Hybrid - Legami Spezzati

By AlessiaSanti94

122K 6.9K 6.9K

SEQUEL "Hybrid - L'Esperimento". Può un legame forte allentarsi e dissolversi come se non fosse mai esistito... More

BOOKTRAILER HYBRID - LEGAMI SPEZZATI
.
Premessa.
1. Annichilimento.
2. Apri gli Occhi.
3. Cornelius Morton.
4. L'Agente Kane.
5. La Stanza Numero 2.
6. Spegnersi.
7. Devi Ricordare
8. Nuove Collaborazioni.
9. Chi Sei.
10. Una Nuova Alba
11. Problemi di Alcool
12. La Ronda e l'Indovina.
13. Passi Falsi e Promesse
15. La Stanza Numero 4
16. Complicità e Tensioni.
17. Damnatio Memoriae.
18. La Stanza del Bisogno.
19. L'Agguato Inaspettato
[Info per i lettori]
20. Sospetti.
21. Kathleen Lorelaine
22. Dolor
23. Moniti e Responsabilità
24. Scintilla
*CAPITOLO EXTRA*
25. Una Luce nel Buio
26. La Verità Viene a Galla
27. Aaron
28. Sacrificio e Connessione

14. De Rerum Vetitae

2.9K 184 107
By AlessiaSanti94


Abby

I giorni che si susseguono sono un alternarsi di monotonia, emicranie da far venire il voltastomaco e pillole. Non necessariamente in quest'ordine.

Ogni mattina apro gli occhi di scatto, come se mi destassi all'improvviso da un brutto sogno e mi guardo attorno spaesata: per un attimo mi sento persa, come se non mi ricordassi chi sono e cosa faccio qui, ma poi iniziano a tornarmi in mente dei flash ed è lì che scoppiano le emicranie. A volte sono così violente da farmi stringere la testa con le mani, come a voler contenere il dolore all'interno della scatola cranica. Spesso le fitte mi annebbiano i pensieri e ogni tentativo di resistenza, fino a che non cedo e decido di chiedere aiuto a Russell, che sembra essere diventato all'improvviso il mio infermiere personale. Lui mi somministra con leggerezza antidolorifici ad alto dosaggio, con la scusa che mi faranno sopportare meglio questa fase di transizione. Secondo me, i suoi antidolorifici in realtà sono a base di sostanze stupefacenti od oppiacee, perché nel giro di qualche minuto i cerchi alla testa si allentano e la mente si rilassa per quel minimo di ore necessarie a farmi riprendere il respiro e chiudere gli occhi, riposando senza fare incubi.

Anche oggi, la giornata sembra iniziare allo stesso modo di tutte le altre. Alle nove in punto sollevo le palpebre con pesantezza e mi spingo gli indici sulla fronte, aggrottando le sopracciglia in una smorfia tirata: il mal di testa mi sta già distruggendo.

Mi alzo in piedi e barcollo verso il piccolo bagno della stanza, sporco e poco illuminato. Accendo la luce e mi sciacquo il volto con un po' d'acqua gelida, passandola più volte sopra alle tempie bollenti. Per un attimo incrocio il mio riflesso nello specchio ovale appeso sopra al lavandino e quasi sobbalzo, come se avessi appena incontrato gli occhi e la faccia di una sconosciuta: il mio viso sta dimagrendo a vista d'occhio e l'incarnato della mia pelle si sta a mano a mano ingrigendo, così come anche i miei capelli, ormai spenti e mossi in modo disordinato. Ma di tutto il quadro generale, a lasciarmi veramente sconvolta è l'espressione del volto: non riesco a leggerci più nemmeno un'emozione.

Sono diventata una pagina bianca, del tutto svuotata e completamente assente a me stessa.

Mi rendo conto anche io di sentirmi quasi ospite del mio corpo, come se fossi un parassita che si sta approfittando di un ambiente estraneo per sopravvivere. Le fitte lancinanti alla testa annullano ogni molecola da cui sono composta, sviscerando le mie sensazioni fino a ridurle in gusci vuoti, disabitati. Le stesse pillole che prendo, da una parte mi aiutano a non sentire il dolore sino in fondo, ma dall'altra mi annichiliscono ancora di più, trasformandomi in un'ameba dalle risposte robotiche e concise.

