The Nutcracker Suite

By Lizzbee23

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Germania, 1940 Ester aveva sempre voluto scappare da quella prigione che era la sua vita, dove non poteva più... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16

Capitolo 8

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By Lizzbee23

Anno 1942

Passò Capodanno e con lui le altre festività, ormai era passato tanto tempo e la situazione aleggiava tranquilla nel magazzino abbandonato, tranne per qualche momento di preoccupazione quando passava un treno e il terreno si smuoveva come se ci fosse in corso un terremoto o un bombardamento.

La ragazza stava sistemando i bottoni nella giacca di Daiana nella sala principale del loro rifugio mentre Karl e Salomon discutevano delle ultime notizie sentite alla radio.

Avevano acceso il camino anche se il Signor Heinrich aveva detto di usarlo il meno possibile per non essere rintracciati, una mossa sconsiderata ma necessaria visto che la caldaia aveva cominciato ad avere problemi e non potevano morire di freddo.

Mentre attaccava l'ultimo bottone nero sul piccolo indumento, entrò Helene euforica.

- L'ho trovata! - esclamò tenendo in mano la copertina di un disco, Ester la riconobbe: Le bar de l'escadrille di Marie José, una cantante Francese molto brava di cui aveva solo letto il nome nelle riviste

A quanto aveva capito Helene era una sua ammiratrice sfegatata e aveva la collezione dei suoi dischi in Polonia e tra le varie cianfrusaglie appartenenti a quel luogo aveva trovato una scatola piena zeppa di dischi, da cui aveva pescato il disco della cantante.

- Ester vieni! Ti faccio vedere una cosa. - le disse prendendole la mano e trascinandola fuori tra i corridoi scuri del deposito abbandonato.

Arrivarono in un luogo indefinito, Ester immaginò che fosse un'altra ala del rifugio che a tratti sembrava un labirinto, dove in mezzo al disordine di oggetti inutilizzati c'era un grammofono rovinato, ma forse ancora funzionante.

Helene si diresse verso esso e fece partire la musica, cominciando poi a ballare un valzer con il suo partner invisibile stando attenta a dove metteva i piedi.

Ester ridacchiò mentre la guardava canticchiare e ondeggiare, poi girandosi vide che attirati dalla musica anche Salomon e Daiana erano arrivati e la osservavano divertiti, Salomon con un cipiglio tra il divertito e l'innamorato mentre Daiana danzava insieme alla sua bambolina.

Helene vedendo il marito lo afferrò cantando in quello che doveva essere un francese abbastanza storpiato, mentre il marito rideva e la stringeva a se.

La rossa osservò divertita la bambina che aveva le braccia conserte e guardava gelosa la coppia che danzava felice, mentre anche in lei comparve un guizzo di gelosia verso la coppia maritata.

Era gelosa della loro felicità, come facevano a non pensare cosa stava succedendo fuori da quell'edificio? Ai loro parenti e amici?

La risposta era solo una, una risposta che a Ester pesava riconoscere: nonostante tutto ciò che gli era accaduto cercavano di guardare il lato positivo, erano insieme e vivi.

Una morsa le strinse il cuore quando la sua mente si annidò al pensiero che più la faceva addolorare in quei giorni, cioè la sua famiglia.

Non riusciva a essere spensierata, non riusciva a guardare il lato positivo della situazione, era completamente distrutta dai suoi stessi pensieri e insicurezze e guardando la famigliola felice non faceva altro che auto lesionarsi ripensando ai bei momenti passati con Sonja e Wilm alla merceria, all'accoglienza della propria casa vicino al fiume Elba, alle passeggiate con Sarah e la cattedrale di Magdeburg.

Ormai col morale a terra si allontanò dal luogo, avvicinandosi all'uscita sul retro, dove la neve era attecchita al suolo e la foresta era silenziosa.

Trovò Wilm seduto sulle scale che guardava silenziosamente il paesaggio, gli tocco la schiena con la punta degli stivali.

-Ciao..- sussurrò Wilm girandosi verso di lei assonnato, forse un pò disturbato dal richiamo.

-Vieni a fare una passeggiata con me?- chiese sorridendogli dolcemente.

