Come le Foglie

By HeartlessWriter0219

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Ad Elio, ventitré anni, dopo essere uscito da un centro di recupero per tossicodipendenti, viene affidato l'i... More

Come Le Foglie
Libro Primo: L'audizione
1.

Prologo

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By HeartlessWriter0219

Fine della terapia

L'aroma del caffè della terapista era assuefante. L'odore di quei chicchi di caffè arabico macinati, da cui era stata creata una magnifica bevanda nera come il carbone che fumava davanti ai suoi occhi pervase la sua testa, come quando si ha un flash di un concetto appena arrivato alla mente. Riusciva a sentire tanti rumori in lontananza: il vociare causato dalle persone in visita, lo squillare di un telefono cellulare ed anche il reboante suono causato dal passaggio rapido delle automobili. Non riusciva ad ascoltare bene quello che la sua terapista, la dottoressa Irene Logiacomo, gli stava dicendo. La sua testa era in un altro mondo: astraeva, portava la mente fuori da quelle quattro mura grigie che l'avevano costretto a rimanere chiuso in quel maledetto centro di recupero per tossicodipendenti. Ora, dopo tanto tempo e tanta fatica, era pulito; aveva seguito la terapia fino in fondo e alla perfezione. Era stato dipendente da ecstasy, e si era fin da subito pentito della scelta di vita che aveva compiuto durante quella maledetta festa per i suoi diciott'anni, quando accettò una pasticca che, aveva pensato non gli avrebbe fatto nulla. E in quel momento, dopo vari mesi in terapia, a quasi ventiquattro anni dalla sua nascita, si sentiva libero e pulito. Adorava pensare a sé, a come si sentiva nelle circostanze in cui si trovava. Sempre. Gliel'avevano insegnato là, in quel centro, come metodo per trovare l'armonia e la pace interiore. La terapista provava a chiamarlo, inutilmente. "Elio! Elio!" diceva. Tutto inutile, lui non riusciva a sentirla. O almeno, non l'ascoltava.

Decise di interrompere la 'sceneggiata', e guardò la dottoressa negli occhi.

"Mi dica" sussurrò. "Stavo pensando a quello che farò una volta uscito da qui." Irene gli sorrise, mostrando un vago accenno di denti bianchissimi, coperti da quelle labbra decorate con un rossetto color rosa antico, un colore che lui aveva imparato ad apprezzare con il tempo. L'abito blu di Irene lasciava intravedere un accenno di scollatura. Elio non poteva non ammettere di non aver pensato a lei mentre era da solo. La sua voce lo faceva sentire bene, lo rapiva completamente. Non gli sarebbe affatto dispiaciuto uscire con lei per un gelato, un aperitivo e passare più tempo con lei. Irene sorseggiò il suo caffè, leccandosi le labbra dopo aver assaporato la nera bevanda. Elio cercò di non immaginarla come quando osservava le ragazze delle tante riviste che aveva trovato nella stanza del suo coinquilino, Tommaso.

"E cosa pensi di fare una volta uscito da qui?" chiese lei, piena di curiosità.

"Non lo so, ecco perché ci stavo pensando." rispose lui, con una piccola dose di strafottenza. Irene gli pose davanti un foglio, invitandolo a leggere. Egli la osservò con sguardo interrogativo.

"Cercano dei registi per uno spettacolo teatrale. Che ne dici di partecipare? Dicono che qui ti sei molto divertito quando hai recitato in quella commedia e quando hai aiutato la regista nel preparare le parti più complesse. Potresti provare a fare il regista. Che cosa ne dici? Ti andrebbe di partecipare? Sarebbe un'ottima opportunità per metterti alla prova!"

Elio osservò l'espressione della dottoressa, che aspettava paziente la sua risposta. 'Chissà, pensava lui, potrei diventare il nuovo Quentin Tarantino'.

"Accetto." disse. Irene sorrise, esibendo questa volta un sorriso a trentadue denti.

