I feel you next to me

By First_Real_Crush

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Harry vive una situazione difficile. Privato della vista ormai da un anno, ogni giorno raccoglie le sue forze... More

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It's too late
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The first time
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I'm afraid to fail
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The Knight

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By First_Real_Crush

Il fastidioso suono della sirena dell'ambulanza echeggiava nell'aria di quella fredda e cupa sera d'autunno. La luce blu lampeggiante vorticava in cima alla vettura. Il suo colore acceso abbagliava gli occhi del ragazzo costretto ad assistere impotente a quella dolorosa scena. La pioggia cadeva incessante creando un'atmosfera immobile e quasi finta. Appariva agli occhi del giovane come una vecchia fotografia. Ma ciò che accadeva era purtroppo reale. L'espressione rassegnata degli infermieri lasciava poco da sperare.

"Codice rosso! Codice rosso!"

Era questo che si riusciva ad udire nell'agitazione del momento, oltre al nervoso ticchettio delle gocce d'acqua che si schiantavano numerose e disordinate sull'asfalto. Quando la barella fu trasportata all'interno dell'ospedale, l'unica cosa che il ragazzo riuscì a pensare fu

Non sta succedendo a me. Non sta succedendo a lui.

Non avrebbe mai voluto che la prima volta in cui l'avesse visto fosse stata in quelle condizioni. Desiderava ardentemente che attorno a lui tornasse quel buio pesto e in qualche modo rassicurante che aveva caratterizzato la sua vita in quegli ultimi anni.

"Aiuto! Che qualcuno mi aiuti!" gridava il povero Harry da circa dieci minuti.

Da quando si era trasferito in quella scuola era stato preso di mira da un gruppo di bulli. Quotidianamente riceveva insulti e spintoni, in classe e per i corridoi. Quella volta, però, gli era andata decisamente peggio. I suoi "simpatici" amici avevano avuto la felice idea di rinchiuderlo in bagno. Nonostante si impegnasse con tutte le sue forze, non riusciva ad aprire quella porta.

"Devono averla bloccata da fuori. Cazzo!" urlò arresosi.

Tuttavia, in qualche modo, sapeva che ben presto, il suo cavaliere senza nome, sarebbe accorso in suo aiuto.

Quando Harry percepì alcuni movimenti oltre la porta, capì che la sua prigionia era finita.

"Grazie!" esclamò al suo salvatore che, come sempre, non proferiva parola.

Avrebbe voluto saltargli al collo e abbracciarlo perché, in quella dannatissima scuola, così come in quelle precedenti, Harry non aveva mai avuto amici. Non che potesse considerare il suo paladino della giustizia come un vero amico. Da qualche mese, però, era proprio lui a salvarlo da quelle situazioni e, anche se non conosceva nemmeno il suo nome, non poteva essergli più riconoscente. Quel ragazzo rappresentava la cosa più vicina ad un amico che Harry Styles possedesse.

"Sei tu, non é vero?" domandò all'altro che persisteva nel suo silenzio.

Sentì i suoi passi avvicinarsi. Harry tese le braccia e posò le mani sul viso del suo coetaneo che mosse delicatamente il capo in un cenno di approvazione. Poteva avvertire i capelli soffici e fini dell'altro solleticargli i polpastrelli. Fece scivolare le dita fino ad arrivare agli occhi, adesso chiusi, sfiorando appena le palpebre, palpando le leggere rughe che si diramavano ai lati e giocherellando con le folte ciglia. Scese ancora più giù, fino alle labbra, incurvate in un sorriso che ben presto si aprì facendo spuntare i denti umidi e perfettamente allineati. Infine, seguì delicatamente il profilo elegante del volto per poi abbandonarlo e cercare le sue mani grandi e confortanti. Questo era quasi diventato un rituale. Ogni volta che i due si incontravano si riproponeva sempre lo stesso film, uno di quelli vecchi, ma che non ci si annoia mai a rivedere. Quella volta, però, si aggiunse un altro particolare che Harry riuscì a cogliere. Il continuo contatto dei suoi morbidi polpastrelli con la pelle liscia dell'altro provocò una risatina allegra che purtroppo venne subito soffocata.

