I feel you next to me

By First_Real_Crush

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Harry vive una situazione difficile. Privato della vista ormai da un anno, ogni giorno raccoglie le sue forze... More

The Knight
Shall we dance?
It's too late
Pair work
The first time
The red thread of destiny
I'm afraid to fail
Promise of love
Always in my heart
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Everything's gonna be alright

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By First_Real_Crush

Il St Mary's Hospital era l'ospedale nel quale Harry avrebbe trascorso due mesi della sua vita. La possibilità di tornare a vedere, l'eventualità di distinguere di nuovo i colori, la speranza di osservare per la prima volta il viso di Louis, questo era quello a cui aveva pensato quando sua madre gli aveva confessato di aver trovato il denaro sufficiente per un intervento di cheratoprotesi ottica. Ovviamente non ci sperava troppo. Sapeva che non sempre le cose vanno come si desiderano. Sarebbe stato un sogno riacquistare la vista. Sì, un vero e proprio sogno. Come uno di quelli che popolava la sua mente di notte, quando era immerso nel sonno più profondo. In quei casi, però, sua madre se la immaginava con quasi due anni in meno e i capelli più corti; la città in cui abitava aveva ancora le sembianze di Holmes Chapel, nonostante si fosse trasferito; il suo corpo era piuttosto cicciotello eppure, con tutto l'esercizio fisico che aveva fatto negli ultimi tempi, i muscoli si erano di certo tonificati. Era come se per Harry il mondo fosse rimasto fermo al 2013. Non riusciva proprio a creare nella sua testa l'immagine di sua madre invecchiata di ventuno mesi e con i capelli lunghi fino alla schiena. La sua fantasia non riusciva proprio a concepire le fattezze di quella Londra così immensa, conosceva solamente i luoghi più comuni come il Big Ben, il London Eye, il Tower Bridge e l'abbazia di Westminster, ma solamente grazie alle immagini che aveva visto su internet prima dell'incidente. Non riusciva ad immaginare il suo corpo più muscoloso e dimagrito di qualche chilo. Se l'operazione fosse andata a buon fine, non avrebbe più dovuto "fantasticare", perché sarebbe stato tutto lì, sotto i suoi occhi.

La macchina di Anne, che ospitava Harry e Louis, si fermò di fronte all'ospedale. I due ragazzi scesero dal veicolo e s'incamminarono verso l'entrata. Louis, con una mano, trasportava la valigia di Harry, con l'altra, teneva stretta la mano del riccio, quasi a volerla stritolare. La voce di Anne giunse chiara alle loro orecchie.

"Trovo un posto per parcheggiare e arrivo subito."

Louis fece un cenno con la testa e continuò a camminare al fianco di un Harry a dir poco terrorizzato. Di certo l'ospedale non era un posto che metteva allegria e l'idea di trascorrerci due interi mesi, doveva essere davvero deprimente. Superato il cancello d'ingresso le palpitazioni di Harry, sembravano dover far esplodere il suo petto.

"Harry, sta calmo." disse Louis sottovoce.

"Ho paura, Lou." rispose con il fiato strozzato in gola.

"Andrà tutto bene, vedrai." gli sussurrò.

Harry strinse ancora di più la mano del più grande e riprese il suo cammino.

Appena dentro, c'era il Pronto Soccorso, da una parte e i reparti delle varie specializzazioni, dall'altra. Harry ingoiò sonoramente. L'atmosfera che riusciva a percepire in quel posto era terrificante. Il rumore delle sirene delle ambulanze gli cuciva addosso un'ansia spaventosa. Odiava quel suono. Era il simbolo che qualcosa di dannatamente brutto stava per accadere. Chissà se chiunque fosse stato in pericolo si sarebbe salvato. Magari si trattava solo di un falso allarme. Chissà se i suoi parenti fossero già stati avvisati e stavano arrivando all'ospedale per dargli manforte. Ad un tratto lo stridio delle ruote di una barella che gli passava accanto, le grida di una donna e il pianto di un bambino, gli fecero scivolare una lacrima giù per la guancia. Andò letteralmente in panico.

"Louis, che ci facciamo qui?! Andiamocene subito!" sputò quasi gridando.

