HIPNร”SE "Il sangue della dea"

By Solaris_23

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By Solaris_23

Guardai il mio riflesso allo specchio e sorrisi tra me e me, mentre ero circondata dalle quattro mura della mia stanza vuota.

Avevo raccolto i capelli in un morbido e basso chignon, con delle ciocche ribelli rosa che mi incorniciavano tutto il viso perfetto e facevano risaltare i miei occhi dalle sfumature scure del blu avio e del bianco.

Due splendidi orecchini in oro pendevano dalle mie orecchie. Gli avevo scelti con i motivi floreali in modo che si abbinassero perfettamente con l'abito dorato che avevo scelto di indossare.

Flore, prima di tornare nelle sue camere, mi aveva truccata sia gli occhi che le labbra con dei tenui colori neutri: gli occhi avevano una sfumatura arancione chiaro che, con la luce dei lampadari, avrebbe fatto in modo che essi brillassero come stelle nel cielo notturno; mentre, le labbra, erano dipinte con un rossetto rosa tenue in modo che non risultassi eccessivamente truccata.

A completare il mio abbigliamento elegante è maestoso, c'erano dei fermacapelli con delle rose rosa, realizzate con molte pietre preziose che conferivano ai fiori tutte le caratteristiche di quelli reali.

Sembravo una Principessa, la principessa che, sin da piccola, sognavo di diventare, ma che la vita mi aveva insegnato fosse solo il sogno infantile di una bambina.

Bussarono alla mia porta e mi precipitai ad andare ad aprire, dando prima un ultimo sguardo al mio riflesso nel grande specchio del bagno.

Sorrisi dolcemente e tirai un sospiro.

Ero leggermente in ansia per ciò che sarebbe avvenuto di lì a breve. Avevo il terrore di commettere qualche errore e di fare una terribile figuraccia davanti a tutta la popolazione Samidea e Divina. Mancava solo questa eventualità per rendere la mia permanenza al palazzo ancora più difficile da sostenere.

Afferrai il pomello della stanza ed aprii la porta.

Mi sarei aspettata di trovarmi difronte il principe Aedyon o la principessa Sol, invece, rimasi sconcertata nel vedere che il Dio della distruzione, Mokosh, era a pochi centimetri da me, con un abito blu molto elegante.

Trattenni il fiato.

Questa non ci voleva proprio... Cosa voleva adesso?

«Ciao, giovane "Prescelta".» disse, sputando l'ultima parola come se fosse un insulto alla sua persona.

Il panico iniziò a montarmi dentro quando mi rivolse un sorriso falsamente cordiale che non lasciava presagire assolutamente nulla di buono.

Se fosse venuto fin qui con l'intento di farmi fuori, molto probabilmente ci sarebbe riuscito. Non sapevo ancora se fossi in grado di fronteggiare una divinità così potente da sola e sperare di poter rimanere in vita dopo lo scontro. Sarei senza dubbio morta prima ancora che me ne potessi accorgere. Inoltre, non c'era nessuno nei paraggi che potesse aiutarmi a tirarmi fuori dai guai.

Accidenti!

Mokosh aveva calcolato tutto fin nei minimi dettagli.

Sapeva benissimo che, una volta sola, sarei stata una facile preda da poter schiacciare come un moscerino con il semplice schioccare delle dita.

Muovendo i muscoli del mio corpo, che si erano tesi fino all'inverosimile, strinsi forte il pomello e cercai di chiudere la porta, sbattendolo fuori.

Una grandissima sciocchezza: come se una porta potesse bloccare un Dio della distruzione potente come Mokosh.

Ero davvero stupida, ma quella fu la prima reazione che ebbi, quella più istintiva che urlava il mio cervello a gran voce.

Mokosh, come avevo immaginato, non lasciò che io chiudessi la porta e, con una semplice mano, fece in modo da bloccarla, facendo fallire miseramente il mio tentativo di mettere qualcosa tra di noi.

Mollai la porta ed indietreggiai mentre lui avanzava nella stanza, come se fosse di sua proprietà.

«Perché lei è qui?» trovai il coraggio di dire, continuando a mettere distanza tra di noi.

Il Dio, con le braccia dietro la schiena possente, camminò lentamente, come se per lui, quella, fosse una passeggiata. Il suo sorriso divenne ancora più ampio quando avvertì la paura che stava iniziando a montare dentro di me.

Per tutti gli Dei, ma perché ero così sfigata da inemicarmi un Dio così crudele come lui?

«Sai, sei stata davvero scortese poco fa.» disse con finto perbenismo.

Bloccata al muro, digrignai i denti. «Come se davvero le importasse se avessi usato le buone maniere o meno.»

