TWENTY

By SarahAdamo

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🏅I'm on THE WATTYS 2018 LONGLIST - MIA è una ragazza dinamica, solare, spesso e volentieri capricciosa. Ama... More

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Michael's point of view

Un mese dopo...

Era il 12 dicembre quando finalmente riposi sul parquet l'ultimo scatolone nel mio nuovo appartamento a Queen Anne, si a quel quartiere mi ci ero affezionato. Misi le mani ai fianchi e tirando un grosso sospiro mi guardai attorno: pareti nuove, tappetti nuovi e soprattutto un nuovo capitolo della mia vita.

FlashBack

Ero esterreffatto dall'assenza di quella ragazza, di lei nessuna traccia non mi aveva più scritto ne telefonato. Sapevo che risedeva a New York da sua zia, nelle settimane seguenti ebbi la sensazione di impazzire gestire quella situazione in modo limpido e razionale, era diventanti impossibile per me ormai. Senza una plausibile ragione, quella mattina sobbalzai dal letto qualcosa scattò furiosamente dentro di me, il cuore mi pulsava forte una lacrima scorse lungo la mia guancia: stavo male, non volevo più quella vita volevo uscire da quella prigione in cui mia moglie mi aveva intrappolato. Si, le avevo promesso che mai l'avrei lasciata onestamente anch'io ero scosso da quella rivelazione ma quanto potevo resistere ancora? Annie aveva abortito mio figlio, lei non me l'aveva detto capitolo chiuso. Non ero insensibile ero solo stanco di non far valere mai la mia opinione, ero in collera con mio figlio avrei voluto conoscerlo, ero in collera con mia moglie perché aveva lasciato che quel sentimento di perdizione prendesse il sopravvento sul nostro matrimonio. Probabilmente Annie l'avevo amata, altrimenti cinque anni fa non l'avrei di certo sposata, ma quel sentimento, focoso e impossibile da gestire che provavo per Mia mi costringeva a pensare che probabilmente non avevamo mai amato davvero. Mia mi scombussolava, mi faceva ridere mi faceva ammattire, il suo viso volevo averlo accanto al mattino quando mi svegliavo: Mia aveva fatto venire fuori lati di me che non sapevo di avere. Mi sollevai scattosamente dal letto raggiunsi la cucina e udì mia moglie canticchiare allegramente, aveva gli occhi vispi e lucenti stava preparando la colazione come se niente fosse, come se il nostro matrimonio non fosse appeso a un filo, dentro di me effettivamente nulla era più lo stesso. Io amavo un'altra donna, amavo quella ragazzina dagli occhi dolci e vispi, dai capelli ramati e dalla spensieratezza capce di donarmi. La parole di Grace risuonavano della mia testa senza sosta fino ad espandersi in qualsiasi luogo io occupassi, avevo pensato molto alle sue parole avevo pensato alle parole di Bruce e di Travis, ne valeva della mia felicità. Quella mattina ero deciso come mai lo ero stato prima di allora, parlai con Annie nel modo più garbato e gentile che conoscessi, infondo era stata mia moglie per ben cinque anni e la mia fidanzata da molto di più, ma era arrivata l'ora di cambiare e di essere coraggiosi almeno una volta nella vita.

«Annie, possiamo parlare?»

«Si dimmi, ho appena infornato il pollo allo spiedo, per pranzo. Croccante come piace a te!» esclamò entusiasta, strofinandosi le mani con un panno umido.

«Si, ehm , siediti» le indicai il divano mentre io restai in piedi.

«Allora?» sorrise, un po' mi dispiacque doverle rovinare quel buon umore ma dovevo pensare anche al mio, di umore.

«Ok, tutto questo..» mimai noi due, la casa.

«Deve finire» stavo perdendo il controllo.

«Che? Non capisco» rise divertita. Mi strofinai il mento, stavo sbagliando approccio.

«Oddio.. ok, me la rendi molto più dura di quanto già non sia»

«Michael parla, mi stai spaventando» mi affiancai a lei sul divano, le afferrai le mani.

