Come tu mi vuoi - Russel McRo...

By knamida

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Enigmatico, misterioso, manipolatore, ricco e giovane uomo il cui fascino lo rende ancor più ambito e desider... More

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Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
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By knamida

Indossai un completo elegante, non il migliore che avevo, non volevo rovinare la piega della mia camicia o il collo della mia giacca per una cena il cui scopo rimaneva uno strano mistero.

Eva Malbow aveva invitato me ma, soprattutto, nota importante dell'invito era la presenza di Emily a questa cena.

Quando lasciai la mia stanza chiudendola con un solo giro di chiave, tra un gradino della scala e l'altro, avevo seriamente pensato a quanto imprudente sarebbe stato portare con me anche Emily.

Sospirai quando il rumore dei miei passi la fecero alzare di scatto, si voltò verso di me senza alcun accenno di sorriso, io deglutii evitando di guardarla e riprovare quella forte sensazione che avevo sentito prima. Mi avvicinai allo svuota tasche in cristallo dove avevo riposto le chiavi dell'auto, le afferrai e mi avvicinai alla porta d'ingresso senza mai voltarmi.

"Ci ho ripensato, tu rimani qua", dissi con tono severo mentre stringevo forte la maniglia della porta.

I tacchi sul pavimento vibrarono nelle mie orecchie, Emily mi era davvero molto vicina:"Perché?"

Deglutii silenziosamente:"Credo che potresti solo che annoiarti", mentii.

Se solo avessi potuto dirle che lei era la pedina di uno sporco gioco, lo avrei fatto. Tacqui sull'orlo della verità, dopotutto era anche il mio di gioco e dovevo solo che portarlo a termine ed uscirne ancora una volta vittorioso.

"Ma ho passato un intero pomeriggio a prepararmi al meglio", il suo tono fu alquanto dispiaciuto.

Mi voltai di un quarto quel tanto che serviva per poterla intravedere e non vederla completamente, aveva ragione. Mio malgrado dovevo ammettere quanto si fosse impegnata per risultare piacente, ed era anche riuscita in questo suo intento.

Aprii la porta:"Va bene, ma se ti annoi me lo dici e ce ne andiamo subito".

"Te lo dirò".

Mancavano pochi chilometri all'arrivo della casa di Eva Malbow, tra me ed Emily non vi era stato alcun tipo di dialogo. A pensarci bene mi sembrava una ragazza molto silente, sempre assorta nei suoi pensieri a vivere in chissà quale mondo fatato.

Più di una volta, di fatti, mi ero stupidamente ritrovato a desiderare di poter entrare nella sua mente e vivere quell'immaginario mondo che la teneva lontana dalla realtà quotidiana. La invidiavo ed era straziante, questa vita non è mai stata facile per gente come noi eppure questa ragazza era riuscita a ritagliare un angolo di Paradiso mentale dove l'unica abitante pareva essere solamente lei.

Tra un silenzio e l'altro, uno stop ed un semaforo rosso, mi ero azzardato più di una volta e per pochi attimi a volgere la coda del mio occhio su di lei che fissava tesa la strada.

Nella mia mente ridacchiavo: prova ancora imbarazzo a stare con me.
Poi però notai che anche Emily di tanto in tanto si lasciava coccolare dalla curiosità di guardarmi di sottecchi e la cosa non mi dispiaceva nemmeno un po'.

Per riparare all'essere stata scoperta a guardarmi, si schiarì la voce:"Questa sarà una cena o una festa?"

Premetti un po' di più il piede sull'acceleratore per dare più spinta alla macchina, adesso era solo questione di metri e saremmo arrivati a
destinazione.

"Una cena, ci saranno alcuni membri delle case editrici concorrenti alla Forgotten", la guardai notando il suo sussulto quando i nostri sguardi si incrociarono:"Ci sarà anche il tuo amico", feci una pausa:"Robert Gibson, mi pare si chiamasse così".

Giocai d'astuzia, Emily era abbastanza ingenua non sapeva nascondere le bugie e quando ci provava diventava rossa sulle guance ed inacidiva i toni proprio come adesso.

"Lui... lui non è mio amico", disse con voce strozzata.

Che libro aperto che sei, pensai ridacchiando nella mia mente.

"Ad ogni modo questa sera sarai presente ad un dibattito privato", mi concentrai sul darle istruzioni più serie ed importanti:"Ci terrei se non riportassi nel tuo libro tutto ciò che sentirai a questa cena".

Emily corrugò la fronte:"Se non devo riportarlo, come mai sono stata invitata a partecipare?"