"Hey, amore mio, stai calmo. Siamo qui per te, per l'intervento, ricordi? Tra un po' il Dottor Morris ci riceverà. Vieni, fatti abbracciare." detto così lo abbracciò più forte che poteva. Come se volesse tenere uniti i frammenti del suo corpo che minacciava di andare in mille pezzi da un momento all'altro.

"Lou, odio stare qui. Mi ricorda il giorno del mio incidente. Quando mi sono risvegliato in un letto che non era il mio. Quando ho aperto gli occhi e ho visto il buio attorno a me. Quando intimavo all'infermiera di accendere la luce perché non vedevo niente."

Stavolta una vera e propria cascata cominciò a sgorgare e a bagnare la spalla di Louis che lo strinse ancora più forte. Cominciò ad accarezzargli i ricci e a baciare dolcemente le sue guance. Non voleva continuare a vederlo così, gli faceva male. Fortunatamente, dopo alcuni minuti, coccolato dalle braccia di Louis, Harry riuscì a calmarsi. E fu in quel momento che l'infermiere chiamò il suo nome: "Styles?"

Lo studio del Dottor Morris era molto ordinato. Sulle pareti erano appesi e incorniciati innumerevoli attestati: quello del diploma, della laurea e dei vari master. Strane attrezzature e macchinari erano sistemati in maniera impeccabile. Quella stanza trasmetteva sicurezza. Anche l'aspetto semplice e pulito del dottore, persino la barba leggermente lunga e gli occhiali che ricadevano sul naso, infondevano la stessa tranquillità. Purtroppo Harry questo non poteva saperlo. L'unica cosa che riusciva ad avvertire era l'odore tipico degli studi dei dottori e il suono di un macchinario acceso.

"Prego, accomodatevi." disse l'uomo rompendo il silenzio.

"Avete portato la documentazione che vi avevo richiesto?" continuò

"Uhm... sì. Ecco." rispose Harry passando un fascicolo al medico che cominciò a sfogliarlo per alcuni minuti che sembrarono interminabili.

Il dottore si alzò e uscì un aggeggio dal taschino del camice bianco. Poi puntò una luce negli occhi di Harry e scrutò con attenzione il suo paziente annuendo tra sé e sé.

"Mmh." mugugnò allontanandosi dal riccio e ritornando sulla sua poltrona dietro la scrivania.

In quel momento si sentì bussare alla porta.

"Avanti."

"Buongiorno Dottore, sono la signora Styles. Piacere." esordì Anne porgendogli una mano.

"Piacere signora. Si accomodi."

"Oh grazie."

"Allora, dopo aver consultato la cartella medica e aver effettuato un primo controllo su suo figlio, posso confermare che i suoi occhi sono talmente danneggiati da rendere impossibile un reinnesto di cellule staminali autologhe e un trapianto di cornea. A questo punto, l’unica via per ripristinare l'uso della vista è quella della cheratoprotesi, come avevamo già stabilito."

"E di cosa si tratta?" domandò la donna confusa da tutti quei paroloni.

"Viene impiantata una protesi oculare nella parte anteriore del bulbo." spiegò il dottore trafficando con un modellino per far comprendere meglio ciò che stava dicendo.

"E quali sono i tempi?" chiese ancora Anne.

"Bisogna effettuare due interventi chirurgici separati in anestesia generale, a un mese di distanza l'uno dall'altro. Per il primo, si è liberato un posto per domani. Ciò significa che la seconda operazione la facciamo i primi di ottobre. Se tutto va per il verso giusto, per i primi di novembre, suo figlio potrà ritornare a vedere."

Quelle ultime parole suscitarono un entusiasmo generale. Sulle labbra dei tre si dipinse un sorriso enorme.

"E gli interventi sono pericolosi?" lo interrogò ancora la donna.

"Nel primo bisogna prelevare della mucosa dalla bocca e innestarla sull'occhio a ricoprire tutta la sua superficie, eseguendo poi una sutura delle palpebre. Quindi la cheratoprotesi verrà alloggiata nel tessuto sottocutaneo.

"E nel secondo?"

"ll secondo intervento è altrettanto complesso. Serve ad attivare la funzione visiva garantita dalla protesi."

"Perfetto. Allora se è possibile vorremmo occupare il posto rimasto libero per domani."