«Va bene ascolta, è importante ciò che sto per dirti: sono arrivato ad una conclusione, adesso, è non penso di tirarmi indietro.
Abbiamo passato molti momenti bella della nostra vita ci siamo amati, e so.. che hai sofferto, so che abbiamo litigato disgustosamente, so che tu hai affrontato questo grande dolore da sola e mi assumo tutte le colpe di non essermene accorti ma.. sappi che comunque andranno le cose io ti aiuterò sempre e sarò a tua disposizione» il suo lo sguardo cambiò rapidamente, quel sorriso come previsto le morì in volto. La faccia si contrasse in una smorfia di rabbia mista al dolore e alla confusione.

«Mike, ma che cosa stai dicendo..» rise istericamente allontanandosi maggiormente da me.

«La verità Annie, io.. non provo più nulla per te e lo sai, forse neanche tu provi più le stesse cose e.. » stavo correndo troppo, mi tentai di carezzarle la guancia coperta da un velo di fard. ma subito dopo lei si ritrasse. Il suo sguardo divenne fuoribordo e scioccati, scattò in piedi come una molla e i suoi occhi iniziarono a bagnarsi senza sosta.

«D'accordo.. questo è un scherzo vero? Dimmi che è un cazzo di scherzo» strillò, fra le lacrime.

«No Annie.. non lo è» sospirai.

«Io-io ti amo Michael e mi avevi promesso di restare per sempre cosa ti è successo adesso? Eh? È per quella stupida ragazzina non è vero?» balbettò, il mio sguardo da comprensivo passo ad essere torvo, mi alzai in piedi anch'io.

«N-o-n  parlare così di Mia» scandì con forza, puntandole il dito contro.

«Io parlo così di chi mi pare, e tu che corri dietro dietro ad una ragazzina sei soltanto ridicolo» esclamò con rabbia.

«Queste, non sono cose che ti riguardo ormai. Sono una persona seria non corro dietro a nessuno» mentii.

«E invece si mio caro, ti ho visto, ho ascoltato come vi parlavate e come quella stupida ragazzina ti guardava tutta innamorata..» nei suoi occhi mi parve accendersi un pericoloso incendio, le sue parole scivolarono dalle sue labbra odisosamente. Sospirai, mi rigirai su me stesso un paio di volte cercando di incanalare il più fiato possibile.

«Non decidi di chi innamorarti Annie!» strillai.

«Oh, ne sei addirittura innamorarto?» non risposi, la puntai parlandole con gli occhi.

«Sei ridicolo Michael sul serio, sei caduto così in basso» sibilò, osservandomi dal basso verso l'alto con disprezzo e tenendo salde le braccia conserte.

«Non sono.. affari tuoi, ero disposto a darti il mio aiuto ma a quanto pare non penso che tu lo voglia» Ad un certo punto scoppio in una risata isterica continuando a toccarti le punte dei capelli.

«Sei sciuro della tua decisone?» proseguì dopo svariati minuti. Sospirai pesantemente, poi tornai a fissarla in volto.

«Si. Sono sicuro» conclusi, una grossa parete possenti mattoni si sgretolò dal mio stomaco.

«Bene. Vado a prendere le mie cose, tolgo il disturbo» concluse, quasi con la voce rotta dal pianto.

«No, non c'è  ne bisogno puoi restare qui vado via io» esordì, avrei voluto abbozzarle un sincero sorriso ma onestamente avevo soltanto voglia di scappare via di lì.

Annie non rispose, si limitò a tenere salde le braccia incrociate: composta e impassibile come sempre.

«Annie» nei suoi occhi comparve un barlume di speranza che mi fece sentire tremendamente in colpa.

No Michael, adesso o mai più

«Si?»

«Non dire a Jamie di sua sorella, okay?» le pregai con lo sguardo. Lei non rispsose, si limitò ad un cenno del capo per poi scomparire nella mia camera da letto: sperai non in una carognata da parte sua.

***

Trovai casa nuova grazie all'aiuto di Bruce, che per quel periodo natalizio si era fermato a Seattle, per fortuna il mio amico riuscì a sostenermi in tutto e per tutto era l'unico a conoscenza della verità, al di la del mio autista è ovvio. Jamie e Lil rimasero sconvolti del divorzio fra me ed Annie, Jamie però mi confessò in privato che non gli dispiaceva affatto per la mia decisone che se sarebbe servita alla mia felicità avrebbe dato buoni frutti. Ero a telefono con il mio collega, avevo già sistemato metà dei miei pacchi sul camion dei traslochi che avrebbe trasferito tutto al mio nuovo appartamento.