Russell bussa anche oggi alla mia porta e mi chiede come sto, prima di entrare nella stanza e sorridermi con lo stesso, enigmatico ghigno. «Ti trovo bene, stamattina. Ti sei persino alzata da sola», mi dice, studiandomi da capo a piedi.

«Mi stava scoppiando la testa. Come sempre.» Mi passo di nuovo le dita sulle tempie e mi trascino verso il comodino accanto al letto, dove sono sparse alla rinfusa una serie di pillole trasparenti e tondeggianti. Vicino, un po' di cibo avanzato della cena della sera prima e un bicchiere d'acqua.

«Potevi prendere un antidolorifico. Sai che puoi farlo.»

«Quella roba mi toglie tutte le forze, Russell. Anche i pensieri che mi ronzano in testa.»

«E tu preferisci continuare a esserne turbata, invece?», mi domanda con un sorriso scontato.

Rimango perplessa, come se non avessi capito bene la sua domanda. Sbatto le palpebre e cerco di capire perché abbia formulato una frase così tanto priva di senso. È ovvio che non mi faccia piacere essere tormentata dagli incubi notturni, dalle stanze buie occupate da persone che non ho voglia di vedere e dai pensieri confusi, dati da ricordi ancora più offuscati. È così ovvio che preferisca il nulla - il vuoto mentale - a tutto ciò. È così ovvio, ma allora perché ho lasciato uscire dalla mia bocca queste parole veloci? Raggiungo il comodino e afferro una pillola trasparente. La stringo tra le dita e la osservo, come se nascondesse all'interno tutte le risposte che cerco. Poi sospiro e la metto in bocca, mandandola giù senza nemmeno bere un sorso d'acqua. «Hai ragione. Non ha senso star male.»

Russell si avvicina a me e mi poggia una mano sulla spalla, sorridendo entusiasta. «Brava ragazza.»

«Sei venuto a prendermi per andare nella stanza numero 2?», gli domando subito dopo con tono piatto. Non lo sto neppure guardando negli occhi, lo sguardo perso verso un punto indefinito dietro alle sue spalle. Le fitte alla testa si stanno già alleggerendo, e con esse anche i miei respiri si fanno più lievi.

«No, oggi la terapia non è necessaria. Ti stai comportando bene, ultimamente, e tuo padre è molto felice dei progressi che fai», mi spiega. «Sono venuta per portarti da lui, in realtà. Vuole parlarti un po'.»

Annuisco piano e gli indico la porta con un gesto del mento. «Andiamo, allora? Non vorrai farlo aspettare.»

L'uomo scoppia in una risata di gusto e mi guida fuori dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle. «Sai che quasi non ti riconosco più, ragazzina? Inizi quasi a piacermi, così spenta e accondiscendente», mi rivela, mentre ci inoltriamo nel piccolo labirinto di corridoi stretti che conducono all'ufficio di mio padre.

Cornelius sta seduto dietro alla sua scrivania, con gli occhi socchiusi e due dita sulle tempie, mentre nella stanza suona una musica di sottofondo rilassante e piacevole. Tutto attorno a lui è statico, ma è chiaro che non si stia riposando: piuttosto, pare concentrato.

«Signore, mi spiace disturbarla, ma...»

«Entrate, entrate», risponde sbrigativamente lui. Toglie l'indice dalla tempia e inizia a disegnare delle linee in aria, a ritmo con la musica classica che esce da un vecchio giradischi alle sue spalle. «Conoscete Nocturne di Chopin? Io lo trovo così... come dire, stimolante

Russell mi spinge dentro la stanza, fino a farmi avanzare di fronte alla scrivania di Cornelius e mi invita sottovoce a sedermi, indicando la sedia imbottita. «È deliziosa, signore.»

Cornelius ondeggia ancora una volta la testa e distende le labbra in un sorriso rilassato. Alla fine, quasi sul finale del pezzo, apre gli occhi e mi osserva interessato. «Abby...» Pronuncia il mio nome con una lentezza ammorbante, gustandone ogni lettera sulle labbra sottili. «La tua visione è sempre un piacere. Come ti senti?»

Rimango con le braccia distese lungo i fianchi e lo sguardo impassibile. Non provo più rabbia o risentimento, nei suoi confronti. Non mi sento più in gabbia, qui dentro, né incolpo più loro per avermici rinchiusa. Mi limito solo a fissarlo, come si guarda la figura stampata di un libro o quella di un manifesto anonimo appeso per strada, tra un albero e un altro. «A parte le emicranie, bene.»

