I feel you next to me

By First_Real_Crush

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Harry vive una situazione difficile. Privato della vista ormai da un anno, ogni giorno raccoglie le sue forze... More

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Shall we dance?

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By First_Real_Crush

I preparativi per il ballo di primavera avevano messo in agitazione l'intero corpo studentesco. Le mura della scuola erano tappezzate di manifesti sui quali erano ben in mostra i volti sorridenti e ammiccanti dei candidati al titolo di re e reginetta. Ultimamente le ragazze si rendevano ancor più carine nella speranza di ricevere un invito. Louis, quest'anno, aveva tardato a fare la sua scelta. Nessuna di quelle ochette lo allettava, forse perché l'unica persona che avrebbe voluto veramente invitare, era per lui irraggiungibile. Tuttavia avrebbe dovuto prendere una decisione il più presto possibile. Non poteva presentarsi al ballo senza una dama.

"Hey, El!" disse rivolgendosi ad una delle cheerleader più graziose.

"Louis!" esclamò quella con gli occhi a cuoricino sbattendo le lunghe ciglia.

"Mi chiedevo se avessi già un accompagnatore per il ballo." annunciò arrogante.

"Lou, lo sai che anche se l'avessi, lo abbandonerei per te." rispose stridula portando le braccia al collo del ragazzo.

"Okay, ti vengo a prendere stasera alle 8." disse scostandosi Eleanor di dosso.

"Louis! Il mio vestito é azzurro. Cerca di trovare un corsage da polso che si intoni col colore."

"Va bene." rispose seccato Louis.

Non fece in tempo ad allontanarsi che sentì le risatine e gli schiamazzi delle amiche della ragazza festeggiare con lei. Louis era senza dubbio uno dei ragazzi più belli della scuola ed essere invitate da lui rappresentava sicuramente un grande onore.

Al contrario, Harry, non era mai stato affascinato da queste cose. Anche prima del suo incidente, aveva sempre affrontato numerose difficoltà in situazioni del genere. Purtroppo non tutti avevano il suo coraggio. Fare outing rappresentava una discesa inesorabile nella gerarchia scolastica e pochi erano disposti a sopportarla. Così, anche quell'anno, decise di non andarci.

Per i corridoi aleggiava un'atmosfera di festa e di entusiasmo. Harry però non si faceva trasportare facilmente da tutta quell'euforia. Anzi, sperava che quello stupido ballo passasse il più presto possibile.

"Styles! Stasera vogliamo vederti con il tuo ragazzo!" esclamò John accanto a Louis.

"Già..." continuò l'altro per dare corda all'amico.

Harry rifletté un attimo. L'obiettivo di quei ragazzi era quello di costringerlo, ancora una volta, ad essere condizionato da ciò che dicevano. Loro non lo volevano al ballo ma Harry non voleva, a sua volta, dargliela vinta.

"Okay... a stasera allora." rispose soltanto.

Alle 8 in punto Louis stava già suonando il campanello di casa Calder. A venirgli incontro  fu una donna sulla quarantina che già armeggiava con una macchina fotografica.

“Tu devi essere Louis!” esordì estasiata.

“Si, sono io.” rispose sfoggiando uno dei sorrisi più falsi che avesse mai rivolto a qualcuno.

“Ma che piacere!” annunciò isterica.

Louis si limitò a porgerle la mano continuando la sua messa in scena.

“Eleanor è quasi pronta. Vedrai come è bella la mia bambina! Sembra una principessa!” disse la donna con gli occhi sbarrati e con un sorriso da pazza.

Louis giurò di non aver mai visto una mamma così piena di sua figlia.

Una voce timida e piagnucolosa giunse da su in cima alle scale.

“Mamma! Così mi fai vergognare.”

“Ma di cosa, bambina mia? Guardati! Sei perfetta!”

E, in effetti, lo era. Eleanor era elegantemente avvolta in un prezioso abito lungo di seta e, con incedere sicuro, scendeva lentamente ogni gradino, come se stesse sfilando. L’azzurro acceso del vestito ben si sposava con la sua pelle candida e curata. Sfoggiava una pochette in tono con le scarpe e gioielli di perle delicate e non troppo evidenti. Il make-up non era appariscente, ma sobrio e raffinato, come a non voler offuscare la lucentezza del suo volto dai tratti gentili.

