Come la pece

By lettrice_incognita

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Teen drama. "Trovai il coraggio di alzare gli occhi nei suoi. Erano neri come la pece e profondi come un pozz... More

1. La ragazza della porta accanto
2. Quando le tende sono inutili
3. Salvami
4. Dov'è andato?
5. Insonnia
6. Nessuno da cercare
7. Dubbi
8. Rosso Malpelo
9. False accuse
10. Il primo indizio
11. 72h in un solo giorno
12. Cosa mi succede?
13. Sepolte nella cenere
14. E... se fosse lui?
15. Algebra e pancake
16. Illegale
17. Cedimenti
18. Grigliate e salotti
19. Rotture
20. Vecchio giocattolo
21. Notti tormentate
22. Pozzanghere
23. Amleto
24. Chicago
25. Mc
26. Romeo e Giulietta pt.1
26. Romeo e Giulietta pt.2
27. Pool party
28. Così per sempre
29. Litigi e notti stellate
30. Ti prego, Wendy
31. Verità a galla
32. Boschi e grigliate
33. Alzarsi e sorridere
34. Hale
35. Rabbia, autocommiserazione, rabbia, isolamento
36. Riappacificamenti
37. La partita
38. Adrenaline in my veins
39. Toga e tocco blu
40. Prom
42. The end

41. This girl is on fire

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By lettrice_incognita

ATENZIONE!
Questo NON è l'ultimo capitolo. Il finale è più lungo del previsto, per questo l'ho dovuto dividere in due capitoli diversi. Di conseguenza, il capitolo che leggerete è il penultimo.

Detto ciò, vi auguro una buona lettura❤️



La consapevolezza che Aiden non fosse lì con noi mi intrappolò in una bolla d'aria. Mi sentivo così sola in mezzo tutta quella gente, mentre non riuscivo più a pensare in maniera lucida. Non vedevo Aiden da nessuna parte.

C'erano urla ovunque, persone a terra con i volti neri, altre ferite. L'odore acre del fumo era così invadente da averti fatto dimenticare in pochi istanti che sapore avesse l'aria.

Mi girai su me stessa, guardando in ogni direzione e in ogni angolo. Come erano entrate tutte quelle persone lì dentro?

Qualcuno aveva già chiamato i soccorsi perché in lontananza si sentiva il suono acuto e intermittente delle sirene. Un ragazzo accanto a me urlò di dolore. Era stato un grido straziante, uno di quelli che ti fanno venire la pelle d'oca e ti mettono lo stomaco sottosopra. Aveva la coscia tumefatta, con il muscolo ustionato ben in vista. Con lui c'erano una ragazza che gli accarezzava la fronte in lacrime e un paio di ragazzi che parlavano fra di loro in preda al delirio. Le fiamme guizzavano dalle finestre e da ogni apertura dell'edificio e ormai dentro non poteva più esserci nessuno, nessun vivo almeno.

Iniziai a camminare, cercando quella chioma rossa in ogni angolo di terreno. C'era una marea di ragazzi, ma non lo vedevo da nessuna parte.

- Vieni qui, Wendy - mi chiamò Dylan, venendo dietro di me.

Feci finta di non averlo sentito e continuai a muovermi frenetica fra la folla. Avevo già incontrato quattro ragazzi con delle ustioni. Avrebbe potuto averle anche lui.

Aiden. Il mio Aiden.

Mi portai le mani fra i capelli, sentendo le lacrime scendere. Non riuscivo a trovarlo, non era lì, e nella mia testa tutto ciò stava a significare soltanto una cosa.

Mi stavo spingendo sempre più in là, lontana dall'edificio in fiamme, ma lui non c'era ancora. - Aiden! - urlai. Feci un giro su me stessa per guardare in ogni direzione ma fu solo un vano tentativo di trovarlo.

- Wendy, sarà qui da qualche parte - mi rassicurò Dylan, posandomi la mano sulla spalla.

