui ho sbattuto, capisco che per me non c'è speranza e allora mi risdraio per terra. Risparmio forze.

"Zio Lù." Solo ora riconosco la figura: Vanessa. Oggettivamente solo lei poteva essere così piccolina, solo il fatto che io non ci abbia pensato prima mi preoccupa sinceramente. Ma che ci fa Vane a casa mia? Mi massaggio il punto dolorante, mentre lei mi domanda: "Che ci fai qua?" Aggrotto le sopracciglia, vorrei risponderle: 'ci vivo peste, tu piuttosto?' , ma il fastidioso ronzio che ho in testa me lo impedisce.

La guardo confuso, ancora non rispondo. Non ci riesco ancora a formulare una frase di senso compiuto, secondo me.  Sospiro e, dopo un bel po' che io rimango in silenzio e lei elenca i motivo per cui sono strano, le domando: "Dove sono?" Inizialmente ero convinto di essere a casa, ma ora non sono convinto più di nulla. 

Sono talmente fuso che l'unica cosa che ricordo sono io trasportato, in un locale, come un sacco di patate da Enzo.

Entusiasmante!

Poi vuoto. Vuoto totale. Buio.

"A casa nostra. Cioè di Alessandra. La tua ragazza, cioè non più, immagino per poco, ma per ora non più. Mia cugina." Mi parla come se fossi interdetto, rincoglionito e riconosco che non ha tutti i torti. Le mie condizioni di certo non stanno gridando 'Hey, sono una persona normale, sana mentalmente e tranquilla. Sto a terra con una mano sulla testa per optional.' Annuisco e provo a rialzarmi. Questa volta, fortunatamente, ci riesco e mi siedo sul divano. 

La parte peggiore è passata, sono ancora vivo. 

Poi noto una pillola e dell'acqua sul tavolino di fronte a me e, senza esitazione, la ingurgito, ringraziando ogni Dio esistente. Ancora non capisco una cosa: ma io perché cazzo sono qui? Mi volto verso Vane, che continua a studiarmi attentamente con i suoi occhi neri profondi, sicuramente pensa io sia pazzo. Le chiedo abbastanza preoccupato: "Che ci faccio qui?" Ride.

Ride?

Questa bimba è l'esatta copia della cugina: ride nei momenti in cui c'è da piangere, non ride quando c'è da ridere. Riporta lo sguardo su di me, con gli occhi velati ancora dalle lacrime di divertimento che le ho procurato: "Ma se te l'ho chiesto prima io. Ma che hai combinato?" Questa è una bella domanda.

Peccato che la risposta non la conosca affatto e forse, a giudicare dal mio mal di testa, è meglio così. "Oh, nulla di che." Fingo pacatezza, anche se sono agitato: chissà che ho detto o fatto con Alessandra, come ci sono arrivato a casa sua, se abbiano litigato o fatto pace...

Ridacchia, sicuramente capendo che sto raccontando balle, dato è una sveglia, molto intelligente per i ragazzini della sua età: "Va bene, ora che Ale è arrivata, io vado su a prepararmi." Mi giro di scatto verso la figura che Vanessa indica con il capo.

Nella mia mente riecheggiano solo alcool e domande, molti dubbi nascono in me, ma poi capisco immediatamente chi è la persona che può darmi tutte le risposte di cui ho bisogno.

Quando la vedo scendere dalle scale, mi si blocca il respiro per diversi motivi, ma soprattutto perchè sembra quasi... calma.

Ho battuto veramente forte.

Mi saluta: "Buongiorno." Rimango impalato, immobile a fissarla esterrefatto. Ho sentito bene?Continuo, con labbra e occhi spalancati, a guardarla scendere e dirigersi verso il bancone della cucina.

Istintivamente, mi lascio un po' andare pensando a tutte le volte che l'abbiamo fatto lì sopra. Quel bancone è il posto dove ho vissuto le miglioro esperienze sessuali della mia vita. Ha fatto la storia.

I miei pensieri "poco casti" vengono frantumati dal suo tono scherzoso: "Sicuro che è passata la sbronza? Stai fissando il bancone da un po'?" 'Oh no, stavo solo ricordando tutte le volte che ti ho sbattuta là sopra. Tranquilla, tutto normale.' Mi trattengo dal rispondere così o dal piangere al ricordo della mia vita sessuale di due mesi fa, completamente diversa da quella attuale, ed accenno un sorrisino.

