Come la pece

By lettrice_incognita

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Teen drama. "Trovai il coraggio di alzare gli occhi nei suoi. Erano neri come la pece e profondi come un pozz... More

1. La ragazza della porta accanto
2. Quando le tende sono inutili
3. Salvami
4. Dov'è andato?
5. Insonnia
6. Nessuno da cercare
7. Dubbi
8. Rosso Malpelo
9. False accuse
10. Il primo indizio
11. 72h in un solo giorno
12. Cosa mi succede?
13. Sepolte nella cenere
14. E... se fosse lui?
15. Algebra e pancake
16. Illegale
17. Cedimenti
18. Grigliate e salotti
19. Rotture
20. Vecchio giocattolo
21. Notti tormentate
22. Pozzanghere
23. Amleto
24. Chicago
25. Mc
26. Romeo e Giulietta pt.1
26. Romeo e Giulietta pt.2
27. Pool party
28. Così per sempre
29. Litigi e notti stellate
30. Ti prego, Wendy
31. Verità a galla
32. Boschi e grigliate
33. Alzarsi e sorridere
34. Hale
36. Riappacificamenti
37. La partita
38. Adrenaline in my veins
39. Toga e tocco blu
40. Prom
41. This girl is on fire
42. The end

35. Rabbia, autocommiserazione, rabbia, isolamento

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By lettrice_incognita

Tornai a sedermi, con quel piccolo foglio di carta in mano. A che gli serviva un documento falso?

L'anno di nascita era sempre lo stesso, di certo non la usava per bere.

Sentii la porta del bagno aprirsi e il umore dei suoi passi sul parquet. Lo vidi comparire un attimo dopo con i capelli bagnati.

- Che libro leggi? - mi chiese, ma si fermò quando vide che non avevo nessun libro in mano.

- A che ti serve un documento falso? - chiesi ridacchiando. Alzai la carta d'identità a mezz'aria, mostrandogliela.

Schiuse la labbra, fissandomi terrorizzato. Era inerme, incapace di pronunciare una sola parola o muoversi.

Il sorriso si spense lentamente sul mio viso e abbassai il braccio. Perché non rideva? Perché non mi aveva ancora risposto? Perché mi stava fissando come se avessi una bomba in mano?

- Aiden? -.

- Per gli alcolici -.

Corrugai la fronte, sentendo i brividi scorrermi sulla colonna vertebrale. Stava mentendo.

- La data di nascita è sempre la stessa - balbettai confusa. Non era la persona che dimostrava di essere.

Gettai il documento per terra, scattai in piedi e afferrai il mio cellulare.

- Fermati, Wendy. - disse - Posso spiegarti -.

Non lo guardai nemmeno, sicura che se lo avessi fatto sarei scoppiata in lacrime. Non riuscivo a guardarlo.

- A che ti serve, Aiden? - gli urlai, sentendo le corde vocali vibrare.

Boccheggiò, prima di serrare le labbra.

Lo guardai con diffidenza, sentendo già il dolore diffondersi nel petto. Cosa nascondeva?

Lo spintonai, superandolo per andare via da quella casa. Non volevo passare un altro minuto lì, con un ragazzo di cui non sapevo più nulla.

- Aspetta - mormorò, afferrandomi per un polso.

- Lasciami stare. Non so cosa stai facendo, ma non voglio avere più nulla a che fare con te - urlai di nuovo, strattonando il braccio verso di me per liberarlo.

- Sono io, Wendy. Sono io -. Mi stava urlando contro, sbattendosi la mano sul petto. Aveva il volto rosso e stava quasi per piangere. Non capivo cosa voleva dire.

- Non sei tu, non sei la persona che conosco se non vuoi dirmi cosa te ne fai dei documenti falsi -.

Fece un passo indietro, passandosi il palmo sul viso per controllarsi. Lo faceva sempre quando stava per perdere la calma.

- Sono io. Aiden Hale è il mio vero nome -.

