TWENTY

Da SarahAdamo

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🏅I'm on THE WATTYS 2018 LONGLIST - MIA è una ragazza dinamica, solare, spesso e volentieri capricciosa. Ama... Altro

#SPAZIOAUTRICE❤️
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Da SarahAdamo







Mia's point of view

Eravamo sempre più vicini, sempre più desiderosi l'uno dell'altra ormai non potevamo più tollerare la lontanza, i fremiti che provavo nello stargli accanto aumentavano a dismusra. Quella volta, sul divano di casa mia mi sentì donna per la prima volta, le dita dai polpastrelli ruvidi delle sue dita si erano fatti strada dentro di me, mai come allora mi sentì di essere entrata in paradiso. Era impossibile controllarci, il nostro era un amore insaziabile. Mi stupì quando Michael mi chiese di accompagnarlo alla sua cena di lavoro, infondo l'unica ventenne ero io, probabilmente ci sarebbero stati discorsi che io non avrei potuto comprendere o soltanto mi sarei sentita in un enorme imbarazzo. Al contempo però, ero felice del fatto che quell'uomo ormai non mi nascondeva più, eravamo sotto gli occhi di tutti, esposti a qualsiasi pregiudizio possibili ma tutto ciò aveva smesso di preoccuparmi. L'auto frenò proprio dinanzi ad un ristornate italiano "L'Assaggio" era molto noto come posto nonché molto elegante e sofisticato.

«Sei sicuro che non sarò di intralcio?» chiesi timorosa quando uscimmo dall'auto parcherggiata nell'aera apposita.

«Non dirlo neanche per scherzo e poi il capo sono io, porto alle cene di lavoro chi mi pare» mi baciò il dorso della mano. Dopodichè mi tenne per mano, e cosi ci presentammo al tavolo prenotato di ben 20 posti.

«Mike, era ora!» esclamò Bruce, immediatamente sentì il viso in fiamme, tutti erano più grandi di me un ambiente serio e sofisticato. La locanda non era niente male aveva uno stile antico, per fino un dipinto esposto sull'intera parete dinanzi al nostro tavolo mi colpì molto, le tovaglie erano bianche e i calici in vetro non mancarono di certo.

«Scusami,me ne ero proprio dimenticato"- sussurò al suo amico nella speranza che il resto non lo sentisse.

«Mia, tu che ci fai qui?» sorrise Bruce e infine abbracciandomi.

«Eravamo insieme quando mi hai telefonato, mi dispiaceva lasciarla sola» intervenne Michael al mio posto, io mi limitai a sorridere.

«Salve signor Reed, è un piacere averla nel nostro ristorante» esclamò d'un tratto colui che immaginai essere il proprietario.

«Piacere mio, so che avete delle ottime recensioni» si strinsero la mano, l'uomo era bruno e vestito accuratamente, più alto dell'imprenditore e con una barba perfettamente rasata.

«Assolutamente, prego accomodatevi, i miei camerieri la serviranno il prima possibile» i due si salutarono, era arrivata l'ora di presentarmi ai suoi colleghi: alcuni li avevo già intravisti in ufficio quando andavo a trovare Michael sul luogo di lavoro. Ero socevole, però con coloro che non avevano la mia età non mi risultava di certo facile.

«Buonasera, grazie di essere venuti» annunciò egli.

«Buonasera Michael, come sta?» esclamò un ragazzo sulla trentina biondo e con un completo grigio. Alcune delle donne li presenti iniziarono a parlottare fra loro e a guardarmi di tanto in tanto. Mi strinsi nella spalle, odiavo essere messa al centro dell'attenzione.

«Benone caro, grazie»

«Oh, signor Reed non sapevo avesse una figlia» esordì un altro dei suoi colleghi venendomi incontro e sorridendomi.

Michael rimase di sasso, esitò qualche secondo osservò me per poi schiarirsi la gola e a rispondere.

«No.. in realtà.. è-è la mia fidanzata» sorrise, per far si che non potessero notare il suo disagio.