Mi abbandonai ad un pianto silenzioso, che mi annebbiò la vista e la mente. Riuscivo solo a pensare a come potesse essere stato travolto dalle fiamme.

Le sirene dei soccorsi si fecero forti e chiare e un attimo dopo arrivarono sgommando vigili del fuoco e paramedici.

Sembrava tutto così confuso mentre cercavano di spegnere il fuoco, mentre trasportavano i ragazzi con le barelle. Nel giro di pochi minuti passò davanti ai miei occhi una lunga serie di ferite e di ustioni, di visi anneriti e stravolti dal dolore.

Le ambulanze partivano e arrivavano di continuo, sostituendosi e prestando soccorso. Stavano distribuendo delle coperte argentante a chi ne aveva più bisogno.

Gruppo di ragazzi seguivano i soccorsi con le loro auto verso l'ospedale, altri preferivano tornare a casa, ma quell'enorme spazio continuava ad essere gremito di gente.

Lisa e gli altri tre ragazzi si avvicinarono a noi, riuscendo finalmente ad individuarci senza tutta quella baraonda. Doveva essere passata almeno mezz'ora e Aiden non si era ancora visto. Le fiamme erano ancora alte e i tentativi di spegnerle ancora vani.

- Vorrei tanto sapere com'è scoppiato - sospirò Lisa, per poi poggiarmi una mano sulla spalla. Sollevai il capo, staccandomi dal petto di Dylan quando sentì un rumore di passi vicino.

- Ragazzi, state tutti bene? - ci chiese una donna, con la croce rossa sulla divisa ben in vista.

- Avete portato via un ragazzo alto, con i capelli rossi... - stavo per terminare la mia domanda, ma la donna mi interruppe.

- Tesoro, mi dispiace, ma non ne ho la minima idea. È probabile -.

Annuii e in ricambio ricevetti una carezza, per poi vedere la donna allontanarsi verso altra gente. - Sta' tranquilla, sono sicura che sta bene - disse Lisa, facendosi più vicina e passandomi una mano fra i capelli.

- Abbiamo... abbiamo litigato prima di entrare. - singhiozzai - E gli ho detto che doveva lasciarmi in pace. Devo cercarlo, Lisa -.

- Senti, che ne dici di andare in ospedale e vedere se è lì? - continuò la bionda.

Non ebbi nemmeno il tempo di risponderle perché un urlo straziante mi fece accapponare la pelle. La barella ci sfrecciò accanto in un millesimo di secondo. Su di essa, una ragazza si stava contorcendo dal dolore e non la smetteva di urlare. Una morsa mi si strinse attorno allo stomaco quando uno dei paramedici mi lasciò libera la visuale sul suo viso. La sorpresa non fu quella di scoprire la sua identità -il che era praticamente impossibile- ma vedere le gravi ustioni che aveva in viso.

Mi sentii pervadere da un conato di vomito, ma ebbi la decenza di trattenermi. - Dov'è Aiden? - gemetti. Le lacrime continuavano a scorrere ininterrottamente sul mio viso, consapevole che quel dubbio fosse più lacerante della più macabra verità.

Mi portai una mano sulla fronte, pensando di stare per svenire. L'avevo trattato malissimo, l'avevo allontanato da me, l'avevo rifiutato e avevo perso la fiducia in lui. Ma se c'era una cosa che non era andata via, era ciò che provavo. Non avevo nemmeno avuto il tempo di dimostrarglielo.

- Ehi, Wendy, respira - disse Bryan, tenendomi per un braccio.

- È lì, Aiden è lì! - urlò Dylan, guardando oltre le mie spalle. Mi girai di scatto, per vedere Aiden chiudere in fretta la portiera della sua lucida auto nera e cercarci con lo sguardo. Non aspettai che mi vedesse per corrergli incontro e raggiungerlo a metà strada.

Gli gettai le braccia al collo, piangendo per la gioia mentre mi stringeva contro il suo petto.