"Certamente, lo comunicherò all'infermiera. Intanto vi affido alle mani di Jenna, vi illustrerà la camera del ragazzo. Più tardi dovrò visitarlo più attentamente."

"Perfetto. Grazie Dottore. A più tardi."

La stanza di Harry si trovava al secondo piano della struttura. Dalla portineria si saliva al reparto tramite degli ascensori e attraverso delle scale con corrimano bilaterale. La stanza era provvista di due posti letto e di un bagno attrezzato. Il reparto era dotato di aria condizionata in tutti i locali. Era poi accessoriata di TV e telefono.

"Non è male." esordì Louis.

"Due mesi qui dentro. Mi sento morire." confessò Harry.

"Dai, amore. Hai anche la tv." cercò di convincerlo il più grande.

"Cosa vuoi che me ne faccia del televisore?! Magari il mio compagno di stanza sarà pure un rompipalle del cazzo." piagnuolò il riccio.

"Io, invece, sono sicuro che sarà un ragazzo molto simpatico, allegro, solare e bello." proclamò l'altro.

"Ma che dici, Lou?! Sei impazzito?!" sbraitò il più piccolo.

"Vuoi dire che non mi ritieni una persona attraente?" domandò Louis mettendo su il broncio.

"Tu?! Ma cosa c'entri tu?" chiese confuso.

"Ho chiesto al dottore di rimanere qui per tutta la durata della tua degenza. Ho dovuto firmare un assegno però. E poi tua madre deve lavorare, quindi ti terrò compagnia io 24 ore su 24. Sarà come convivere. Così facciamo una prova prima di comprare una casa tutta nostra per davvero." confessò.

"Dici sul serio?"

"Mai stato più sincero."

"Oddio Lou. Ti amo da morire."

Harry esplose quasi dalla gioia e saltò al collo dell'altro.

"Grazie. Grazie. Grazie. Credevo che questi mesi sarebbero stati noiosi e deprimenti. Questa è la notizia più bella che potessi darmi. Renderai più felice ogni giorno in questo inferno. Porterai la tua luce ad illuminare il mio buio ancora più cupo..."

"Andiamo Harry non esager..."

"E poi potremo scopare notte e giorno. Sarà bellissimo."

"Cosa? Stavi facendo un discorso così dolce e filosofico e poi hai rovinato tutto con questa tua perla di saggezza, Harreh."

Scoppiarono entrambi in una fragorosa risata.

"Perché non vuoi scopare con me?" domandò Harry con la faccia da cane bastonato.

"No, Harreh, io non voglio scopare con te." rispose l'altro.

"Mah? Non è giusto! Io volev.." cominciò ad alterarsi il riccio.

"Io voglio fare l'amore con te. Quante volte te lo devo ripetere?" lo interruppe il più grande.

"Sei un coglione, Lou! Mi hai fatto prendere un colpo! È la stessa cosa!" sbraitò.

"Non è la stessa cosa e adesso vieni qui e baciami più forte che puoi." lo incitò Louis

"Speravo in questa richiesta." annunciò seducente il riccio.

"Come sta, Dottore?" domandò il ragazzo.

"Si sveglierà tra un paio d'ore. Potete attendere in sala risveglio, è lì che si trova. Lo stiamo tenendo sottocontrollo" affermò il medico.

Harry sembrava proprio un angelo in quel momento. Era avvolto in un lenzuolo bianco, gli occhi erano coperti da una benda dello stesso colore, i suoi ricci si posavano sinuosi sul cuscino candido e le pareti lattee facevano da contorno a quella scena.

Louis si avvicinò al giaciglio del più piccolo e si mise a sedere su una sedia lì vicina. Afferrò immediatamente una mano del riccio e cominciò a stringerla, in seguito prese a giocarellare con le lunghe dita affusolate. Dopodiché la sua attenzione si concentrò sul volto del piccolo. Sembrava stesse semplicemente dormendo, ma in realtà era incosciente. Sapeva che il suo corpo era stato paralizzato durante tutta la durata dell'intervento, che il suo cervello era stato profondamente addormentato e che al suo risveglio non avrebbe ricordato nulla dell'operazione. Ad un tratto gli scappò un risolino. Stava pensando all'espressione sollevata che aveva assunto Harry quando il Dottor Morris gli aveva detto che l'anestesia non gli sarebbe stata somministrata mediante iniezioni endovenose, ma attraverso un tubo messo nella trachea. Il riccio odiava gli aghi. Glielo aveva confessato la notte prima dell'intervento. Un tubo posizionato in gola e collegato ad una macchina automatica gli garantiva una respirazione sufficiente. Glielo avrebbero rimosso non appena fosse tornato cosciente. Altri apparecchi, intanto, controllavano il cuore, la pressione sanguigna e l'ossigenazione.

