My medicine

By amoreepsiche_

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Lei è una ragazza pronta a divertirsi ad ogni occasione e che non vuole dipendere da nessuno. Vuole sentirsi... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Vi racconto un po' (Angolo Autrice)
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Scusate (Angolo Autrice)
Capitolo 18
Capitolo 19
Eccoci di nuovo qui (Angolo Autrice)
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48

Capitolo 40

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By amoreepsiche_

Perché non arriva ancora nessuno? Forse non funziona il pulsante? Cosa faccio, mi muovo per capire cosa sta succedendo al mio braccio oppure no? Finalmente sento il macchinario smettere di fare rumore e il lettino uscire fuori.

"Tesoro, tutto bene? Perché non rispondevi?" chiede allarmata Taylor.

"In che senso perché non rispondevo? Io continuavo a premere il pulsante ma nessuno arrivava" dico cercando di tranquillizzarmi vista la sua presenza.

"Sì, lo so che hai premuto il pulsante ma per non interrompere la risonanza volevo prima chiederti attraverso l'altoparlante quale fosse il problema" afferma facendo okay con il pollice per avvisare gli operatori che si trovano oltre il vetro dietro di me che sto bene.

"Io non ho sentito nessuna voce. Comunque il braccio è bagnato, non vorrei che il contrasto sia andato fuori vena" dico socchiudendo gli occhi, sono veramente senza forze. Taylor guarda il mio braccio e lo tasta, per poi esaminare l'ago cannula.

"Credo che un po' di contrasto sia uscito fuori dall'accesso venoso e il freddo della stanza abbia amplificato il senso di bagnato sulla tua pelle, facendoti allarmare" mi spiega con un sorriso sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, probabilmente mi si legge in faccia quanto sono nervosa. "Comunque altri due minuti e potrai uscire" mi avvisa prima di uscire di nuovo dalla stanza.

HARRY'S POV:
E' dentro quel maledetto reparto da quasi due ore, quanto cazzo ci vorrà ancora? Sto perdendo la pazienza, di solito ci mette un'ora, massimo un'ora e mezza, ma sono passate quasi due ore e di lei ancora neanche l'ombra. Come al mio solito faccio avanti e indietro davanti alla porta d'ingresso, la gente mi fissa, mi penseranno pazzo, ma non importa, non ce la faccio a stare seduto. Sento la porta aprirsi e mi giro di scatto. Per fortuna è Jane e le vado subito incontro.

"Tutto okay? Questa volta ti hanno fatta stare molto" le dico cercando di non far trasparire la mia agitazione. Lei non ha una bella cera e rimane in silenzio, avviandosi verso il corridoio. Decido di assecondarla e insieme ci dirigiamo verso l'uscita dell'ospedale.
"Ah, quasi dimenticavo.." dico frugando nella sacca che mi ha lasciato prima di entrare. "..ti ho preso questa" continuo tirando fuori un involucro di carta e glielo porgo.

"Cos'è?" chiede aprendo l'involucro.

"Della pizza rossa, dopo praticamente una settimana di cibo liquido avrai sicuramente fame" affermo tirando fuori dalla tasca la chiave della macchina e premo sul pulsante per aprirla. Non dice nulla, semplicemente prende la sacca sfilandola dalla mia spalla, riavvolge il rivestimento della pizza e lo rimette nella borsa. Non capisco cosa le sia successo, è andata così tanto male? Saliamo entrambi in macchina, metto in moto e partiamo.
"Non voglio farti dire cose di cui in realtà non ti va di parlare, però Jane, ti prego, abbiamo fatto dei passi in avanti che non credevo possibili, non ti chiudere in te stessa proprio ora" decido di dirle con un tono più rassicurante possibile. Poggio la mia mano sul suo ginocchio, come avevamo fatto nel viaggio di andata verso l'ospedale. La sento sospirare, mi giro per qualche secondo verso di lei e la vedo immersa nei suoi pensieri mentre guarda fuori dal finestrino. Niente, non dice nulla. Così il tragitto verso casa continua in silenzio, non voglio obbligarla a parlare perciò se e quando vorrà sarà lei a deciderlo. Una volta davanti al suo portone, mi chino verso di lei per aprirle lo sportello. Questo mio gesto è come se la risvegliasse dai suoi pensieri e la riportasse alla realtà, mi guarda per qualche secondo ma continua a rimanere immobile, non accennando a scendere dalla macchina. Allora mi chino di nuovo per chiudere lo sportello e rimetto in moto la macchina. Comincio a vagare per la città senza una meta, voglio solo assecondare i suoi gesti. Purtroppo però dopo circa un'ora mi ritrovo bloccato nel traffico. Picchietto le dita sul volante e scruto la strada cercando di capire il motivo dell'ingorgo.