Rallentai gradualmente la velocità dell'auto:"Cercherò di scoprirlo", trovai un posto libero e mi parcheggiai:"Ad ogni modo ero contrario alla tua presenza, ma poi ho pensato che il frutto del lavoro svolto su te stessa andava ricompensato", le sorrisi guardandola. La vidi arrossire:"Vuoi scrivere un libro reale? Allora è più che giusto tu veda di me quanto più puoi per scrivere al meglio il tuo romanzo".

Emily deglutì rumorosamente da poterla sentire perfino io:"Perché?"

Ma non le diedi risposta, le sbottonai la cintura di sicurezza senza neppure guardarla:"Sei pronta?"
Non ero tenuto ad assecondare ogni sua più piccola curiosità, tutto ciò che voleva sapere avrebbe solo che dovuto ottenerlo con il tempo ed il giusto prezzo.

Non ero mai stato il tipo di uomo a cui piaceva parlare di sé senza prima averci guadagnato qualcosa, ed ora, con lei che non mi avrebbe potuto dare nulla per disinteresse sessuale nei suoi confronti, aprirmi per darle qualcosa in più e rimanerne a mani vuote io non mi dava alcun piacere.

Scesi dalla macchina senza attendere alcuna risposta, per quanto detestassi fingere di essere il giusto cavaliere per ogni donna andai ad aprire lo sportello passeggero accorgendomi furtivamente che Emily aveva ritirato la sua mano dalla maniglia. Una cortesia che non mi aveva lasciato indifferente, considerato il genere di donne al quale ero abituato.

Attesi che Emily lasciasse la macchina per poterla scortare fino alla porta con il suo braccio incrociato al mio, in silenzio e con passo rallentato per via della sua poca disunvoltura nel camminare sui tacchi mi lasciai sfiorare dal suo profumo e dalla sua freschezza nel mostrare sempre quell'aria di stupore in visione di oggetti a lei nuovi.

"Certo che voi editori non badate a spese", esordì Emily guardandosi attorno.

"Alcuni sfizi dovresti poterli togliere anche tu", replicai lasciando che togliesse il braccio dal mio.

"Cosa vuoi dire?"

"Sei scrittrice ma per prima cosa sei donna, non ci sarebbe nulla di male se anche tu evitassi di badare a spese, ogni tanto".

Quando feci per bussare al campanello, la porta si aprì mostrando trionfante un gran sorriso da
padrona di cui Eva si era mascherata per accoglierci.

"Allora non mi ero sbagliata, avevo sentito delle voci qui fuori".

Bugiarda!

Esclamai con disprezzo nella mia mente quanto quella donna fosse priva di sincerità. Se avessi saputo sin dall'inizio con chi avevo a che fare prima di scoparmela, avrei evitato. Eppure, nella sua subdola falsità, avevo visto bellezza di donna che faceva impazzire ogni mia più piccola forma di perversione. E fu subito memoria in quel breve istante in cui ferma davanti la porta della sua villa con indosso il suo tailleur color panna mi fissava allargando quel sorriso dalle labbra dipinte di rosso che richiamava ancora una volta le mie libido.

Le avrei seriamente fatto male, l'avrei presa dai capelli come tanto desiderava farsi prendere da me e l'avrei sbattuta finché urla di pietà e resa alla guerra avrebbe pronunciato.

Ma poi pensai ad Emily, non perché dovessi renderle rispetto, ma preferivo lei vedesse il vero me in un momento differente da questo e forse mai.

"Buonasera Eva", così feci finta di nulla:"Spero di non essere in ritardo per la cena".

Giocherò al suo stesso gioco.

"Tu non sei mai in ritardo, mio caro".

Eva si era avvicinata per carezzare le spalline della mia giacca, dovetti forzare un sorriso senza immaginarla nuda e stesa sotto di me. Odiavo il fatto che nessuna donna, oltre lei, avesse potere su di me a tal punto da desiderare ardentemente un corpo nonostante sarebbe stato meglio evitarlo.

"Noi non lo siamo", la corressi voltandomi verso Emily che era andata di nuovo in stand-by:"Emily", la chiamai senza ricevere risposta:"Emily?" Ritentai risvegliandola come da un lungo sonno:"Che ti prende?"

Sbatté le palpebre velocemente:"N-niente", babettò poi guardò Eva:"Buonasera Signora Malbow".

Come immaginavo, lo sguardo che Eva aveva posato su Emily non era per nulla piacevole. La guardava con rivalità, fastidio, ammetterei ci fosse anche odio in quei suoi occhi così penetranti e chiari. Ma fui piacevolmente colpito da come Emily invece avesse ignorato quel modo di essere guardata, come se non le importasse se in Eva ci fosse dell'astio.

Per un attimo, con la speranza non fosse solo una sensazione del momento, iniziai seriamente a credere che quella ragazza così impacciata e timida sapeva come muoversi ed evitare di lasciarsi coinvolgere da loschi intrecci vendicativi.

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