«Ah-ah, attenta a quello che dici lurida umana. Non farmi arrabbiare, del resto, sono qui per condurti alla festa in tuo onore.» disse con un tono sadico e carico di ironia.

Lui mi accompagnerà alla sala da ballo?

«È un pazzo se crede che io verrò con lei di mia spontanea volontà.» lo sfidai.

Ciò che avevo detto, era la pura e semplice verità. Io non sarei andata da nessuna parte in sua presenza. C'era un'altra percentuale che lui volesse farmi fuori il giorno della mia festa.

Non li avrei reso le cose così tanto facili come lui aveva immaginato.

Non ero facile da spezzare e piegare sotto il dominio del più forte.

Lui chinò il capo, ridendo.

Eramo ad una distanza considerevole ma, quando sbatteii, per un solo istante, le palpebre, me lo ritrovai difronte, con le sue grandi mani nuovamente intorno al mio esile collo.

Stavo rischiando di soffocare per la potenza che ci stava mettendo in quel gesto di così poco conto per lui.

Annaspando, cercai di togliermi le sue mani di dosso ma l'unica cosa che ottenni fu di fargli serrare ancora di più la presa. «Non andrai da nessuna parte se non in mia compagnia.» disse con un tono di voce carico di odio allo stato puro. «Decidi, o vieni con me a quella festa e parliamo come due persone civili, oppure ti uccido qui, in questo preciso istante, e gli dei e le semidivinità dovranno festeggiare un altro lieto evento: la tua morte.»

Allentò leggermente la presa per lasciarmi fare un qualunque cenno o sussurro.

«Cosa farai, allora?»

Annuii, capendo che non potevo farcela a fronteggiare in combattimento un avversario della sua portata. Ero decisamentein vantaggio e l'unica cosa che potessi fare, per cercare di rimanere in vita, era assecondare ogni sua richiesta.

Lui mollò il mio collo ed io tossii senza sosta, riempiendo, contemporaneamente, d'aria i miei polmoni sul punto di collassare se fossero rimasti anche solo per altri dieci secondi senza ossigeno.

«Andiamo, umana?» domandò alzando l'avambraccio per invitarmi a mettere il mio braccio sotto il suo. Voleva anche che andassimo insieme a braccetto? Cercando di mantenere la calma, feci come lui aveva chiesto implicitamente.

Mordendomi la parete interna della guancia, lasciai che lui mi conducesse fuori da quella camera e iniziassimo a percorrere il lungo corridoio.

«Perché è venuto da me?» chiesi con in tono di voce alterato. Ero riuscita a trovare il coraggio di pronunciare una frase di senso compiuto.

Il Dio rise. «Volevo passare un po' di tempo in tua compagnia, stupida umana.»

«Per quale motivo?»

Non mi voltai mai a guardare nella sua direzione. Sarebbe stato sventolare una bandiera bianca sotto il suo naso e dichiararmi una ragazza senza coraggio, quando, invece, io, il coraggio di affrontarlo ce lo avevo eccome.

«Sei davvero così stupida? Ti reputavo leggermente più intelligente.» disse lui, beffandosi di me. «La risposta è scontata: voglio essere il tuo peggior incubo fin quando non decisero che sia arrivato il momento di porre fine alla tua inutile vita. È questo il mio scopo primario.»

«Se è questo il suo scopo, per quale motivo ha risparmiato la vita a Flore nonostante sapesse che ero strettamente legata a lei da un rapporto di amicizia?»

Era una domanda più che lecita la mia. Il suo gesto "caritatevole" non era sembrato affatto una ripicca nei miei confronti.

«Perché voglio farti soffrire, patire le pene dell'inferno. Voglio sentirti desiderare di morire per mia mano, l'unico modo che hai per porre fine alle tue sofferenze umane.»

Risi amara. «Scusate, ma ancora non riesco a collegare il vostro gesto alle vostre stesse parole. Il fatto che voi abbiate salvato la mia amica, sta ad indicare che voi non vogliate farmi in alcun modo soffrire. Ma, dall'altra parte le vostre parole fanno preannunciare un periodo di intenso dolore. Cosa non mi torna? Nella mia mente si fa sempre più strada l'ipotesi che voi abbiate salvato la vita a Flore solo per potergliela togliere sotto i miei occhi, quando meno me lo aspetto.»

«Sei davvero perspicace, ragazza mia. Se fossi stata una Semidea, con molte probabilità, ti avrei adorata per la tua intelligenza fuori dal comune.»

Svoltammo l'angolo e salimmo le scale per arrivare al piano superiore nel quale vi era la grande sala da ballo, allestita a festa.

