Come la pece

Por lettrice_incognita

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Teen drama. "Trovai il coraggio di alzare gli occhi nei suoi. Erano neri come la pece e profondi come un pozz... Más

1. La ragazza della porta accanto
2. Quando le tende sono inutili
3. Salvami
4. Dov'è andato?
5. Insonnia
6. Nessuno da cercare
7. Dubbi
8. Rosso Malpelo
9. False accuse
10. Il primo indizio
11. 72h in un solo giorno
12. Cosa mi succede?
13. Sepolte nella cenere
14. E... se fosse lui?
15. Algebra e pancake
16. Illegale
17. Cedimenti
18. Grigliate e salotti
19. Rotture
20. Vecchio giocattolo
21. Notti tormentate
22. Pozzanghere
23. Amleto
24. Chicago
25. Mc
26. Romeo e Giulietta pt.1
26. Romeo e Giulietta pt.2
27. Pool party
28. Così per sempre
29. Litigi e notti stellate
30. Ti prego, Wendy
31. Verità a galla
32. Boschi e grigliate
33. Alzarsi e sorridere
34. Hale
35. Rabbia, autocommiserazione, rabbia, isolamento
37. La partita
38. Adrenaline in my veins
39. Toga e tocco blu
40. Prom
41. This girl is on fire
42. The end

36. Riappacificamenti

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Por lettrice_incognita

Voglio stare a casa.

Morsi la mela con un sonoro crack.

Non voglio vederlo.

Masticai e la mandai giù.

Avevo paura che avessero avuto tutti ragione all'inizio. Forse non avevano avuto così torto a puntare il dito contro i nuovi abitanti di West Chester. La loro famiglia aveva sempre quell'aria misteriosa, diffidente. Si stavano nascondendo da qualcosa?

Forse sì.

Morsi la mela.

Forse non era una coincidenza che Stephen fosse morto qualche giorno dopo il loro arrivo. Stavo pensando che potevano essere i sicari di qualcuno.

Insomma, cosa poteva mai avere a che fare Stephen con loro? Forse erano venuti ad ammazzarlo per terze persone.

Aiden mi aveva per forza depistato con tutti quei discorsi sulle gare. Forse Stephen non c'entrava proprio nulla con le corse di auto.

Ma Bolton? Perché mi aveva minacciato? Lui doveva essere coinvolto in tutto quel casino.

Appoggiai la mela sul tavolo, sentendo quei pochi bocconi che avevo mandato giù bloccati all'altezza dello sterno. Avrei voluto vomitare tutto e liberarmi da quella sensazione.

Avevo troppe domande, troppi forse. E non avevo più nessuna certezza.

- Wendy? Sei pallida -. Mia madre mi scrutò con apprensione.

- Sto bene - risposi.

- Sicura? -.

Annuii, alzandomi da tavola per sottrarmi dal suo sguardo e da quello di mio padre. Mi osservavano dalla mattina precedente, senza spiccicare una parola. Avevano probabilmente paura che mi sarei arrabbiata con loro e li avrei chiusi fuori.

- Vado a scuola -. Forzai un sorriso, trattenendo l'ennesimo conato, e mi diressi alla porta. Mi misi lo zaino in spalla e mi rivolsi al cielo, pregando di non incontrare Aiden.

Aprii la porta ed uscii. Corrugai la fronte, sorpresa di vederli lì.

Lisa guardava nella mia direzione, seduta all'interno del pick-up di Dylan.

- Ehi, andiamo? - esclamò Lisa vedendomi. Sorrise per incoraggiamento.

Salii sul veicolo, salutandoli. Perché Dylan era passato a prendermi se nemmeno ci parlavamo?

- Avete già fatto colazione? - ci chiese.

- Sì - risposi subito.

- Non volete nemmeno un caffè? -.

- Sì, un caffè ci vuole - rispose Lisa.

- Allora mi fermo al bar. Tu, Wendy? Non vuoi nemmeno un caffè? -.

- No, grazie -.

Dylan accostò il pick-up e scese.

Lisa si voltò verso di me, guardandomi con attenzione. - È la nostra ultima settimana di scuola, dovresti essere felice -.

La fulminai con lo sguardo, per poi voltarmi verso l'entrata del bar.

Il rosso acceso dei suoi capelli attirò i miei occhi, proprio mentre camminava sul marciapiede. Mi voltai dalla parte opposta, con il terrore che i nostri occhi potessero incrociarsi.