Era bella ma, agli occhi di Louis, non eccezionale. Niente che non avesse già visto. Niente che potesse essere paragonato al verde infinito e tormentato di quegli occhi. Niente che potesse minimamente assomigliare alla grandezza e alla bontà di quel sorriso. Niente che potesse eguagliare la dolcezza e la curiosità di quella voce. Niente che potesse, anche lontanamente, avvicinarsi a lui.

Louis non voleva essere lì. Quello era forse l'ultimo posto al mondo in cui avrebbe voluto ritrovarsi. Odiava indossare quella maschera. Odiava nascondere il suo vero io, la sua vera essenza. Ma aveva paura. Non aveva abbastanza coraggio come lui. E ogni giorno malediceva se stesso. Provava vergogna di ciò che era, anzi, di ciò che era diventato senza neanche rendersene conto. Si era piegato agli altri, si era omologato alla massa, aveva annullato se stesso per essere libero, ma libero non lo era per niente. E ora si ritrovava lì, splendido come non mai, con una giacca blu scura in tessuto gessato, pantaloni coordinati, cravatta di seta raffinata e mocassini in pelle nera traslucida. Al polso riluceva un orologio griffato. I capelli era perfettamente pettinati, così come perfetto era il profumo che diffondeva nel salotto di casa Calder. Tutto questo era per lei, per Eleanor.

"Sei meravigliosa." disse con poco entusiasmo.

"Questo é per te." continuò porgendole un corsage.

"Oddio, Lou é bellissimo!" esclamò El in preda all'euforia.

L'orchidea blu era il fiore che Louis aveva scelto. Per dare un senso di completezza e per evidenziare il colore, della nebbiolina venne usata come riempitivo. Il tutto era racchiuso in un nastro coordinato che venne lavorato per creare un fiocco grande e preciso.

"Mettetevi in posa! Vi faccio una foto!" urlò la madre della ragazza.

El si posizionò tra le braccia di Louis, posando la mano sul suo petto per mettere ben in mostra il corsage che il ragazzo le aveva regalato. Louis invece si limitò ad un sorriso tirato.

Intanto, in casa Styles, tutto si svolgeva con più calma. Harry era nella sua camera, seduto sul letto, mentre si cimentava nella creazione di una forma decente per il suo papillon. Infastidito com'era, trovò l'impresa troppo ardua da uscirne vincitore.

"Tesoro, non ti preoccupare, ti aiuto io."

Una voce comprensiva e materna giunse dall'uscio della porta.

"Grazie mamma." rispose.

La donna posizionò le due estremità del papillon in modo asimmetrico.

"Perché sei così nervoso?"

"Perché non ci voglio andare."

Incrociò, attorno al collo, l'estremità più lunga con quella più corta.

"Non devi andarci per forza."

"É il ballo di primavera, mamma. Ci vanno tutti."

Fece scivolare l'estremità più lunga verso l'alto.

"Capisco... c'é qualcuno che... ehm... ti interessa?"

"In realtà si... c'é qualcuno... un ragazzo."

Formò le due ali del papillon piegando orizzontalmente l'estremità più corta.

"Davvero? Chi é?"

"Non lo so nemmeno io. Mi piacerebbe conoscerlo meglio ma sparisce sempre."

Fece scendere l'estremità più lunga davanti al nodo in formazione.

"E com'é?"

"Lui é... lui é unico. C'é sempre per me... beh... quasi sempre... Lui mi comprende, mi aiuta, mi consola, mi fa sorridere. Lui é l'unico che mi fa andare avanti."

Nascose poi l'estremità più lunga sotto l'estremità piegata.

"É bella questa cosa, Harry. Sono felice per te."

"Spero di incontrarlo stasera."

Infine aggiustò il papillon tirando sulle due ali.

"Lo spero per te, tesoro."

"Vorrei... vorrei... beh ecco, vorrei ballare con lui."

"Sono sicura che accadrà."

Gli schioccò un bacio sulla guancia e se ne andò con la speranza a riempirgli il cuore.