"Mi sembrava di essere tornata a quel giorno di due anni fa" dice cogliendomi alla sprovvista. Mi volto verso di lei e la vedo fissare il vuoto davanti a sé. "La tachicardia era la stessa, non potevo muovermi e.." fatica a proseguire la frase perché viene sommersa dai ricordi. So benissimo a cosa si riferisce, quel giorno non lo dimenticherò mai, ho davvero avuto paura di perderla e oltretutto senza averle ancora confessato ciò che provavo per lei. Da quel giorno non ci siamo più lasciati, almeno fino a qualche mese fa. Una lacrima solitaria le riga il viso e mi affretto ad asciugarla. Al contatto con la mia mano vedo il suo volto rilassarsi, così comincio ad accarezzarle la guancia.

"Andiamo a casa?" le chiedo accennando un sorriso. Lei non dice nulla, annuisce accennando a sua volta anche lei un piccolo sorriso.

[...]

"Dai, mangiane po' " le dico mentre scarto la pizza e la metto su un piatto. La vedo sbuffare e prenderne uno spicchio.

"Contento ora?" mi dice addentandone un pezzo prima di farmi la linguaccia.

"Ora sì" ridacchio prendendone anche io un pezzo. E' finalmente più rilassata, ancora leggermente immersa nei suoi pensieri, ma almeno riesce a sorridere e scherzare.

"Non vai al pub?" chiede guardando l'orologio sulla parete.

"No, ho mandato un messaggio a Jim dicendogli che mi sono preso un'intossicazione alimentare" ridacchio facendo spallucce.

"Stamattina non hai detto che vuoi evitare di saltare i giorni di lavoro?" chiede sorpresa alzando un sopracciglio.

"Ho cambiato idea, ho cose più importanti da fare" dico con nonchalance scrollando le spalle. Blocca i suoi movimenti e comincia a guardarmi sorridendo, dopodiché porta la mano libera sulla mia guancia cominciando ad accarezzarla con il pollice. "Grazie" mima con le labbra in un sussurro.

JANE'S POV:
"Lasciali stare lì dai, ci penso io domani mattina" gli dico, ma lui fa finta di niente e continua a lavare le stoviglie che abbiamo sporcato per mangiare la pizza. Sorrido e poggio lateralmente la testa allo stipite della porta. Averlo intorno mi è sempre più facile, raramente penso a ciò che è successo tra noi qualche mese fa. È come se la mia mente stesse archiviando quei ricordi per fare in modo che io possa dargli un'altra possibilità. Dopo oggi poi, ne sono sempre più convinta. Avere di nuovo qualcuno accanto a me in queste situazioni, mi ha fatto ricordare quanto fosse più facile affrontare tutto. Sono sempre stata abituata a cavarmela da sola, ad ogni tipo di terapia o di esame clinico a cui mi sono sottoposta ero quasi sempre da sola, raramente permettevo ad Alex o a Laurel di accompagnarmi. Quando poi nella mia vita è entrato Harry, ho scoperto quanto fosse meno stressante e più confortevole affrontare con qualcuno certe situazioni in ospedale.

"A cosa pensi?" chiede asciugandosi le mani su un canovaccio.

"Ho voglia di andare a fare due passi" dico senza pensarci.

"Non sei stanca dopo la giornata di oggi?" chiede a sua volta, corrugando la fronte.

"Non dico di andare chissà dove, anche un semplice giro qui nel quartiere" dico facendo spallucce.