Sbattei le palpebre, poi annaspai alla ricerca d'aria. Avevo capito, lui era un'altra persona. Vedevo le pareti girare attorno a me e la vista offuscarsi. Feci un passo indietro, pervasa da un conato di vomito.

No, no. Non può essere.

Raggiunsi il bagno, accovacciandomi davanti il water per buttare fuori il cibo della mensa che avevo nello stomaco.

Dovevo uscire da quella casa. Mi sentivo in un film dell'orrore, nella casa di un perfetto estraneo. Quel pensiero mi fece aumentare la nausea. Ero sconvolta. Mi girava la testa e sentivo di non poter rimettermi in piedi senza cadere.

- Wendy... - sospirò Aiden, avvicinandosi per tirarmi indietro i capelli.

Lo spinsi via con un braccio e cercai di alzarmi.

- Non toccarmi! - urlai, spingendolo con tutta la forza che avevo. Alzò le mani, guardandomi negli occhi e facendosi da parte. Avevo un peso al centro del petto, che mi schiacciava all'altezza dello sterno. Ero sull'orlo di una crisi di pianto. Non sapevo più cosa pensare, se essere delusa, arrabbiata o impaurita.

Mi mancò il respiro. Avevo paura di lui? Della persona che amavo?

Corsi giù per le scale e uscii fuori da quella casa, sentendo le lacrime riversarsi fuori dai miei occhi. Avevo realizzato di amarlo e volerlo lontano da me nello stesso giorno.

***

19.03 Ehiii!

19.26 Wendy?

19.40 Wendy, rispondi.

20.00 Ehiii. Stasera vieni?

20.17 Okay, non risponde nemmeno Aiden. Cerca di non restare incinta.

Spensi il display, abbandonando il telefono sul letto, accanto a me. Lisa mi aveva tartassata di messaggi, ma finalmente sembrava essersi placata. Non avevo nessuna voglia di risponderle e, a quanto pareva, nemmeno Aiden. Continuavo a preoccuparmi di cosa stesse facendo, nonostante mi avesse uccisa da dentro.

Avevo aperto il mio cuore, avevo raccontato le mie paure e le incertezze ad una persona che mi aveva sempre nascosto ciò che era veramente. Hale.

Tutte le volte che lo chiamavo Evans, come si sentiva?

Doveva essersi abituato.

Perché? Perché mi aveva ferita così?

Avrei voluto uscire, correre alla sua porta e prenderlo a pugni. Colpirlo tanto forte quanto lui aveva fatto con me. Ma in realtà, non l'avrei mai fatto. Perché il pensiero di farlo stare male mi faceva stare ancora peggio.

Avevo pensato che fosse solo un documento falso per chissà cosa. Lisa e Dylan ne avevano uno in cui dimostravano di avere ventun anni. Era palese che fosse falso e che era stato realizzato da un falsario di pessima categoria, ma i baristi fingevano di crederci perché in fondo era tutto un giro di soldi.

Dylan.

Non parlavo con Dylan.
Non riuscivo a parlare con Josh dopo quello che mi aveva detto suo padre.
E alla lista si era aggiunto Aiden, che non era veramente Aiden.

Mi sentivo a pezzi. Come avrei fatto a levarmelo dalla testa?

Ero completamente innamorata di una persona che si era presa gioco di me fin dall'inizio.

No.

Mi sbagliavo. Fin dall'inizio mi aveva respinto, mi aveva allontanata. Non voleva essermi amico.

Poi gli avevo parlato, lo avevo costretto a starmi a sentire. Lo avevo costretto ad essere mio amico e a fregarsene di quello che diceva la gente. E quando aveva iniziato ad ignorarmi di nuovo, mi aveva esplicitamente detto che non voleva illudermi. Che non era sua intenzione. E poi che aveva mentito, che era sempre stato se stesso.

Avrei dovuto sempre capirlo. Mi aveva avvertita. Ero stata uno stupida, perché avevo creduto che mi stesse nascondendo qualcosa, ma avevo accantonato l'idea. Perché Aiden Evans mi aveva conquistata, mi ero innamorata di lui lentamente. E lo avrei dimenticato ancora più lentamente. Dovevo dimenticare Aiden Evans, perché quell'Aiden non esisteva più.