- Avete litigato? - sospirò la mia migliore amica.

- L'avevi già capito, vero? -.

Sapeva che sarebbe stato un incubo per me percorrere la strada a piedi fino a scuola al suo fianco. Non c'era persona che mi conoscesse meglio di lei.

Alzò un angolo della bocca, abbracciandomi.

La strinsi più forte che potevo, incastrando il mento nell'incavo del suo collo.

Ci staccammo di getto quando la portiera si aprì e Dylan salì sul pick-up con due buste di carta in mano. - Vi ho preso il caffè e le brioches - ci informò, togliendo il coperchio di plastica da uno dei bicchieri per prenderne un sorso.

- Ti abbiamo detto di non prenderci nulla! - lo rimproverò Lisa, ma in realtà si era rallegrata quanto me. Non tanto per il cibo o il caffè, ma piuttosto per Dylan, che aveva dimostrato di tenere a noi con quel piccolo gesto.

- Grazie - risposi, addentando la brioche al miele. Improvvisamente mi era tornata la fame.

Lisa sorseggiò il caffè, mentre Dylan ripartì, tenendo una sola mano sul volante. Un minuto dopo eravamo già nel parcheggio della nostra scuola. - Oh, c'è la professoressa di matematica. Vado a parlare un attimo - esclamò Lisa, spingendo fuori Dylan.

- Aspetta, vengo anch'io - dissi, cercando di rimettere la brioche nella busta di carta, ma stava già correndo verso l'altra parte del parcheggio, dove la nostra insegnante di matematica stava parcheggiando la sua auto.

Dylan salì, chiuse lo sportello e restò fermo a guardare Lisa. Il nervosismo che provai in quel momento mi procurò un crampo allo stomaco. Come ero finita da sola sul pick-up di Dylan?

Avrei potuto dirgli che avevo visto gli altri e andare via, o che dovevo entrare prima per ripassare. Ma tutte le scuse che mi vennero in mente in quel momento mi sembravo poco credibili e così imbarazzanti, che ero certa che la mia voce si sarebbe incrinata.

- Mi manchi -.

Quelle sue parole erano risuonate forti nell'angusto spazio in cui ci trovavamo. Non aveva sussurrato, né gridato. Non l'aveva detto per farmi compassione, ma semplicemente perché ci teneva a dirmi che era dispiaciuto. Si capiva che ci aveva riflettuto molto prima di dirlo dalla stabilità della sua voce.

I miei occhi volarono in un battito su di lui e, subito dopo, si voltò a guardarmi.

- Mi manca la mia migliore amica -.

Distolsi lo sguardo, decisamente più nervosa di prima, ma il suo non si staccò da me nemmeno per un secondo.

- Per le corse... - cominciai, cercando le parole giuste, che non uscivano più spontaneamente come una volta - Io lo dicevo per te -.

- Per questo mi manchi. Mi manca qualcuno che mi rimproveri quando sbaglio -. Si era voltato completamente verso di me, piegando la gamba sul sedile in pelle.

- Ad ogni rimprovero, rischio di perderti un po' di più. È per questo che ci siamo allontanati -.

- Anche questo è stato un mio sbaglio. Me ne sono reso conto solo ora, perché non c'e stato nessuno a farmi ragionare prima -.

Guardai di nuovo fuori, sospirando. Sui miei occhi era comparso un velo di lacrime.

- Anch'io avevo bisogno di te, ma te ne sei fregato. Hai preferito correre con delle auto e guadagnare quattro soldi sporchi piuttosto che la nostra amicizia - lo accusai, sapendo che avevo ragione. Le cose stavano effettivamente così. Se avesse avuto realmente questa necessità di denaro, poteva venire da me e avremmo trovato una soluzione. Da amica era mio dovere dargli una mano.

- Ho appena detto che ho sbagliato! - alzò la voce.

- Certe cose non si possono sistemare -.

- Secondo te, perché sono passato a prenderti? Perché ti ho preso quelle cose da mangiare? Non ti sei fatta viva per tutto il weekend, Lisa diceva che eri strana, che era successo qualcosa di brutto. Ho dimenticato tutto e le ho detto che vi avrei dato un passaggio. Perché, con te che non mi rivolgi parola, è il massimo che posso fare -. Era arrabbiato, si sentiva dal tono e dalla foga con cui parlava.

