My dream come true

By Captainwithoutasoul

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Le uniche cose che mandano avanti Sarah con i cavalli, dopo dieci anni, sono la grinta e la voglia di non arr... More

Premessa
Personaggi & Trailer
Il maneggio di Michele
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
È la fine?
Missing Moment - Il compleanno di Sarah

Capitolo 15

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By Captainwithoutasoul

«VOI LO SAPEVATE?!» esclamai incredula la mattina dopo, rivolta ai miei genitori, bloccandomi dal tagliare a metà un'arancia.

Mio padre, seduto a tavola, alzò gli occhi dal giornale. Stava ridendo sotto i baffi.

«Non gliel'hai detto?» mormorò divertito, rivolto a mia madre.

Alzai gli occhi al cielo, voltandomi di nuovo verso il banco da cucina, mentre trafficavo con lo spremiagrumi. Non potevo credere che ne fossero al corrente persino i miei genitori!

«È stata un'idea di Michele» spiegò mia madre, che stava apparecchiando per la colazione. «Cercava un modo per punire con criterio le ragazze, ma allo stesso tempo farsi perdonare da te. Così, quando ha saputo che questa signora... non abita molto lontano da qui vero?» 

Si interruppe e, dopo che mio padre ebbe annuito, riprese il discorso. «...insomma, che questa signora aveva una cavallina appena domata, ma a cui non aveva molto tempo da dedicare, ha avuto un'illuminazione. L'ha fatta portare qui e si sono accordati per pagarti la fida. Non prima di averne parlato con noi, ovviamente, che però non avevamo nulla in contrario.»

«Questo è un complotto» sbuffai, fingendomi offesa. 

In realtà ero al settimo cielo e, quando poggiai sulla tovaglia la spremuta, ero così emozionata che per poco non rovesciai i bicchieri. Non vedevo l'ora di andare in maneggio per conoscere meglio... Tramontana, così Michele aveva detto che si chiamava la nuova arrivata. Dopo il suo arrivo in scuderia, il giorno prima, l'avevamo subito liberata in paddock perché si ambientasse un po'. Quel giorno, invece, il mio istruttore mi aveva promesso che l'avrei potuta montare.

«È carina, questa cavallina?» si informò mio padre.

«È bellissima» mormorai, con gli occhi che mi brillavano. 

Al maneggio avevo passato tutto il pomeriggio poggiata contro la staccionata, ad osservarla correre, continuando a pensare che, per essere così piccola e tozza, possedesse un'eleganza straordinaria. Anche la sera, una volta tornata a casa, non avevo fatto che ripensarci tutto il tempo, anche se non avevo detto niente ai miei, perché volevo fare loro una sorpresa. 

Peccato che sapessero già tutto.

«Un po' piccola» commentò mia madre, di rimando, mettendosi a sedere. «Ma non me ne intendo. Forse perché è così giovane.»

Io non riuscivo neanche a stare ferma, tanta era la mia eccitazione. A sedermi, non ci pensavo neanche. Così, mentre i miei iniziavano a mangiare, afferrai al volo una fetta di pane tostato con marmellata che mio padre aveva appena finito di preparare.

«Ehi!» protestò lui, ma io mi ero già lanciata verso la porta.

«Io vado!» gridai, correndo via. 

Mia madre stava giusto brontolando qualcosa circa il fatto che non facessi mai colazione con loro, ma l'attimo ero già lontana e non potei più sentirla.

****

Legata a due venti nelle poste, Tramontana mi rivolse uno sguardo incuriosito.

«Ciao bella» mormorai, accarezzandole piano il muso. Era piccolo e nero, eccezion fatta per quella piccola goccia bianca, con due grandi occhi, svegli e vivaci, che non facevano altro che spostarsi di qua e di là tutto il tempo, catturati da ogni impercettibile movimento.

«Piuttosto vispa, eh?» commentò Michele, divertito, di fianco a me. 

Come promesso, quella mattina il mio istruttore aveva spedito le altre ragazze in passeggiata insieme ad Azzurra per permettermi di provare a montare Tramontana, sotto la sua attenta supervisione. Quanto a Killer, su suo consiglio, mi ci sarei dedicata quel pomeriggio, dopo pranzo.