Il resto dei colleghi udirono questa risposta, iniziarono a guardarmi leggermente straniti e un po' sbalorditi. Il ragazzo che aveva parlato mi porse così la mano ed io la strinsi amichevolmente.

«Molto piacere sono James Wash» esclamò sorridente.

«Mia, piacere mio» gli altri mi fecero un cenno d'approvazione e ne fui contenta, infondo volevo soltanto sentirmi a mio agio.

«Vieni siediti qui» mi indicò Michael, il quale si sedette a capotavola ed io alla sua destra, mentre alla sua sinistra prese posto Bruce e gliene fui grata nell'avere di fronte due visi familiari.

Accanto a me però vi sedette una donna, bella e dai capelli castano scuro un rossetto rosso fuoco ed un abito fiorato abbastanza scoperta sul decollete, incominciò a infastidì di più  quando prese a chiacchierare con Michael, il quale però sembrava esserne annoiato.

«E quindi credo sia ottimo come inizio, d'altronde molte aziende risultano essere molto indietro rispetto ai nostri progressi non le pare?» civettò la donna accanto a me. Michael pigiò i gomiti sul tavolo strofinandosi la leggera barba puntigliosa che aveva sulle gote.

«Si,sono d'accordo» parlò in tono seccato ma pur sempre gentile.

«Allora Mia..» quando mi accorsi che stesse parlando proprio con me ne rimasi spiazzata per un secondo quando metabolizzati mostrai lei uno dei sorrisi più finti del mio repertorio.

«Tu cosa fai nella vita?» a questa domanda, parecchi dei colleghi seduti accanto si zittirono per presetare attenzione all'argomento in corso. Nel frattempo, il cameriere iniziò a portare del vino, dell'acqua naturale e gassata.

«Io.. bè, sono innamorata della musica fra non molto uscirà il mio primo disco» risposi imbarazzata, giocherellando con i boccoli che spuntavano dalla mia coda bassa. Seguì un boato con i volti sorpresi e chiacchiericci sparsi.

«Sul serio? I miei complimenti allora» esclamò un uomo dal viso simpatico e sulla quarantina anch'egli.

«E come hai conosciuto Michael?» civettò un'altra donna di fronte alla precedente che iniziò a guardarmi con la puzza sotto il naso.

La donna aveva un vestito blu, molto attillato che le esaltava le forme, avrà avuto si e no trentasei anni.

«Michael è il migliore amico di mio fratello.. ci conosciamo da molto ma abbiamo iniziato a frequentarci soltanto da un anno più o meno» sorrisi gentilmente, almeno dovevo essere superiore e comportarmi come meglio potevo.

Per fortuna, la mano di Michael prese a stringere la mia e gliene fui grata, avevo bisogno di un suo contatto.

«Wow,pensa che fortuna, e tuo fratello sa che state insieme? Insomma suppongo tu sia molto più giovane di lui» insistette la donna, ormai interessata all'argomento e pigiando il mento su una mano.

«In realtà..» cominciai.

«Vorrei proporre un brindisi» esclamò Bruce, alzandosi dalla sedia e sollevando il calice pieno, tirai un sospiro di sollievo e gliene fui molto riconoscente.

Dopo che ci aggiungemmo tutti a far scontrare i nostri calici, lui mi schioccò un occhiolino, e ringraziai l'amico del mio fidanzato di aver salvata da un ipotetico chiacchiericcio e pettegolezzo. Le tre donne accanto a noi civettarono con Michael quasi tutto il tempo della cena, non mancava mai occasione per mettermi in imbarazzo, ero stanca di star li oltretutto il cibo non mi piacque per nulla, troppo sofisticato, l'unica cosa che toccai furono gli spaghetti ai frutti di mare e due polpette al manzo e zucca.

«Accidenti» biascicai, per far si che nessuno potesse assistere alla figuraccia di che avevo appena fatto dopo essermi schizzata del sugo sul vestito che indossavo .

Recuperai un tovagliolino ed iniziai a strofinare forte sul tessuto. Poi udì ridacchiare, sollevai lo sguardo:  era Michael.

«Scusa.. sono un disastro» risposi esausta, sbuffando pesantemente.