"Peeerfetto! Devi mettere una piccola firma qui ..." disse, indicandogli uno spazio bianco. Non amava leggere i documenti, quindi appose velocemente la sua firma. Elio Vannoni. Poi guardò nuovamente la terapista. Si alzò e si avvicinò a lei che, spaventata, si alzò di scatto. Elio si avvicinò alle sue labbra. La dottoressa però, con uno scatto repentino, si allontanò ancor di più da lui, quasi disgustata dal tentativo che il ragazzo aveva fatto per baciarla. Prese la sua roba, le carte e il cappotto e uscì dalla stanza. Sconvolto per la reazione di Irene, diede un pugno al tavolo, infuriato, mentre imprecava in silenzio.

Chiuse gli occhi, ripensando a ciò che aveva fatto. Come un mare in tempesta, la sua furia avrebbe potuto travolgere tutto. Avrebbe voluto spaccare tutto, avrebbe potuto anche ammazzare, se necessario. Si calmò, e pian piano riaprì gli occhi. Notò un piccolo appunto sul tavolo, che la donna aveva lasciato nella fretta. Era un numero telefonico. Sotto c'era scritto: "Contatta questa persona per sapere quando iniziare le audizioni." Elio prese il bigliettino, lo nascose nelle maniche della sua felpa gialla ed uscì dalla stanza. La sua permanenza in quel centro era ormai terminata. Finalmente, dopo un numero di mesi che non riusciva a ricordare più, era fuori da quella maledetta struttura. Tommaso, il suo coinquilino, aveva fatto in modo che l'appartamento rimanesse ad Elio, con l'aiuto del fratello minore di quest'ultimo, Marco. All'uscita, ritrovò proprio lui in macchina, che l'aspettava. Suo fratello scese dall'automobile, gli corse incontro e l'abbracciò, con le lacrime agli occhi. Elio rispose all'affettuoso gesto, commossosi anch'egli. Si staccarono dopo un minuto buono. Marco gli diede una pacca sulla spalla, com'era solito fare quand'era felice.

"Ebbene? Come ti senti?" chiese il più piccolo.

"Bene, grazie. Tutto è andato per il verso giusto, come speravamo. Mamma come sta? E Tommaso? Ha ripreso a studiare?" chiese.

Marco gli fece cenno di salire in macchina, dopo aver assunto una faccia piuttosto seria. Elio non ignorò il fatto che l'altro non avesse risposto alle sue domande, ma decise che avrebbe affrontato questa cosa più tardi, magari davanti ad una tazza di caffè assieme a suo fratello e Tommaso. Finalmente stava tornando a casa, e il pensiero lo rendeva felice.

Il viaggio in macchina fu più corto del previsto, dato che arrivarono all'appartamento passando per una breve scorciatoia. Elio rivide finalmente, dopo tanto tempo, i luoghi che aveva abbandonato. La palazzina grigia, i piccoli negozi, il bar sotto casa. Gli alberi erano stati potati, il portone era stato cambiato. Tutto, seppur fosse leggermente mutato, conservava la sua intrinseca essenza, in cui Elio ritrovava i suoi ricordi, belli o brutti che fossero. Marco, afferrato il borsone del fratello dall'automobile, si diresse verso la palazzina. Aprì la porta e lo condusse all'appartamento. La salita con l'ascensore, seppur breve, gli sembrò quasi infinita. 'Sono ritornato alla normalità', pensava Elio. 'E ho anche una buona proposta di lavoro'. Ritenendo che la sua vita avesse finalmente ottenuto quel momento che gli serviva per cambiare, arrivò infine alla porta della sua vecchia casa. Marco l'aprì.

