The Nutcracker Suite

By Lizzbee23

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Germania, 1940 Ester aveva sempre voluto scappare da quella prigione che era la sua vita, dove non poteva più... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16

Capitolo 9

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By Lizzbee23

Si risvegliò tra le lenzuola del letto, ma non ne uscì come faceva di solito iniziando la giornata.

Non aveva la forza di alzarsi, semplicemente reputava inutile continuare a provare a fare qualcosa sapendo che le sarebbe toccata la stessa sorte.

Le vennero a fare visita Helene e Daiana preoccupate portandole un po' di cibo, cercando di capire che avesse e che le fosse successo, ma Ester le congedò dicendo che si era presa soltanto una semplice influenza.

Venne perfino Karl, portandole un libro che non toccò e neanche guardò.

Wilm si fece vivo la sera. –Ester?.- gli si sedette accanto, sul piccolo letto messo nella stanza impersonale di Ester, che l'aveva lasciata grigia e informale.

-Sto bene, puoi andare.- si limitò a dire lei freddamente.

Parlare con lui era l'unica cosa che in quel momento non voleva fare.

Wilm la osservò insistentemente. -Ester guardami. -

Non aveva il coraggio.

-Fallo. - a quel punto Ester lo guardò dritto negli occhi, che erano grigi e pensierosi.

Le leggevano l'anima quei maledetti occhi color del mare d'inverno.

S'impedì di provare sentimenti positivi, ma ormai il solito tepore era riuscita a riscaldarle il petto cancellando in parte l'atroce dolore che la stava soffocando.

-Che è successo? - le uniche parole che aveva bisogno di sentire.

Gli raccontò tutto, di come aveva visto morire una cinquantina di persone davanti a lei insieme ai zii e le cugine e di come l'aveva rotta, di come non aveva voglia di fare nulla e di come sapeva che sarebbe morta anche lei insieme ai suoi genitori.

-No! - urlò Wilm prendendola d'impeto e stringendola a se. -No.- ripeté sottovoce, facendola sospirare per quella vicinanza cosi gradita e cosi riparatoria.

-Ester, ti prego non perdere la speranza. Non morirai, io non lo permetterò, ti porterò di nuovo a casa dai tuoi genitori e lavorerai alla sartoria da mia madre.

Non devi arrenderti, questa guerra finirà e io ti starò sempre accanto, devi solo promettermi che non perderai la speranza.- le prese il viso e la guardò così intensamente che si sentì scoperta, messa a nudo dei suoi sentimenti.

-Adesso i tuoi zii e le tue cugine sono in un posto migliore, mi hai detto più volte che credi in quel tuo Dio buono, e che lui farà abitare il suo popolo nella terra dove scorre il latte e....-

-Sono venuto a liberarlo dalla schiavitù degli Egiziani, lo farò uscire da quel paese e lo condurrò verso una terra fertile e spaziosa dove scorre latte e miele.- ripeté a memoria.

-Quello, quindi devi essere felice per loro che non dovranno vivere più con l'incertezza di una vita da perseguitati...no?- le sorrise sghembo.

Un'altra ondata di calore le colpì il petto. -Credo... di sì. -

-Allora andiamo a farci una bella passeggiata nella ferrovia?- Ester gli sorrise, alzandosi e cercando di rimuovere i brutti pensieri che le aleggiavano nella testa, pensando che Sarah avrebbe voluto che pensasse positivo.

-Fuori, devo vestirmi.- spinse leggermente Wilm, che le rivolse un sorriso malizioso. 

-E mi dovrei perdere questa scena?-

-Per quello non hai Krista?- gli rispose ironica lei.

-Vedo che ti sei ripresa velocemente.- rise lui uscendo dalla stanza.

Qualche minuto dopo erano mano nella mano nella ferrovia, il solo rumore che si sentiva era il tacchetto di Ester che batteva contro il legno del binario in quella mattinata perfetta, il sole era coperto da delle nuvole passeggere e il paesaggio era spruzzato di qualche cumulo di neve che resisteva ancora al tempo che mutava.

-Comunque mi manca ancora correre da città a città, a tal proposito ho una proposta.- annunciò Wilm d'improvviso.

Ester si girò verso di lui interrogativa. -Vuoi andartene cosi su due piedi? -

-Oh, di meglio.- Frugò in tasca e uscì una mazzetta di soldi.

-Dove li hai presi?!- esclamò Ester sorpresa.

-Karl ha una cassaforte nel retro del magazzino, dove contengono le scorte di cibo.-

-Come l'hai scoperto?- quel lato dell'edificio era praticamente l'unico posto dove solo Karl poteva entrare, Ester aveva visto quel luogo soltanto un paio di volte per aiutare il suddetto ma non aveva notato nessuna cassaforte.