Prima di rispondermi, egli ingoiò per bene la porzione di spaghetti recuperò il suo tovagliolo e mi pulì la guancia datone che il sugo era finito anche lì.

«Non sei un disastro, anzi, sei adorabile» dopo che mi avesse pulito la mia guancia, mi fiondai sulla sua figura cingendogli il collo con un braccio e schioccandogli un forte bacio sulla guancia.

«Ahi,devi farti la barba» dissi, dandogli un leggero buffetto sul braccio e strofinandomi la parte leggermente graffiata dalla sua barba ispida.

«Ai suoi ordini signorina» sussurrò al mio orecchio, io non feci altro che ridacchiare senza farmi notare dal resto degli invitati.

«Come ti trovi alla Castle Mia?» esordì Bruce, una volta che il cameriere avesse servito il pesce.

«Bene, anche se sono li per ben altri motivi» mi fidavo di quell'uomo, era un ottimo amico di Michael e di conseguenza un'ottima conoscenza anche per me.

«E cioè?» addentò un pezzo di orata al forno accompagnato da qualche sorso di vino bianco, nel frattempo Michael fece lo stesso però in silenzio ascoltando la nostra conversazione.

«Mio fratello mi nasconde qualcosa, ed io devo scoprire cosa. Vedi, il giorno dopo il mio compleanno è arrivato a casa mia un pacco, con dentro un pettine che portava la mia iniziale. Poi nel cassetto di mio fratello nel suo ufficio, ho trovato una cartolina un po insolita direi, per non parlare del biglietto accanto la pettine, insomma Michael dice che quell'oggetto apparteneva a mia madre a quando ero piccola. Ho cercato di parlare con Jamie ma non c'è stato verso, si è infuriato soltanto» parlai d'un fiato, senza mai fermarmi.

«Interessante.. be' sei sicura che tuo fratello ti abbia detto la verità?»

«Jamie non mentirebbe mai su un'argomento così delicato.. c'è da dire però che però a volte si comporta proprio in maniera strana» spiegò Michael al mio posto. Sospirai profondamente, osservando il piatto di pesce li intatto.

«Sta tranquilla la verità uscirà fuori» concluse Bruce, schioccandomi un occhiolino.

«Amico, vacci piano!» ringhiò Michael, io non potei far altro che ridere sonoramente alla sua delicata ed insolita gelosia.

La cena proseguì tranquilla, fino all'arrivo del gelato al cioccolato in una deliziosa coppetta di vetro a forma di rosa. Proprio in quell'istante il mio cellulare vibrò segnando l'arrivo di messaggio:

Jamie:"Mi dispiace per quello che è successo, spero che al mio ritorno potremmo chiaire le cose"

Riflettei su cosa rispondergli, osservai per minuti interminabili il display del mio cellulare, poi mi decisi.

Mia:"Lo spero anch'io"

Per sicurezza spensi il cellulare, Jamie ormai non doveva sapere che ero in compagnia di Michael, dall'angelo custode era passato all'assassino da cui dovevo stare lontana.

«Qualcosa non va?» domandò egli sottovoce.

«E' tutto apposto» affermai, schioccandogli un leggero e casto bacio sulle labbra. Temetti fosse imbarazzate o troppo precoce baciarci in pubblico, ma la sua espressione beata e soddisfatta mi fece immediatamente scacciare via quell'ipotesi, mi limitai a sorridergli.

«Posso mangiare anche il tuo?» chiesi, datone che il mio gelato era già finito ed il suo era ancora intatto.

«Ma certo» ridacchiò intenerito, senza timore, mi strofinò il capo fino a soffermarsi su i miei capelli dei quali prese a strofinare le punte.

«Che ne dici di cantarci qualcosa Mia?» avanzò Kate, la Donna che mi era affianco, seguita poi dall'incoraggiamento di Bruce e di altri.

«Non so se.. mi sembra il caso ecco» imbarazzata prese a strofinarmi lanuca.

«Canta per me» sussurrò l'uomo al mio fianco.