- Wendy? - la voce di mia madre mi fece sussultare. Speravo solo che non facesse caso allo stato in cui mi trovavo.

Mi rigirai sulla schiena per poterla guardare mentre entrava nella mia camera.

- Ti ho chiamata per la cena - mi informò.

- Non ti ho sentita. Comunque non ho fame - la liquidai, tornando nella posizione che avevo assunto da quando ero tornata a casa.

- È successo qualcosa? -.

- No -.

- So quando menti. Che è successo? Hai litigato con Lisa? - mi interrogò con insistenza.

- Niente - scandii bene.

- Ti lascio la cena nel microonde, se ti viene fame più tardi -. Ero stupita di me stessa. Avevo usato un tono così autoritario da farla arrendere già in principio?

Forse doveva essere solo la mia faccia cadaverica. Tesi le orecchie per sentirla uscire dalla mia camera. Avevo già troppo di cui preoccuparmi, non potevo aggiungere la madre apprensiva alla lista.

Chiusi gli occhi, perché fissare ancora la parete non avrebbe cambiato nulla, e un attimo dopo un raggio di sole mi colpì gli occhi. Mi rotolai nel letto per liberarmi di quella luce fastidiosa e, appurando di non poter più riprendere a dormire, sollevai le palpebre. Mi strofinai gli occhi e, in quell'esatto momento, fu come se una miriade di cattivi pensieri facesse irruzione nella mia mente. Spostai lo sguardo sulle mie gambe, rendendomi conto di non essermi più tolta il vestito del funerale. Era stata davvero una pessima giornata.

Presi il telefono per controllare l'ora. Erano appena le sette. Qualcuno stava già facendo la doccia e avrei scommesso che fosse mia madre. Solitamente il sabato mio padre preparava i pancake, quindi doveva essere già in cucina. Avevo proprio voglia di mangiarli.

Mi alzai e, con il vestito ormai irriconoscibile per quanto era stropicciato, scesi al piano di sotto. Mio padre mi dava le spalle mentre mescolava l'impasto in una ciotola.

- Buongiorno - lo salutai, ma mentalmente aggiunsi "anche se un buon giorno non è".

- Ciao, Wendy. Mi metti la padella sul fuoco? -.

Mi avvicinai alla cucina e presi una padella antiaderente, per poi metterla a riscaldare sul fornello.

Vidi l'occhiata furtiva che mi lanciò mio padre, ma la ignorai. Sapevo già che mi avrebbe chiesto informazioni, specialmente perché non mi ero fatta vedere per tutto il pomeriggio, non ero scesa a cenare con loro e avevo dormito con i vestiti addosso.

Versò un mestolo di impasto nella padella, che sfrigolò a contatto con la superficie calda.

Aspettammo che cuocesse per qualche minuto, per poi passare al prossimo. Quella catena di pancake andò avanti per un quarto d'ora, finché l'impasto non terminò e mia madre scese nel suo completo.

- Oggi non dovevi restare a casa? - le chiesi.

- Teresa mi ha chiesto di darle una mano -.

Volevano fare causa? Aggrottai le sopracciglia, non capendo come mia madre potesse intervenire nel caso di Stephen.

- Vogliono fare causa allo sceriffo Kent per aver chiuso il caso - mi spiegò, prendendo la caffettiera già piena per metterla a tavola.

Ero d'accordo con i Sanders. Volevano capire perché il figlio era stato ucciso e soprattutto chi. Ormai Bolton mi aveva dato la conferma che fosse colpevole di qualcosa e, secondo le teorie mie e di Aiden, Stephen doveva aver scommesso ed esser finito nei guai. Probabilmente Dylan ne sapeva qualcosa, ma dato che non ci parlavamo da settimane non potevo andare da lui e chiedergli "Ehi, Dylan. Per caso hai visto Stephen Sanders scommettere alle corse di auto?".