La palestra era agghindata a festa. Le luci soffuse creavano un'atmosfera degna di un ballo che poteva dirsi tale. Una band suonava dal vivo su un palchetto, mentre un dj con la sua console, si preparava al momento disco. Il buffet, ben in mostra su una tavolata, presentava il classico punch che, i più ribelli, tentavano disperatamente di correggere con dell'alcol.

Eleganti ragazze affrontavano la serata sperando nello sguardo ammirato dei presenti fermo ad apprezzare la loro bellezza. Ognuna di loro doveva aver immaginato e ripetuto più volte nella propria mente i gesti, le parole e le movenze. Ognuna di loro doveva aver immaginato e sognato l'abito perfetto. La loro femminilità veniva risaltata da un trucco curato, un'acconciatura impeccabile, un abito da sera che evidenziava le forme e che faceva risplendere di eleganza e raffinatezza chi lo indossava. Le occasioni in cui poter sfoggiare un vestito da favola, come quelli che si vedono indossare magnificamente dalle star del cinema e della musica, sono davvero scarse. Eppure, almeno una volta nella vita, le presenti avrebbero voluto provare quella sensazione. Quale occasione migliore di un ballo scolastico? Sentirsi principessa per una sera è certamente il sogno segreto di ogni donna. Ed è così che le ragazze sfoggiavano abiti lunghi ed aderenti, stile impero, oppure corti, con gonne a palloncino, o lunghe con spacco più o meno ampio.

Per Louis il tragitto fino a scuola era sembrato interminabile. Eleanor non aveva fatto altro che parlare di lei, del suo grande sforzo nel trovare un vestito adatto all'occasione perché nessuno di quelli aveva provato le aveva fatto venire le lacrime agli occhi. Poi aveva continuato chiedendo a Louis quale reazione avrebbero avuto le sue amiche nel vederla così bella. Sarebbero state contente per lei? Oppure invidiose del suo splendore? E bla bla bla... Louis aveva lottato con tutto se stesso per non sbatterla fuori dalla macchina e lasciarla in mezzo alla strada. Ed ora che erano arrivati alla festa, nel vedere la meraviglia di quel ragazzo a pochi passi da lui, il pensiero di abbandonare Eleanor e correre da Harry non gli sembrava più così surreale.

Abito nero, camicia bianca con un papillon ad avvolgerne il colletto, cintura in pelle, scarpe classiche e lucide con chiusura a lacci era l'abbigliamento che rendeva il ragazzo assolutamente irresistibile. Era bellissimo. Era stupendo. Era la cosa più vicina ad una divinità che avesse mai visto. Ma soprattutto, era solo, era triste. Era in attesa di qualcuno che Louis sapeva non sarebbe mai arrivato, perché c'erano troppi occhi indiscreti e non c'erano posti dove nascondersi. Ma, anche solo vedere la delusione, le aspettative tradite e le false illusioni in quel volto e in quegli occhi opachi, lo faceva soffrire, lo tormentava fin dentro l'anima.

"Louis!" l'urlo di un ragazzo si riuscì appena ad avvertire nel caos che regnava incontrastato.

"Hey, ragazzi... come va?" riuscì ad articolare scocciato perché davvero non ce la faceva ad apparire allegro agli altri quella sera.

"Hai visto? C'é Styles. É venuto fino alla fine quel ricchione!" rispose quello ignorando la domanda di circostanza fatta da Louis.

"Senti, lasciamolo in pace. Almeno per stasera." lo ammonì severo.

"Cosa?" rispose il tipo sbalordito, spalancando la bocca in una "o" perfetta.

"Ma ti sei rincoglionito? Stasera possiamo divertirci con lui quanto vogliamo!" continuò.

"Fate come volete. Io stasera ne resto fuori. Non voglio casini." si giustificò Louis preoccupato.