- Stai bene? - mi chiese allarmato.

Aiden era lì. Stava bene.

Sorrisi, prendendogli il viso fra le mani. - Stai bene? - ripetè.

Sorrisi davanti quel volto angelico, annuendo con convinzione. - Dov'eri? Stai bene? -.

- Sì, sto bene -. Quelle parole mi riempierono l'anima e affondai il viso nell'incavo del suo collo, inalando l'odore della sua pelle mischiato a quello di fumo. Casa. Sapeva di casa, di un luogo sicuro. Ad un tratto erano sparite tutte le incertezze, tutti i litigi, tutto ciò che non andava.

- Pensavo che... -.

- Non ti avrei mai lasciato così - mi interruppe, dandomi un bacio fra i capelli. Non mi ero mai sentita così felice in tutta la mia vita.

Il rumore di un'auto appena arrivata alle sue spalle lo fece voltare. Mi sarei aspettata chiunque, tutti tranne che loro.

Aiden sciolse il nostro abbraccio per correre da Dylan. Dall'altro lato i genitori di Aiden stavano scendendo di corsa dall'auto, diretti al veicolo della polizia, accanto a cui l'ispettore Kent e altri due poliziotti stavano compilando un verbale. Mi erano passati affianco senza degnarci di uno sguardo, come se non fossi stata lì. Ma quella vicinanza mi aveva permesso di vedere sul fianco di entrambi una pistola.

Guardai Aiden, che non sembrava per nulla stupito, ma si limitava a seguire con lo sguardo i suoi genitori, che stavano parlando con i poliziotti. Non capivo.

Mi avvicinai ai due ragazzi per cercare di ottenere una spiegazione, ma finii per non capire assolutamente nulla.

- E dove sono andati? - gli stava chiedendo Dylan.

- Sono nel bosco, ci sono tre droni che li stanno seguendo -.

Seguendo chi?

- Ha funzionato, allora -.

- Ma stavamo per rimetterci tutti la pelle - sospirò Aiden, stringendogli una spalla in maniera fraterna.

- Che sta succedendo? -.

I due ragazzi si voltarono a guardarmi, ma non appena Aiden schiuse la bocca per spiegarmi, ma non fu battuto nel tempo dall'auto della polizia che uscì sgommando dal parcheggio con un frastuono incredibile. I signori Evans li seguirono a ruota, scomparendo dalla nostra visuale in meno di mezzo minuto.

- Andiamo a casa mia - disse Aiden.

Mi sentivo così confusa. I suoi genitori avevano dei rapporti con la polizia? E cos'è che aveva funzionato? E che c'entrava Dylan in tutto quel trambusto?

- Ci vediamo lì - disse Dylan prima di salutare gli altri e dileguarsi verso il parcheggio.

Finalmente potevo avere Aiden solo per me per qualche minuto. - Andiamo, ti accompagno a casa -.

- Cosa? No. Che sta succedendo, Aiden? - protestai.

Spostò lo sguardo dietro di me per non guardarmi negli occhi. Avevo un peso sul petto, che mi faceva credere di stare per cedere. Con lui era diventata tutta una menzogna.

- Andiamo, ti spiego per strada. C'è troppa gente qui -.

Salutammo in fretta i quattro a pochi passi da noi, che stavano per andare a casa, e salimmo sulla sua auto.

Aiden mise in moto, imboccandosi verso l'autostrada che portava a West Chester, a pochi chilometri da lì.

Schiacciò l'acceleratore, ingranando le marce.

- L'incendio non è scoppiato per caso - cominciò. Sgranai gli occhi.

- Come fai a saperlo? -.

- Sei sicura di voler sapere tutto? -. Si voltò a scrutare la mia espressione, per essere totalmente certo che stessi dicendo la verità.

- Se ti riguarda in qualche modo, sì. Davvero, non ce la faccio più a non sapere cosa c'è attorno a me -.

Annuì, guardando la strada davanti a noi.