Era proprio il caso di lasciare stare e smettere di impicciarmi, soprattutto dopo la minaccia di Bolton. E poi, io ed Aiden avevamo chiuso.

Mi sedetti a tavola, con i pancake davanti, e mi resi conto che mi si era chiuso lo stomaco.

***

Quando tornai a casa, dopo le sei ore di lavoro al Tina's, scoprii che mia madre mi aveva lasciato il pranzo in frigo. Mi aveva scritto un messaggio, informandomi anche che sarebbe tornata a casa per le tre.

Il telefono squillò proprio fra le mie mani, mentre stavo leggendo il messaggio.

Lisa.

Rimasi con il dito ad un centimetro di distanza dallo schermo, troppo indecisa se rispondere o no. Alla fine risposi, solamente per inventarmi una scusa qualsiasi ed essere lasciata libera per il resto della giornata.

- Pronto? -.

- Gwendolyn Jones, si può sapere che fine hai fatto? -. Si stava prendendo gioco di me e il suo tono aveva un non so che di malizioso.

- Ho lavorato stamattina -.

- E non hai letto i messaggi che ti ho mandato ieri? Comunque, che hai fatto ieri sera? - sospirò e sentii le molle del materasso cigolare.

- Mi sono addormentata presto -.

- Pensavo fossi con Aiden -.

- No, no. Comunque, sono tornata adesso a casa, vado a pranzare - tagliai velocemente il discorso.

- Va bene. A dopo -.

Riagganciai e mi lasciai cadere su una sedia. Come avrei potuto confidarmi con lei? Era l'unica che mi avrebbe ascoltata, ma non potevo dirle una cosa così grande. Non potevo dirle che Aiden non era Aiden.

Non potevo tradire la sua fiducia. Era un segreto e io non potevo svelarlo, neanche se mi aveva fatto male. Mi aveva ferita, ma continuavo a provare dei sentimenti che non potevo ignorare. E non potevo ignorare nemmeno i miei principi, come quello di voltare le spalle ad una persona che fino a quel momento aveva potuto contare sulla mia fiducia.

Mi avrebbe mai detto la verità se non si fosse fidato di me?

Be', sapevo solo che io mi ero fidata di lui. Era la mia persona. O almeno lo pensavo.

Pensai a come avrei fatto quel lunedì, dove incrociarlo per i corridoi era obbligatorio. Stavo già pensando a dove poter pranzare in santa pace senza vederlo al mio stesso tavolo, ma poi mi rasserenai perché quella sarebbe stata l'ultima settimana di scuola. Di tutta la mia vita.

Mi accasciai sul tavolo, con la testa sulle braccia. Mancavano solo sei giorni al ballo e non sapevo più se andarci. Avevo perso il mio accompagnatore, l'unico con cui volessi veramente andarci.

Ero certa che si sarebbe formato il solito gruppo anche lì. Probabilmente anche Dylan sarebbe venuto con noi.

L'ultima volta che lo avevo sentito parlare di Jennifer era stato all'ultima festa a casa sua, quando Dylan era sparito nel nulla ed Aiden mi aveva detto che ero la prima a fargli questo effetto.

Wow. Erano passati secoli. E tutto era cambiato.

Chiusi gli occhi e desiderai di non averlo mai salutato la prima volta che lo avevo visto.

Spazio autrice

Okay, okay. Sta succedendo il caos.

Vi voglio qui. Voglio sapere da voi cosa sta tramando il nostro Aiden. Sono curiosa di capire se qualcuno ha già intuito cosa si cela dietro il rosso.

Altra cosa. Ormai mancano pochissimissimissimi capitoli, cinque massimo. Non lo dico per mettervi ansia, ma perché dovreste cominciare a prepararvi per il finale.

Nel frattempo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e ci tengo davvero molto a ringraziarvi per tutto l'appoggio che mi dimostrate quotidianamente con i vostri commenti super carini!

Xx

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