Cambio discorso: "Che è successo ieri?" Intanto che mi alzo e mi vado a sistemare sullo sgabello. Mentre lo faccio, noto il colore della maglia che indosso: verde-acqua. Verde-acqua a casa mia significa solo una cosa: Alex.

Sollevo lo sguardo verso di lei, che mi porge un caffè con gentilezza, poi sintetizza brevemente: "Ti sei ubriacato. Enzo è diventato Ezio. Poi hai costretto i ragazzi a portarti qui. Non mi hai manco riconosciuta. Hai vomitato. Ti sei addormentato." La scruto attentamente. È fottutamente tenera quando tenta di non incontrare il mio sguardo. Ma quando lo fa è perchè mi sta nascondendo qualcosa.

Troppo improbabile che io non abbia neanche tentato di tirare fuori argomenti imbarazzanti, da ubriaco, con lei oltretutto. Il me completamente bevuto non avrebbe mai rinunciato alla possibilità di sputtanarmi come solo lui so fare.

Comunque non chiedo nulla, non voglio certo tirare fuori argomenti di questo tipo. Continuo a seguirla con lo sguardo, mentre cerca la sua marmellata preferita nello scaffale, probabilmente finita da Vane. Ha un' aria serena, non sembra infastidita, quindi ipotizzo non aver sparato chissà quante cazzate. Anzi pare il contrario dal sorrisino che aleggia sul suo volto pulito, mentre afferra la marmellata di lamponi, invece che quella alle fragoline di bosco.

Ma una domanda non riesco a trattenerla, intanto che la osservo lasciare la marmellata e bersi un sorso di caffè: "Abbiamo fatto sesso?" Le va di traverso ed inizia a ridere come Vane poco fa.

Ma perché diavolo ride quando non deve?

La mia domanda è comprensibile: "Guarda che te lo chiesto solo perché ho addosso la maglia di Alex. Sicuramente avrai approfittato della mia incolumità. Conoscendoti mi avrai strappato la maglia di dosso a morsi." Ovviamente sto scherzando e la cosa, a differenza di quello che sarebbe accaduto qualche giorno fa, non so perchè, le fa addirittura spuntare un sorrisino beffardo, quasi provocatorio.

Sembra voglia dirmi: "Ti piacerebbe..." E non ha affatto torno. Solo non capisco perchè non mi ha ancora preso a calci in culo.

"No, non abbiamo fatto sesso." La guardo scettico. So che non è successo nulla, ma ho voglio di provocarla, visto che non sembra "nauseata" da me, come al solito: "Dammi delle motivazioni valide per crederti."

Finisce il suo caffè, sorridendo e fa con le mani il segno del due: "Non mi piaci quando puzzi di alcool." Dice toccandosi l'indice alzato e poi prosegue sfiorando la punta del medio, anche esso alzato: "E non saresti stato in grado di centrare il buco."

Mi sbeffeggia con un sorrisino da stronza, mentre il mio sorriso scompare. La sua sicurezza e la sua sincerità mi hanno sempre messo in difficoltà. Io che, in difficoltà, per una ragazza non ci ero mai andato prima di lei.

"Nessuno dei tre buchi? Ero così messo male?" La sua faccia dice tutto, sta per sputarmi il caffè in faccia. Scoppio a ridere di cuore, gettando la testa all'indietro. Quando riaddrizzo la testa, vedo che pure lei sta sorridendo leggermente, mentre sussurra: "Coglione." E prende il pane, per tagliarsi una fetta.

Entrambi smettiamo veramente di sbeffeggiarci solo quando una voce divertita chiede: "Ma di che buchi parlate?" Vanessa e la sua innocenza ci fanno ammutolire. Alessandra mi fulmina con lo sguardo e non posso fare a meno che ridere di gusto nuovamente. Non ho neanche più mal di testa.

È come se qualsiasi cosa esistente nella mia vita, fosse in grado di essere distrutta da lei e poi riaggiustata solo da lei. Mette tutto in subbuglio quando è presente, quando sorride o anche solo quando si incazza. Ma poi è la soluzione a tutto.