«Va bene.. canterò» affermai ed un applauso arrivò alle mieorecchie rimbombando in tutta la seda

Mi recai al ragazzo accanto alla pianola lui assieme ad un altro che invece cantavano formano il piano bar di quel locale tanto alla moda e colmo di arte, recuperai il microfono e chiesi lui di inserire una canzone di Whitney Houston: Run to You, una delle mie canzoni preferite. L'intera sala ora aveva gli occhi puntanti su di me, non era la prima volta che cantavo dinanzi a così tanta gente ma fu come se lo fosse, dopo la grande delusione che avevo avuto alla Juilliard. Feci del mio meglio, quando la musica terminò tutti nella sala presero ad applaudire entusiasti e addirittura a fischiare.

«Sei stata grandiosa, potresti venire anche qualche altra sera, se ti va» si complimentò il ragazzo quello dai capelli scuri che mi aveva accompagnata con il piano, io lo ringraziai gentilmente. Tornai al mio posto, tutti mi fecero i loro più sinceri complimenti Kate.

«Sei.. stupenda, sul serio» avanzò Michael strofinandomi col dorso della mano la mia guancia destra.

Dopo qualche minuto la canzone in sottofondo divenne più forte e le persone sedute ai tavoli passarono in pista per farsi cullare da quella melodia mentre erano stretti alle persone più care. Calai lo sguardo e pensai quanto mi fosse piaciuto ballare in quel momento con Michael, quell'uomo colse il mio pensiero e si pulì gli angoli della bocca con un tovagliolo fino a porgermi in modo galante, la sua mano.

«Balliamo?» sorrise, ne rimasi sbalordita.

Come aveva fatto a leggermi nel pensiero?

Sorrisi e a mia volte afferrai la sua mano senza esitazione. In pista arrivarono anche alcuni colleghi di Michael che tenevano stretti a loro volta una collega di lavoro. L'uomo era molto più alto di me, grazie alle scarpe alte riuscivo a malapena ad arrivargli alle spalle. Adagiai il capo sulla sua spalla mentre egli mi cinse la vita con le sue braccia.

«Ti prometto che risolveremo questa situazione, d'accordo?» capì immediatamente a cosa si stesse riferendo: a Jamie, insomma non potevamo restare nell'ombra per sempre, prima o poi la luce c'avrebbe colpito in pieno viso.

«Si.. lo spero» continuai, il lento durò molto o probabilmente il mio subconscio volle imprimere al meglio momento di serenità interiore, il tempo mi sembrava essersi fermato.

Egli d'un tratto però si bloccò sul posto, la canzone improvvisamente era finita.

«Mia.. io.. ecco vedi, abbiamo attraversato momenti difficili, ma poi ci siamo fatti forza a vicenda e so che senza la tua gioia e coraggio ora non saremo qui.. a ballare in questo locale l'uno fra le braccia dell'altro. Per cui io.. vorrei chiederti se.. se.. » la sua mano avanzò verso l'interno della sua giacca, in quel momento le gambe presero a tremare, a diventare come geltatina perchè se la mia mente mi portava a quell'unico e solo pensiero, sarebbe stato il sogno della mia vita, fare un tale passo significava diventare grandi sul serio, amarsi senza confini. Il tutto però venne interrotto dalla possente voce di Bruce.

«Mike, c'è l'amaro, vieni?» esclamò, lui strinse gli occhi dolorosamente ritraendo la mano dalla sua giacca come se fosse stato colto nel momento più critico ma importante allo stesso tempo.

«Scusa, ne parliamo dopo d'accordo?»

«Si, sta tranquillo» esordì con un filo di voce per poi sorridere, rassicurandolo.

Mentre sorseggiavano il bicchiere di liquore, gli uomini intrapresero una seria conversazione su alcuni affari possibili e situazioni dell'azienda Reed, discorsi che mi limitai ad ascoltare senza però capirne molto.

«Certo Jake, potrebbe essere ma chi ce lo dice che quest'anno ci saranno molti affluenti» domandò il capo dell'impresa.

«Lo dicono i media, e soprattutto i responsabili di Marketing» controbatteva un suo collega, dai capelli scuri e gli occhi color nocciola.