Passate un paio d'ore Louis sentì ricambiare la stretta di mano. Quasi subito Harry cominciò a tossire.

"Hey, amore. Sshh. Va tutto bene ci sono io qui." disse il più grande accarezzando i capelli del riccio con dedizione.

"Lou... mi pulsano... gli oc- occhi... e ho un fastidio alla... gola..." riuscì a farfugliare tra un colpo di tosse e l'altro.

"Un attimo, vado a chiamare il dottore."

Dopo un paio di minuti, l'infermiera Jenna aveva già rimosso il tubo dalla gola di Harry e il Dottore aveva fornito le spiegazioni necessarie.

"Non si preoccupi, è naturale che, una volta sveglio, il paziente possa provare dolore alla zona operata, fastidio alla gola ed a volte anche nausea e vomito. Il dolore è dovuto all'intervento e generalmente svanisce dopo un paio di giorni. Dobbiamo solamente somministrargli farmaci antidolorifici."

"Okay è tutto chiaro. Grazie, Dottore." rispose Louis per poi rivolgersi ad Harry.

"Hai sentito, piccolo? Tra un paio di giorni starai meglio. Ora riposa. Io resto qui. Non ti lascio solo."

"Allora? Come sta oggi il mio riccio preferito?" domandò Louis con un sorriso raggiante stampato sul volto.

"Sto molto meglio, Lou." rispose il più piccolo.

Erano passate due settimane dal primo intervento di Harry e il Dottore diceva che la situazione era abbastanza positiva.

"So che il cibo dell'ospedale fa schifo, quindi..." disse fermandosi sul finale in modo da creare un po' di suspance.

"TADAAAN!! Ti ho portato un bel cornetto con la crema del bar qui di fronte. Contento?" continuò con entusiasmo.

"Lou... Lou..." singhiozzò Harry.

"Che c'è, piccolo? Ti fa male da qualche parte? Devo chiamare l'infermiera?" si agitò l'altro.

"No, no." piagnuolò il più picolo.

"E allora che ti prende?" chiese Louis visibilmente perplesso.

"E che... non ho ancora avuto modo di ringraziarti. Sei stato così dolce in queste settimane e io mi sento in colpa." annunciò il riccio.

"In colpa? Ma che dici?" domandò l'altro.

"Sì perché a causa mia non hai più una vita sociale. Te ne stai sempre chiuso qui dentro con me. Ci vivi addirittura. Mi sento un peso. Ecco." confessò.

"Harreh, fermati. Non aggiungere altro. Adesso ti faccio una domanda. Chi ha deciso di venire a stare qui?"

"Tu, ma..."

"Chi ha deciso, di sua spontanea volontà, di passare il maggior tempo possibile con te?"

"Sì. Tu, ma..."

"E chi ti ama tanto da non considerare vita ogni secondo vissuto senza te?"

"Mmmh, non lo so. Io?"

"Aah risposta sbagliata. Harry, io ti amo e stare qui con te, non è una tortura come pensi."

"Oh Lou. Come farei senza di te. Grazie. Grazie per avermi tenuto la mano aspettando che mi risvegliassi dall'anestesia. Grazie per essere disposto a tutto per me. Grazie per farmi sorridere sempre. Grazie per portarmi la colazione a letto. Grazie per esserci sempre. Grazie per rendermi il ragazzo più fortunato di questo mondo."

"Grazie a te di esistere, amore mio."

E fu così che quella stanza di ospedale, così identica alle altre, così anonima, divenne un altro dei numerosi templi che i due innamorati stavano rendendo sacri con il loro amore.

