The Nutcracker Suite

By Lizzbee23

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Germania, 1940 Ester aveva sempre voluto scappare da quella prigione che era la sua vita, dove non poteva più... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16

Capitolo 3

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By Lizzbee23

Ester lavorava illegalmente in quella merceria da quasi una settimana ormai, la Signora Sonja Krämer, la proprietaria, le insegnò a cucire qualsiasi tessuto in ogni maniera, era veramente una brava insegnante.

Dopotutto era anche una brava donna, anche se aveva scoperto che il marito era un generale tedesco che lavorava al fronte, sembrava un controsenso visto che il figlio si pestava con i compagni di suo padre.

La ragazza aveva detto del suo nuovo lavoro ai genitori, all'inizio non la presero bene ma poi si abituarono alla routine che aveva intrapreso la figlia, almeno potevano godersi il lusso di mangiare qualcosa di più oltre al minestrone brodoso.

Sonja parlava costantemente del suo pargoletto, le aveva detto che Wilm aveva un carattere istintivo e giustiziere, non sopportava il regime nazista e le sue leggi e questo lo portava a mettersi nei guai, lui e i suoi amici, lei era abbastanza preoccupata per lui perché non voleva che a causa delle sue convinzioni fosse portato dietro le sbarre.

Nonostante Sonja non facesse altro che parlare di lui Ester non era riuscita a inquadrare bene il figlio, ritornava la sera tarda e si fumava un sigaro come la madre, poi passava il resto del tempo a guardarla cucire o a leggere il giornale.

Una di quelle sere la madre era ritornata per poco tempo a casa, non trovava più gli occhiali che di solito utilizzava per attaccare piccole decorazioni come perline o cose simili e Wilm, di solito silenzioso, le disse:

-Ieri quando te ne sei andata hai lasciato questo.- facendo vedere l'oggetto che teneva in mano.
Era uno dei romanzi preferiti di Ester chiamato Musica a Praga.

Raccontava di un triangolo amoroso, di solito a Ester non piacevano i romanzi rosa ma quello lo aveva catturata particolarmente per come l'autore descriveva i personaggi, tra cui Franziska, la protagonista, in cui la ragazza si rivedeva molto.

-Mi sono permesso di leggere qualche pagina, non mi sembravi così frivola.- lo disse osservando la semplice copertina di tela rossa con sguardo critico, lasciando la giovane confusa e infastidita.

-Frivola?- chiese, finendo l'imbastitura del vestito.

-E' la solita solfa, il ragazzo diviso fra due donne, una sentimentalmente e una sessualmente, e alla fine muore. Emozionante.-

-Se lo descrivi così non credo faccia una gran bella figura, ma sai, non si può giudicare il libro dalla copertina.- glielo sfilò di mano .-E grazie per avermelo ridato, ma non ti ho chiesto una recensione.-

-Infatti, sembravi una ragazza seria.- Wilm si passò la mano sulla fronte facendola scivolare dietro la testa accavallando le gambe, sfidandola con lo sguardo.

Ester sostenne lo sguardo irritata, poi con un gesto della mano lasciò cadere l'argomento, ''non ne vale la pena'' rimuginava fra se e se.

-Pensala come vuoi.- non gli diede la soddisfazione di vederla arrabbiata. -Ora devo andare, di a tua madre che ho finito l'imbastitura.-

-Domani porta un libro erotico!- sghignazzó il ragazzo facendola innervosire più di quanto aveva fatto prima.

Ester lo ignorò considerandolo più infantile di quanto si mostrava, si alzò dal tavolo sciogliendosi la crocchia che faceva solitamente per non farsi andare i capelli davanti agli occhi, per poi conservare il libro e degli spilli che si era portata da casa.
-Sei proprio noiosa.- aggiunse Wilm.

-Tu sei un bambino che vuole solo giocare.- rispose calma Ester infilandosi il cappotto.
Wilm continuò a ridacchiare mettendosi più comodo. -Non giudicare mai un libro dalla copertina.-

Ester lo guardò alzando un sopracciglio con disappunto. -Infatti non lo sto facendo, sottolineo la realtà. -

***

Passò un mese e le giornate passavano tranquille, Wilm dopo quella sera era ritornato il solito, continuava a osservarla mentre cuciva, la cosa un pochino la stranizzava perché passava ore a non fare altro che studiare i suoi gesti, così un giorno glielo chiese.

-Perché mi guardi mentre lavoro?-

-Perché mi rilassa.-

-In che senso?- chiese di nuovo guardandolo interrogativa.

-Te lo spiego, ci sei tu che sei piegata a cucire e qualche ciocca ti sfugge dalla pettinatura, la luce della lampada crea un effetto tipo...- mosse le mani a cerchio con i palmi aperti, descrivendo qualcosa che Ester non poteva capire e che soltanto lui nella sua immaginazione riusciva a interpretare.

-Beh...grazie...?- rispose ancora più confusa di prima.

Lui portò le mani dietro alla testa sbadigliando. -E poi vederti mentre passi il filo di qua e di là tutta concentrata, il rumore della forbice che cuce, sai...lo so sono un tipo strano.- rise di gusto, la sua risata era profonda, che usciva direttamente dalla gola fino a quasi farlo tossire.

Rise anche Ester, mentre arrivava la madre. -Che avete da ridere? Scansafatiche.- al passaggio diede un buffetto in testa al ragazzo che la guardò con un falso broncio.