«Sicuramente, ma credo sia necessario parlare anche delle pubblicità, dell'importanza che ha quest'ultima.» intervenne la donna fastidiosa al mio fianco, colei che non toglieva mai gli occhi di dosso al mio fidanzato.

«Si Kate, ti do tutte le ragioni d'altronde oggi tutto viene puntato sulle pubblicità, hanno un così tale trasporto per noi»

«Sono d'accordo, ci condizionano» affermò Michael. Il suo modo di parlare non smetteva mai di incantarmi.

«Ragazzi scusate, non crediate che invece sia importante concentrarsi sul responsabile di vendite? Credo che nella Reed ci sia bisogno di più competenze» esclamò James, e ne fui contenta dell'essermi ricordato il nome.

«Assolutamente a questo ci ho già pensato, Bruce mi sta aiutando a trovare qualcuno di nettamente più competente» esclamò Michael, sicuro di se.

«Grandioso, vedrà che con le giuste strategie saremo sempre un passo più avanti»

«Ci conto molto Ben» i due si sorrisero in maniera complice, fui felice di aver fatto parte a quella serata integrarmi nel lavoro di Michael mi faceva sentire in un certo senso più vicina a lui e più grande.

La cena per fortuna finì e il signor Reed si adoperò a pagare la cena per tutti, anche a Bruce che inizialmente litigò con lui davanti al cameriere.

«Vado alla toilette , non ci metterò molto» avvisai a Mike, che con un occhiolino ed un cenno del capo aveva dato la sua approvazione.

Una volta al bagno del ristorante, mi sistemai il trucco leggermente colato per via del caldo infernale, diedi una rinfrescata alle mani e mi lisciai l'abito azzurro-verde. Quando fui di nuovo in sala, osservai Kate intenta a chiacchierare animatamente con il mio fidanzato, mi misi in disparte per poterla osservare meglio: a d'un tratto la sua mano si adagiò alla sua spalla di Michael e non smetteva di ridere a fior di labbra. Erano in sintonia, quella donna non mi piaceva affatto.

***

Rientrammo in casa, non avevo proferito parola da quando mi ero alzata per andare alla toilette, non mi piacque affatto il modo in cui si era comportata la collega di Michael, era invadente ma soprattutto una bella donna e della sua età. Non appena varcammo la soglia di casa mia mi liberai dei fastidiosi tacchi alti provando una sensazione di sollievo all'adagiare i piedi nudi sul pavimento fresco. Sciolsi la coda bassa e sistemata per poter avvolgere disordinatamente in una crocchia la massa color rame di capelli. Corsi in cucina per bere qualcosa di forte, l'uomo intanto si era privato della sua giacca e sbottonato i bottini della sua camicia restando quasi a dorso nudo. Recuperai il bicchiere alto dal lavello e aprendo la credenza vi trovai uno strano liquore marroncino, ne versai un po' assieme a del ghiaccio, bevvi adagiata allo stipite del lavello in acciaio. Egli dopo qualche minuti mi raggiunse.

«Non hai spiccicato parola per tutto il viaggio.. qualcosa non va?» la sua dolce voce mi trafisse lo stomaco, era impossibile essere arrabbiati con lui, tranne quando si ostinava ad essere vigliacco ed estremamente timido.

«Va tutto bene.. sul serio» risposi, immersa ancora fra i pensieri. Egli mi si avvicinò e mi privò del bicchiere che tenevo fra le mani per posarlo sul pianale in marmo.

«Ti conosco ormai, dimmi cos'hai e smettila di bere questa roba te l'avrò detto un milione di volte» respirai a pieno, mi liberai dalla sua morsa passando al di la della sua figura.

Iniziai a riporre nell'asciuga piatti i vari pezzi in ceramica puliti che Lil aveva rimasto nel lavello.

«E' una bella donna» esordì seccata.

«Di chi parli?» una smorfia contorta gli riempí il viso, cominciò poi ad aiutarmi a mettere in ordine i piatti e i bicchieri.

«Kate»

Michael scoppiò in una sonora risata, mi sentì così infastidita da fulminarlo con un sguardo. La sua risata terminò.