Una lacrima mi rigò la guancia, stupendomi di non averle ancora esaurite tutte. La scacciai via con una mano, sperando che non l'avesse vista.

Nessuno dei due aveva aperto ancora bocca. Le sue parole mi avevano colpita e, la mia lacrima, come un boomerang, aveva colpito lui.

Schiuse le labbra solo dopo qualche minuto, con voce mite. - Ho bisogno di te e tu hai bisogno di me -.

Alzai le palpebre e, di conseguenza, le ciglia imperlate di lacrime. Le lacrime che stavo tentando di ricacciare dentro.

I suoi occhi parlavano. Mi stava supplicando, stava piangendo dentro.

- Sì... - mi morsi il labbro, cercando le parole giuste - Ma ho bisogno del bravo ragazzo, non di quello che mi nasconde di correre con delle auto -.

- Sto cercando di sistemare tutto, te lo giuro. La situazione è un po' complicata, ma presto ne sarò completamente fuori -.

- Complicata? In che senso? -.

- Se ne parlo con qualcuno... - sospirò, guardandomi negli occhi per dimostrarmi la sua sincerità - sarà ancora più complicato -.

Annuii. Avevo capito.

Le cose si erano fatte serie. Meno lo sapevano e meglio era. In quel momento riuscii a pensare solo che, se Stephen aveva veramente fatto parte di quel gruppo, Dylan aveva alte probabilità di fare la sua stessa fine a causa di quella "situazione complicata".

La campanella suonò, prima che uno dei due potesse dire altro. Era ora di scendere ed entrare in classe. Aprii la portiera, ma mi bloccai, lasciandola socchiusa.

- Sono ancora la tua migliore amica - dissi con un accenno di sorriso.

Le labbra di Dylan si allargarono e il suo sorriso radioso illuminò tutto quello che gli stava intorno.

Poi, scesi dal pick-up e vidi Aiden guardarci da lontano.

***

Prima dell'ora di pranzo, ero riuscita ad affrontare l'ora di matematica con Aiden in classe.

Riuscita era una parolona, ma quanto meno mi ero seduta in prima fila con Lisa al mio fianco e mi ero concentrata sugli esercizi alla lavagna. Lei ogni tanto mi chiedeva di aiutarla, probabilmente perché mi vedeva lontana anni luce, persa in chissà quale monologo mentale. Appositamente o no, mi aiutava a distrarmi dai miei pensieri e dalla costante sensazione di avere quegli occhi neri attaccati alla schiena.

Quando la campana era suonata ero scappata, tirando fuori Lisa per un braccio e raggiungendo da sola l'aula di francese. Il resto della mattinata era proseguito senza intoppi. Ero addirittura arrivata a pensare che fosse andato via, ma poi lo vidi prima di andare a pranzare.

Ero passata accanto a lui proprio mentre stava posando dei libri nel suo armadietto, ma lo avevo altamente ignorato, correndo verso Bryan alla fine del corridoio. Si era messo a raccontarmi di un ragazzo con cui messaggiava, di quanto fosse carino e dolce. E che voleva chiedergli di andare con lui al ballo di fine anno.

Finsi di essere entusiasta, ma in realtà avevo solo bisogno di vomitare. Il mio biglietto era sulla scrivania da quando Aiden mi aveva invitata.

Raggiungemmo la mensa, mettendoci in fila per prendere il cibo. Avevo completamente smesso di ascoltare Bryan, che ormai era diventato parte del brusio di sottofondo. Non riuscivo a far altro che pensare a lui. Si sarebbe seduto con noi?

Cercai Lisa con lo sguardo. Avevo bisogno di lei per affrontare quella situazione.

La donna dall'altro lato del bancone mi porse un piatto di spaghetti, poi presi un panino dal cestino e una bottiglietta d'acqua. Avevo lo stomaco chiuso, così tanto da non riuscire a guardare il cibo che avevo nel piatto.

- Wendy! - urlò una voce familiare alle mie spalle. Mi girai leggermente, vedendo Lisa venire verso di me. Mi venne istintivo guardare nel sul vassoio, trovando solo una triste mela e una bottiglietta di tè.

La bionda sorrideva raggiante, fingendo che fosse tutto okay. Ci incamminammo verso il nostro solito tavolo, ancora vuoto.

