Over Light 2 [Luke Hemmings]

By AlessiaHP

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Se la morte fosse una conseguenza dell'amore....ameresti lo stesso? Trailer: http://youtu.be/BAQVEaTFjbA More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
AVVISO
Capitolo 8
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 17 (per chi non riuscisse a leggere il precedente)
Non andate in escandescenza o.O
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
SEQUEL
Pubblicazione!

Capitolo 9

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By AlessiaHP



BUONA LETTURA. XX



LUKE







Evelyn fu abbastanza apprensiva e agitata quando arrivò il giorno della partenza. Mi chiese molte volte se avessi messo tutto l'occorrente nella valigia e si fece la stessa domanda lei stessa. Sua madre sembrò abbastanza tranquilla per l'imminente viaggio e scoprii essere dei nostri anche Elizabeth. Non mi stupì la sua presenza, faceva parte della loro famiglia da una vita, ovvio che Kevin l'avesse invitata. Negli utlimi giorni della settimana Evelyn insistette per fare un'ultimo lavoro allo studio fotografico. Il suo direttore accettò volentieri, in fondo ci guadagnava lui, e Evelyn ne fu entusiasta. Io mi limitai a provare nuove canzoni con la band e a parlare con gli altri governanti dell'idea di Lily.

Quando salimmo sull'aereo imposi silenziosamente ad Evelyn di far sedere sua madre ed Elizabeth ai posti davanti ai nostri così non ci avrebbero osservati tutto il tempo. Avere la migliore amica della tua ragazza e sua madre che controllavano ogni tua mossa non era una cosa che volevo provare. Anche perchè non sarei riuscito a tenere le mani a posto per quasi nove ore di volo. Colpa anche della ragazza che aveva deciso di indossare un vestito lungo metà coscia così da far avere una bella visuale a me e a tutti gli altri passeggeri. Quando atterrammo fuori dall'aereoporto trovammo Kevin ad aspettraci. Aveva un sorriso enorme e potevo dire che fosse sorpreso di vedermi.

"Sei venuto." affermò dandomi una pacca sulla spalla.

"Non potevo mancare al matrimonio di Rebecca." sorrisi.

"Rachel. Si chiama Rachel." Ridacchiai seguito da Evelyn. Sua madre non faceva altro che fissare il figlio mentre Elizabeth sbadigliava ancora dopo tutta la dormita che si era fatta in aereo. Quando arrivammo a casa di Kevin mi lasciai sfuggire un'imprecazione di meraviglia per quanto fosse grande. Se quella dei miei era una mega villa, la casa di Kevin era un villaggio in quattro mura. Alcune luci al suo interno erano accese ma non si notavano granché essendo ancora pomeriggio. Il posto era carino e tranquillo, poco distante dalla città. Qui un bambino sarebbe cresciuto a meraviglia, l'unico problema era se si fosse perso o meno in quella casa.

"Fate come se foste a casa vostra." sorrise il ragazzo.

"Come sempre?" disse sarcastica Evelyn.

"Si. Come sempre." Suo fratello alzò gli occhi al cielo per poi farci entrare dentro. Rose corse subito per le varie stanze gridando il nome della futura sposa. Kevin prese la valigia di Elizabeth e gli disse di seguirlo verso quella che sarà la sua stanza.

"Luke, tu starai in camera di Evelyn. E' solito dire 'Non ti dispiace, vero?' ma so già che sei tutt'altro che dispiaciuto."

"Mi conosci già così bene." misi una mano al petto. Inizialmente rise, poi mi guardò attentamente.

"Ci sono telecamere in alcune zone. E' una casa grande e io sono un maniaco del controllo."

"Kevin!" lo richiamò Evelyn. Era rossa dall'imbarazzo e lo guardava corrucciata cercando di farlo smettere.

"Tanto per dire." alzò le spalle per poi accompagnnare Elizabeth di sopra.

"Vieni. Ti faccio vedere la stanza." disse Evelyn. Le presi la valigia di mano aiutandola e la seguii salendo le scale. Il corridoio che portava alle camere svoltava ben due volte e ogni stanza era decisamente lontana da un'altra. La prima porta era la camera assegnata a Elizabeth, di fatti lei e Kevin erano dentro intenti a parlare. La seconda camera era quella de promessi sposi, la terza era quella di Rose e la quarta era la nostra. Non mi spiegavo come mai avevano tutte quelle stanze, ma se potevano permetterselo buon pen loro.

"Scusa, ma che razza di lavoro fanno quei due?" chiesi.

Evelyn ridacchiò. "Sono entrambi chirurghi molto bravi."

"Voglio essere un chirurgo." dissi guardandomi intorno. La camera della mia ragazza non era molto diversa da quella che aveva a New York. Era solo più grande e più arredata. I colori e tutto il resto erano simili. Evelyn si sedette per terra, cominciò a disfare la sua valigia e io feci la stessa cosa. Si era portata tutta la sua dannata camera e quando notò il cipiglio sul mio viso si mise a ridacchiare. Aveva un problema serio e rideva.

"Sei buffo." ridacchiò.

"Ah, io?"

"Chi se no?"

"E perché sarei buffo?" inarcai un sopracciglio lasciando perdere il fatto che era lei quella buffa.

"Perché pensi che io sia strana e quando lo fai la tua faccia si contorce tutta." arricciò il naso. Era a dir poco adorabile quando lo faceva.

"Hai ragione ma voglio che tu sappia che mi riferisco al fatto che tu sia strana, non per ciò che riguarda il mio viso. Per quanto mi riguarda sono bellissimo." feci schioccare le dita. Lei rise ancora di più ed era tutto ciò a cui miravo. Se facevo l'idiota era solo perché le sue labbra si piegavano in un sorriso e da esse usciva quella risata che non mi sarei mai stancato di ascoltare.