"É la tua risata? Che bella!" disse il riccio sinceramente sorpreso.

Tuttavia dall'altra parte non si udì risposta.

"Ma perché non mi parli? Sai che non posso vederti, ma almeno la tua voce ho bisogno di sentirla." confessò apertamente con un tono indifeso.

Si avvertì un sospiro dispiaciuto nell'aria. Harry lo captò e "Okay, non fa niente. Per adesso mi basta sentirti accanto a me... però, siccome non vuoi dirmi il tuo nome, posso chiamarti Cavaliere?" disse sporgendo le braccia in avanti, aspettando il cenno del capo dell'altro che sapeva sarebbe arrivato.

Quando Louis e gli altri ritornarono sul luogo del misfatto per godersi lo spettacolo di un povero ragazzo ormai sfinito e umiliato, trovarono la porta del bagno aperta.

"Ma come cazzo é possibile che riesce sempre a sfuggirci?!" sbraitò Louis.

"Deve esserci qualcuno che si intromette. Non é la prima volta. Bastardo." gridò uno dei ragazzi lì presenti.

"Non ti preoccupare. Lo prenderemo e gliela faremo pagare a quel figlio di puttana." disse Louis con calma.

Sapeva che non ci sarebbero mai riusciti. Il Cavaliere non era facile da catturare.

Lo squillo della campanella riversò i ragazzi dalle facce annoiate nelle rispettive classi. Harry, come al solito, venne spinto contro un armadietto e, come sempre, nessuno gli diede una mano. A nessuno importava di Harry, né tantomeno della sua situazione, della sua difficoltà. La vista é il più importante tra i cinque sensi e vederselo sottratto ormai in età avanzata, era stato ancora più traumatico per il povero ragazzo. In men che non si dica, si era ritrovato solo. Chi vorrebbe passare del tempo con un ragazzo che porta solo problemi? Chi avrebbe voluto passare la propria adolescenza con lui? Lui, che avrebbe fatto sembrare sfigata anche la più attraente tra le cheerleader se vista in sua compagnia. Correre il rischio di provare a conoscerlo meglio e capire chi si nascondesse dietro quella persona, non ne valeva la pena.

Quando entrò nella sua aula, dal rumore che c'era, capì che il professore non era ancora arrivato. Si sedette sconsolato sulla sua sedia sapendo che, approfittando della momentanea assenza dell'insegnante, i suo "compagni" avrebbero cominciato a prenderlo in giro, ad insultarlo e a fargli scherzi stupidi che non potevano essere considerati tali. A quel punto tutti avrebbero riso di lui, anche chi divertito non lo era affatto, ma che lo faceva solamente per sentirsi parte di qualcosa, per essere integrato nel gruppo. Posò il suo zaino sul banco. Tentò di captare ogni minima informazione che aveva a disposizione sfruttando al massimo gli altri sensi. Nel tempo, era riuscito a sviluppare un impeccabile senso del tatto, un infallibile olfatto e un sensibile udito. Riusciva a percepire la superficie fredda e liscia del suo banco, il buon profumo di una ragazza che gli era appena passata accanto ma, soprattutto, la risata sguaiata di Louis e dei suoi amici. Harry li odiava ma aveva imparato anche ad avere paura di loro. I loro scherzi divenivano sempre più crudeli e i loro insulti più taglienti. Non era ancora riuscito a comprendere fin dove la cattiveria di quei ragazzi si sarebbe spinta. Non aveva idea di quanto la gente potesse essere spietata prima del suo incidente. Ora, invece, sperimentava quella crudeltà tutti i giorni sulla sua pelle.

"Hey! Styles! Visto che bella giornata é oggi?" si rivolse a lui una voce lontana.