La stessa scena, quella vissuta un mese prima, si riproponeva agli occhi di Louis. La seconda operazione era stata portata a termine e il ragazzo si trovava di nuovo accanto al letto di Harry in attesa che si svegliasse. Ormai erano i primi di ottobre e l'autunno era venuto a far visita Londra da un paio di settimane a quella parte, rendendola ancora più umida e piovosa. Louis era sicuro che ad Harry quella stagione non sarebbe mai piaciuta. Era come se cucisse addosso un po' di tristezza e malinconia.

"Lou, l'autunno è arrivato anche quest'anno. Non è vero?" domandò Harry affacciato alla finestra con la benda a fasciargli gli occhi.

"Sì, non si è lasciato attendere neanche per un secondo. È stato molto puntuale." affermò l'altro.

"Mmh. Odio questa stagione, lo sai?" disse il riccio un po' stizzito.

"Eccome! Ci avrei messo una mano sul fuoco." esclamò Louis.

"Però... se la descrivesti tu, con i tuoi occhi cerulei, forse... la troverei più interessante." cantilenò Harry, un po' insicuro di quella richiesta che ripeteva continuamente al suo ragazzo.

"Certo. Farei tutto per te. Non devi vergognarti o sentirti a disagio nel chiedermelo." disse il piu grande con una dolcezza infinita.

"Grazie, sei un amore!" rispose il riccio sinceramente felice.

Louis si posizionò dietro Harry, cinse i fianchi dell'altro con le sue braccia e cominciò a sussurrargli all'orecchio tutto quello che vedeva attraverso quella finestra, comunicando e facendo partecipe l'altro di un altro pezzetto di sé.

"L’autunno è freddo, umido e triste. La natura si abbandona, i rami diventano secchi e le foglie gialle supplicano pietà. Nelle vie del borgo di Londra il forte odore di legna bruciata e di castagne vizia l'aria umida. I nuvoloni neri pian piano riempiono il cielo e, a quel punto, mi piace rifugiarmi in casa, chiudere gli occhi e iniziare a sognare. Sognare di essere in un'isola tropicale insieme alla persona che amo, sotto il sole cocente che arrossa la pelle, con la sabbia che brucia sotto i piedi e la crema solare ad ungere ogni parte del corpo. Tuttavia, al di fuori della mia testa, il tempo passa, le foglie secche e raggrinzite cadono e nell’aria echeggia lo scrosciare della pioggia. Stormi di uccelli migrano verso Sud, pronti ad affrontare un lungo viaggio verso i Paesi Caldi, mentre il vento soffia sfinito."

"Cazzo, Lou-Lou. Che depressione!" annunciò il piccolo ascoltatore con enfasi.

"Che c'è? Pensi di essere l'unico ad odiare l'autunno?" chiese Louis cercando di trattenere le risate.

"No, però... speravo che..." mugugnò il riccio.

"Okay, okay. Non avevo ancora finito comunque." confessò l'altro.

"Ah no? Allora continua! Che aspetti?! Sono curioso!" rispose l'altro entusiasta.

"L’autunno è anche una stagione stupenda, piena di colori vivaci, come il rosso, o l'arancione, o ancora il giallo e per ultimo il bianco nebbia. Insomma questi colori racchiudono quasi tutte le caratteristiche dell'autunno, una stagione calma e silenziosa, ma allo stesso tempo vivace e tinta di molte sfumature."

"Oooh, già va meglio!"

"Contento, adesso?"

"Sì, decisamente!"

Fu in quel momento che Louis prese a baciargli il collo e Harry scoppiò a ridere.

"Coglione! Mi fai il solletico! Dovresti tagliare i capelli. Sono diventati troppo lunghi!"

"Ah io? Sbaglio o sei tu quello che assomiglia a Tarzan tra i due? Eh?"

"Cosa? Io assomiglio a Tarzan? Mmh non ci avevo mai pensato. Allora vuol dire che sono sexy?."

"Certo che sei sexy. Questi cali di autostima non sono da te, piccolo. Andiamo, assomigli ad un Dio greco!"

"Addirittura? Purtroppo non posso dire lo stesso di te... però, magari, domani potrò... finalmente."

"Sei preoccupato?"

"Ho paura. Ho paura di deludere tutti e me stesso."