Wilm non proferì parola, invece si alzò mettendosi le mani nelle tasche e cominciando a scendere le piccole scalette seguito dalla ragazza, che si mise accanto a lui inoltrandosi insieme nella foresta.

Era da tempo che non stavano da soli cosi, nel rifugio esisteva perpetua la sensazione di essere perennemente osservati e che la minima parola sussurrata arrivasse alle orecchie di tutti.

In quella solitudine agognata decisero di stare insieme in silenzio, godendosi l'aria fresca e il rumore graffiante dei passi nella neve, gli alberi che li circondavano e la luce pallida del sole che si posava sulle fronde dei sempreverdi.

Wilm prese parola. -Ester, sei cambiata. -

-Beh anche tu, non accendi un sigaro da meno di venti minuti e ho cominciato a preoccuparmi. -
Al ragazzo scappò un sorriso. - Intendevo seriamente, e comunque li ho finiti. -
-In quale aspetto sarei cambiata? -

Wilm esitò per qualche minuto, poi disse: - Quando ti ho conosciuta eri paranoica, petulante e permalosa. -

- Permalosa? Stando con te ho raggiunto un livello di pazienza che solo pochi riescono a pervenire. - replicò infastidita Ester, facendo ridere il biondo.

-Adesso ti vedo molto più seria, quasi malinconica, persa nei tuoi pensieri e...triste .-
-Tu sei rimasto lo stesso invece.-

-Ester, non devi preoccupare per la tua famiglia, saranno al sicuro da qualche parte.- Wilm ignorò il suo tentativo di cambiare discorso guardandola, ma lei non si girò continuando a camminare, sospirando. -E noi siamo salvi, cosa ti turba ancora? -

-Certe volte penso che tu sia veramente ottuso. - rispose innervosita lei. - Sei un osservatore, si, ma non ascolti. -

- Dovrei? - chiese il ragazzo.

-Si, Wilm.- Ester prese un grande respiro, facendo passare l'aria congelata giù per la faringe. -Anche se cerchi di confortarmi, la mia "tristezza'' non passerà grazie a due paroline magiche, ho ancora mille dubbi, nulla è certo. - sospirò creando aria condensata che prendeva la forma delle parole non dette nell'aria.

-Purtroppo non posso fingere felicità, alla fine la famiglia di Salomon è tutta intera e si sostiene a vicenda e Krista ha Hazel, Karl non ha bisogno di nessuno e io...-

Wilm ridacchiò, per poi accarezzarle la testa. - Tu hai me.-

-Si certo, passi il tuo tempo in solitario o a sbaciucchiarti con Krista. - Wilm continuava a fare tira e molla con la giovane, Ester li aveva scoperti di nuovo ma quella volta aveva evitato di sparare sentenze sapendo per certo che per il ragazzo lei era solo un gioco.

Lui ridacchiò. -Non sembri arrabbiata. -

-Non mi importa di lei, è soltanto una stupida.- fece spallucce guardandolo negli occhi. -A me importa del fatto che imbottigli i tuoi sentimenti e mi lasci completamente sola a combattere con i miei... uscirò pazza prima o poi.-

-Lo faccio perché non voglio addossarti un'ulteriore peso.- fece scivolare la mano sulla sua spalla, distogliendo lo sguardo. -Non voglio farti soffrire.-

-Lo fai lo stesso invece.- rispose subito lei. -Sei l'unica persona di cui mi fido veramente in questo rifugio, non so mai cosa ti passa per la testa e questo mi sconforta.-

Wilm la guardò negli occhi inumidendo le labbra, prendendole le piccole mani delicate racchiuse dal guanto di lana e le strinse.

-Beh, te l'ho detto, cerco di non pensarci... se la malinconia fa capolino cerco di distrarmi, non mi piace mostrare le mie emozioni.- le strinse le mani, per poi sollevarne una e accarezzarle la guancia, spostandole una delle ciocche dei suoi capelli color carota dietro l'orecchio.

-Ma... si, provo esattamente ciò che provi tu, mi manca mia madre, la mia casa, mi mancano i miei amici e trovo insopportabile questa prigionia, vorrei soltanto scappare e andarmene in un luogo dove posso esternare ciò che sono veramente.- Wilm chiuse gli occhi per un attimo, per poi riaprirli coperti da una patina lucida.