«Tuttavia» continuò il Dio, con quel suo tono di voce sadico. «non è questo il mio piano, per quanto fantastico sia.»

Alzai un sopracciglio e mi concessi il lusso di guardarlo in volto. «Allora cosa volete fare? Qual'è il vostro piano per vedermi patire sofferenze indicibili?»

Mi rivolse un sorriso maligno, il sorriso più crudele che gli avessi mai visto dipinto sul suo volto. «Lo scoprirai molto presto, stolta.»

Le guardie, che fino a quel momento non avevano aperto le porte della sala nonostante noi vi fossimo davanti, le spalancarono, annunciando il nostro arrivo.

Ero sicura che, se non avesse indossato la maschera che gli copriva metà del volto, avrei letto nei suoi occhi il forte desiderio di uccidermi li, davanti a tutti i presenti.

«Momosh» disse una voce femminile seducente e melodiosa. «Credevo che non ti piacesse mescolarti a degli esseri umani. Hai cambiato le tue abitudini ed ora simpatizzi con loro?»

Mi voltai e vidi la figura sinuosa della Dea Devana avvicinarsi a noi. Indossava un abito bianco che faceva spiccare la sua folta chioma rossa accessa e la sua maschera in oro.

Lei mi prese sottobraccio, strappandomi, così, dalle grinfie del peggior Dio che il destino avesse messo al mondo.

Il sorriso sul volto di Mokosh si spense non appena la Dea mi fu accanto. «Devana. Sempre a immischiarti in faccende che non ti riguardano.»

Devana incurvò ancora di più le sue labbra, carnose e rosse, verso l'alto, in un ghigno beffardo. «Proprio come tu ti diverti a terrorizzare giovani fanciulle umane.»

Il Dio, infastidito dal comportamento sfrontato della sua simile, si avvicinò a lei e le sussurrò: «Questa tregua un giorno avrà fine ed io rimarrò in piedi a godermi lo spettacolo che si presenterà davanti ai miei occhi.»

Lei lo guardò, sfidandolo apertamente. «Anch'io ci sarò e sappiamo entrambi chi sarà il primo di noi due a soccombere. Quel giorno di avvicina sempre più ed io fremo dalla voglia di vedere come il destino si accanirà sugli stolti come te.»

C'era qualcosa in quella discussione che non mi quadrava affatto. Di cosa stavano parlando? Quale giorno attendevano con estrema ansia?

Il sorriso sfrontato non abbandonò mai il viso affascinante di Devana e, con le sue parole, fece andare via l'odioso Dio della distruzione con il volto scuro e rabbioso.

«Spero che non ti abbia torto un capello.» disse quando Mokosh era già abbastanza lontano per udire la nostra conversazione.

Istintivamente, mi portai una mano al collo che lui aveva stretto con forza. Devana parve capire quanto fosse accaduto e, mettendomi una mano sulla mia, posata sul suo braccio mentre mi teneva a braccetto, disse: «Vedrai che arriverà il giorno in cui pagherà per tutte le sue malefatte.»

Se fosse accaduta davvero una cosa del genere, avrei davvero voluto esserci.

«Sarebbe davvero meraviglioso se quel pallone gonfiato avesse la punizione che tanto merita.» dissi con un sorrisino dolcemente malevolo. «Farò di tutto per esserci nel caso dovesse accadere prima che io muoia per la mia condizione mortale.»

Devana rise di gusto. «Oh mia cara, vedrai che ci sarai senza ombra di dubbio e sarai tu la chiave che ci condurrà a tale giorno.»

La guardai come se fosse impazzita del tutto. Avevo già compreso da tempo, ormai, che questa Dea non aveva tutte le rotelle al suo posto, tuttavia, non faceva altro che sorprendermi con le sue affermazioni che non sembravano frutto della sua fantasia contorta. Lei era certa di ciò che affermava con sicurezza. «Come fai ad esserne sicura? È come se tu fossi convinta realmente di ciò che dici, anche se sai benissimo che, ai miei occhi, non ha alcun senso. Come potrei io, umana, riuscire a dare una punizione esemplare al Dio Mokosh? Inoltre, devo ancora domandarti come facevi ad essere sicura che io fossi la Prescelta il giorno in cui, altre umane, sono venute accorte per constatare se l'Occhio della Dea si illuminasse, oppure no, a contatto con un essere privo di sangue Divino.»

La Dea mi accarezzò la mano con delicatezza. Un gesto così tanto gentile per un essere di natura divina. Era possibile che lei non fosse come tutti gli altri della sua specie, crudele e spietata con gli umani?