Annuii. Effettivamente sembrava attratta da ogni cosa entrasse nel suo campo visivo, ma non sembrava esserne affatto spaventata, perlopiù incuriosita.

«Che finimenti le metto?» domandai a Michele, studiando il corpo dell'animale.

L'istruttore seguì il mio sguardo, pensieroso. «Quelli di Rocket dovrebbero andarle bene» fece, dopo un attimo. «Più o meno hanno la stessa corporatura.»

«Perfetto!» esclamai, correndo a prenderli in selleria. 

Mentre arraffavo la sella marrone, il sottopancia e la testiera del pony citatomi da Michele, e un sottosella bianco tra quelli lasciati liberi su un cavalletto, pensai che sarebbe stato bello possedere dei finimenti tutti miei, soprattutto adesso che avevo ben due cavalli di cui occuparmi. Dirigendomi verso Tramontana, mi appuntai mentalmente di controllare i miei risparmi, una volta a casa, per vedere se in futuro mi sarei potuta permettere qualcosa senza dover corrompere i miei.

Poiché Tramontana, vista l'indole, sembrava il tipico cavallo che distrugge i propri finimenti a suon di morsi e raspate, se capitano nelle sue vicinanze, decisi saggiamente di lasciarli a terra dietro di lei, dove non poteva vederli, ed iniziai a strigliarla.

Il lucido pelo nero della cavalla non era troppo sporco, per cui non mi ci volle molto per ripulirlo dalla polvere. Afferrato il nettapiedi, pungolai Tramontana sul garretto perché alzasse lo zoccolo e, concentrata com'ero, quasi non mi accorsi che Michele ci stava ancora gironzolando intorno.

«Stavo pensando...» disse all'improvviso, facendomi trasalire. Lo zoccolo che Tramontana, dopo un po' di storie, mi aveva finalmente dato, per poco non mi sfuggì dalle mani.

«Sì?»

«Forse sarebbe il caso di muoverla un po', prima che tu la monti. Se vuoi posso girarla io nel campo grande, mentre tu sei in sella.»

«Va bene» risposi, con un'alzata di spalle, non avendo niente in contrario. 

Dopo aver finito con gli zoccoli anteriori, diedi una pacca sulla spalla a Tramontana per ringraziarla. Mentre mi accingevo a fare quelli dietro, colpita da un pensiero, chiesi a Michele: «Perché pensi che ce ne sia bisogno?»

«Beth non è stata molto chiara, quando ci ho parlato» disse lui, riflettendo. 

Forse perché era troppo impegnata a fissarti, pensai d'istinto, e dovetti mordermi la lingua per stare zitta. 

«Mi ha detto che Tramontana è figlia della sua cavalla, Gretta, e che in questi anni l'ha sempre tenuta più come un animale da compagnia che da sella.»

Ecco dunque perché era così docile con le persone, realizzai, mentre le poggiavo sulla groppa la coperta e l'agnellino e glieli sistemavo sul garrese.

«Credo quindi che...» Michele si interruppe bruscamente. «...che non sia abituata ad essere montata.»

In quel momento le stavo mettendo la sella e, nel farlo, sentii che si irrigidiva di colpo. Mi voltai d'istinto verso Michele, con un orribile presentimento.

«Forse hai ragione...»

****

Michele aveva dannatamente ragione, mi ritrovai a pensare circa una decina di minuti dopo, quando mi ritrovai con il sedere per terra per la terza volta. 

Poco lontano da me, il mio istruttore, con un'espressione impietosita, faceva vagare lo sguardo da me a Tramontana, che teneva stretta per la longia. La cavallina mi fissava attenta, con le orecchie dritte, come se si stesse domandando cosa ci facessi lì a terra.

Mi alzai in piedi con un sospiro, ripulendomi i pantaloni dalla sabbia. Se non altro le cadute fino ad ora non erano state troppo doloranti, forse perché, essendo Tramontana un doppio pony, non era molta la distanza che mi separava dal terreno. 