Nulla sembrava essere cambiato. Impercettibilmente, sentiva che tutto in quella casa era rimasto così come l'aveva lasciato mesi prima. Spaparanzato sul divano, c'era Tommaso, intento a guardare una serie-tv appena uscita. Interruppe la visione, correndo da Elio, che abbracciò con affetto. Ecco, quello gli era mancato più di ogni altra cosa. L'affetto di un amico. Perché sapeva che un amico è quanto di più caro potesse avere, e suo fratello ne era anche la prova provata, essendo stato suo amico sin da quando erano piccoli, amici e fratelli, indissolubilmente legati per l'eternità. Era proprio quello ciò di cui aveva bisogno: sostegno. E quando Tommaso sciolse l'abbraccio, capì che quel legame c'era, ed era ancora molto forte.

Elio raccontò velocemente la proposta di lavoro che aveva avuto. Avrebbe potuto lavorare come esperto di teatro in una piccola compagnia scolastica, che poi, se fosse andata bene, avrebbe potuto scegliere di diventare indipendente. Era una proposta molto allettante, lo ammetteva. Tommaso e Marco lo incoraggiarono fin da subito. Dicevano che un'occasione così non si sarebbe potuta presentare una seconda volta, e lo convinsero ad accettare con calore.

"Ho già accettato. Devo solo telefonare a questo numero. Ma non ho un telefono ..." disse lui. Marco allora si alzò, dirigendosi in camera sua. Tornò poco dopo con una scatola di piccole dimensioni in mano. Era un telefono nuovo di zecca, una cosa che mai si sarebbe aspettato di ricevere, dopo che, in un accesso di rabbia, aveva quasi distrutto il cellulare di suo fratello, poco prima di entrare nel centro. Elio, al settimo cielo, afferrò la scatola e l'aprì. Era un iPhone, con sua grande sorpresa. Fu contento, pur non essendo l'ultimo uscito, poiché sapeva che il gesto era molto più importante del valore effettivo del cellulare. Ringraziò di cuore Marco e Tommaso, conscio che avessero deciso di regalarglielo per ricominciare al meglio.

Il pomeriggio stesso, sebbene fosse alquanto titubante, decise di telefonare al numero indicato sul bigliettino. Gli rispose una voce metallica, che gli comunicò che le audizioni si sarebbero tenute di lì a cinque giorni, nell'aula magna della sua vecchia scuola, un Liceo Classico. Elio aveva iniziato a fare uso di sostanze stupefacenti proprio durante gli ultimi anni e, dopo la maturità, la dipendenza era peggiorata. Tutto era cominciato il quinto anno di scuola, verso l'inizio del secondo quadrimestre. Lui, anticipatario, aveva compiuto diciotto anni a fine gennaio, e aveva dato una festa in pompa magna. Ebbene, in quella festa v'era stato di tutto. E proprio lì provò la prima pasticca, quasi inconsciamente. Il ricordo di quegli eventi era ancora vivido, gli provocava ancora dolore, ma tutto era stato parte della terapia, del suo percorso per ricominciare. Ora non ci pensava più, era andato avanti. Avrebbe dato un senso alla sua vita, aveva deciso. Doveva recuperare un velo di autonomia, doveva ricominciare. E quella era l'occasione perfetta per farlo. Elio Vannoni era ritornato.

Ora, completamente immerso nella ritornata normalità, sentiva che quel vuoto che aveva avuto durante quegli interminabili mesi si era quasi del tutto colmato. Aveva riallacciato i rapporti con suo fratello e con Tommaso. Ma sentiva che c'era ancora una cosa da fare. Doveva ripagare quella promessa fatta con (come si chiamava quella ragazza...? Oh accidenti, doveva averlo dimenticato...), anni addietro. Ora era il tempo di farlo, di farsi avanti.

Aveva paura, ma decise di andare avanti. Prese in mano la sua vita, la sua autonoma facoltà di scelta e si rimise in carreggiata. Per la promessa.

Quella notte dormì sereno, dopo un numero indefinito di mesi, forse di anni. In fondo nemmeno lui sapeva da quanto tempo non sognava. E quella notte, tra la serenità e l'affetto degli amici, ricominciò a farlo: tornò nel mondo dei sogni.

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