-Non sei da sola Ester, anche se ti senti in quel modo e io sono lontano o in disparte, sappi che sto cercando di contare tutte le lentiggini che hai sul viso e di capire come si sono allineate in tal modo da formare una perfetta armonia.-

Ester gli sorrise mentre il suo cuore veniva avvolto da un dolce tepore, finalmente si rilassò sapendo che il ragazzo aveva condiviso una fetta dei suoi sentimenti con lei, si sentiva decisamente meno isterica.

-Ti prometto che cercherò di starti più accanto e sostenerti, va bene?-

-Grazie Wilm.- gli baciò la guancia stringendolo a se sotto le fronde degli abeti e dei pini che li osservavano dall'alto silenziosi.

Il ragazzo la strinse a se per lunghi minuti, era come se fossero diventati una cosa sola, il paesaggio, gli alberi, la ferrovia e il loro abbraccio, quell'abbraccio agognato ma temuto da entrambi.

Quando si sciolsero si guardarono negli occhi, quelli nocciola con quelli grigi, mentre Wilm decise di imbottigliare una nuova emozione senza titolo, quella emozione che provava quando Ester gli sorrideva dolcemente.

-Chi arriva ultimo lava i piatti!- urlò lei mentre cominciava a correre tra la selva, facendo sobbalzare il ragazzo.

-Oh, no fermati!- urlò il ragazzo seguendola, affondando gli scarponi nella neve.

***

Dopo quella passeggiata in mezzo alla neve Wilm si fece più affettuoso nei confronti dell'ebrea, la cosa metteva leggermente in imbarazzo la ragazza visto che lo era anche davanti agli altri.

La abbracciava e si accoccolava con lei sul divano mentre leggeva, intrecciava le mani con le sue sotto il tavolo e la guardava mentre aiutava col bucato, e quando lo beccava a osservarla lui sfoggiava il suo sorriso sghembo che per Ester era ormai diventato irresistibile, la guardava con quei occhi magnetici che le faceva rabbrividire da capo a piedi, si ritrovava a fantasticare su di lui nei momenti meno opportuni.

Helene ormai li guardava da lontano canticchiando Star Eyes di Helen O'Connell che sembrava scritta su misura per Wilm, e saputa in seguito la scarsa traduzione di Salomon che masticava un po' di inglese la ragazza si imbarazzava al sentire anche solo le prime due note.

Krista, a cui la cotta sembrava passata tornò più fervente e gelosa di prima, stando molto tempo a conversare con Wilm nel sottotetto che a quanto pareva era diventato il loro posto segreto.

Eppure Wilm sembrava sempre più intento a stare con Ester, a sfogarsi con lei, questo porto la giovane innamorata a compiere un'azione sconsiderata, ma guidata da quel primo amore.

Una sera, mentre Ester stava rammendando una camicia di Salomon, Krista entrò furente, prendendola per il braccio e trascinandola verso il sottotetto.

-Ma che...- Ester non fece in tempo a replicare che erano già davanti al ragazzo che divertito era appoggiato a una delle colonne di legno che reggevano il tetto.

-Voglio che tu ora decida!- urlò Krista fuori di sé e con le lacrime agli occhi.

La rossa non aveva notato lo stato in cui si era presentata la giovane, aveva alcune ciocche sfilate dalla consuete trecce, la camicia era per metà aperta e le si poteva intravedere il bordo del reggipetto color panna.

Ester fece scivolare lo sguardo su Wilm che aveva anch'esso la cintura slacciata e il maglione fuori dai pantaloni.

Capì subito la situazione antecedente e una morsa le strinse la bocca dello stomaco, aveva voglia di schiaffeggiare il ragazzo per quanto fosse opportunista e schifoso, ma mantenne la calma.

Fece un grande respiro e incrociò le braccia, guardando Wilm con gli occhi di rimprovero. -Ogni azione ha una conseguenza, Wilm.-

Lui rise sornione, risistemando i vestiti per riprendere un aspetto perlomeno decente. -Ma io non ho fatto nulla.-

-Mi hai illusa!- strillò la bionda portandosi le mani al viso. -Io mi sono innamorata di te... e... voglio che tu decida!-

Guardò Ester in cagnesco, con gli occhi rossi e gonfi. -Me...o lei.-

Lui sondò le risposte, passando da un viso all'altro con sguardo concentrato, Ester sapeva che stava valutando le risposte e come poteva manipolarle a suo piacimento.

