Come la pece

By lettrice_incognita

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Teen drama. "Trovai il coraggio di alzare gli occhi nei suoi. Erano neri come la pece e profondi come un pozz... More

1. La ragazza della porta accanto
2. Quando le tende sono inutili
3. Salvami
4. Dov'è andato?
5. Insonnia
6. Nessuno da cercare
7. Dubbi
8. Rosso Malpelo
9. False accuse
10. Il primo indizio
11. 72h in un solo giorno
12. Cosa mi succede?
13. Sepolte nella cenere
14. E... se fosse lui?
15. Algebra e pancake
16. Illegale
17. Cedimenti
18. Grigliate e salotti
19. Rotture
20. Vecchio giocattolo
21. Notti tormentate
22. Pozzanghere
23. Amleto
24. Chicago
25. Mc
26. Romeo e Giulietta pt.1
26. Romeo e Giulietta pt.2
27. Pool party
29. Litigi e notti stellate
30. Ti prego, Wendy
31. Verità a galla
32. Boschi e grigliate
33. Alzarsi e sorridere
34. Hale
35. Rabbia, autocommiserazione, rabbia, isolamento
36. Riappacificamenti
37. La partita
38. Adrenaline in my veins
39. Toga e tocco blu
40. Prom
41. This girl is on fire
42. The end

28. Così per sempre

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By lettrice_incognita

Andare a cena fuori con i miei genitori era stato divertente. Mio padre ci aveva portate in un ristorante messicano e la serata era andata come speravano.

Per quel paio d'ore mi ero dimenticata di tutti i miei dubbi e delle mie incertezze. Sembrava che gli Evans non fossero mai venuti ad abitare nella casa disabitata accanto alla nostra, che Stephen Sanders non fosse mai stato trovato impiccato. Sembravamo i vecchi Jones di un tempo, seduti ad un tavolo qualsiasi di un locale qualsiasi di West Chester.

Sorrisi al pensiero di quella cena tranquilla, mentre mi infilavo una t-shirt sgualcita. Uscendo dal bagno, mi passai una mano fra i capelli, sentendoli gonfi e aridi, mentre con l'altra scrissi un messaggio a Lisa per sapere come stava.

Dal piano inferiore proveniva il suono della tv accesa. Mia madre stava seguendo qualche programma culinario probabilmente. Era una sua abitudine serale che non aveva mai cambiato.

Spinsi la porta della mia camera, leggendo il messaggio provocatorio di Bryan.

Ci stavate dando dentro oggi, eh?

Arrossii al pensiero di quella scena e automaticamente alzai gli occhi verso la finestra.

Sbiancai quando mi mancò il respiro. Aiden era inaspettatamente seduto sul suo davanzale a leggere un libro. Indossava esclusivamente dei pantaloni della tuta, senza curarsi di chi lo avrebbe potuto vedere.

Forse era questo che mi piaceva di lui. Aveva sempre quell'aura di mistero attorno che lo faceva apparire diverso. Eppure, giorno dopo giorno, mi concedeva di conoscere una piccola parte di lui.

Presi coraggio e aprii la finestra, sedendomi anch'io nella sua stessa posizione.

Abbassò il libro che teneva in una mano e mi lanciò uno sguardo.

- Com'è andata? - chiese.

Annuii prima di rispondere. - È stato bello. - mi bloccai per inspirare - Anche se ultimamente sto dubitando della loro sincerità, li voglio bene -.

- Cercano solo di proteggerti -.

- Come fai a saperlo? -.

- Tutti i genitori cercano di proteggere i loro figli -.

- Certo, tu lo sai perché sei padre di quattro bambini - lo presi in giro. Sapevo che aveva ragione, ma non mi andava di ammetterlo. I miei -e anche i suoi- genitori ci stavano nascondendo qualcosa, qualcosa che rischiava addirittura di saltare in aria.

Si riportò il libro all'altezza del petto, decidendo di ignorarmi. Odiavo quel suo atteggiamento.