"Harry, abbiamo aspettato due mesi e domani é il grande giorno. Il dottore dice che ci sono altissime probabilità che tu possa tornare a vedere. Ma se sfortunatamente così non fosse, a me non importerebbe. Io sono con te e resterò con te per sempre."

"E se domani, quando mi toglieranno le bende, dovessi aprire gli occhi e non vederci niente? Sarei una delusione per tutti. Mia madre avrebbe sprecato soldi inutilmente e odierei me stesso ancora più di adesso."

"Amore, abbiamo affrontato questo cammino insieme. Io e tua madre ci saremo sempre per te, indipendentemente dall'esito degli interventi, perché ti amiamo e il resto non conta."

"Lou, anche io ti amo. Voglio restare per sempre con te. Promettimi che sarà così."

"Piccolo, non ti abbandonerò mai. La mia vita è con te ormai. Tu sei la mia vita e per nulla al mondo ti lascerò solo."

A quelle parole, così belle, così sincere, così profonde, Harry non rispose. Voleva Louis. E lo voleva in quel momento. Puntò la testa in direzione del ragazzo di fronte a sé e, senza abbandonare quella posizione, cominciò a liberarsi dei suoi indumenti, che altro non erano che semplici pezzetti di stoffa messi insieme. Si sfilò di dosso la maglia del pigiama, lasciandola cadere lentamente sul pavimento freddo. Dopodiché lasciò scivolare i pantaloni sulle sue coscie, fino a farli accartocciare alle caviglie per poi scacciarli via con un gesto secco del piede. Louis seguì attentamente i movimenti del riccio. Gli occhi di Harry erano fasciati, ma era come se riuscisse ad avvertire il laser di quelle iridi verdi come un puro brillante dai riflessi di giada orientale, marchiargli la pelle. Non poté più aspettare, non di fronte a quella bellezza così rara, come il fascino del bagliore di un'aurora boreale. I suoi muscoli tremarono un attimo, posò un braccio sul letto, a mo di leva, e tentò di sollevarsi, ma Harry fu più veloce di lui. Si posizionò a cavalcioni sul corpo dell'altro e cominciò a svestirlo: prima la maglia con le maniche lunghe, il simbolo evidente che la stagione fredda stava arrivando; poi i mocassini di pelle che Louis indossava continuamente; e infine gli skinny jeans tanto stretti da far domandare ad Harry se riuscisse realmente a respirare con quella trappola infernale. Una volta nudi e liberi, il riccio assaggiò le labbra fini del ragazzo che stava sovrastando con il suo corpo. Era fragola o ciliegia il sapore che si riversò nella sua bocca? Era buono. Solo quello gli importava. Dopo qualche secondo, di quel bacio casto ne rimase solo il ricordo. La calma morì nell'istante esatto in cui realizzò di avere il corpo nudo dell'altro a sua completa disposizione. Nella foga del momento, scontrò con i suoi denti, gli morse le labbra, gli prese il viso tra le mani e gli tirò i capelli morbidi e lisci come la seta. Gli fece pressione e lo indusse a coricarsi sul letto. Cominciò a strusciarsi su di lui, sommergendolo di baci confusi, alternati a risate improvvise, che accompagnarono, come un leggero sottofondo musicale, quell'aggrovigliarsi di membra, respiri e saliva. Una frenesia abituale, un torpore familiare per Harry, eppure al tempo stesso nuova ed imprevedibile. Il desiderio di Louis era impaziente, ma allo stesso tempo necessario. Fu in quel momento, in quell'attimo di distrazione, che Louis invertì le posizioni. Fu un scatto veloce, Harry non se ne accorse nemmeno. Il più grande gli baciò il collo, il punto debole del riccio, quello troppo sensibile al solletico, quello che tanto lo faceva eccitare e impazzire. Pian piano, scese più giù, soffermandosi a deliziare ogni lembo di pelle che potesse essere sollecitato. Cominciò a torturare, martoriare e succchiare i capezzoli di Harry, divenuti ormai turgidi e grossi. Poi la sua attenzione si concentrò completamente su quei piccoli nei che macchiavano la pelle del petto del riccio. Mai due semplici macchioline gli sembrarono così interessanti. In quel momento l'ombelico risultò troppo attraente per non essere percorso e stuzzicato dalla sua lingua. Scie di saliva tracciarono la strada da quel piccolo solco alla peluria pubica. Più a sud c'era già qualcosa che fremeva per essere trattata con tutti i riguardi. Harry spinse con foga il suo bacino verso il viso di Louis che cominciò a percorrere la sua lunghezza con la lingua, soffermandosi sulla punta che pulsava bagnata contro il palato. Ritornò alla base, con le labbra tremanti e la saliva quasi assente. Si sfilò la sua erezione di bocca, ansimando pesantemente. Si ripulì le labbra, passandosi una mano, prese un respiro profondo e ricominciò a succhiare più forte di prima. Se lo spinse fino in gola e cominciò a pompare. Strinse forte le labbra e affondò, quasi fino a soffocare. Alternò la punta alla base, sopra e sotto, un andirivieni che non accennava a terminare. Harry non poteva resistere ancora, il calore al basso ventre era diventato insopportabile, rischiava di venire nella sua bocca, ma non era così che voleva succedesse.