Mi avvicinai all'animale, che mi accolse strofinandomi il muso contro la spalla, a mo' di scusa.

«Sembra un cane» commentai, ripensando alle parole che aveva usato Michele per descriverla: un animale da compagnia, più che da sella. 

Ora si spiega tutto.

«Se non altro, questa da terra è un angioletto» fece Michele, sogghignando, una volta che fui tornata in sella. 

Ridacchiai, capendo a cosa, o meglio chi, si riferisse: Killer da terra era uno scorbutico e non osavo immaginare come sarebbe stato montato.

«Forza, riproviamo» mi incitò l'istruttore, lasciandoci un po' di longia e schioccando appena la lingua. 

Come se avesse acceso un interruttore, Tramontana partì subito al trotto, ed io mi sforzai di non toccarle il costato con i talloni, né di muovere le mani. Era come se non tollerasse il mio contatto: non doveva esserci assolutamente abituata. La prima volta, non sapendolo, avevo provato a spronarla e per tutta risposta lei era saltata in aria e aveva sgroppato, facendomi finire a faccia in giù sulla sabbia, e il secondo tentativo non si era concluso molto diversamente.

«Avrei dovuto immaginarlo» borbottai amaramente, dopo aver miracolosamente compiuto un giro al piccolo trotto senza incidenti. «Dopotutto nel tuo maneggio non c'è un cavallo che sia normale.»

Nel dirlo, senza pensarci, mossi inavvertitamente indietro le redini e Tramontana, come se le avessi dato una frustata, alzò di scatto la testa e fece per impennarsi.

«Buona...» mormorò Michele, riportandola in circolo attraverso la longia. «Sarah, ferma un po' con quelle mani!» mi rimproverò poi, in tono bonario.

Alzai gli occhi al cielo, tentando nuovamente di immobilizzare braccia e gambe. Non era facile, poiché durante i tempi del trotto era impossibile rimanere del tutto ferma e, anche quando mi sedevo sulla sella, non potevo tenere il corpo rigido, perché avrei ostacolato Tramontana nei movimenti e sarei risultata un peso.

«Devo sembrare un burattino» borbottai e con la coda dell'occhio vidi Michele annuire, ridacchiando sommessamente.

Se non altro, come ciò che era successo pochi attimi prima mi aveva testimoniato, Tramontana reagiva al minimo cenno di Michele. Senza che mi azzardassi a darle gambe, bastava che l'istruttore schioccasse un po' la lingua perché aumentasse l'andatura e con un fischio la faceva rallentare, evitando a me l'incombenza di doverla tirare per le redini e poi prepararmi psicologicamente ad ogni genere di reazione.

Dopo che avemmo fatto un paio di giri abbastanza tranquilli, Michele abbassò la longia ed emise un lungo fischio, di fronte al quale la cavallina tornò prima docilmente al passo e poi, udendolo prolungarsi ancora, si arrestò.

Le diedi un paio di carezze sul collo, mentre Michele ci si avvicinava.

«Provo a sganciarti la longia, che dici?» mi propose ma, ancor prima che potessi aprire bocca, aveva già sganciato il moschettone.

Non avrei avuto nulla in contrario, se ci fossimo trovate nelle vicinanze della pista, perché ormai avevo capito che bastava la voce per farla partire in quarta, ma Tramontana si era fermata al centro del campo e occorreva che prendessimo una direzione. 

Con un po' di inquietudine, aprii delicatamente la redine destra e avvicinai nella stessa direzione quella sinistra, passandola sul suo collo muscoloso. Ma, nonostante i miei movimenti impercettibili, Tramontana non dovette gradire: scosse violentemente la testa da una parte all'altra e alzò uno dei posteriori nel tentativo di scalciare, rompendo al trotto.

Tentando di non perdere l'equilibrio e allo stesso tempo di non muovermi troppo, approfittai di quell'improbabile partenza per seguire il suo movimento. Trottando, attraversammo tutto il centro campo e, vedendo che stavamo andando dritte contro la palizzata, Tramontana decise spontaneamente di girare a sinistra. A quel punto, finalmente sulla pista, la incitai a voce e lasciai che aumentasse un po' l'andatura.