- Anche i tuoi ti stanno mentendo - aggiunsi tardiva. - Vuol dire che ne hanno motivo -.

Alzai gli occhi al cielo. Quella visione mi distrasse dai miei pensieri.

Sopra le nostre teste vi era una distesa blu puntellata di piccole luci bianche che illuminavano le facciate delle case.

- Guarda che... - cominciai, prima di rendermi conto che Aiden avesse già gli occhi su di me. Aveva abbandonato il libro per rilassare la schiena contro il legno e studiarmi.

- Perché mi fissi? - sussurrai. Il mio tono di voce si era abbassato d'un colpo.

- Mi piace farlo -.

Aiden e la sua schiettezza. Già...

***

Spensi il mixer, controllando che il frullato avesse la giusta consistenza.

- Dylan non me la racconta giusta - esordì Lisa, posando il telefono sul bancone.

- Perché? -.

- Secondo me sta prendendo in giro Jennifer -.

- Non è il tipo. Secondo me è più il contrario -.

- A proposito... - ci interruppe Bryan - Mi sto sentendo con un ragazzo -.

Posai il bicchiere sul piano di lavoro, guardandolo sorpresa.

Sfoderai un sorriso a trentadue denti. - Dovremmo festeggiare -.

- Mi state dicendo che sono l'unica a rimanere single? - sbuffò Lisa, non potendo fare a meno di sorridere anche lei.

- Anche io e Josh siamo single - le ricordai.

Alzò un sopracciglio. - Certo, per questo tu ed Evans non fate altro che baciarvi -.

Scossi la testa, decidendo che non fosse il caso di rispondere. Quella conversazione sarebbe potuta andare avanti per ore e alla fine non avremmo comunque capito quale fosse il rapporto tra me e il rosso.

- Allora, chi è questo ragazzo? - domandai, spostando l'attenzione nuovamente su Bryan.

Mi rivolse un'occhiataccia. - Non lo sa nessuno che è gay -.

Chiaro. Non ce l'avrebbe detto.

- Ma noi non lo diciamo a nessuno -. Si voltò verso Lisa, che lo guardava dal basso con un'espressione di supplica.

- Va bene. - si arrese con uno sbuffo - Almeno dicci se viene nella nostra scuola -.

- Sì, viene nella nostra scuola - sospirò. Sorrisi soddisfatta, passandogli il bicchiere che avevo riempito.

Poi presi una tazza e la riempii di caffè per Lisa. Feci per metterle un cucchiaino di zucchero come sempre, ma mi fermò.

- No, oggi amaro -.

Era da quando avevano varcato la soglia che volevo fare loro una proposta. Probabilmente sarebbe suonata strana e inopportuna alle orecchie, ma quale migliore occasione di un venerdì sera?

Io e Aiden ormai pensavamo che Stephen avesse avuto a che fare con le scommesse alle corse, ma lui sembrava ostinato a non approfondire le indagini. Inoltre, ogni volta che tiravo in ballo l'argomento gare si agitava e mi ripeteva che fosse illegale e pericoloso. In più, Josh aveva detto a suo padre che Aiden credeva c'entrasse con l'omicidio di Stephen, quindi sarebbe potuta finire male se lo avesse visto lì.

- Terra chiama Wendy... - cantilenò Bryan.

Alzai lo sguardo, riemergendo da quel vortice.

- Salvami - digrignò, lanciando uno sguardo all'altra. Sorrisi, prendendo inspirando.

O la va, o la spacca.

- Stasera andiamo a vedere le corse? - bisbigliai.

Il suo sopracciglio così chiaro da essere quasi inesistente di sollevò. - Perché ti è venuto in mente? -.

Sbuffai. - Abbiamo diciassette anni. Non possiamo divertirci il venerdì sera? -.

- Giusto. Per me va bene -.

Guardai Lisa, sperando di trovare il suo appoggio. Si allontanò la tazza dalle labbra. - Per me va sempre bene - mugugnò facendo spallucce.

- Wendy - mi chiamò Tina. Balzai per lo spavento; avevo il terrore che qualcuno ci sentisse.