"Okay, ti devi cambiare o andiamo subito?" dice appoggiandosi con un fianco al lavandino. Il fatto che stia parlando al plurale fa spuntare un sorriso sul mio volto.

"Perché dici che non è il caso di uscire così?" ridacchio mettendomi al centro della porta e facendo una piroetta su me stessa. Indosso una tuta con un top nero, per andare in ospedale non indosso mai nulla di ricercato o pensato.

"Prendi la mia felpa" ridacchia mentre scuote leggermente la testa guardando i miei gesti. Prendo la felpa che ha lasciato sulla sedia e la indosso velocemente, dopodiché gli faccio un cenno con il capo verso la porta di casa per incoraggiarlo ad andare. Una volta fuori dal portone del palazzo vengo sopraffatta da una ventata d'aria molto fredda, ringrazio mentalmente Harry per avermi fatto prendere la sua felpa. Cominciamo a camminare in silenzio uno accanto all'altro, finché non sono io a parlare.

"Josh come sta? Come si trova nella mia università?" chiedo incrociando le braccia al petto per ripararmi in qualche modo dalle folate di vento.

"Sta bene, finalmente ha lasciato il mio appartamento ed ha trovato un posto tutto suo" ridacchia scrutando i vari palazzi che superiamo camminando. "Megan l'hai più vista?" mi chiede voltando lo sguardo verso di me.

"Megan ultimamente non la sto vedendo molto per via del tirocinio, però Christine mi ha chiesto se posso tenerla con me un paio di giorni alla fine di questo mese, dovrà stare via per un convegno di lavoro fuori città" affermo ricambiando il suo sguardo. "Credo che lei e Johnny stiano tornando insieme e la scusa del convegno di lavoro le serva per passare del tempo con lui" ridacchio spostandomi una ciocca di capelli mossa dal vento dietro l'orecchio.

"Suppongo che questa cosa te l'abbia detta Megan, quella bambina racconta tutto a tutti" ride prima di far tornare lo sguardo davanti a sé.

"Se vuoi puoi passare a trovarci quando starà da me, mi chiede spesso di te" dico sospirando. Harry sta per rispondermi quando sento una voce chiamare il mio nome. Mi volto e mi trovo davanti Andy.

"Quanto tempo!" esclama prima di avvolgermi in un abbraccio. Ricambio leggermente la stretta per poi affrettarmi a staccarmi da lui.

"Come stai?" chiedo per essere cortese. Non ci vediamo da almeno 6 anni, non so davvero cosa dire.

"Bene, bene, anche tu non sembra che te la passi male" ridacchia scrutandomi dalla testa ai piedi. Mi sento abbastanza a disagio sotto il suo sguardo.

"Come mai da queste parti?" chiedo per cercare di distrarlo e fargli smettere di scrutarmi con così tanta insistenza.

"Ho una cena di lavoro in un ristorante davanti King's Cross, ma qui vicino è impossibile trovare parcheggio perciò ho lasciato la macchina abbastanza lontano e ora sto raggiungendo il ristorante a piedi" ridacchia facendo spallucce. Okay, non ho altre domande di riserva per cui mi limito ad annuire. Harry si schiarisce la voce per far notare a Andy la sua presenza. Così sposta lo sguardo su di lui. "Non mi presenti il tuo amico?" ridacchia guardando Harry.

"Sì, Andy lui è Harry, Harry lui è Andy" dico in maniera sbrigativa, non mi va di tirare questo incontro per le lunghe.

"Come mai conosci Jane?" chiede Harry con finta nonchalance. NO, no, no, non l'ha chiesto davvero, non può averglielo chiesto, maledetta me e la mia idea di passeggiare.

"Io e Jane siamo stati insieme un paio d'anni, andavamo al liceo insieme" afferma sorridendo ad Harry prima di guardare me e lanciarmi uno sguardo di intesa. Okay, è troppo, direi che possiamo anche finirla qui, ci manca solo che Andy faccia la stessa domanda ad Harry e sono sicura che questa sorta di equilibrio che abbiamo trovato io ed Harry in quest'ultimo periodo andrà a farsi fottere definitivamente.

"Ora ti lasciamo andare, non vorrei farti fare tardi al tuo impegno di lavoro" dico accennando un finto sorriso.