Michele nel frattempo ci seguiva a debita distanza dal centro campo, facendomi ora notare gli errori, ora spronando appena Tramontana con l'estremità della frusta.

«Benissimo» fece lui, dopo il terzo giro del campo che si concludeva senza intoppi. 

Non avevo fatto nulla, se non alzarmi e sedermi piano sulla sella, mentre la cavallina seguiva diligentemente la pista. Solo un paio di volte aveva tentato di dirigersi verso il centro ed io non avevo avuto il coraggio di muovere le redini, così mi ero fatta aiutare da Michele che, spalancando le braccia e a gran voce, l'aveva riportata sulla pista.

Mi sedetti sulla sella, fischiai e sentii Tramontana rallentare l'andatura fino al passo. Capendo che la lezione doveva essere agli sgoccioli, voltò di nuovo la testa verso il centro e stavolta lasciai che vi si dirigesse, senza infierire.

Mi voltai verso Michele, curiosa di sentire il suo parere. «Allora?»

L'istruttore ci si era avvicinato e aveva afferrato la cavalla per le redini. «A parte questo piccolo dettaglio» mormorò ironicamente, facendole dondolare tra le dita, «direi che siete state brave. Come ti ci trovi?»

«Bene, ma vogliamo parlare delle culate che ho preso?» mugugnai, fingendomi imbronciata, ma non riuscivo a nascondere del tutto l'entusiasmo che mi pervadeva. 

Il lavoro da fare era sicuramente molto, perché a tratti Tramontana sembrava una cavalla ancora da domare, ma la cosa non mi demoralizzava: in sella era comodissima, oltre che piuttosto ubbidiente, e poi era così dolce!

Attenta a non sfiorarle il costato con i talloni, mi sfilai le staffe e scesi di sella.

«Comunque» stava dicendo Michele, pensieroso, «ho una mezza idea su come abituarla al tuo contatto da sella. È senz'altro un bene che da terra sia così docile, il che dimostra un'indole tranquilla ed incline ad imparare. Dobbiamo approfittarne. Ma non sarà tanto facile, perché ci toccherà ripartire dalle basi... sei pronta per un lavorone?»

Era musica per le mie orecchie. «Non vedo l'ora!»

****

«Com'è andata con Tramontana?» mi domandò Deborah quando, tornate dalla passeggiata con Azzurra, le ragazze si riunirono al Club House per pranzare.

Mentre ci passavamo i piatti lungo la tavolata, le udivo commentare gli accadimenti di quella mattina, tra una risata e l'altra. A quanto pareva, durante la passeggiata, un capriolo era sbucato fuori dai cespugli e Pillow, l'araba di Monica, aveva avuto paura e si era impennata a candela, facendo cadere la sua padrona dritta in un fosso.

«Voi non l'avete vista, io sì!» intervenne Alessia, con le lacrime agli occhi. «È ruzzolata all'indietro come una pera cotta!»

Monica, che stava mostrando con un certo orgoglio i graffi che aveva riportato sulle braccia a Michele, che sghignazzava al pari delle altre, si voltò per farle una linguaccia e solo allora mi accorsi che Deborah mi aveva fatto una domanda.

«Oh!» esclamai, riscuotendomi. «Be', insomma. È brava, ma ci credi se ti dico che non sopporta né le gambe né le redini?»

Deborah strabuzzò gli occhi. «Anche lei?» si lasciò sfuggire, con una risata.

Scossi la testa. «Dovevo aspettarmelo» mormorai, ripensando allo scambio che avevo avuto con Michele in campo riguardo i problematici elementi del suo maneggio.

«Ma come mai?» chiese la ragazzina, perplessa. «Michele ha salvato pure lei dal macello?»

Mi affrettai a scuotere la testa, prima di spiegarle per filo e per segno la bizzarra storia di Tramontana. Nel farlo mi resi conto che, tra i cavalli del maneggio di Michele, era quella con il passato più sereno. Per quanto difficile fosse stato il suo ri-addestramento, in confronto agli animali nevrotici con cui avevo lavorato sarebbe parsa una bazzecola!