«Quelle passeranno a breve. Sono gli strascichi che ti porti dietro della tua... Be', della tua parte emozionale, diciamo.»

Di nuovo, mi trovo ad annuire. Non saprei cos'altro dire, né ne sento il bisogno. Le parole di mio padre mi entrano nelle orecchie e raggiungono qualche parte nascosta del mio cervello dove, anziché essere elaborate, vengono accantonate da una parte, senza nemmeno il bisogno di essere capite.

Il pezzo di Chopin termina e con esso termina anche il vinile. Cornelius si alza in piedi, dopo avermi lanciato un'ultima occhiata indagatrice, e sfila il disco, riponendolo nella sua custodia di carta colorata. Prima di tornare di fronte alla scrivania, però, si volta verso Russell e gli indica con il dito una delle sue librerie a ridosso della parete. «Il libro. Portalo qui.»

L'uomo annuisce rapidamente e comincia a scorrere gli occhi sui vari titoli disposti in maniera ordinata lungo le mensole in legno. Dalla posizione in cui mi trovo, riesco appena a scorgerlo, mentre con la bocca mima dei numeri e con le dita conta silenziosamente un numero indefinito di libri, come se stesso seguendo delle indicazioni. Alla fine, arrivato quasi alla parte centrale della libreria, sfila tre tomi rosso mattone e infila un braccio dentro allo spazio creatosi, che sembra essere più profondo di come in realtà appare. Da lì tira fuori un grosso libro dalla copertina rigida in cuoio e le pagine giallastre inumidite e lo porta con estrema delicatezza fino alla scrivania, dove lo lascia, poggiandolo sulla superficie di legno con un sospiro teso. Sembra che quell'ammasso di carta straccia e puzzolente valga più della sua vita, dalla smorfia contrita che è dipinta sul suo volto magro.

Gli occhi di Cornelius brillano di fronte a quella vista e sfiora la copertina con i polpastrelli delle dita, socchiudendo le palpebre. «Lo vedi questo, Abby?», mi domanda, senza guardami. La sua attenzione è rivolta appieno verso il libro. «È da qui che è iniziato tutto. Dal De Rerum Vetitae

Il De Rerum Vetitae. "Sulle cose proibite". Così era stato rinominato il libro scritto dal vecchio Demone Superiore giustiziato per mano della Corte Celeste di Danville, che aveva giudicato l'opera come estremamente pericolosa a livello umanitario, piena di contenuti che incitavano all'odio e alla violenza e che superava ogni limite ammesso dalle regole celesti e demoniache. Un'opera di un folle, in poche parole. Il libro era poi passato in mano al suo successore - che altri poi non era che mio padre - che aveva continuato il suo lavoro malsano, sperimentando teorie sempre più atroci. Alla fine, Cornelius era stato punito dai Celesti per aver violato ogni regola esistente, ma il De Rerum Vetitae era sparito dalla custodia della Corte di Giustizia, svanendo nel nulla e creando il mistero irrisolto più grande della storia dei Celesti.

Ricordo ancora quando David Clint me ne aveva parlato, quando mi aveva raccontato brevemente la loro storia, aprendomi al mondo del soprannaturale. Lo ricordo ancora così bene, la mia faccia attonita di fronte alla confusione più totale e la sua che invece era già una maschera di falsità: sapeva già cosa fossi non appena avevo messo piede dentro alla Caserma.

Il Discodance. L'incontro con Jared. L'infermeria della Caserma. I quadri degli Alchimisti appesi lungo il corridoio. Lo sguardo inquietante e impostato del signor Clint.

Per un attimo, la mia mente è investita da un tornado di flash, rapidi e sconnessi. Mi turbinano nella mente in perfetto stile uragano e mi lasciano senza fiato, con il respiro mozzato nel petto. Il mal di testa, fino a quel momento acquietato, torna a martellarmi le tempie e devo stringere i denti per non gemere ad alta voce.

Ricordare fa male.

«Come fai ad avere tu questo libro?», gli domando, non appena la testa inizia a pulsarmi di meno. «L'intero mondo Celeste lo sta cercando.»

«Come loro stanno cercando anche me, bambina», risponde lui con una scrollata di spalle. «Diciamo che è finito nelle mie mani come un dono... dal cielo.» Sorride di fronte al libro e alza lo sguardo verso Russell, liquidandolo con un'occhiata enigmatica. «Lasciaci soli. Devo parlare ad Abby di alcune cose.»