Era avventato, ma non stupido.

-Io scelgo me stesso.- rispose infine.

-Smettila con i tuoi giochetti! - singhiozzò abbottonandosi la camicetta Krista.

-Io non ci credo che state qui a giocare ai fidanzatini mentre fuori c'è una guerra in corso.- la rabbia repressa salì fino a farle vibrare la voce. -Non è il caso di scegliere qualcuno o meno, dovremmo preoccuparci di rimanere vivi e essere razionali. -

Ester guardò entrambi, Krista ora si rifaceva le trecce evitando lo sguardo di rimprovero della ragazza mentre Wilm agganciò il suo sguardo con i suoi occhi ora di un blu simile al cielo di mezzanotte e il suo sorriso malizioso.

Sapeva che quelle parole erano rivolte in modo specifico a lui e la sfidava a continuare.

-Se dovete fare queste discussioni stupide, tenetemi fuori dai vostri battibecchi.- Ester voltò lo sguardo e camminò lentamente verso la porta. -Ho cose più importanti a cui pensare ora.-
Uscì gelida dallo stanzino e si diresse verso la cucina dove aveva lasciato la camicia ormai sistemata di Salomon.

Con la mente atrofizzata ripiegò l'indumento su una delle sedie e poi si voltò e entrò nella sua camera, sedendosi sul suo letto e infilandosi la camicia da notte, abbandonandosi ai pensieri che aveva interrotto fino a quel momento.

Non voleva ammettere che era rimasta di stucco alla risposta del ragazzo, aveva deciso di non scegliere, forse per orgoglio o per opportunismo, dopotutto i maschi avevano bisogno di uno "sfogo'', no?

Ma era ferita, pensava di contare più di quella ragazzina innamorata... eppure non lo era anche lei?

Cercò di prendere sonno con poco successo, ora i pensieri si accavallavano uno sopra l'altro e i ricordi riaffioravano, così decise di alzarsi.

Si vestì indossando il cappotto e andò nelle scale sul retro, scendendo e avviandosi nel mezzo del bosco dipinto di un bianco quasi accecante, in contrasto con la volta celeste puntinata dalle stelle che solo fuori città si potevano ammirare.

Ripensò a come si erano abbracciati e si erano guardati negli occhi lei e Wilm in quel luogo e un piccolo sorriso le incurvò le piccole labbra piene, mentre si avviava ancora più in fondo nel fitto bosco.

Continuò a camminare godendosi l'aria fresca che quella sera era sopportabile, mentre camminava sul terriccio biancastro, nei mesi Natalizi la neve arrivava fino al ginocchio mentre in quel momento erano a Gennaio inoltrato e la neve si era sciolta nonostante il freddo rimanesse presente, penetrando fino alle ossa.

Si rilassò fondendosi completamente con la foresta, quando d'improvviso la terrà tremò e Ester senti il treno fermarsi con un forte fischio, capendo di essere arrivata all'altro lato della ferrovia, doveva aver camminato tanto.

Si appostò dietro una quercia dal tronco spesso osservando cosa accadeva, dei soldati nazisti stavano scendendo dirigendosi verso gli altri vagoni da bestiame, urlando di stare zitti alla gente che dentro chiedeva acqua disperatamente.

Il sangue le si gelò nelle vene mentre osservava la scena sconvolta.

Dei soldati parlarono con il capotreno e il macchinista, Ester riuscì a cogliere degli sprazzi di discussione da dietro l'albero, quel treno era destinato a Cracovia e il problema era che il carico era troppo pesante e avevano problemi a frenare e a partire, erano lenti.

I Soldati si avviarono verso i portoni cominciando a fare uscire una trentina di persone per vagone, dicendo che gli avrebbero portato dell'acqua.

Ester era immobile, la mente le urlava di scappare e di correre via da quel posto, lo sapeva cosa stava per succedere a quelle povere persone che portavano la stella di Davide e sul viso un'espressione assonnata, affamata e addolorata, ma le sue gambe erano come immobili e le sue braccia ferme.

Poi li vide.

Gli zii, Angelika e Sarah, erano tutti insieme e si stringevano impauriti.