"Su questo non hai tutti i torti, sei davvero un bel ragazzo."piegò una maglia.

"Solo bello?" cominciai a gattonare verso di lei.

"Attraente anche." prese un'altra maglia mentre io gattonavo sulla roba sparsa su tutto il pavimento.

"Solo due aggettivi? Sei cattiva." misi il broncio avendola raggiunta.

"Okay, allora facciamo che sei bello, attraente e figo da far venire il mal di testa."

"Va già meglio." Quando alzò gli occhi su di me, mi morsi il labbro e le feci l'occhiolino.

"Mi fa male la testa." disse e io risi buttando giù la testa.

"Vediamo se riesco a curartelo, si?" dissi per poi posare le labbra sulle sue. Le sue dita lasciarono cadere qualsiasi tessuto reggevano e presto furono tra i miei capelli. Le mie mani poggiate sul freddo pavimento andarono avanti facendo stendere la ragazza per terra. Allungai una mano verso la porta per poi far girare la chiave nella toppa. Mirai al suo collo lasciandole piccoli e umidi baci. La tentazione di tirarle la pelle fino a farla diventare rossa era terribilmente forte ma non me lo avrebbe mai peronato. Eravamo a casa di suo fratello con sua madre e tra una settimana sarebbe dovuta andare al matrimonio.

"Luke.." sussurrò.

"Mh?"

"Non credo che...dovremmo farlo."

"Tuo fratello è impegnato con gli altri, non sta guardando le telecamere." dissi contro la sua pelle.

"Non ci sono telecamere, ti stava provocando."

"Meglio per me allora." sorrisi anche se non poteva vedermi. Ridacchai contro la sua pelle per poi far scontrare ancora le nostre labbra. Le sue erano come sempre morbide e si incastrarono perfettamente alle mie.

"Ragazzi la cena è quasi pronta." Rose bussò un paio di volte dicendoci della cena. Evelyn si staccò da me e si voltò leggermente verso la porta.

"Finiamo di cambiarci e scendiamo." gridò. Sentii la donna allontanarsi e guardai la ragazza meravigliato.

"Ci stiamo cambiando?"

"Si. Ora." disse facendomi spostare. "Non ci posso credere, stavo per cedere. C'è una donna incinta al piano di sotto."

"Stai diventando una sporcacciona, Bernadeth." scossi la testa fingendo disappunto.

"L'ho già detto che sei un'idiota?"

"Si, sempre." le feci l'occhilino. Lei alzò gli occhi al cielo per poi prendere un paio di boxer puliti dalla mia valigia e tirarmeli in faccia.

"Dobbaimo scendere." Evelyn sembrò più tranquilla mentre scendeva le scale verso la cucina. Mi presentai a quella che doveva essere Rachel e mi sembrò una ragazza davvero gentile e affettuosa. Cucinava da Dio soprattutto. Durante la cena il discorso principale era il matrimonio e tutte le cose che dovevano ancora essere organizzate. La prossima settimana sarebbe stata dura.







****







Ero solito girarmi nel letto durante la notte ma ero anche solito rimettermi a dormire subito dopo. Quella notte però una strana sensazione mi fece aprire gli occhi. La mia mano toccò più volte il vuoto accanto a me e quando mi alzai sui gomiti Evelyn effettivamente non c'era più. Mi stropicciai gli occhi coi palmi delle mani per poi alzarmi. Nel corridoio regnava il silenzio, stavano tutti dormendo e l'orologio appeso al muro indicava le due di notte. Non sapevo cosa diavolo ci faceva un'orologio attaccato in corridoio ma non mi ci soffermai più del dovuto. Una piccola melodia mi arrivò alle orecchie e cercai di seguirla. Camminai lungo il corridoio scoprendo che la nostra non era l'ultima camera, ce n'era un'altra. La musica si fece sempre più chiara man mano che mi avvicinavo e riuscivo a distinguere le note di un pianoforte. Ovvio che avevano un pianoforte. Chiunque avesse una casa così aveva anche un pianoforte.

Aprii leggermente la porta e spiai dal piccolo spazio l'interno della stanza. Nessuna luce era accesa, le tendine della finestra volavano leggermente per il vento che vi entrava dentro. C'erano un paio di librerie strapiene di libri e alla parete oppostoa un pianoforte. Evelyn era deduta sul piccolo sgabello di pelle nera e sembrava concentrata sulle proprie dita. La melodia mi sembrò abbastanza familiare ma solo quando Evelyn cominciò a cantare riuscii a riconoscerla. All of me, una canzone così semplice, così delicata, così appropriata alla piccola figura che la stava suonando. Mi meravigliai della piccola e udibile voce che fuoriscì da Evelyn. Solo una volta l'avevo sentita canticchiare ma vi era anche la presenza di Lily che sovrastava di gran lunga la sua. Non credevo avesse una voce così bella, neanche che sapesse suonare il piano. Mi decisi ed entrai chiudendo la porta dietro me per non far svegliare gli altri. Evelyn si accorse della mia presenza ma non smise di suonare, mi fece un piccolo sorriso per poi tornare con gli occhi sui tasti bianchi. La sua voce era ancora udibile e mi unii a lei dopo essermi seduto anch'io sullo sgabello. Guardai come le sue dita toccavano i tasti bianchi e i tasti neri quasi alternando i due colori. Il ritornello lo cantammo insieme, occhi negli occhi. Io le avrei dato tutto di me e lei mi avbrebbe dato tutto di se. O almeno speravo sarebbe andata così nel tempo.

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