L'uomo annuisce con un mezzo inchino e lascia la stanza, che per pochi attimi piomba nel silenzio.

«Non lo hai rubato tu?»

«E come avrei potuto farlo? Quei dannati uomini bianchi lo tenevano protetto con ogni dovuta cautela, oltre al fatto che mi avevano già trasformato nell'essere inutile quale sono adesso», replica Cornelius. La sua voce cela un sottile strato di rabbia, ben nascosta però dal sorriso serafico che ha sul volto.

Guardo il De Rerum Vetitae, poi guardo lui. «È stato Russell ad aiutarti? Mi sono sempre chiesta chi fosse davvero. Oltre al tuo tirapiedi, ovviamente.»

«Non ti ho chiamata per discutere di strategie, né per provare a seguire delle piste che non ti riguardano. Ti ho fatta portare qui da Russell, stamattina, perché ho bisogno di capire fino a che punto hai intenzione di spingerti insieme a me... Quanto coraggio vuoi tirar fuori e quanto a fondo vuoi scendere, mano nella mia mano.» Mi fissa in tralice, le pupille ristrette e puntate dritte nelle mie, come a catturarle. «Qui dentro, Abby, è contenuto tutto quello che serve per farci diventare gli esseri più potenti sulla faccia della Terra. Ma per farlo, devi essere veramente motivata, o rischieresti solo di mettere a rischio la tua salute. Il De Rerum Vetitae straripa di esperimenti da testare e mettere a punto, teorie ancora da valutare e test da provare sul lato pratico, ma è anche pieno di nozioni appurate. Come te, per esempio. Tu sei l'esperimento più riuscito tra i tanti.»

«Anche i Sottomessi lo sono.»

«Sì, ma loro sono destinati a essere limitati. Come delle pile che non si possono più ricaricare... Tu, invece... Tu sei energia pura, bambina. Una fonte di potere concentrato in esile corpo umano. Sei un miracolo della natura!» Mi sorride adorante e afferra la mia mano, gelida. «Con questo libro potrai sviluppare poteri che nemmeno ti sogni! Non ti nascondo che sarà difficile, che dovrai sudare per riuscirci, ma quando apprenderai le nozioni che ti servono, potrai finalmente prenderti tutte le vendette che vorrai. Tutte quelle che ti spettano, dalla prima all'ultima.»

«Potrò vendicarmi...», ripeto a bassa voce, apparentemente deliziata dal suono di quelle parole.

«Sì, potrai farlo. Anzi, dovrai farlo, per mettere finalmente a tacere tutte le persone che ti hanno riempito la testa di frottole e ti hanno alimentato di bugie per tutto questo tempo.»

«Jared.» Lo guardo negli occhi, adesso resi a una fessura come i suoi, e accenno un leggero sorriso.

«Jared e tutti quei buoni a nulla dei Celesti», conferma Cornelius. «Pensi di poterlo fare?»

Muovo la testa in senso affermativo e sfioro con un dito il libro. «Cosa c'è, oltre alla Persuasione? Cosa potrei essere in grado di... scatenare

Lui ride a bassa voce, esaltato dal mio improvviso e freddo entusiasmo. «La Persuasio è l'elemento di base di un Demone, Abby. La punta dell'iceberg, per farti capire. Saper distorcere la volontà di un essere e confonderla con la propria è una dote naturale di ogni persona dentro alla quale scorra sangue demoniaco. Ma, oltre a questa, c'è un mondo di poteri da scoprire...» Apre il libro con delicatezza e sfoglia le prime pagine, scritte con una grafia in corsivo a mala pena comprensibile. «Se mi darai ascolto – se davvero sarai in grado di lasciarti alle spalle tutto il tuo passato – potrai imparare molte cose sotto la mia guida. Il dolore, ad esempio.» Indica con il mignolo una grossa parola scritta con inchiostro di china.

«Dolor», leggo inespressiva. «La capacità di indurre dolore psicofisico.»

«Può diventare letale, se alimentata da un forte desiderio. Ovviamente, deve esserci parecchio allenamento alle spalle.»

Rimango a fissare la parola marchiata sul foglio, poi scanso la mano di mio padre e volto pagina. «Delirium... E questa cos'è?»