- I miei genitori sono due agenti dell'FBI - iniziò a spiegarmi.

Corrugai la fronte. FBI?

- C'è un giro di droga in tutta la Pennsylvania che parte da qui. Droga e non solo. Armi, donne e... le corse di auto -. Si voltò a guardarmi, come se volesse accertarsi che stessi reggendo tutto quel carico.

Ed era solo l'inizio.

- Stephen era uno dei migliori nelle gare, ma ha commesso un errore, ovvero quello di mettersi contro chi comanda. Avrebbe dovuto perdere per far incassare agli organizzatori tutti i soldi delle scommesse, ma è arrivato primo. Li ha sfidati e ci ha rimesso la pelle -.

Mi portai una mano alla bocca, spostando lo sguardo davanti a me, nel vuoto. Una lama mi affondò nel petto.

- Come fai a saperlo? - chiesi, la voce che mi tremava.

- Dylan l'ha scoperto -.

- Cosa c'entra Dylan con i tuoi genitori? Con l'FBI? -.

- Quando ho scoperto che Dylan partecipava alle corse, l'ho detto ai miei. Il giorno dopo l'FBI ha chiesto a Dylan di collaborare con loro -.

Sembrava tutto così surreale. Ad ogni parole che Aiden aggiungeva al suo discorso, mi sentivo sempre più stupida per non essermi accorta di tutto quello che stava accadendo a pochi centimetri da me. Il mio ragazzo, i miei vicini, il mio migliore amico...

- Così è iniziata la caccia all'organizzatore di tutto, che ha quanto pare nessuno ha mai visto, tranne i suoi collaboratori più stretti -.

Ero così concentrata nell'ascoltare le sue parole da non essermi accorta del nostro arrivo fin quando non spense il quadro, estraendo la chiave. La macchina di Dylan non era ancora lì. Aiden prese il suo telefono, che rifletté la luce bluastra sul suo volto.

- Dylan mi ha detto che sta arrivando -.

Spense il display per poi guardarmi. Ero rimasta in silenzio, a rimuginare sulle sue parole. Era incredibile che due agenti dell'FBI e loro figlio fossero diventati ad un tratto i miei vicini di casa, che Dylan collaborasse con loro e che proprio a West Chester si trovava un criminale del genere. I cittadini erano consapevoli che il loro piccolo paesino era l'epicentro di una rete di criminali?

E mentre pensavo a tutto quello, i suoi occhi erano rimasti puntati su di me.

- Wendy... - sussurrò, ma lo bloccai prima che potesse aggiungere qualsiasi altra cosa.

- Quindi tu sai chi ha ucciso Stephen già da un po' -.

- No! Mi hanno tenuto fuori da tutto, fino a questa settimana, quando hanno avuto le prove per incolparli. Non me l'hanno detto neanche i miei, è stato Dylan a raccontarmelo. Nessuno pensava che l'omicidio di Stephen c'entrasse con loro, altrimenti non avrei nemmeno intralciato il lavoro dei miei con le nostre indagini - prese le difese.

Sospirai, chiudendo gli occhi. Almeno in quello era stato sincero con me. Stava davvero cercando l'assassino di Steph al mio fianco.

In quel momento Dylan arrivò con la sua auto dalla parte opposta alla nostra, parcheggiandosi proprio davanti a noi.

Scendemmo tutti e tre per entrare in casa e, quando Aiden era già sotto il portico per aprire la porta, Dylan mi si avvicinò.

- Tutto bene? -.

Annuii, nonostante non ne fossi sicura neanch'io.

- Entriamo -.

Ci mettemmo comodi sui divani, Aiden stappò tre bottiglie di birra e lasciò che Dylan continuasse a raccontare al posto suo, dopo avergli detto che ero a conoscenza di molte cose.

- Oh, la parte più bella - esclamò ironico, per poi portarsi il collo della bottiglia alla bocca. A differenza sua, non ne avevo ancora bevuto un sorso. Ero rimasta con le dita strette attorno al vetro freddo, poggiato sul bracciolo del divano dal tessuto chiaro.