«In effetti si vede che è abituata al contatto con le persone» intervenne Sofia, timidamente. Doveva aver seguito la nostra conversazione. «Non si era mai vista una cavalla così nel maneggio di Michele.»

«Si è lasciata accarezzare anche da me» proruppe Monica. «E ho ancora tutt'e due le mani!» aggiunse, agitandole davanti a noi e facendoci scoppiare a ridere.

Il pranzo trascorse piacevolmente e, tra una forchettata e l'altra, trovai il modo di spiccicare parola anche io. Era la prima volta che partecipavo alla conversazione senza sentirmi un'intrusa da quando avevo modo di ricordare ed era una sensazione del tutto nuova, a cui non ero abituata.

Mentre sparecchiavamo, Michele illustrò alle ragazze che erano andate in passeggiata il programma di quel pomeriggio: aveva intenzione di allestire un piccolo percorso ad ostacoli e, dopo aver assegnato loro i cavalli, il suo sguardo si posò su di me.

«Io sarò nel campo per seguire la lezione. Te la senti di gestire da sola Killer?»

Quella mattina, prima di andare a prendere Tramontana in paddock, l'istruttore mi aveva spiegato a grandi linee quel che avrei dovuto fare con lui. Si trattava di un esercizio che avevo già sperimentato con altri cavalli, mai con Killer, che tuttavia aveva sempre dato esiti positivi, per cui ero abbastanza fiduciosa. Inoltre, dal momento che Michele voleva che lavorassimo con Killer senza alcuna costrizione, nel modo meno invasivo possibile, quell'esercizio sembrava fatto apposta per lui.

«Sì» risposi quindi, senza esitazioni.

«Per qualsiasi cosa, comunque» intervenne Azzurra, «puoi chiedere a me. Sono in selleria a pulire.»

«Ok. Potrei averne bisogno!» le risposi, ridacchiando.

«Perfetto» concluse Michele, alzandosi da tavola, seguito a ruota da tutte noi. «Direi che possiamo andare.»

****

Se i precedenti padroni di Killer lo avessero visto nelle condizioni in cui era, dopo che lo ebbi recuperato dal paddock, molto probabilmente avrebbero stentato a riconoscerlo. In quell'animale coperto di fango, dalla criniera aggrovigliata, sporca di terra e con diversi rovi impigliati, non c'era traccia del cavallo da concorso, immacolato e un po' snob, che avevano conosciuto.

«Ti sei rotolato, eh?» mormorai, scuotendo appena la testa, mentre lo legavo alle poste. 

Era davvero irriconoscibile, ma non soltanto per la sporcizia, riflettei, incrociando per un attimo i suoi occhi scuri. Erano quelli ad essere diversi: non erano più spenti né caratterizzati dallo scintillio nervoso che prima vi compariva così spesso, ma sereni e vivaci, gli occhi di un cavallo tornato a fare una vita da cavallo. Si era finalmente ambientato alla sua nuova casa e anche il suo atteggiamento nei confronti di essa era positivamente cambiato: non stava più all'erta ovunque lo portassi, rigido ed in tensione, come se fosse sempre in attesa di un pericolo. Da quando passava così tanto tempo al prato, si era parecchio ammansito ed anche in quel momento era visibilmente tranquillo, quasi annoiato, mentre attendeva che iniziassi a spazzolarlo. Non potevo esserne più felice.

Iniziai a pulirlo con la striglia, sapendo già che sarebbe stata un'impresa. Tentai, non senza difficoltà, di rimuovere il fango incrostato, concentrandomi sui punti in cui avrebbe potuto dargli più fastidio, a causa del movimento degli arti, come la zona del sottopancia, ignorando categoricamente le sue proteste.

«Va bene, va bene. Ho finito» esclamai alla fine, spostandomi appena in tempo per non beccarmi un morso. 

Lo avevo pulito in modo piuttosto superficiale, realizzai, quando l'occhio mi cadde per un attimo sui garretti ancora infangati e sui crini tutti aggrovigliati, ma dopotutto poteva anche bastare. Per il lavoro che avevo in mente non servivano finimenti, anche perché vedevo ancora lontano il giorno in cui gli avrei potuto finalmente mettergli la sella.