"Luca ha bucato la maglia di Alex." Fa veramente ridere quando mente, proprio non lo sa fare. Infatti Vanessa, testarda e curiosa come lei, insiste: "E perché ha la maglia di Alex?" Io sono decisamente migliore in queste cose, quindi intervengo: "Mi sono sentito male e ho vomitato ieri, così ho preso quella di Alex. Volevi mi mettessi una tua, peste?" Non è del tutto una bugia e poi l'ho fatta anche sorridere, quindi punto mio. 

Alessandra inizia a mangiare in silenzio, mentre io e Vane battibecchiamo scherzosamente sul suo gusto discutibile in fattore di moda. Non capisce a volte che è una bambina, che ha il diritto di vestirsi male e si impunta, quando glielo fai notare.

"Dai, andiamo." Cambia discorso la mia ex, ormai finito la colazione, già in piedi, pronta ad uscire. La osservo infilarsi il giubbotto. È come se ogni suo movimento mi incantasse. I miei occhi sono costantemente incatenati a lei.

Io sono incatenato a lei.

Poi mi riprendo dallo stato di trance e domando: "Dove?" Si girano entrambe verso di me e Vane mi guarda come se fossi scemo. Prima rincoglionito, ora scemo: facciamo progressi. La bimba, con lo zaino in spalla, mi informa: "Io a scuola, tu a prendere i tuoi genitori." Oddio. I miei. È vero che oggi dovevano arrivare... Mi sale il panico improvvisamente.

Getto uno sguardo preoccupato verso Ale, che capisce subito il motivo della mia agitazione ed afferma sicura: "Ti porto io." Questo, tradotto nella lingua comune di noi mortali, significa: "Non ti preoccupare, starò accanto a te, pure quando tuo padre proverà a sminuirti." So che intende questo anche se non lo ha detto. Non lo direbbe mai, è estremamente orgogliosa, ma lo farà, mi starà accanto.

Annuisco ed esco. Portafoglio e chiavi non ce li ho, probabilmente Ava me li ha sequestrati: lo fa sempre quando mi ubriaco di brutto. Il telefono invece è nella tasca dei jeans. Sospiro, pronto ad andare in guerra.

Passo tutto il tempo in macchina a parlare con Vanesse dei suoi gusti circa il cibo, anch'essi discutibili: è normale a 8 anni mangiare le alici marinate? È magra come uno stuzzicadenti, ma mangia senza ritegno, credo sia dovuto al fatto che non si ferma un secondo, è sempre impegnata a correre da una parte o dall'altra. È una mini Alessandra, praticamente.

Ale, invece, è silenziosa e abbastanza pensierosa durante il tragitto, sorride soltanto quando Vane mi chiede convinta: "Perchè patatine e Nutella a te non piacciono insieme? Strano sei." 

Poi la peste ci stampa due baci a testa e corre verso i suoi compagni tutta raggiante, mentre sua cugina maggiore mi informa: "Anche a me da piccola piacevano le alici." Lo sapevo. Rido, scimmiottando la sua frase e intanto lei parte, facendomi una linguaccia per poi tornare a guardare la strada.

La osservo inevitabilmente: quando è concentrata, soprattutto alla guida, è di una bellezza disarmante.

"Potresti dire a Alex che sono con te? Deve andare in ospedale da solo oggi." Accontento la sua richiesta. Poi noto che mi ha chiamato parecchie volte tra ieri ed oggi. 

Alex (cognato)

Bro, perdonami se ti rispondo solo ora, ma ho acceso solo adesso il cellulare.
Parliamo di tutto in ospedale, devi andarci da solo però (comandi della tua sorellina)❤

Vedo, successivamente, anche un messaggio di Andre e rispondo subito. Da quando mi sono aperto con lui è come se avessi confermato il nostro legame.

Gli voglio bene, davvero.

Andre❤💙
Doma a 00.00 faccio uscire il nostro pezzo, con tutto l'EP💙
So di tua sorella, quindi festeggeremo più in là. Quando riesco, passo in ospedale. Per qualsiasi cosa, chiama!