- Quando siamo stati certi che Stephen fosse stato ucciso da loro, ho minacciato Bolton di dire tutto alla polizia - annunciò.

Restai a guardarlo immobilizzata.

- Questo non gliel'avevo detto - commentò Aiden.

- Bolton? Il padre di Josh? - domandai. Da una parte ero disgustata all'idea che quell'uomo avesse potuto uccidere Stephen, dall'altra ero sconvolta dal fatto che a me ed Aiden mancavano solo le prove materiali per incolparlo.

- È lui il braccio destro del Capo. - mi spiegò il moro per poi riprendere - La festa di stasera è stata organizzata da loro per farsi altro denaro, in realtà. Si sono nascosti dietro alcuni ragazzi, come sempre. Sapevano che sarei stato presente anch'io e quindi ho fatto da esca -.

Ero rimasta senza parole. Niente di tutto quello che avevo sentito mi sembrava reale. Non ero certa di essere sveglia e dentro di me era nato il dubbio di star vivendo un sogno, un brutto incubo.

Ero sconcertata. Mi avevano mentito per settimane e, quella sera, avevano messo in pericolo la mia vita, quella dei nostri amici e di centinaia di ragazzi che volevano solo divertirsi. Ero consapevole del fatto che dipendesse tutto dall'FBI e non da loro, ma mi aspettavo che Dylan ed Aiden ci avrebbero protetti in qualche modo.

- Non potevate attirarli in un posto più sicuro, con meno gente? Non sappiamo nemmeno se ci sono vittime - alzai la voce, guardando Dylan negli occhi.

- Non è stata una mia decisione, Wendy. Pensavamo tutti che avrebbero cercato di uccidermi nel bosco, con una coltellata, una pallottola. Non pensavamo che avrebbero coinvolto tutte quelle persone - si giustificò.

Fu a quel punto che guardai Aiden, con le braccia abbandonate ai fianchi del mio corpo per lo sconforto e con in mano la bottiglia di birra ancora piena. Tutto ora aveva un senso. Tutte le domande su ciò che lo riguardava avevano finalmente avuto delle risposte. Era arrivato il momento delle spiegazioni, che purtroppo mi avevano fatta sentire la mia fiducia più tradita che mai.

I suoi occhi -quei bellissimi e dannatissimi occhi neri- si spostarono, guardando la parete alla sua destra. Quel piccolo movimento era stata l'ennesima pugnalata al cuore.

***

Quando aprii gli occhi quella mattina, niente era più come prima. Tutto ciò a cui avevo creduto fino a ventiquattr'ore prima era stata una grande messinscena. E, stando così, ferma nel letto a guardare il soffitto, pensavo a quanto dovesse essere diverso il mio risveglio da quello degli altri.

La scuola era finita, ci eravamo diplomati e la prossima volta che avremmo riaperto un libro sarebbe stato per un esame del college. Dovevo essere al settimo cielo per aver finalmente superato quel traguardo, ma avevo solo una gran voglia di piangere.

Mia madre aprì la porta, facendomi sussultare. - Ah, sei già sveglia. - esclamò - Sto preparando i pancake -.

Mi sforzai di sorridere. - Scendo tra dieci minuti -.

Quando uscì dalla mia stanza, mi misi a sedere sul letto. Dalla finestra entravano i raggi del sole, che era ormai alto nel cielo. L'albero fuori dalla mia camera splendeva di un verde acceso e riuscivo ad intravedere la finestra della camera di Aiden spalancata. Mi passai una mano sui capelli, legati in una crocchia sfatta, e presi il cellulare per vedere l'ora. Era quasi l'una del pomeriggio, anche se mi aspettavo di peggio.