Mi indicò un tavolo alle sue spalle con il pollice e poi rientrò in cucina. Seguii il suo dito con lo sguardo, vedendo il signor Walker. Corrugai la fronte, camminando verso di lui. Solitamente non veniva a mangiare hamburger e milkshake al Tina's. A farmi confondere le idee, però, non fu tanto vederlo lì, ma vederlo lì con il fratellino di Stephen.

Sorrisi ai miei vicini, avvicinandomi al tavolo. Era bello vedere come aiutasse i Sanders. Stephen spesso portava il fratello a bere la cioccolata o a mangiare muffin il pomeriggio, quindi ero felice che il signor Walker provasse a continuare la tradizione.

- Buon pomeriggio - esclamai sorridendo.

- Ciao, Luke - salutai poi il piccolo.

- Ciao, Wendy -.

- Cosa vi porto? - chiesi, estraendo il taccuino dalla tasca del grembiule.

- Muffin -.

- Al cioccolato? - domandai gentilmente. Luke annuì con enfasi.

- Da bere cosa vuoi? - gli chiese l'uomo con il mio stesso tono.

- Un milkshake al cioccolato -.

- Per me un espresso, Wendy -.

Annuii, annotando tutto. - Torno subito -.

***

Mi legai i capelli in una coda alta. Con quella, il chiodo di pelle e il rossetto rosso avevo un aspetto più trasgressivo, e mi piaceva.

Avevo appuntamento con Bryan all'angolo della strada, per fare in modo che i miei genitori non mi vedessero uscire a quell'ora della notte. In realtà, erano già a letto, ma mio padre aveva il sonno leggero.

Il display del mio cellulare si illuminò silenziosamente.

Esci.

Mi infilai il cellulare in tasca, chiusi la porta a chiave e spensi la luce. Camminai in punta di piedi fino alla finestra e la aprii lentamente per non farla cigolare.

L'adrenalina mi entrò in circolo più in fretta di quanto pensassi, così mi trovai a tremare e sudare freddo mentre scendevo la scala un piolo alla volta.

La strada era deserta, salvo la macchina ferma in fondo alla via. Quella era accesa, ad aspettare me.

Camminai a passo svelto, raggiungendo l'auto di Bryan. Aprii la portiera ed entrai nell'abitacolo, sedendomi al suo fianco.

- Ehi - esclamai.

- Ciao, bellezza -.

Mise subito in moto, diretto a casa di Lisa.

- Sono elettrizzato - aggiunse, anche se i fatti lo dimostravano già. Sorrisi.

- Voglio scommettere. Cioè, quando mi ricapita? -.

- No! - guizzai.

Probabilmente Stephen, secondo la mia teoria, era stato ucciso per una scommessa finita male. E, seconda cosa, colui che si occupava delle scommesse era proprio il padre del nostro amico. Non dovevamo dare nell'occhio, ma semplicemente essere noi ad osservare tutti gli altri.

Bryan si fermò davanti casa di Lisa, che uscii in tutta calma.

- Ciao - disse, chiudendo la portiera. Aveva un tono spento di voce, probabilmente causato dalla sonnolenza.

Quando arrivammo in periferia, nel luogo in cui si tenevano le corse, fu un problema persino trovare un parcheggio per l'auto.

Ad un tratto mi stavo pentendo della mia proposta. Stavo coinvolgendo Lisa e Bryan in una questione che doveva restare fra me ed Aiden. Sicuramente, appena lo avrebbe saputo, si sarebbe infuriato. Odiava il fatto che volessi andare in quel posto. Ma ormai il mio campo di indagini si era ristretto proprio attorno a quelle corse.

***

- Ciao - salutai Bryan, scendendo dalla sua auto. Le luci di casa mia erano tutte spente, proprio come quando ero uscita. Ciò significava che i miei non mi avevano ancora beccata, fortunatamente.

Erano le tre del mattino e la stanchezza iniziava a farsi sentire. Avevo bisogno di dormire e soprattutto smettere di rimuginare su quello che era accaduto.