«L'evoluzione teorica del Dolor. E dico teorica perché non è mai stata messa in atto da nessun Demone. Implica un grande dispendio di energia. D'altronde, deve scatenare una catena di eventi cerebrali che manda in delirio, nel vero senso della parola, le capacità cognitive della persona sulla quale viene applicato.»

«La fa diventare... Pazza?»

«Peggio, Abby. Peggio.» Cornelius chiude il libro di scatto e lo allontana dal mio sguardo preso. «Può indurla a fare qualsiasi cosa... Trasformarsi in un vegetale che non sa più formulare nemmeno una parola di senso compiuto, generare schizofrenia, patologie mentali gravi e incurabili, indurre al suicidio... Una vera e propria arma di sterminio, ma con il guanto bianco.»

Vendetta, dolore, armi di sterminio.

«Posso leggere il libro?» domando di getto, bisognosa di scoprire tutto quello che ci è stato nascosto lì dentro... Come se mi appartenesse.

Cornelius scuote la testa e mi fissa, improvvisamente serio. Poggia una mano sul tomo come se in un attimo non si fidasse più di me. «Scordatelo. Il De Rerum Vetitae è un libro pericoloso, Abby. Non può passare nelle mani di chiunque, tanto meno se sono inesperte come le tue. Rischieresti di perderti nei meandri di pura follia. Ma se avrai fiducia in me, ti prometto che ti insegnerò tutto quello che dovrai sapere per essere forte.»

Deglutisco, la gola secca dall'emozione martellante e fredda, e incastro i miei occhi con i suoi. «Sì. Sì, lo voglio. Voglio imparare tutto

Lui sorride e mi stringe le mani con affetto. «Speravo di sentirti dire queste parole, figliola. Lo speravo davvero... Bastava solo piegarti un po', ma alla fine ero convinto che avresti iniziato a pensare saggiamente.»

Annuisco senza nemmeno dare peso alle sue parole. D'un tratto mi sento febbricitante di energie... La pelle mi formicola e la testa finalmente è sgombra da ogni cenno di pensiero doloroso. Ci sono soltanto io, nel mio corpo ormai disabitato da ogni forma di coscienza, ma sono pur sempre io... Abby Lorelaine, pronta a diventare il mezzo Demone più temuto da tutti. Persino da mio padre.

Vendetta.

«Quando possiamo cominciare?», domando, esaltata.

«Anche ora, se vuoi.» Cornelius si alza in piedi, mostrando la sua dentatura perfetta. «A dire la verità, Russell non vedeva l'ora di aprire la stanza numero 4. Non starà davvero nella pelle.»

Lo imito, tirandomi su dalla sedia di scatto. «Sì, lo voglio», farfuglio, con la mente totalmente distaccata dalla realtà. «Fai di me quel che vuoi, papà, ma rendimi talmente forte da far impallidire il mondo intero.»

Lui scoppia a ridere e mi accompagna verso la porta. «All'inizio pensavo che fossi più simile a tua madre, ma più ti sento parlare, Abby, e più mi sembri l'esatta copia di me.» Mi afferra il volto e mi lascia un bacio sulla fronte, pigiando le labbra sottili sulla mia pelle pallida. «Fidati di me. Ti trasformerò in quello che sei sempre stata destinata a essere.»


Angolo dell'autrice.

Non ci sono parole per descrivere l'emergenza che stiamo vivendo in questo momento in Italia, quindi spero di rendervi un po' felici con questo nuovo capitolo e allietare una triste sera di quarantena.

p.s. so che torno su wattpad dopo tanto tempo di assenza, ma questi sono i ritmi che ormai con il lavoro riesco a tenere. penso sempre a voi, spero sempre di potervi dedicare di più.

#staystrongItaly ! A presto! 

Continue Reading

You'll Also Like

4.4K 333 33
6 mesi dopo la Battaglia della Cittadella, la pace regna ovunque nel mondo sovrannaturale. O almeno così si credeva.... INIZIATA: 13/01/24
355K 19.1K 91
"Morrigan capì le loro intenzioni solo quando il re si avvicinò a lei, le prese la spalla, le strappò via la manica e le racchiuse il bicipite dentro...
13.6K 1.1K 49
Fantasy romance a cavallo tra due mondi. Iris è irrequieta e imprevedibile, proprio come quell'oceano che fin da bambina l'affascina e nel cui abbrac...
19.3K 614 199
Un attimo prima stava leggendo un libro con la tragica storia della principessa Athanasia, e subito dopo la protagonista si è risvegliata... nei pann...