«Ah già, non ti ho ancora rivelato il mio piccolo segreto.» disse, avvicinandosi pian piano al mio viso e, mettendo l'indice sulle sue labbra carnose, mi comunicò di rimanere in silenzio su quanto mi avrebbe appena rivelato. «Io riesco a predire parte del futuro che avverrà.»

COSA?

Strabuzzai gli occhi per la sorpresa.

Non potei fare a meno di pensare che mi avrebbe fatto davvero comodo conoscere ciò che il destino mi avrebbe riservato.

Lei incurvò verso l'alto le sue labbra perfette e piene. «Lo so, è davvero un potere che in molti mi invidierebbero. Peccato che io non lo abbia raccontato a nessuno. Mi piace l'idea di attendere che delle sgradite sorprese accadano ai miei simili.»

Bhe, non potevo farle tutti i torti. Al suo posto, anch'io avrei fatto la stessa identica cosa. Se, coloro che appartenevano alla mia specie, avessero saputo di questa mia innata dote, avrebbero sicuramente cercato di utilizzarla a loro favore, manipolando il futuro ed il destino.

«È proprio per questo che nessuno conosce questo mio piccolo segreto. Sei tu l'unica a cui io l'abbia rivelato.» rispose prima che io potessi dire una qualsiasi cosa. Quasi mi dimenticavo che lei fosse una Dea in grado di leggere nel pensiero di chiunque le fosse intorno.

«Perché proprio a me?» chiesi incuriosita.

«Semplice, perché so che tu non mi tradirai mai. In qualche modo, ti ho salvato la vita con le mie parole per più di un'occasione, quindi, credo di essermi meritata la tua più totale completa fiducia, oltre che alla leatà.»

Bhè, aveva giocato le carte giuste. Questo non potevo non ammetterlo.

Lei rise e guardò dritto davanti a sé. «Io gioco sempre le carte giuste. È raro che qualcuno riesca a farmi le scarpe.»

Effettivamente, non credo che avesse tutti i torti.

Guardai anch'io di fronte a me e vidi una sala piena zeppa di Semidei e Divinità.

Dai loro sguardi, indiscreti e maligni, capivo che mi reputavano ancora un'umana che si era intromessa in un mondo che non le apparteneva affatto e dal quale avrebbero voluto che io ne uscissi al più presto.

Mokosh era in prima fila, mentre attendeva il mio grande debutto in sala.

Avrei tanto desiderato eliminare il suo sgradevole ricordo dalla faccia dell'universo.

«Presto potrai vedere realizzato il tuo sogno, giovane Umana.» disse Devana, senza voltarsi nella mia direzione.

Io replicai il suo gesto e mi limitai a parlare. «È vero che un Dio può morire?» chiesi di getto.

Immaginari le labbra di Devana incurvarsi in una enorme sorriso sornione. «Lo hai letto nei libri di storia divina?»

Annuii.

Lei, a quel punto, scoppiò a ridere, divertita da ciò che avessi detto. «Ed immagino anche che tu non abbia potuto avere ulteriori informazioni su questa importante scoperta.»

Annuii anche a questa affermazione della divinità. «Non vi è più nulla al riguardo. Anche la Principessa Sol vorrebbe saperne di più ma non vi sono libri riguardanti l'anno stellare primaverile 1'500.»

«Non è che non esistano, La questione è che non li avete cercati nel posto giusto.» replicò la Dea.

Mi voltai a guardarla, mentre lei mi guidava al centro della sala da ballo, sotto gli occhi indiscreti dei presenti alla festa. «Dove devo cercare?»

«Cerca dove ti conduce l'istinto. Solo così potrai scoprire davvero a cosa sei destinata.» disse semplicemente.

Guardai di nuovo di fronte a me e ammirai la bellezza di quella sala allestita a festa.

La stanza era grandissima e molto lunga, circondata da tutti i lati, fatta eccezione per il lato in cui si trovavano le doppie porte che conducevano all'interno, da finestre apribili, alte fino al soffitto. Degli enormi vasi di fiori, sbocciati e di vario colore, erano collocati tra una grande finestra e l'altra, facendo da cornice perfetta.

Dei grandi tavoli, pieni di pietanze da stuzzicare, erano posti ai lati della doppia porta, in modo che essi non potessero in alcun modo intralciare le danze che si sarebbero tenute di lì a breve. Fortunatamente, la Principessa Sol mi aveva dato delle veloci elezioni di ballo e di portamento che, grazie alla mia dote innata di apprendere in fretta, avevo memorizzato alla perfezione, stupendo anche la mia maestra.