Ben presto, però, si accorse che qualcuno si avvicinò a lui posandogli una mano sulla spalla in un finto gesto di amicizia.

"Oh! Che peccato non puoi vederla, scusa." continuò una voce diversa dalla precedente.

Harry la riconobbe subito. Era quella di Louis. Quella voce stridula, ma anche delicata che mal si addiceva alle cattiverie che spesso fuoriuscivano dalla sua bocca.

"Hey, Harry! Hai visto la mia nuova maglietta? Ti piace?"

Questa fu una battuta più velenosa. Il ragazzo che la pronunciò faceva riferimento alla sessualità di Harry. Perché sì, Harry aveva fatto coming out , tanto non aveva niente da perdere. Non voleva rispondere a quelle provocazioni ma facevano male, troppo male. Sentiva un groppo in gola, un'improvvisa voglia di urlare e di sparire dal mondo. Lacrime amare cominciarono a pungergli gli occhi fino a rigare la pelle candita della sue guance.

"La dovete smettere! Non ce la faccio più! Perché non lo volete capire?" la voce del riccio, in preda ad un attacco isterico, zittì l'aula che piombò in un silenzio assordante ricco di parole non dette e di sguardi che sapeva lo stessero fissando. Con uno scatto si alzò e cercò disperatamente di afferrare il suo bastone bianco.

"Che c'é Styles? Hai perso qualcosa?" ruppe il silenzio un suo compagno di classe.

Le mani di Harry cominciarono a vagare nel vuoto agitate e confuse. Non voleva supplicare per riaverlo, non voleva piegarsi al loro volere. Gli era rimasto ancora un briciolo di dignità che subito venne meno quando inciampò sulla gamba di una sedia cadendo per terra. Un boato riempì la classe di risate. L'umiliazione e la vergogna che provava in quel momento non avevano precedenti. Mai come adesso aveva desiderato morire. Ciò nonostante trovò la forza di sollevarsi e di proseguire il suo cammino verso la porta, costellato di ostacoli che stentatamente riuscì a superare.

Rintanato in un bagno, questa volta per scelta, Harry trovò un po' di pace, un posto dove piangere in silenzio. Era rannicchiato con le ginocchia al petto e la testa bassa nascosta tra le lunghe gambe, quando qualcuno bussò alla porta con delicatezza come a non volerlo spaventare. Un sorriso appena accennato comparve sulle labbra di Harry. Sapeva di chi si trattasse. Sollevò il braccio per sbloccare il lucchetto per poi tornare alla sua posizione. Quei passi così familiari riempirono il cubicolo rendendolo improvvisamente meno spazioso. Anche se non poteva vederlo, sentiva la sua presenza rassicurante e premurosa. D'un tratto percepì uno strano tepore avvolgerlo. Le braccia del Cavaliere lo stavano cingendo in una morsa forte ma delicata al tempo stesso. Voleva fargli capire che per lui c'era e che ci sarebbe sempre stato. Harry rispose all'abbraccio scoppiando in lacrime e affondando la testa nel collo del suo salvatore. Le lacrime che prima aveva tentato di trattenere cominciarono a scivolare giù come una cascata impetuosa. Nemmeno con le parole più sincere sarebbe riuscito a ringraziarlo abbastanza, a mostrargli la sua riconoscenza e a fargli capire che per lui era unico e indispensabile. Le mani del ragazzo misterioso iniziarono ad accarezzare le guance dell'altro, pizzicando le fossette che solcavano la sua pelle. In seguito si spostarono sui capelli che massaggiò dolcemente giocherellando con i ricci. Infine gli prese la mano, stretta in un pugno, che sciolse con accortezza per infilarvi il bastone recuperato chissà dove.

"Non sai quanto tu sia importante per me." confessò Harry senza timore, consapevole che non avrebbe ricevuto una risposta. Ma inaspettatamente ricevette molto di più. Il bacio leggero che il Cavaliere lasciò sulla sua guancia, valeva più di mille parole. Ed Harry, da quel momento, anche inconsapevolmente, cominciò ad innamorarsi di lui.