Se solo gli avessero torto un capello, se solo gli avessero fatto o detto qualsiasi cosa, non avrebbe potuto difenderlo in nessun modo e questo lo spaventava a morte, lo uccideva dentro e lo faceva sentire un verme, un codardo incapace di proteggere la persona alla quale teneva di più. Quella persona che aveva un coraggio immenso, una voglia di vivere con la quale, nonostante tutto, riusciva a superare i momenti più bui e deprimenti della vita. Quella persona che Louis ammirava ma che invidiava anche. Quella persona che, inconsapevolmente lo stava cambiando, addolcendo, come un pezzo di cera e trasformando in qualcosa di meglio, di più sensibile, in un essere capace di amare senza riserva chi era giusto amare. E, osservarlo in difficoltà, vittima di quei bulli che lo deridevano, che lo accerchiavano facendosi beffa di lui, che lo insultavano e che lo spingevano, lo faceva sentire l'uomo più inutile e vile della Terra, un uomo privo di valori e di autenticità.

Harry non riusciva a capire: come aveva potuto essere così dannatamente stupido? Come gli era saltato in mente di andare a quel ballo? Credeva forse che si sarebbe sentito a suo agio? Oppure pensava che tutti gli altri, troppo intenti a divertirsi, lo avrebbero ignorato completamente? E si sentì ancor più idiota quando, percorrendo i corridoi della scuola diretti verso l'uscita, si ritrovò a pensare a lui. Sperare di ballare insieme era stata solamente un'infantile illusione. Come quando i bambini aspettano disperatamente che Babbo Natale si cali giù per il camino per portare loro i doni tanto attesi, Harry aveva desiderato incontrare il suo Cavaliere, divenuto quasi un personaggio irreale, che gli avrebbe regalato quel ballo tanto agognato. Ma Harry Styles, ancora una volta, non sapeva che il suo amato aveva in serbo per lui una sorpresa ancor più grande. Perché prevedibile non lo era mai stato e lo aveva dimostrato molte volte. Sorprendere Harry e renderlo felice, concedendogli piccoli momenti di pura perfezione, era divenuto quasi un obiettivo per lui. Perché il suo sorriso valeva più di qualsiasi cosa. Era il premio che spettava al Cavaliere per tutti gli ostacoli e i pericoli che affrontava ogni giorno per vederlo. E si sa che tanto più il traguardo sembra irraggiungibile, tanto più prelibato sarà il profumo della vittoria, la consapevolezza di esserci riusciti nonostante tutto.

Perso nella giungla dei suoi pensieri e abbandonata ogni speranza, qualcosa lo ridestò da quello stato di apatia e disillusione del quale era caduto prigioniero. E fu soltanto quello, un semplice tocco, quasi una carezza a far crollare attorno ad Harry quel muro di tristezza che aveva creato. Gli bastò sentire i brividi provocati dal contatto con la sua pelle, il tremore alle gambe per quella semplice pressione, il battito del cuore impazzito, per capire chi si celasse dietro quel tocco. Perché quelle mani sarebbero potute appartenere a chiunque, ma per Harry non c'erano dubbi, lo sentiva a pelle. Quel gesto così semplice e delicato, capace di suscitare quel turbinio di emozioni nel corpo scosso del riccio, poteva essere solo del Cavaliere. Quello stesso braccio lo spinse dolcemente all'interno dell'aula di storia, allontanandolo dalla confusione. Seppur lontani dal luogo del festeggiamento, si riuscivano benissimo ad udire le prime note di "Hello" di Lionel Richie volteggiare nell'aria. Fu allora che il Cavaliere porse la sua mano verso Harry sfiorandogli appena le dita. Gli stava chiedendo un ballo. Harry rabbrividì al pensiero che i suoi desideri si stessero avverando e, senza pensarci due volte, accettò posando la sua mano sul palmo dell'altro. Il Cavaliere portò le braccia del riccio attorno al collo, mentre lui gli cinse i fianchi dolcemente. Danzarono a lungo, stringendosi in un abbraccio e facendo aderire i loro corpi e le loro anime in una fusione di emozioni e parole non espresse. Continuarono anche quando la dolce melodia venne sostituita dal suono elettronico proveniente dalla console del dj. Ma a loro non importava. Avrebbero continuato a ballare per sempre, ad oscillare su quel tenero e acerbo sentimento che stava nascendo tra loro, che riempiva l'aula rendendola un posto sacro, quasi un tempio del loro amore segreto.