Tuttavia, non credevo che avrei avuto il piacere di ballare con qualcuno quella notte: quale Semidio o Divinità, che non fosse Mokosh ovviamente, avrebbe avuto il piacere di conoscermi un ballo?
Nessuno. Ecco quel'era la risposta.

«Non essere così negativa adesso. C'è qualcuno, qui, tra i presenti, che non vede l'ora di poter ammirare questo raro fiore che sta pian piano sbocciando nonostante il mondo tenti di schiacciarlo.» affermò sicura Devana.

A chi si stava riferendo? Non reputavo possibile che qualcuno attendesse il mio arrivo, dato che ogni persona in quella stanza, fatta eccezione della Regina e della figlia, voleva che io fossi la Prescelta.

«Loro non possono in alcun modo cambiare ciò che il Fato ha scritto per te, così come non puoi cambiarlo tu, per quanto ti sforzi di farlo.» rispose la Dea, avendo letto nella mia testa i pensieri che non riuscivo, in alcun modo, a fermare.

«Io non cerco di cambiare nulla. So perfettamente che non posso cambiare il destino ed il corso degli eventi. Non posso scappare da ciò che è la mia missione.» replicai.

«Sono felice di sentirtelo dire perché sarebbe del tutto inutile che tu provi a sfuggire al tuo destino, così come non puoi sfuggire da lui. Le vostre strade sono intrecciate l'una a quella dell'altra in un legame indissolubile.» disse sorridendo e bloccandosi di colpo nel bel mezzo della sala.

Guardai nella direzione in cui lei stava guardando compiaciuta e vidi il principe Aedyon.

Il suo abito bianco dai ricami in oro, sparsi sulla giacca e sulla cravatta, gli calzava a pennello, facendo risaltare i suoi capelli ebano dai riflessi blu notte e i suoi occhi grigi come un cielo coperto di nuvoloni carichi di pioggia.

Quando lui girò la testa nella mia direzione, nel momento in cui i nostri sguardi si incrociarono, mi sentii nuovamente la principessa che speravo d'essere da bambina.

Quelle iridi particolari mi stavano osservando, scrutando ogni centimetro di pelle coperta e scoperta, partendo dalla punta dei piedi nascoste sotto l'ampia gonna dorata, fino ad arrivare ad incrociare nuovamente il mio sguardo.

Socchiuse le labbra e mi squadrò nuovamente, come se non potesse credere ai suoi occhi. Mi sentii mancare l'aria quando lui mi guardò nuovamente dritta in volto, quando mi guardò in un modo che mi fece tremare anche le mani che stringevo in grembo.

Il suo volto era sereno e leggevo una strana emozione nei suoi occhi, un'emozione che non gli avevo mai visto: era stupito e sembrava che fossi proprio io la causa di quell'immenso stupore.

Arrossii violentemente mentre lui mi si avvicinò senza distogliere lo sguardo dalla qui presente, senza distogliere lo sguardo da me, come inebetito e abbagliato dalla mia bellezza.

Mi sentii bella quando lui mi guardavò così, eppure, non credevo che lui mi reputasse così tanto bella da far sbiadire e scomparire chiunque intorno a lui.

«Sei come una farfalla intrappolata nella tela di un ragno: non hai più alcun scampo.» bisbigliò Devana al mio orecchio, in modo che potessi sentire solo io ciò che aveva da dire. Dopodiché, se ne andò.

Non mi voltai a salutarla né a guardarla, i miei occhi erano rapiti dallo sguardo magnetico e seducente che mi stava rivolgendo il principe, mentre eliminava ogni centimetro di distanza tra di noi.

Quando fummo a pochi passi l'una dall'altro, lui si inchinò difronte a me, facendo rimanere col fiato sospeso tutti i presenti in sala. Si udirono anche dei bisbiglii.

Si rialzò e, porgendomi la mano, in attesa che io accetto il suo invito, mi domandò: «Mi concede l'onore di questo ballo, Mia Signora?»

Sgranai gli occhi per la sorpresa di dire quelle parole ed sentii le mie guance andare a fuoco, imporporandosi di una forte tonalità del rosso.

Guardai la sua mano ancora in attesa e rimasi immobile.

Ero sicura che i miei occhi luccicassero di emozione anche se non capivo bene per quale motivo avvertissi quel genere di emozione.

Era dovuta alla gioia di ballare o al fatto che fosse stato proprio il principe Aedyon a chiedermi di farlo?

Non lo sapevo.
Non sapevo più nulla arrivata a questo punto.
Sapevo solo che, occhi negli occhi, misi la mia mano sulla sua, accettando l'invito.

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