"Lou... fermati." ansimò.

Louis obbedì immediatamente.

In risposta il riccio gli afferrò la mano e si infilò in bocca il dito indice dell'altro e iniziò a leccarlo con eccessiva enfasi e lussuria. Louis

gettò la testa all'indietro e ringhiò a denti stretti, quando le dita prese in ostaggio dalle labbra del riccio divennero due. Non appena furono liberate, Louis attraversò con la propria mano l'intreccio dei loro corpi e la condusse fino alle cosce divaricate dell'altro e poi tra le sue natiche. Harry respirò affannosamente, mentre Louis roteava le sue dita all'interno della sua carne. Giusto il tempo di adattarsi a quella presenza che Harry fu riempito da qualcosa di più ingombrante. Il più piccolo digrignò i denti e lo accolse con gemito strozzato. Louis continuò a sovrastarlo, le ginocchia strette sui suoi fianchi e le mani di Harry ad arpionargli la spalla, lasciando dei segni rossi con le unghie, a simboleggiare il suo passaggio. Il dolore di Harry esplose insieme all'urlo di Louis. Il riccio strinse la presa sulle natiche dell'altro e riprese a scivolare sulla sua lunghezza, lentissimo ma determinato. Quel dolore straziante si trasformò presto in piacere. Quando il suo corpo ingoiò l'intero membro dell'altro, ogni tremore della carne e contrazione dei suoi muscoli lo facero godere. Louis si mosse dentro di lui scandendo bene il ritmo ad ogni spinta, sempre più forte, sempre più precisa, sempre più penetrante. Intanto gli succhiava il collo lasciando dei segni rossi a marchiare a fuoco la pelle candida. Quando la sua essenza riempì completamente il riccio, scivolò fuori con un gemito. Il piacere di Harry andò a riversarsi tra i loro petti. Distesi l'uno sull'altro, si abbracciarono e accarezzarono delicatamente. L'amore che provavano l'uno per l'altro era surreale. Erano sicuri che un amore così, che logorava l'anima,  non fosse mai stato consumato. Loro insieme avevano una forza senza eguali. Quella posizione, quella che assumevano ogni volta che finivano di fare l'amore, era un intreccio di corpi, di anime, di vite che si erano incontrate  e che erano diventate una cosa sola. Da soli non erano nessuno, erano deboli, inermi, come un uccellino senza ali, insieme erano invincibili, erano invulnerabili, potevano distruggere le montagne se solo avessero voluto. Erano immobili su un letto non loro. Gli unici movimenti erano quelli della mano di Louis che accarezzava i capelli del riccio. Quel momento di attenzioni che si dedicavano reciprocamente fu immortalato nelle loro menti, come una fotografia impressa nella  memoria. Harry non voleva dimenticare neanche un secondo delle ore passate con Louis, perché nessuno di quei ricordi poteva essere scordato. Tutti erano importanti. Tutti gli avevano suscitato delle emozioni diverse. In tutti aveva amato Louis con tutto sé stesso. E così sarebbe stato fino alla fine dei loro giorni, perché un amore così, sarebbe durato per sempre, qualunque cosa fosse successo.

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