Mi ero addormentata alle sette del mattino, dopo che i genitori di Aiden erano rientrati per darsi una rinfrescata veloce e andare alla centrale di polizia, dove era stato portato Bolton con due scagnozzi. Avrebbero dato inizio all'interrogatorio immediatamente. Così Dylan era andato in centrale e io ero rimasta sola con Aiden. Mi aveva detto che Dylan non sarebbe finito in carcere proprio perché aveva collaborato e che dovevo stare tranquilla per lui.

Poi avevo deciso di andare via, perché ero sveglia da ventiquattr'ore e, anche volendo, non avevo le forze per intraprendere un'altra conversazione su quello che era successo.

Feci scivolare le gambe nude da sotto le lenzuola e mi misi in piedi, dirigendomi alla finestra per aprirla. Aiden era nella sua stanza e mi stava dando le spalle. Non aveva la maglietta e riuscivo a intravedere malgrado la distanza la sua schiena liscia e dorata.

Dovetti racimolare tutta la buona volontà che avevo per allontanarmi da lì e uscire dalla mia stanza. Mi lavai i denti e il viso in fretta prima di scendere in cucina. Mio padre non era ancora rientrato e mia madre stava prendendo un caffè in cucina.

Aveva apparecchiato il mio posto, con tanto di succo di arancia in un bicchiere e una montagna di pancake nel piatto. In realtà non avevo fame. Ero ancora stravolta e avevo ancora un mare di domande, del tipo "I genitori di Aiden come l'hanno presa sapendo che mi ha raccontato tutto? Dylan come sta? Bolton ha confessato? Hanno scoperto chi è il Capo?".

Ma, se quelle domande frullavano nella mia testa, al centro del mio petto ne stava nascendo una, più timida e potente delle altre. Aiden ha finto di amarmi come tutto il resto?

Abbassai lo sguardo per leggere le notifiche sul cellulare. Lisa mi aveva scritto per sapere se fosse tutto okay, poi nient'altro. Le risposi in fretta di sì. Forse dentro di me speravo che Aiden mi avesse scritto per chiedermi di parlare, di chiarire una volta per tutte ora che ero a conoscenza di ogni cosa.

- Dai, tesoro, siediti e raccontami com'è andata ieri sera - la voce allegra di mia madre proruppe nei miei pensieri. Ricambiai il suo sorriso e mi accomodai sulla sedia, cospargendo i pancake di sciroppo d'acero e raccontandole del ballo per renderla felice. Ovviamente avevo omesso tutto ciò che non voleva e doveva sapere e, dopo aver mangiato solo una fetta di pancake, ero andata a farmi una doccia.

L'effetto benefico dell'acqua calda funzionò solo in parte e così decisi di non scendere a pranzare con la scusa di aver fatto colazione da poco. In realtà, avevo ancora tanta voglia di piangere, ma ancor di più di urlare in faccia ad Aiden che mi aveva tradita e che non mi fidavo più di lui.

Forse quella fu la cosa più folle che avessi fatto in vita mia e a stento potevo riconoscermi in quel momento, ma avevo deciso di lasciare da un lato la parte razionale di me e di seguire il mio istinto.

Mi infilai le sneakers e scesi di corsa le scale.

- Sto tornando - avvertì i miei, cercando di mantenere la calma almeno con loro.

- Aspetta. Dove vai? - mi chiese mio padre.

Non gli risposi nemmeno, perché non avevo intenzione di litigare con lui, ma mi raggiunse prima che potessi uscire.

- Vorrei parlarti di una cosa importante -.

- Dopo, papà - gli risposi, correndo giù dal portico.

Raggiunsi la porta degli Evans, suonando il campanello. La porta si aprì con uno scatto automaticamente ed entrai, sapendo già che Aiden era al piano superiore.

Quando entrai in casa, fui colta alla sprovvista. L'ingresso era pieno di scatoloni imballati e le pareti erano spoglie. Salii di corsa alle scale in preda ad una scarica di adrenalina. Stavano andando via e lui non mi aveva neanche avvertito.