-Krista mi ha fatto una soffiatina a proposito.- a quel nome Ester sciolse l'intreccio che avevano formato involontariamente le loro dita.

-Indovino, è bastata una carezza nell'interno coscia e si è sciolta subito? Oppure le hai promesso che sarete scappati insieme? - la rabbia montò il cuore della ragazza, ne aveva abbastanza di quei giochetti, proprio ora che aveva bisogno di supporto non voleva più sentirla nominare.

-Ma cosa... smettila di dire stronzate Ester, perché devi pensare sempre il peggio? Io non devo chiederti il permesso se voglio provarci con una ragazza.-

-Allora dovresti evitare di fare lo stesso con me, perché a quanto pare il piccolo Lord vuole essere libero dagli obblighi, ma qui l'unica che ci rimette sono io!- si sfogò Ester non pentendosi di una sola parola pronunciata.

Wilm rimase di sasso. -Eh? -

-Mi hai sentito, visto che ti piace fare il Don Giovanni potresti almeno prenderti le tue cavolo di responsabilità!- urlò diventando tutta rossa, per poi avanzare davanti a lui sbuffando.

Wilm la prese per il braccio tirandola fuori dal binario e mettendosi davanti a lei.

-Ascoltami bene, sono problemi suoi se non riesce a gestire le sue emozioni e non capisce che per me è solo un gioco.-

-Allora sono un gioco anche io?- chiese non riuscendo più a trattenersi.

Era da molto che quel dubbio le aleggiava nella mente, non riuscendo a eliminarlo e aveva bisogno delle risposte.

-Tu?- chiese facendo dei passi indietro lui, come spaventato dalla figura di Ester che lo guardava tra l'infuriato e il ferito dal basso.

-Io...lasciamo stare, è che... mi confondi e non capisco cosa provi per me.- il tono della voce di Ester si abbassò fino a diventare un sussurro, anche il suo sguardo si abbassò non riuscendo più a reggere lo sguardo confuso del biondo.

Quello era un altro degli argomenti che la ragazza non riusciva ad affrontare nella sua mente, uno di quei pensieri che la ferivano e non la lasciavano respirare per l'irruenza con cui i suoi sentimenti abbattevano ogni difesa quando lo guardava negli occhi.

-Ester...- sussurrò Wilm avvicinandosi a lei, quando tutto d'un tratto un treno gli sfrecciò accanto facendoli sobbalzare.

Le loro menti erano così rumorose che non erano riusciti a sentire l'arrivo del treno.

Si girarono vedendolo passare davanti al magazzino poco distante, per poi notare che vicino l'entrata c'era uno dei furgoni delle SS.

-Wilm.- disse in allerta Ester prendendogli istintivamente la mano.

-Dobbiamo andare via, subito.- esclamò con un tono serio Wilm tirandola verso il bosco correndo così velocemente che la suddetta non riusciva a stargli dietro.

I suoi pensieri correvano così velocemente che non riusciva a ordinarli: Dove sarebbero andati? Che fine avrebbero fatto gli altri? Daiana, Salomon, Helen, Karl...

Sarebbero morti anche loro come gli zii?

Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre udiva chiaramente il rumore dei fucili sparare in lontananza, mentre uno stormo di uccelli si levava verso l'alto danzando nel cielo sulle note di Le bar de l'escadrille.

***

Avevano camminato almeno per 10 minuti buoni senza meta, Ester stava per avere una crisi perché Wilm sembrava sperduto quanto lei.

-Puoi dirmi per cortesia dove diamine stiamo andando?!- chiese quasi urlando.

Wilm si fermò all'improvviso. -A Babelsberg.- ricominciò a camminare silenzioso davanti a lei non riuscendo a sbrogliare la mente di Ester.

-Ci metteremo una buona mezz'ora, te ne rendi conto?- sospirò, sapendo già la risposta.

-E' l'unica via.- Wilm sembrava affranto ma soprattutto preoccupato, teneva il nuovo sigaro ciondolante tra le labbra sottili, era la stessa marca che fumava Karl quindi supponeva che avesse preso quelli oltre che i soldi, gli occhi grigi erano rivolti verso il terreno muschioso e a tratti coperto dalla neve ormai quasi sciolta che aveva reso il terreno fangoso.

La mascella delineata era contratta e i capelli spettinati gli ricadevano davanti al viso oscurandolo, il ragazzo prese con un movimento veloce tra l'indice e il pollice il sigaro buttando via tutto il fumo dalla bocca e dalle narici, come se potessero essere tutte le parole che aveva macinato in quei 10 minuti ma che non aveva il coraggio di esprimere in sillabe.