Grazie di tutto fra, spaccherai con queste tracce. Te lo meriti

SPACCHEREMO ENTRAMBI

zero dubbi al riguardo

"Siamo arrivati." Mi guarda, con ancora le mani sul volante ed aggiunge: "I tuoi saranno qui a minuti, da quello che so." Sospiro e riposiziono il cellulare nella tasca, per poi passarmi una mano sulla fronte. Non ho la minima idea di come reagirò nel vedere mamma e papà dopo tutto questo tempo, non so neanche se riuscirò a gestirli.

Sento i suoi occhi su di me, ma fingo il contrario, poichè non voglio trasmetterle la mia preoccupazione ancora una volta. Mi avverte: "Non ti dirò che andrà tutto bene." Lo immaginavo. Odia questa frase e nemmeno a me piace molto sinceramente. Sembra gridare che sta andando tutto a puttane, sembra un modo per aggrapparsi ad una speranza, un'illusione.

Non ho bisogno di sentirmi raccontare stronzate per stare meglio.

Infatti lei continua: "Detesto questa frase. Quando uno dice che andrà tutto bene è solo perchè sta andando tutto male. Non ti posso promettere un lieto fine e uno svolgimento tranquillo." Apparentemente può sembrare che mi stia buttando giù, in realtà sta dimostrando che lei non ha intenzioni di illudermi, farmi promesse vane. Mi volto verso di lei, che non mi guarda più e sta osservando fuori dal finestrino, con la tempia appoggiata lievemente al vetro, per controllare l'arrivo dei miei genitori.

Ma quanto è bella? Anche mentre finge tranquillità e menefreghismo.

"Allora promettimi che, anche se la fine sarà una merda e lo svolgimento un disastro, tu ci sarai." Ho bisogno di saperlo, ho bisogno che lei me lo assicuri. Voglio lo ammetta, perchè dentro di me, so che nei fatti, nel concreto farà così. on riesco a capacitarmi che, in momenti come questi, lei si ostini a fingere e io mi ostini a credere che per noi sia arrivato il momento di dirci "addio".

Tra tutte le parole di questo fottuto mondo, la nostra non può essere "addio". Non deve esserlo.

"Ci sarò, promesso."

Fuochi d'artificio. Coriandoli. Suore che cantano l'alleluia. Angeli caduti dal cielo. Miracolo.

Non ci credo.

Sbatto le palpebre e noto i suoi occhi incrociati con i miei. È tutto vero. Senza esitazione e con tono deciso mi ha promesso tutto questo, che può sembrare nulla o banale, ma in realtà per me è tutto. Sorrido come un coglione e la fisso per stampare questo momento nella mia testa nella maniera più nitida possibile.

Improvvisamente interrompe il contatto visivo e si slaccia la cintura. Senza lasciarmi neanche un ultimo sguardo, pronuncia, mentre scende dall'auto: "Sono arrivati." Mi giro in quella direzione e vedo mia madre che sorpassa papà con passo svelto, per raggiungerci prima. Scendo anch'io, intanto che il mio cuore batte all'impazzata.

Mamma corre ad abbracciare Ale, visto che lei è scesa prima, mentre io mi dirigo verso papà per aiutarlo a prendere le valige.

Sembra debbano trasferirsi qui a vita da quanti bagagli si sono portati.

Mentre prendo due delle tre valige, lancio un'occhiata a papà, sperando capisca sia il momento giusto per un abbraccio. Ma niente. Solo un cenno di capo e un: "Ci portate subito da tua sorella, vero?" Tento di nascondere il dispiacere e la delusione: "Certo."

Annuisce per poi dirmi, come a volermi sfottere, con sorrisino bastardo: "Ti trovo bene." Non capisco se stia giocando o se la sua sia un'insinuazione, una critica. Fatto sta che il suo tono mi dà parecchio fastidio, nonostante questo, riesco a mantenere il sangue freddo, quando pronuncio: "E invece sto male, papà. Grazie per avermelo chiesto comunque."

Lascio le valige nel bagagliaio e mi dirigo verso mamma. Lei ha tutt'altra reazione: "Amore mio, quanto mi sei mancato..." Ripete un paio di volte, durante il nostro lungo abbraccio. La stringo e il cuore mi si spezza, quando sento che trattiene dei singhiozzi.