Ester non voleva vederli morire, non voleva ma era ferma, incapace di muoversi, paralizzata vedeva i soldati trangugiare da una boccetta di latta del liquido color miele, whiskey probabilmente, preparandosi alla carneficina che stava per essere compiuta con uno sguardo annoiato, quasi fosse una cosa da poco togliere la vita a quelle povere persone.

Sarah era più magra rispetto a quando Ester aveva lasciato Magdeburg, i suoi meravigliosi occhi verdi erano confusi e impauriti, quello sguardo che la accomunava a tutti i presenti inginocchiati sul verde terreno del boschetto, i capelli ramati erano spettinati e sporchi, stringeva la sorella minore a se con protezione.

La ricordava mentre saltellava accanto a lei cercando di trovare il lato positivo in ogni cosa, quando l'aveva confortata nei momenti più difficili e quando le sollevava il morale con il suo sorriso radioso, quando la chiamava fuori da scuola sorridendole e prendendola a braccetto, le serate a parlare delle compagne di classe e a piangere insieme, ridendo a crepapelle.

Le SS presero il fucile e Ester seppe che quella era l'ultima volta che la vedeva.

La notte silenziosa fu macchiata di rosso, di urla di dolore e di terrore puro.

Li vide morire a uno a uno, prima Angelika e Sarah e poi gli zii e vennero lasciati lì, corpi senza vita accatastati l'uno sopra l'altro in attesa che qualcuno li seppellisse, ma non venne nessuno.

Infine i generali diedero un pugno ai vagoni urlando di stare zitti alle persone disperate all'interno, per poi far ripartire il treno.

Ester cadde in ginocchio con il petto che si era riempito di coltelli e la gola di urla, pianse e urlò tremando scossa dai singhiozzi, pianse finché la gola non le fece male e gli occhi non le pulsarono per aver versato troppe lacrime.

Aveva perso le persone che amava e al solo pensiero che quella sorte fosse toccata pure alla madre e al padre le risucchiava via tutta la voglia di continuare a lottare, continuare a sopravvivere.

Strinse forte a se l'anello che portava al collo a mo' di ciondolo, per poi vomitare sul terreno sottostante, quasi il suo corpo volesse sbarazzarsi di quei sentimenti che si erano andati ad aggiungere a una pila già di per sé instabile.

Con gli ultimi sprazzi di forza che le rimanevano si alzò correndo via da quella scena sanguinolenta, ricordando i loro visi vivi, rosei e dolci che la abbracciavano e la sostenevano.

Loro adesso non c'erano più.

Con le piante e i rami che le sfregiavano la pelle esposta dal cappotto, Ester corse fino a che non le fecero male i piedi, cercando di fuggire da quella scena che l'aveva portata a una realtà più mostruosa e crudele di quella che già viveva, lontana da un'innocenza infantile avvolta ormai dal rimpianto della memoria.

Quando fu abbastanza lontana si lasciò cadere a terra singhiozzando e piangendo, era come se la disperazione si fosse insediata nelle sue viscere e attaccata in modo permanente alle pareti del suo corpo.

Pianse fino a che non si calmò guardando apatica il cielo notturno pieno di stelle.

La neve le aveva congelato le mani e il freddo la faceva tremare, ma non si spostò.

Cantò la ninna nanna della zia, ricordandosela ancora:

Layla layla haru'ach goveret

Layla layla homa hatzameret

Layla layla kochav mezamer

Numi numi kabi et haner

Numi numi kabi et haner

Layla layla

Numi numi kabi et haner

Layla layla itzmi et enayich

Layla layla baderech elayich

Layla layla rachvu chamushim

Numi numi shlosha parashim

Numi numi shlosha parashim

Layla layla

Numi numi shlosha parashim

Layla layla echad haya teref

Layla layla sheni met bacherei

Layla layla veze shenotar

Numi numi et shmech lo zachar

Numi numi et shmech lo zachar

Layla layla haru'ach goveret

Laila, laila, homa ha tzameret

Laila, laila, rak at mechaka,

Numi, numi, haderech reika

Numi, numi, haderech reika

Layla layla

Numi, numi, haderech reika.

Poi si alzò ciondolando e ripercorse la foresta a ritroso, non guardandosi indietro.

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