"In effetti si è fatto tardi.." afferma guardando l'orologio sul suo polso. "..però è stato bello rivederti. Rimarrò in città per un'altra settimana, ci potremmo vedere per un caffè se ti va" propone sorridendo.

"Okay, poi ci sentiamo" mi affretto a dire mentre comincio ad avviarmi verso la parte opposta alla sua.

"Perfetto" lo sento dire. Gli faccio un cenno con il capo in segno di saluto e mi giro dandogli le spalle. Pericolo scampato. Tiro un sospiro di sollievo e continuo a camminare verso casa accanto ad Harry. E' silenzioso e posso solo immaginare la quantità di pensieri che occupano la sua mente in questo momento.

"Per la cronaca, non ha il mio numero di telefono per cui non lo sentirò mai più" mi affretto a dire.

"E questo lui non lo sa?" chiede con la fronte corrugata.

"Come al solito era troppo preso da se stesso per rendersene conto" faccio spallucce incrociando di nuovo le braccia al petto.

"Non mi avevi mai parlato di lui" afferma guardando davanti a sé.

"Non lo ricordo troppo volentieri, mi ha lasciata per via della malattia. Oltretutto non mi avevano ancora diagnosticato nulla, ma era l'anno in cui stavo male e nessuno capiva il perché. Lui era un ragazzino immaturo, ancora di più rispetto ad adesso, e voleva stare con qualcuno con cui divertirsi ed io in quel periodo avevo a malapena la forza di alzarmi dal letto per andare a fare pipì" ridacchio guardando il basso. Non credevo di dover ricordare ancora quel periodo, è passato così tanto tempo.

"Allora è davvero un coglione come pensavo" ridacchia anche lui accostandosi lateralmente al portone del palazzo. Gli sono grata per il fatto che abbia capito la situazione e per questo non abbia fatto altre domande a riguardo. Tiro fuori le chiavi dalla tasca dei pantaloni e apro il portone.

"Okay, allora ci si rivede in giro" dice accennando un sorriso.

"Non ti va di rimanere da me stanotte?" chiedo senza riflettere. Lo vedo spiazzato dalla mia domanda e in difficoltà su cosa dire.
"Come non detto, sono stata troppo avventata, scusa, ci si vede in giro" ridacchio in imbarazzo mentre entro nel palazzo e comincio a salire le scale.

"Aspetta Jane" sento dire, così mi volto verso l'entrata.
"Certo che mi andrebbe di rimanere con te" dice sorridendo. Sorrido a mia volta, facendogli cenno con il capo di salire. Facciamo le scale in silenzio e appena siamo dentro casa, lo vedo cominciare a sistemare il divano.

"Non vuoi dormire di là?" chiedo mentre mi sfilo la felpa e la poggio su un bracciolo del divano.

"Non vorrei fare cavolate, ci abbiamo messo tanto ad arrivare fino a questo punto" afferma cominciando a sbottonarsi la camicia.

"Ma non dobbiamo fare niente, solo dormire" dico facendo spallucce. Devo sembrare veramente patetica, non so perché mi sto mettendo così tanto in ridicolo. Non aspetto una sua risposta, mi avvio verso il corridoio ed entro in camera. Mi tolto il top, prendo dalla sedia accanto al letto la solita maglietta che uso per dormire e la infilo. Tolgo anche i pantaloni e prendo dalla stessa sedia degli shorts larghi che uso come pigiama. Mentre li sto infilando sento la porta della camera aprirsi ed Harry sbucare dal corridoio.

"Okay, dormiamo allora" dice dirigendosi verso l'armadio. Io prendo posto sul letto, rintanandomi sotto le coperte. Lo vedo tirare fuori dei pantaloni della tuta che non credevo avesse lasciato qui, dopodiché si volta per darmi le spalle e si sfila i jeans. Distolgo lo sguardo e mi metto su un lato per non guardarlo e non rischiare così di cadere in tentazione. Dopo pochi secondi sento il materasso muoversi, indice del fatto che anche lui è sdraiato sul letto.

"Buonanotte" dico chiudendo gli occhi.

"Buonanotte" lo sento dire sospirando.

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