A quel punto Ester distolse lo sguardo per non ricevere il fumo in faccia e fu il turno del ragazzo di guardarla.

I suoi capelli erano stati acconciati in una treccia che aveva raccolto sulla testa con delle forcine, teneva il viso basso, le lentiggini spiccavano nella carnagione pallida della ragazza e gli occhi castani erano annebbiati dalla confusione e dal dolore della perdita, alcune ciocche sfuggite dalla pettinatura le ricadevano sulle clavicole scoperte dalla scollatura della camicetta bianca.

Gli ricordò di quando la osservava mentre cuciva alla sartoria, di come voleva sistemare quei capelli ribelli, cosa che non aveva mai osato fare per non riceversi una strigliata da parte della ragazza.

Si ricordo delle sue parole.

"Sono solo un gioco?''

La risposta era chiara nella testa bionda del ragazzo, era un no, non era solo quello.

Era un'amica fidata, si ricordava di come gli aveva stretto la mano nel rifugio antiaereo a Potsdam recitando silenziose preghiere a canti al suo Dio, eppure tra quelle parole non c'erano solo la credenza di una fervente e la disperazione, c'era soprattutto la speranza.

Gli era stato accanto tutta la notte a cantargli una ninna nanna in una lingua a lui sconosciuta e lo guardava in un modo in cui Krista non avrebbe mai potuto guardarlo.

I suoi occhi castani lo facevano vibrare da capo a piedi e lo squadravano con una dolcezza simile a quella che rivedeva negli occhi chiari della madre Sonja quando ritornava a 5 anni con le ginocchia sbucciate ma sorridente.

Ester lo rimproverava, riusciva a mettere in riga quel suo spirito selvaggio e questo lo faceva arrabbiare ma allo stesso tempo lo affascinava, amava quando sorrideva e attorcigliava una ciocca di capelli dalla folta chioma quando era nervosa.

Si ricordò della prima volta che l'aveva vista al parco insieme ai suoi amici e di come aveva offerto dei dolcetti a un bambino, di come lo avevano attirato i suoi capelli come le carote appena colte e il suo sguardo senza pretese.

Krista per lui era solo un momentaneo divertimento per placare la noia che circondava i giorni al magazzino, ma non provava niente in confronto a ciò che provava per la compagna di viaggio.
Doveva solo dare un nome a quella emozione.

Alzò lo sguardo vedendo la città che si parava dinnanzi a lui.

-Siamo arrivati.- sottolineò Ester mettendo a parole ciò che aveva pensato Wilm.
-Ho notato.- replicò sarcasticamente il ragazzo.

Ester ignorò il commento privo di tatto di Wilm ammirando la piccola città. –Volevo venirci con i miei genitori...- la voce le si ruppe inconsapevolmente.

-Beh, ci sei venuta con un attore di fama mondiale.- replicò il ragazzo cercando di farla  distogliere da quel ricordo doloroso.

-Sarebbe?- chiese dubbiosa Ester.

-Ma me, sciocchina.- rise divertito mentre si avviava verso il parco di Babelsberg, dove alcune persone si godevano il poco sole che illuminava pallidamente il prato verde.

Si sedettero lì, in tranquillità mentre dei bambini giocavano a palla più in là, Ester con la testa appoggiata sulla spalla di lui e Wilm con una mano sul suo fianco.

Wilm poteva sembrare veramente stupido per fare quelle battutine, eppure non voleva vedere Ester così triste e depressa.

Lui cercava di non pensarci, lei ci pensava fin troppo.

-Che faremo? - sussurrò Ester guardandolo di traverso.

-Non ne ho idea... ho abbastanza soldi per comprare un appartamento, potremo rifugiarci li.-
-Per poi essere scoperti di nuovo?- lei chiuse gli occhi ormai stanca di scappare.
Wilm rimase in silenzio, troppo sconvolto per parlare.

Più in là c'erano due soldati, uno era alto e massiccio, con la testa calva e la fronte più larga che avesse visto e accanto a lui un uomo che conosceva bene.

Era alto quanto a lui, portava i capelli tutti tirati indietro e i baffi castani curati, gli occhi vispi e furbi analizzavano il prato, fino a incontrare i suoi.

Lui era la SS con cui si era scontrato il giorno che aveva incontrato Ester, colui che gli aveva procurato il famoso occhio nero.

Gli occhi color pece scintillarono di felicità, una felicità malvagia e contorta che si sarebbe abbattuta sui due ragazzi.

Si avvicinò ai due che ormai erano all'erta, decretando ciò che avrebbe reciso le loro vite.

-Dovete venire con noi immediatamente.-

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