Seppur stanco di alzarsi dal letto ogni mattina per recarsi in quella fottutissima scuola, anche quel giorno Harry si preparò per uscire di casa. L'unico motivo che lo spingeva a compiere tale sforzo era rappresentato dal Cavaliere. Suo malgrado conosceva la triste verità. Egli sarebbe comparso solo dopo aver ricevuto un gratuito maltrattamento.

A prima ora, la classe si recò in palestra per la lezione di educazione fisica. Harry odiava quella materia. Non poteva giocare con gli altri. Non poteva divertirsi come tutti. Tra le quattro mura della palestra si sentiva ancora più inadeguato e diverso. Non indossava nemmeno la tuta e le scarpe da ginnastica.

Il professore era solito abbandonare i ragazzi per fumare una sigaretta con i suoi colleghi nel cortile esterno alla struttura. Erano quelli i momenti che Harry temeva di più.

"Hey, Louis! Perché non ci divertiamo un po' con Styles?" sussurrò qualcuno.

Louis sapeva che questa volta sarebbe toccato a lui. Era da tempo che non si rendeva protagonista di una cattiveria ai danni del povero Harry. Non poteva far venir meno la sua credibilità.

"Cosa proponi?" domandò rassegnato.

"Semplice. Una partita a dodgeball." rispose.

Louis prese una palla di spugna, ma venne subito ammonito.

"Non questa. Quella." grugnì qualcun'altro passandogli una palla da basket.

Louis non poteva cedere. Doveva continuare a fingere e a mantenere quell'aria da menefreghista che lo aveva sempre contraddistinto.

"Palla!"

Come programmato, Harry venne colpito dritto in faccia.

"Oh, scusami. Ti avevo detto di stare attento." disse Louis con poca convinzione.

Un rivolo di sangue macchiò la pelle di Harry proprio sotto il naso. Si portò una mano al volto e poté avvertire il dolore causato dalla botta, il liquido denso fuoriuscire e la perdita della sensibilità nella zona interessata.

"Sei uno stronzo Louis!" lo aggredì.

Un ululato di finta sorpresa si alzò incitando Louis a rispondere.

Quest'ultimo si guardò intorno e, quasi costretto, disse "Adesso te la prendi con me? Sei tu che non hai visto la palla. Non é colpa mia se sei cieco!"

"Ah, perché tu credi che sia colpa mia?! Pensi che io mi diverta?! Pensi che io abbia sempre desiderato una vita di merda come questa?!" si accanì con lo sguardo puntato chissà dove.

Lo spazio enorme della palestra e i rimbombi che ne provenivano non gli avevano permesso di individuare perfettamente da quale parte provenisse la voce del suo rivale.

"Styles! Girati, sono dall'altra parte."

La palestra fu riempita da risate e schiamazzi e fu allora che Harry decise di andare via. Chissà perché ultimamente scappare era la cosa che gli riusciva meglio.

Odiava Louis. Ora che finalmente sembrava aver smesso di prenderlo di mira, forse per clemenza o per noia, tornava ad essere il fottuto bastardo di un tempo. Non capivano quanto fosse difficile vivere così. Non sapevano quanto fosse duro non poter vedere la bellezza dei colori con tutte le sfumature chiare o scure. Non immaginavano quanto potesse essere doloroso non poter guardare il volto delle persone. La cosa che più ad Harry mancava era restare estasiato dalla varietà di colori che dipingevano la primavera. Quelle primavere che da piccolo aspettava con gioia quando ancora poteva bearsene. Ed ora, la bella stagione che stava per affacciarsi alle porte, sarebbe stata per Harry una delle più buie e tristi della sua vita.

Si recò nello spogliatoio della palestra. Mise la testa sotto il getto d'acqua fredda di un lavandino e aspettò. Aspettò a lungo il suo Cavaliere ma, quella volta, non arrivò.

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