«Non starai dicendo sul serio spero? Kate è una mia collega, la conosco da molti anni e poi.. poi non è il mio genere di donna» concluse, un po di credetti il suo tono mi parve sincero.

Insieme, in silenzio ci dirigemmo al piano di sopra dove recuperai dalla mia camera il pigiama per la notte.

«Ho visto che parlavate quando.. me ne sono andata» dissi, senza guardarlo in volto, potei però vedere con la coda dell'occhio che si era seduto sul mio materassino a braccia conserte.

«Si abbiamo parlato, si è proposta come responsabile di vendite. E poi io sono il suo capo» calai lo sguardo leggermente angosciata e intristita, insomma Kate era una donna di alto livello e poteva benissimo sostenere un uomo come Michael della sua classe e della sua eleganza.

Sospirai pesantemente giocherellando con l'etichetta della mia canotta bianca.

«Vieni qui» ordinò l'uomo e si allungò per potermi afferrare i fianchi. Una volta intrappolata fra le sue braccia, la rabbia inizio a placarsi.

«Guardarmi Mia» la sua dolcezza mi costrinse a guardarlo negli occhi, nei quali mi ci persi immediatamente.

«A me piaci tu. Mi piacciono le donne con i capelli ramati e mossi, quelle di un metro e sessanta con enormi occhi verdi e una voce melodiosa come la tua» ancora leggermente orgoliosa, avvolsi le braccia al suo collo e lui senza esitare mi fece sedere sulle sue ginocchia.

«Mi dispiace è.. che penso sempre di non essere alla tua altezza insomma hai quarant'anni..»

«Trentanove» precisò, provocandomi una leggera risata.

«Be'quel che sia, insomma.. hai molte pretendenti belle e affascinanti di sicuro più all'altezza di me» piagnucolai, tenendo il broncio.

«Ma che stai dicendo? Ascolta: io amo te, sto con te e nulla di queste sciochezze che hai elencato potranno farmi cambiare idea.. ti fidi di me?» trovai il coraggio di fiondarmi nei suoi occhi, sospirai pesatemente.

«Si,mi fido» lui sorrise soddisfatto.

«A quanto pare, non sono l'unico ad essere geloso» mi canzonò, per un attimo mi ricordai della gelosia che provai nei confronti di Annie, la sua ex moglie.

«Per forza, sei così figo che ti sbavavano tutte dietro stasera» mi finsi irritata, in realtà un po lo ero, ma non volevo esagerare non quella sera.

«Ma che dici! Non tieni mai a freno quella lingua» rise, iniziò a provocarmi con del solletico su entrambi i fianchi, sprofondai in una rumorosa risata e finimmo sul pavimento.

Egli si posizionò a cavalcioni su di me senza smettere di solleticarmi dappertutto, sul collo sulle gambee sulla pancia.

«Basta smettila!! sul serio, puzzi e dovresti lavarti» finalmente ritrasse le sue mani, e il suo viso parve offeso.

«Io puzzo? Non dirlo neanche per scherzo, sono sempre profumato» si finse offeso, iniziando ad annusarsi ovunque.

«Sisi, adesso va, che altrimenti mi impossesso del bagno e non esco più» egli era ancora sopra di me, ed il mio vestito era ormai interamente sollevato, da far notare palesemente le mie mutandine in pizzo bianche.

«E' una minaccia signorina Johnson?» mi canzonò, sollevandosi finalmente dal mio corpo.

«Si direi di si, perciò sbrigati» mi sollevai anch'io dal pavimento, la spallina del mio vestito era praticamente scesa ormai per un nanosecondo il mio seno roseo sbucò fuori dal tessuto liscio. Egli se ne accorse, sulle sue gote si formarono due enormi ciocche rosse amavo la sua timidezza anche se un po a volte mi irritava. Volevo stuzzicarlo, metterlo alla prova.

«Cosa c'è? Ti vergogni forse?»

«Di cosa sentiamo?» tentò di fare il duro, di avvicinarsi con tono di sfida.

«Di questo» sospirai in tono malizioso e leggermente soffuso.