Josh arrivò un paio di minuti dopo. Bryan stava ripetendo il suo monologo incentrato sulla sua vita sentimentale a Lisa mentre mangiava il suo hamburger.

- Stavo pensando una cosa - esordì il moro, venendo altamente ignorato. Per educazione mi voltai verso di lui, anche se non avevo alcuna voglia di starlo a sentire.

- Venerdì dopo il ballo potremmo fare after da me, che ne dite? - disse a voce più alta, vincendo nel suo intento di far voltare Bryan.

- No! - esclamò allegramente Dylan, poggiando il vassoio blu stracolmo di cibo tra me e Josh. Aiden era arrivato con lui e stava prendendo posto tra Bryan e Josh, proprio davanti a me.

Stavo per essere assalita da un conato di vomito. Evitai di guardarlo e mi concentrai su Dylan, che si stava sedendo al mio fianco.

- Venerdì c'è una festa. E ci andremo tutti - istruì.

Non avevo intenzione né di andare al ballo né ad un'altra festa.

- Ma c'è il prom, venerdì - sottolineò Lisa.

- Infatti è dopo, questa festa. È alla vecchia caserma dei pompieri -.

Lisa fece un verso disgustato.

- È enorme! - sbottò Josh.

- Vanno tutti lì, dopo il prom - continuò Dylan, sorridendo smagliante. Aveva già convinto Josh.

- Cazzo, ci sto. Non vedo l'ora di ubriacarmi - sbottò Bryan.

Lisa mi guardò. Nessuna delle due aveva toccato cibo, per un motivo o per un altro.

- Ma al ballo ci vai? - mi chiese sottovoce, permettendo di isolarci dal resto del tavolo.

- No, non voglio andarci -. I miei occhi lanciarono uno sguardo fugace ad Aiden, che stava mangiando in silenzio. Aveva una gran bella faccia tosta a venirsi a sedere al mio stesso tavolo.

- Possiamo andarci tutti insieme, come gruppo di amici. A parte Bryan, che porterà Tom -.

- Chi? - chiesi automaticamente.

- Il ragazzo con cui si sta sentendo -.

- Ah, sì -.

- Allora? Ci andiamo tutti insieme? -.

- Non lo so... - sospirai, lanciando un'occhiata al rosso, che non si azzardava ad alzare lo sguardo.

- Devi venire. È un modo per distrarti e stare con noi - continuò a bassa voce.

Alzai un angolo della bocca come segno di ringraziamento, ma continuavo a pensare che al ballo ci sarebbe stato anche lui. E alla fine avrei fatto tutto fuorché divertirmi.

- Certo che devi venire, bionda! - urlò Bryan, spezzando quella silenziosa conversazione tra me e Lisa. Quel giorno avevo serie intenzioni di ucciderlo.

Aiden alzò gli occhi, puntandoli naturalmente su di me.

- Lasciala fare quello che vuole - lo ammonì Lisa, tagliando corto. Il suo entusiasmo era fuori luogo; ero sorpresa che Lisa non avesse parlato di me a Bryan come aveva fatto con Dylan. Quegli occhi neri stavano mandando a fuoco ogni lembo della mia pelle.

- Eh? - rispose confuso. Dallo sguardo sembrava addirittura offeso. Aveva proprio scelto la giornata sbagliata.

Dylan si intromise, spiegando lo schieramento della squadra per la partita finale che si sarebbe tenuta il giorno dopo. Mi aveva salvata da quello sguardo.

Dopo il pranzo, corsi da un'aula ad un'altra, per poi passare l'ultima ora in quella di letteratura. Mi ero di nuovo seduta in prima fila, sicura che Aiden non mi avrebbe imitata, e in un certo senso mi sentii scoperta a stare nella sua stessa classe senza l'appoggio di Lisa.

Parafrasare quei sonetti mi distraeva più del previsto. Non facevo altro che pensare a quella parete confusa e disordinata sopra la sua scrivania. Tutte quelle pagine strappate appese una sull'altra. Tutte quelle poesie raccontavano una storia, descrivevano un sentimento.

Non potevo fare a meno di sperare che, quando la sera si sarebbe sdraiato nel suo letto, alcune di quelle poesie gli avessero fatto pensare a me. Perché io, in tutti quei mesi, non avevo fatto che pensare a lui con tutta me stessa. E con tutta me stessa l'avevo amato. E con tutta me stessa stavo soffrendo.

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