La delusione mi attanagliava lo stomaco. Essere traditi è la peggiore delle sensazioni.

Quando scomparsi dalla vista di Bryan, per risalire dalla scaletta, ripartì.

- Ehi... - sentii sussurrare. Avevo messo il piede sul piolo più basso. Sussultai, percorsa da un fremito.

Quasi istantaneamente la mia mente collegò quel suono ad un'unica persona, posta un solo piano più in alto di me.

Mi voltai, alzando lo sguardo verso la sua finestra. Aveva un libro in mano e una ciotola di ceramica nell'altra.

- Dove sei stata? -.

- Non sono affari tuoi, Evans - tagliai il discorso già nel nascere e ripresi a salire. Dovevo ancora riflettere su quello che i miei occhi avevano visto prima di parlarne con qualcuno. E poi, a dirla tutta, non sapevo che atteggiamento avere nei suoi confronti. Probabilmente i due baci che ci eravamo scambiati nel giro di una settimana per lui non contavano nulla.

Una persona bella e attraente come lui doveva essere abituato a cose del genere, no?

- È per il bacio? -.

Quelle quattro parole mi immobilizzarono. Ero rimasta immobile, appesa come un koala a quei due pioli di legno.

- No -.

A quel punto non sapevo più come muovermi. La mia mente mi suggeriva di correre a letto, prima di essere colta in fragrante, il mio cuore di restare a parlare con Aiden, di raccontargli tutto. Negli ultimi tempi era stata l'unica persona con cui potevo sfogarmi veramente.

- Wendy? - mi chiamò. Ero ancora bloccata.

- Mh? -. Mi girai leggermente per rivolgergli uno sguardo fugace.

- Vuoi entrare? -.

Vertigine.

- I miei non ci sono - aggiunse.

Altra vertigine. Trattenni il fiato.

- Solo per parlare -.

A quel punto persi quasi l'equilibrio. Le gambe mi tremavano troppo per poter restare ancora in bilico su quell'asta di legno.

Scesi e, senza dire nulla, scavalcai la bassa staccionata che separava i nostri giardini.

Mi domandavo se era la cosa giusta da fare, ma non riuscivo a dare a me stessa la risposta che volevo, perché sapevo che non era quella.

Quando misi il piede sul primo gradino, la porta si aprì. Aiden si era messo una t-shirt prima di scendere e quell'accortezza mi fece sorridere.

La casa sarebbe stata completamente al buio se non fosse stata per la luce giallastra della cucina. Amanda Evans doveva aver lasciato la luce della cappa appositamente accesa, perché dubitavo che Aiden sapesse come accenderla.

- I tuoi sono sempre fuori, eh? - commentai. L'ansia era scemata del tutto, lasciando spazio ad un senso di calore e protezione. Con lui mi sentivo bene.

- Sì, escono spesso -.

Ci dirigemmo in cucina. La sua ciotola era appoggiata su un piano.

- Ti va un po' di latte e cereali? -.

Annuii, sedendomi e girando lo sgabello verso di lui. La confezione era già sul marmo dell'isola, così gli bastò tirare fuori il latte e la ciotola.

Ricoprii il fondo con quelle piccole ciambelle al miele, per poi annaffiarle con pochissimo latte.

Poi mi passò un cucchiaio.

Gli angoli della mia bocca tendevano a sollevarsi contro la mia volontà.

Aiden si era appoggiato al piano della cucina, con lo sguardo perso nella ciotola, contenente più latte che cereali. Si portava alla bocca un cucchiaio dopo l'altro.

La sua bocca.

Quelle labbra di media grandezza mi sembravano ancora più morbide e setose dopo averle gustate.

Aiden Evans era la mia tortura.

Volevo confidargli tutto quello che avevo visto, ma allo stesso tempo godermi quei minuti di tranquillità.

Non pensarci.

Sospirai e continuai a consumare il mio spuntino.