Dopo aver riposto le spazzole nel beauty, sciolsi il nodo con cui avevo legato Killer e lo condussi verso il tondino. L'animale si guardava intorno con le orecchie dritte, ma tutto sommato sembrava abbastanza tranquillo, al pari dell'ambiente circostante. 

Il fatto che le ragazze, in sella ai loro cavalli, fossero tutte nel campo grande, faceva sì che intorno noi aleggiasse un'atmosfera silenziosa, come d'attesa, interrotta di quando in quando dal cinguettio di qualche uccellino sui rami degli alberi della pineta.

Speravo davvero di non dover ricorrere all'aiuto di Azzurra, pensai, mentre mi chiudevo l'entrata del tondino alle spalle. Come mio solito, avevo dimenticato la frusta in selleria ma, se il baio si fosse dimostrato collaborativo, neanche quella sarebbe servita al lavoro che dovevamo fare.

Killer nel frattempo si era immobilizzato e stava annusando la sabbia con le froge allargate, sollevando piccoli cumuli di polvere ad ogni respiro. Lo costrinsi ad alzare l'enorme testa, gli sganciai la lunghina ma, vedendo che sembrava intenzionato a rimanere fermo, probabilmente per ispezionare nuovamente il terreno del tondino, lo incitai a muoversi toccandolo appena sulla coscia con la corda. L'animale fece uno scatto in avanti e si ritrovò sulla pista, dove si bloccò nuovamente, fissandomi come volesse sfidarmi a sfiorarlo di nuovo.

La sua tracotanza era davvero incredibile; raramente avevo avuto a che fare con cavalli con una personalità così spiccata e forte, al punto da parlarmi in modo così chiaro attraverso il loro movimento. Gettai la lunghina sulla sabbia e, gli occhi fissi sul corpo di Killer, mi posizionai, sempre restando al centro del campo e quindi a debita distanza da lui, in direzione dei suoi posteriori. Poiché adesso ero ai margini del suo campo visivo, l'animale mosse le orecchie ed inclinò la testa verso di me, continuando a tenermi d'occhio.

Io inspirai forte e, in uno slancio di energia, feci qualche passo deciso da quella parte, battendo forte i piedi sulla sabbia. La reazione di Killer non tardò a farsi attendere: come se fosse stato colpito all'improvviso da una frustata sulla groppa, partì subito al trotto, non prima di aver alzato i posteriori in una sgroppata nella mia direzione, in un chiaro gesto di sfida.

Mentre Killer trottava lungo la circonferenza del tondino, io iniziai a muovermi dal centro del campo, accentuando ogni passo, per rendermi ben visibile e fargli mantenere un'andatura costante. Dovevo stare attenta a tenermi esattamente al livello del suo tronco perché, se mi fossi spostata più verso gli anteriori, lo avrei fatto rallentare, mentre stare in direzione dei posteriori lo avrebbe fatto aumentare ancora di più.

Dubitavo che l'allenatore di Killer lo avesse mai girato in libertà durante la sua carriera da saltatore ma, da come il baio reagiva – controvoglia – ad ogni mio impercettibile movimento, sembrava non avesse mai fatto altro in tutta la sua vita. "Tutti i cavalli lo sanno fare!" mi ripeteva sempre Michele ridendo quando, ogni volta che lavoravo in libertà con un cavallo diverso, puntualmente mi stupivo di come questo rispondesse straordinariamente bene. Questo perché era un istinto innato, per il cavallo, rispondere ad uno stimolo in movimento che gli creava pressione, anche a quella distanza. Stava a me, lo stimolo in questione, dosare bene l'energia e la velocità per fargli capire cosa dovesse fare.

E stare anche attenta, pensai quando, nel bel mezzo delle mie riflessioni, mi accorsi che avevo anticipato Killer ed ero ormai all'altezza della sua spalla destra. Poco male. Mi rilassai progressivamente e questo, unito alla mia nuova posizione, fece rallentare progressivamente il cavallo che, dopo un ultimo tempo di trotto, tornò al passo. A quel punto mi portai ancora più avanti, oltre la sua testa. Killer si bloccò.