"Tranquilla mamma, ora ci penso io a te." Vorrei dire, ma sto zitto. Non credo di essere in grado di pensare a qualcuno, se non riesco nemmeno a occuparmi di me stesso in questo momento.

Non le faccio una promessa che non saprò mantenere. Mi stacco a malincuore e noto papà che sorride verso Alessandra e le dice qualcosa che sinceramente non ascolto, poichè la rabbia si impossessa di me.

Stronzo. A me sfotti ed a lei sorridi. 

A volte mi chiedo se ricorda che sono suo figlio.

Mamma vede dove è puntato il mio sguardo e, appoggiandomi una mano sulla spalla, mi ricorda: "È fatto così." Non è una giustificazione, è da paraculi questa frase. Ma so che mamma non ne è responsabile, è lui che ripete quest'espressione, come se fosse il suo scudo personale. Scuoto la testa: "Allora è fatto male."

Decidiamo di salire in macchina e io mi siedo davanti, dove ero prima. Intanto che Alessandra spiega bene ai miei la situazione di Erika, papà le domanda, di punto in bianco: "Perchè guidi tu?"Lei rimane interdetta, probabilmente non comprende quest'interesse improvviso e insolito, neanche mamma ha colto il punto, dato che lo osserva confusa.

Io invece l'ho capito. Eccome.

"Se guido io, ti lamenti." Lo liquido io, abbassando il finestrino ed accendendomi una sigaretta. Guardo dallo specchietto per vedere la sua reazione: mi incenerisce con lo sguardo, ma non dice nulla, finchè lo incito: "Dai papà, dillo. So che muori dalla voglia di farlo." Sorrido amaramente.

Noto che Ale si agita, sa cosa sta per succedere, infatti mi lancia uno sguardo del tipo "Ma che cazzo fai?" Non so se sia per il mio essere provocatorio o per la sigaretta in macchina. In ogni caso prima o poi papà l'avrebbe fatto notare e io avrei avuto bisogno di fumare.

"Come ti è venuto in mente di ubriacarti, mentre tua sorella è in coma poi?" Eccola qui, la frase che aspetto dal preciso istante in cui l'ho visto. Ispiro nicotina e sto per rispondere, quando Ale mi precede: "Che dici, Gio?" Stranamente, non sembra stia fingendo. 

Non capisco perché stia cercando di...proteggermi.

"Puzza di alcool come non mai. Non provare a coprirlo." Afferma mio padre in modo autoritario e vorrei urlargli di non usare quel tono con lei, ma lei scoppia a ridere.

Ride? E adesso perchè diamine sta ridendo?

"Gio, è sicuramente per la maglia di Alex. Lù, ieri si è sentito male e gli ho detto di cambiarsi, molto probabilmente ha scelto quella non lavata, che Alex avrà usato per fare serata. Non se ne sarà neanche reso conto, sai com'è sbadato tuo figlio..." Per la prima volta una sua bugia regge ed anche il suo tono sembra convincente.

Sorrido orgoglioso di lei e, quando incontro il suo sguardo complice, capisco che questa se l'era preparata. Sapeva che papà avrebbe fatto questo tipo di commento, ecco perchè non si nota che stia mentendo.

Era pronta. Pronta a difendermi.

Mamma rincarra la dose, appoggiando la menzogna, anche se probabilmente non ci crede molto: "In effetti tuo figlio con una maglia verde-acqua non l'ho mai visto." Vorrei dire 'ma che ne sa lui, è già tanto se ricorda il mio compleanno', ma mi trattengo.

Papà incassa il colpo ed abbassa lo sguardo: "Oh..." È la prima volta che qualcuno zittisce mio padre e lo fa sentire in torto, almeno in mia presenza. E non mi stupisco sia stata proprio la donna che più amo la prima.

Alessandra è sempre la mia salvezza, è sempre dalla mia parte, anche quando non me ne rendo conto.

Arriviamo in ospedale dopo non molto e scendiamo tutti e quattro. Papà stranamente mi affianca e poggia una mano sulla mia spalla: "Scusa." Il mondo si ferma per un attimo. E' dannatamente sincero, sorrido lievemente.

Sospiro. E lo perdono, lo perdono per tutto, lo perdono perchè so che si sta scusando anche per altro.

Ti perdono papà, spero un giorno tu possa perdonare me.

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