In quell'unione perfetta, Harry poteva sentire il calore di quel corpo che avvolgeva il suo e l'energia che gli trasmetteva. Gli sembrò che in quell'abbraccio fossero racchiusi tutto l'amore e la comprensione di cui avesse bisogno; il dispiacere per non essersi presentato nello spogliatoio della palestra per asciugare le sue lacrime e pulire il suo viso sporco di sangue; la tristezza per non potergli rivolgere la parola per qualche misterioso motivo. Tuttavia, si sa che con le parole sono bravi tutti, sono i gesti che fanno la differenza. Ed é questo che pensava anche il Cavaliere quando cominciò ad avvicinarsi al viso del più piccolo, fino a strofinare leggermente la punta del naso con il suo. L'alito caldo invadeva il viso di Harry che, con i suoi morbidi polpastrelli, accarezzava la nuca dell'altro. La mano del Cavaliere si spinse fino alla sua guancia, trascinandolo, se è possibile, ancor più vicino a sé. Respiri e battiti si fusero in una dolce armonia. Tutto attorno sembrò sparire. Non c'erano più banchi o sedie in quell'aula, né tantomeno libri e gessetti, sparì anche la grande lavagna in fondo, non c'era più nulla se non Harry e il suo Cavaliere. E, quando sulle labbra morbide e carnose del riccio si posarono quelle soffici e fini dell'altro, si creò un istante di infinito. Fu come un segreto detto sulla bocca, qualcosa che dice di più di una dichiarazione d'amore e di mille parole. I movimenti iniziali furono timidi e incerti, Harry pensò che il suo amato avesse paura di spaventarlo e che volesse di più ma che non osasse chiederlo. Fu così che fiondò la sua lingua nella bocca dell'altro disegnando dei piccoli cerchi. Fu allora che la risentì, quella risata, la stessa dell'altra volta ma ora più maliziosa. La lingua del Cavaliere, senza farsi aspettare troppo, si incastrò a quella del più piccolo con altrettanta foga, passione e desiderio. Lo spinse con delicatezza su un banco, premendo il suo corpo su quello dell'altro che cominciò a fremere quando il Cavaliere abbandonò le sue labbra per arrivare al collo. Harry spinse la testa all’indietro e, con la bocca semiaperta, accolse i baci ardenti dell'altro sulla pelle. Il Cavaliere alternava le labbra al collo, lasciando scie di saliva al suo passaggio. Voleva assaporare ogni centimetro di pelle scoperta. Voleva bearsene finché fosse possibile. Ed era sicuro che, se si fossero trovati in un atro posto, non si sarebbe limitato a quella lotta di lingue e denti, ma si sarebbe spinto oltre, in mondi che facevano parte solo della sua immaginazione, un'immaginazione che, in quegli ultimi mesi, era stata animata da fantasie su Harry, perché quel ragazzo gli aveva fatto davvero perdere la testa. Morse il labbro inferiore del riccio e gemette al sospiro che fuoriuscì da quella bocca che stava possedendo e dalla quale non era provenuta alcuna parola, come a rispettare il suo ostinato silenzio. Il cavallo dei suoi pantaloni si faceva sempre più irrimediabilmente stretto e, dal contatto con il bacino dell'altro, poteva avvertire lo stesso fastidio ingombrante.

"Andiamo fuori a fumare, dai!" si udì oltre quella porta che li separava dalla realtà.

Il Cavaliere, nel sentire quelle voci, si ridestò come da un lungo sonno e decise di non voler correre più alcun rischio per quella sera. Si staccò con estrema difficoltà dal corpo schiacciato dalla sua pressione e, accarezzandogli dolcemente la guancia con il dorso della mano, abbandonò quel tempio.

Rimasto solo, Harry pensò di essere un completo coglione. Non avrebbe mai più dubitato del Cavaliere. Ripensando a ciò che aveva pensato poco prima che un braccio lo spingesse dentro quell'aula e a quello che si era consumato proprio lì dentro, trovò la vita piacevolmente sorprendente e bella. Scoppiò in una fragorosa risata. Una di quella che riempiono il cuore di gioia. Quei baci avevano un solo significato: non era più solo. Aveva trovato qualcuno da amare senza realmente cercarlo.

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