I miei occhi non potevano fare a meno di godere alla sua vista. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla sua mascella quadrata, dalla sua pelle perfettamente liscia e dai muscoli definiti che sbucano fuori dalle maniche. Mi sentivo una maniaca, ma non ne potevo fare a meno.

È come quando si prova per la prima volta qualcosa, qualcosa che ci fa stare bene e ci piace da morire, e non se ne può più fare a meno.

Per questo motivo avevo paura che per l'estate tornassero in Connecticut.

- Tornerete a casa quest'estate? -.

Alzò gli occhi su di me, riemergendo dai suoi pensieri. - Non lo sappiamo ancora. Però penso che io me ne andrò - rispose.

Ebbi un tuffo al cuore. Mancava un mese alla fine della scuola e l'idea di non vederlo per tutta l'estate mi fece sudare freddo.

Camuffai l'angoscia con una cucchiaiata di cereali.

I suoi occhi erano incollati al mio volto, così fui costretta ad alzare i miei.

- Mi mancherà parlarti dalla finestra la sera, Jones - ammise.

Quella frase mi mandò completamente fuori. Sapere che per lui, alla fin dei conti, contavo qualcosa mi fece venire una morsa allo stomaco; ma ebbi la netta sensazione che non parlasse solo delle notti d'estate.

- Anche tu mi mancherai - sussurrai.

Alzò un angolo della bocca in un mezzo sorriso, più spento di quanto sembrasse.

- Oppure potresti restare e venire con noi - aggiunsi a bassa voce, intimidita dall'esito di quella proposta.

Aiden annuì semplicemente, riponendo la sua tazza nel lavello.

Qualcosa tra di noi non andava. Ero quasi certa che fosse per quel bacio. Nessuno dei due sapeva cosa fossimo, cosa significasse quel gesto. Il giorno prima, durante il tragitto per tornare a casa, non aveva aperto bocca. Mentre io non facevo altro che chiacchierare con Lisa, fin quando scese a casa sua e allora mi zittii anch'io. A scuola puoi ci eravamo seduti normalmente a mensa con gli altri e avevamo parlato come ogni giorno. Riconoscevo che la situazione fosse strana.

In fondo, lo era stata fin dall'inizio. Eravamo passati al bacio, senza dichiarare quello che provavamo. I nostri appuntamenti erano dopo la mezzanotte sul davanzale della finestra ed era raro che usassimo il telefono per contattarci. Aiden entrava dalla mia finestra per portarmi il cibo, consolarmi o semplicemente per farmi innervosire.

Pensai a quella volta che ci eravamo quasi baciati nel mio letto, quando si era precipitato da me dopo il litigio con mia madre che mi aveva ridotto uno straccio. Tre giorni prima era riuscito a farmi uscire, mi aveva offerto ospitalità per tutto il pomeriggio e portato la cena, perché sapeva già che non avrei cenato a tavola con i miei.

Da quando aveva messo piede a West Chester, Aiden c'era sempre stato.

La mia io interiore sapeva che era il vero motivo per cui lo avevo perdonato dopo quello che mi aveva detto.

Così poggiai la ciotola bianca sul marmo della penisola e scivolai giù dallo sgabello.

Lo presi per un polso e lo tirai verso di me, prima di cingergli il busto. La sua pelle aveva un profumo particolare, come un'essenza esotica. Le sue braccia muscolose si strinsero dolcemente attorno al mio collo, premendo sulle mie spalle. Sentii il calore del suo corpo pervadermi e pensai come un abbraccio potesse essere più intenso di qualsiasi altro gesto.

Sorrisi, chiudendo gli occhi e affondando il viso nel suo petto.

- Restiamo così per sempre? - sussurrai, non potendo fare a meno di stringermi ancora di più a lui.

Spazio autrice

Capitolo sostanzioso, devo dire.

La nostra Wendy ha visto qualcosa, ma non è riuscita a confessarlo ad Aiden per non rovinare il loro momento. Secondo voi, cosa?

Ci tengo a sapere cosa ne pensate.

Xx

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