Raggiunsi la sua camera, la porta era spalancata e lui stava strappando malamente le pagine di poesie appese alla parete. Si girò quando mi vide, ma quegli occhi aumentarono la mia rabbia nei suoi confronti. Feci un passò verso di lui e gli tirai uno schiaffo, che gli fece voltare il viso di lato. Non mi credevo capace di ciò ma era incredibile che fosse stato così liberatorio e appagante.

Si voltò a guardarmi, incollando i suoi occhi ai miei.

- Sei uno stronzo! - urlai, per poi riprendere fiato.

- Mi hai presa in giro, mi hai mentito. Ho pensato che fossi un criminale, non avevo la minima idea del perché mi avessi nascosto il tuo vero nome -.

Rimase in silenzio.

- E ora? State tornando in Connecticut? Quando pensavi di dirmelo? -.

Non rispose neanche a queste domande, ma si limitò a restare davanti a me, guardandomi dritto negli occhi.

- Davvero, Aiden. Mi sono fidata di te con tutta me stessa e tu mi hai mentito per mesi. Adesso potresti dire qualcosa, almeno -.

Avevo gli occhi pieni di lacrime ma mi sforzai con tutta me stessa di ricacciarle indietro. Non avrei permesso alle mie emozioni di impedirmi di dirgli ciò che volevo.

- Cosa cazzo devo dirti, Wendy? Non posso rimediare con le parole, lo sai anche tu -.

Scossi la testa, abbassando lo sguardo sulla punta delle mie scarpe.

- È vero, ti ho raccontato una marea di cazzate, ma non è stata una mia scelta. Ho giurato di non raccontare niente a nessuno prima di partire con i miei genitori -.

Tornai a guardarlo, sapendo perfettamente perché mi aveva mentito.

- Io... Io non so cosa sia successo fra di noi. Non so cosa è stato vero fra di noi e cosa no -.

- Tutto quello che abbiamo provato è reale -.

Mi passai una mano fra i capelli, non riuscendo più a ragionare. Ero sull'orlo di una crisi di pianto. Era andato tutto a farsi fottere.

- Non lo so, Aiden, non ci sto capendo niente - piagnucolai.

- Ti ricordi quando ti ho detto che mi fai uno strano effetto? Quello è vero. Tutti i nostri baci sono stati veri. Quando mi hai detto che mi ami, è stato vero. I pomeriggi passati tra queste quattro mura, Wendy. Quello è stato tutto vero - continuò con rabbia, allargando le braccia perpendicolarmente al suo corpo.

Non risposi, perché ero troppo scossa per dire qualcosa.

- Non potevo raccontarti del mio passato, dei miei, di cosa ci facevamo qui. Ma adesso che nessuno me lo impedisce sono disposto a raccontarti tutto di me. Ricominciamo da capo - disse con foga, portandosi una mano sul petto.

Una lacrima sfuggì dai miei occhi, segnandomi il viso. - State per andare via -.

- Ce ne andremo quando il Capo sarà sbattuto in carcere, ma questo potrebbe essere il nostro ultimo weekend insieme. Possiamo recuperare tutto, posso raccontarti chi sono veramente, posso dimostrarti che quello che provo per te è reale -.

Lo guardai negli occhi, riuscendo a vedere quanto fosse amareggiato.

- Posso trovare il modo di chiederti scusa - mormorò.

- Mi dispiace tanto... - sussurrai. Niente poteva essere più come prima. La fiducia è diffidente, se la ferisci una volta, non tornerà facilmente da te.

- Non ce la faccio - singhiozzai in preda al panico. La sua mano si sollevò delicatamente per stringere la mia.

Mi asciugai le lacrime con la mano libera e feci un passo indietro, sentendo un dolore lancinante che mi impediva di respirare. Stavo per crollare davanti ai suoi occhi insieme al mio mondo.

Feci scivolare via la mia mano dalla sua e lasciai quella casa, correndo via in un fiume di lacrime.

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