-L'hai trovato?- chiese Ester parlando del disco che teneva tra le mani in modo quasi possessivo.
-Esatto.- ghignò la signora Krämer mentre lo metteva nel giradischi posto in fondo alla stanza rettangolare, nascosto tra le cianfrusaglie.

La stanza interna non era molto più ordinata dell'ambiente principale, le pareti erano piene di piccole scatole contenenti bottoni, gessetti, pietruzze e perline, al centro sostava l'enorme zona cucito con la macchina e i vari utensili sparpagliati intorno ad esso, mentre ai lati si presentavano diversi mobili con sopra poggiati rotoli di tessuto e i piccoli campioncini di colori diversi.

Proprio in mezzo ad essi spuntava il grande cilindro argento del giradischi da dove cominciò a uscire una musica dolce, era la famosa Ilse Werner che cantava Du und ich im Mondenschein, canzone che la madre di Ester adorava.

Sonja cominciò a cantarla, ballando con il suo compagno immaginario, stonando parecchie volte e facendo ridere fino a piangere Wilm.

Poi la donna prese per mano Ester cominciando a ballare con lei, mentre la ragazza replicava inutilmente: -Non so ballare!-

Dopodiché entrò un cliente e si ricomposero velocemente ritornando a lavoro, mentre la musica continuava a suonare nell'aria allegramente.

-Wilm, posso farti una domanda?- chiese all'improvviso Ester.

-Dimmi.-

-Perché sei diventato comunista?- per quella sera aveva finito, quindi aveva cominciato a conservare il poco materiale personale che portava da casa.

Lui la guardò strabuzzando gli occhi, poi scoppiò a ridere.

Ester divenne rossa fino alla punta dei capelli e abbassò lo sguardo. -Cosa c'è di divertente?-
Lui la guardò dolcemente, come un piccolo alunno che non capiva una lezione di storia, eppure lei si sentiva soltanto ridicola.

-Non tutti gli opponenti al nazismo sono comunisti.- l'ebrea aveva ipotizzato, basandosi sui discorsi degli anziani che incitavano all'odio verso i blöden russen nei vicoli della città.

-Quindi cosa sei esattamente?-

Lui mise come suo solito le mani dietro la testa con aria pensierosa. -Suppongo un ribelle? Un antinazista?- ci pensò per un altro minuto, poi disse -Beh, in spiccioli un opponente al Regime.-

-Ma tra voi... nel vostro piccolo gruppo, ci sono ragazzi comunisti, no?- Ester in realtà era molto incuriosita dalla politica, i suoi genitori non aprivano mai l'argomento davanti a lei e questo la infastidiva, ma quando usciva di casa riusciva a trovare, se aveva fortuna, qualche giornale poggiato a uno dei tavolini dei bar o su una panchina e lo leggeva gustando quei piccoli attimi di cultura autonoma che riusciva a permettersi.

Wilm notò il particolare interessamento della rossa e sorrise divertito. -Si, c'è qualcuno.-

Ester decise di non far evolvere la conversazione, non voleva sembrare ignorante davanti a un suo coetaneo e poi a casa la aspettavano nonostante le mille domande che le si affollavano in testa.

-Non hai altre domande?- la stuzzicò lui accavallando le gambe seduto sul suo sgabello personale.

-...perché si diventa comunisti?-

-Tu perché sei ebrea? E non dire "Ci sono nata".-

-Perché credo nelle leggi scritte nella Torah e nel Dio che ci ha creato.-

-Beh, immagina che il comunismo sia una religione dove Dio è il leader di un gruppo di operai rivoluzionari in un mondo senza il cosiddetto "Stato" ne "Classi Sociali" e dove la proprietà privata non esiste.- poi ci pensò su e disse -Soltanto che Dio si chiama Karl Marx.- rise di gusto di fronte alla faccia confusa della ragazza.

-...Eh?-

-La politica non è roba da ragazze.- si alzò guardando fuori dalla finestra. -E' buio fuori, ti accompagno a casa.-

Lei ritornava a casa sempre prima del tramonto, ma quella volta la conversazione l'aveva presa così tanto che non si era accorta che aveva passato il coprifuoco.

Non riuscì a decifrare lo sguardo ammiccante che le lanciò Sonja quando uscì insieme a Wilm dalla porta, era troppo impegnata a pensare alle parole del ragazzo.

-Non avremmo libertà.- rispose infine Ester. -Non puoi considerare una cosa dello stato tua, non... non è libertà.- in parte Ester voleva affrontare la discussione perché non riusciva a inquadrare bene il ragazzo, a tratti le sembrava infantile ma a volte diventava serio e saggio, in parte perché era veramente interessata alla discussione.

-Preferisci questa libertà?- disse Wilm indicando intorno a se ironico.

Ester rimase in silenzio. -Come immaginavo. - si erano già avviati e stavano attraversando le stradine buie, Ester buttò un occhio verso al ragazzo vedendolo assorto nei suoi pensieri.

Aveva le maniche della camicia arrotolate sul gomito e aveva infilato le mani dentro le tasche dei pantaloni, i capelli erano più scompigliati del solito e il suo sguardo cristallino era diventato cupo e pensieroso come un cielo nuvoloso.

-Questa...non è di certo vita...- aggiunse dopo un po' Ester. -Siamo come dei cani per loro...-
-Lo so.- Wilm sospirò. -Secondo te per quanto durerà?-

-Spero non per troppo tempo, non posso vivere cosi...questo non è vivere, è sopravvivere.-
Arrivarono davanti al palazzo dove abitava la famiglia della ragazza.

-Ci vediamo domani, Ester.-

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