L'espressione attenta con cui mi fissava, senza perdermi d'occhio un istante, mi faceva venire da ridere. Era evidente che, nonostante il suo comportamento impeccabile, quella situazione gli fosse del tutto estranea. Non sapeva cosa aspettarsi da me che, nel frattempo, mi ero fatta un po' più vicina, volendo provare a fargli cambiare giro.

Vedendomi arrivare dritta verso di lui, Killer inizialmente appiattì le orecchie e poi, in risposta al mio slancio energico, girò su se stesso da fermo, in modo talmente brusco che quasi si scontrò contro lo steccato del tondino. Non mi lasciai distrarre da quell'atteggiamento scattoso, probabilmente dovuto al fatto che l'animale non avesse idea di quel che stesse succedendo. Adesso, come all'inizio, ero di nuovo all'altezza dei suoi posteriori e mi bastò fare qualche vistoso passo in quella direzione perché l'animale ripartisse al trotto dal lato sinistro.

«Bravo...» mormorai, vedendo che, dopo l'iniziale confusione, il cavallo sembrava essersi tranquillizzato. Procedeva spedito e, dopo qualche giro, notai con una certa emozione che stava abbassando la testa.

Mentre seguivo a distanza il movimento di Killer, mi accorsi con la coda dell'occhio che Azzurra, proveniente dal complesso dei box, ci si era avvicinata e si era appoggiata con un braccio allo steccato del tondino.

Che ci faceva lì? Per non confondere il baio, evitai di voltarmi direttamente nella direzione della stalliera e domandai, senza guardarla: «È successo qualcosa?»

Nessuna risposta. Confusa, mi posizionai al livello degli anteriori di Killer e, dopo aver allentato la tensione, lo feci rallentare al passo, per poi voltarmi verso Azzurra.

La donna, che stava osservando la scena ad occhi sgranati, parve accorgersi solo in quel momento che avevo fermato l'animale unicamente per rivolgermi a lei.

«Scusami, non volevo interromperti!» esclamò, mortificata. «Mi sono avvicinata solo perché dalla selleria non vedevo molto bene.»

«Non importa» risposi, scrollando le spalle. «Ma cos'è che non vedevi?» aggiunsi dopo un momento, perplessa.

Azzurra mi rivolse una strana occhiata, come per capire se stessi dicendo sul serio.

«Quello che stai facendo!» rispose poi con ovvietà, facendo un gesto con le braccia che includeva me, il tondino e l'enorme baio che, lasciato a se stesso, era tornato a testa in giù ed era troppo impegnato ad annusare la sabbia per prestarci alcuna attenzione.

«Sarah, ma ti rendi conto di quanto caspita sei brava?»


IN FOTO: Sarah prova a montare Tramontana.

Eccomi tornata con il capitolo 15! :D Spero sia di vostro gradimento e scusate qualche eventuale refuso, nella fretta di aggiornare non ho neanche riletto a dovere XD

Che dire? Giusto per complicare un po' le cose (non abbastanza complicate), Sarah scopre che montare Tramontana non sarà così facile come credeva, ma è pronta ad addossarsi il suo addestramento. Riguardo la scena di Killer (la mia preferita**), con cui Sarah lavora in libertà, mi sono ispirata ad un lavoro che ho avuto modo di fare davvero, in un maneggio specializzato in questo genere di approccio. Non so se l'avete mai provato, ma vi assicuro che è qualcosa di... magico. Non so, girare il cavallo solo con l'energia (non è fantascienza né un'esagerazione!) e il movimento del corpo ci dimostra quanto questi animali siano estremamente sensibili e quanto molti dei comportamenti che assumiamo e degli oggetti di cui ci serviamo  siano del tutto inutili, se non controproducenti. Dovrebbe farci riflettere molto...

PS: Pray for Gretta, la cavalla con il nome più osceno che esista.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Se è così, commenti e voti-stelline sono sempre ben accetti! Un bacione e alla prossima.

Captainwithoutasoul.

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