Feci cadere ancor di più la spallina, rivelando la mia pelle nuda, per poi ricoprila subito dopo. Mi sentì coraggiosa, e mordendomi il labbro inferiore, senza mai smettere di osservarlo dritto negli occhi, in maniera sinuosa feci scivolare via le mie mutandine, le recuperai e le gettai all'aria. Il suo viso si contrasse e potei notare i muscoli guizzare sotto il tessuto in cotone della sua camicia. Stavo mettendo la sua pazienza a dura prova, potei osservare il suo petto contrarsi duramente per la respirazione. Si liberò dallo stato di trance in cui era caduto, sorrise di sghembo e si avvicinò a me. D'imprivviso, mi attirò violetemente a se cingendomi con un braccio solo l'intera vita. Le sue labbra si fiondarono desiderose sulle mie, poi passarono all'incavo del mio collo, assaggiandone ogni centimetro. Ansimai forte, ma egli si bloccò di colpo, facendomi restare con il fremito che ormai avevo fra le gambe.

«Non sfidarmi più» sussurrò sulle mie labbra mentre teneva in volto un sorrisino malizioso, poi abbandonò la stanza chiudendosi in bagno.

Non avevo mai visto Michael in quel modo, con quello sguardo e quel timbro di voce. Mi stesi sul materasso dovevo prendere lucidità e calma, m'ero tolta le mutandine dinanzi a Michael sotto i suoi occhi, la nostra relazione era davvero andata più oltre di quanto ci aspettavamo. Mi focalizzai però su ciò che stava per fare al ristornate e che per via di Bruce dovette rimandare. Cosa avrà voluto dirmi? Riflettei, con quei pensieri scesi al piano di sotto dove vi era un altro bagno avevo bisogno proprio di una rinfrescata. Il mio spazzolino si trovava però nella toilette al piano superiore, pronta per la notte mi diressi nuovamente di sopra dove avevo udito la porta finalmente aprirsi. Osservai Michael con dei pantaloncini a righe blu e bianchi ed una semplice canotta, mi affiancai alla sia figura che era intenta a lavarsi i denti, recuperai il mio spazzolino vi misi sopra del dentificio e presi a strofinare. Una volta che egli avesse definitamente asciugato la bocca mi baciò il capo scompigliandomi leggermente i capelli. Quando terminai anch'io di lavarmi i denti mi affrettai ad andare in camera mia, dove mi attese steso già sul materasso.

«Io..avevo pensato di dormire sul letto più grande» parlai imbarazzata, dondolandomi su i talloni e restando allo stipite della porta.

«Non credo che.. sia rispettoso, insomma è pur sempre la camera di tuo fratello» scrollò le spalle, ed infondo aveva ragione. Per fortuna il mio letto era di una piazza e mezza, pur sempre comodo.

«Fammi spazio» incitai, egli gentilmente si fece più a destra in modo che potessi stendermi anch'io.

Ero un po' imbarazzata datone la situazione creata minuti prima così sistemai dandogli le spalle lui non tardò a cingermi la vita con il suo braccio e a farmi percepire il suo respirò caldo sul collo e fra i capelli.

«Spero tu abbia indossato le mutandine»

E questo coraggio?

In quel momento fui io ad avere il viso in fiamme, risi con il volto immerso nel cuscino per sdrammatizzare la cosa.

«Anch'io desidero fare l'amore con te» le sue parole arrivarono dritto al petto, ce l'eravamo detti quella volta sulla terrazza ma sentirselo dire per la seconda volta fu davvero un colpo al cuore, avevo soltanto paura che gli avvenimenti futuri in qualche modo avrebbero potuto rovinare quel momento tanto importante e atteso.

Stetti per rispodere, ma percepì il suo fiato farsi pesante e dedotti che l'uomo dagli occhi azzurri si fosse addormetato.


#SPAZIOAUTRICE

Buonaseraaa 🎉🎉e buon rientro dalle vacanza, io sono appena tornata e vorrei deliziarvi con questo nuovo e attesissimo capitolo!'
Nota: cosa ne pensate della nuova copertina ?😍

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