«Quanto ti fermerai?» mi strinsi nel mio cappotto di lana, e infreddolito mi soffiai fra le mani.

«Credo per le vacanze natalizie, subito dopo dovrò rientrare in Francia sai gli affari chiamano» scherzò lui, dall'altro capo del telefono.

«Si ti capisco, spero di prendermi finalmente un periodo di tempo libero» ridacchiai.

«Dimmi la verità Mike, perchè hai lasciato Annie?» era palese, onestamente non avevo più voglia di mentire soprattutto a persone di cui ero certo di potermi fidare. Esitai per un attimo, poi sospirai.

«Per Mia, l'ho fatto per Mia»

«Lo sapevo! Giuro, ci avrei scommesso. Hai fatto bene amico se non eri felice non valeva la pena gettare anni della tua vita»

«Si, sono d'accordo» sorrisi, per davvero, dopo un lungo periodo di tempo.

«E, tu l'ami?» ora mai ero consapevole di ciò che dovevo rispondere, si, avrei risposto con decisione e affermazione

«Io.. non avevo mai capito cosa fosse l'amore nei miei trentanove anni fino all'arrivo di Mia» la voce mi tremava.

«Sono felice per te Michael, sul serio»

«Anche io!»

Lo ero. Ero felice, ma sperai con tutto il cuore che la ragazza ormai lontano da me mi amasse quanto, ancora, come io avevo realizzato di amarla.

Fine FlashBack

Dopo aver sistemato i piatti, l'argenteria, i bicchieri e gli indumenti tutto negli appositi scomprarti mi sedetti a peso morto sul comodo divano di pelle nero. Ero solo, il silenzio sovrastava l'abitacolo rendendolo tetro e un po' inquietante, decisi di sedermi al mio pianoforte e di suonare qualche melodia, la prima che mi sarebbe venuta in mente. Recuperai il foglio della misteriosa canzone di Mia quella che avevo trovato in camera mia, dalla tasca interiore della giacca e la posai dinanzi a me provando ad abbozzare una melodia ancora acerba. Ripensai alla nostra storia, così turbolenta e litigiosa ma anche piena di passione e sorrisi, ripensai a cosa stesse facendo in quel momento a cosa stesse indossando, se fosse triste o serena per la mia assenza. Ero pronto finalmente, ma lei era sparita, sparita dalla mia vita in un certo qual modo anch'io ero sparito dalla sua vita sperai così in un suo ritorno. Con tali pensieri in subbuglio le dita scivolarono sui i tasti bianchi e neri senza rendermene conto, mi ritorvai a correggere o ad aggiungere le note della misteriosa canzone d'amore che Mia aveva scritto con tanta passione. Si fece presto sera e al momento della cena mi resi conto di aver bisogno di una domestica, non avevo mai vissuto da solo ed Annie era un'ottima padrona di casa nonostante amasse di più la figura della donna in carriera che della casalinga. Da quel momento avrei dovuto basare a me stesso mi ripormisi di stamapre successivamente un annuncio e di assumere la miglior domestica della città.



Mia's point of view

Dopo quel lungo periodo di riflessione, mi convinsi che potevo più o meno andare avanti trovando il giusto coraggio che mi serviva per poter abbandonare quello che era stato il mio sogno fin da bambina. Ritornare nella casa di mio fratello, dei miei genitori, ove la musica era nata mi creava un senso di angoscia quasi di inquietudine, rivedere Michael rendeva il tutto ancor più estenuante. Non avevo risposto a nessuna delle sue chiamate, tanto meno quelle di Jamie o di Lil, era stata zia Ivonne ad aggiornarli su tutto. Probabilmente ero anche cresciuta mentalmente, un mese di pausa verso tutti e tutto mi aveva aiutata a decidere bene della mia vita ed una di queste era lasciare Michael al suo destino, a sua moglie e al suo mondo intellettuale e lavorativo. Mancava una settimana a Natale, ed io ero tornata giusto in tempo. Col fiatone adagiai le valige in terra sullo zerbino di casa, non avevo avvisato nessuno del mio arrivo ma non mi importò più di tanto. Bussai il campanello, la voce di Lil iniziò a farsi più chiara e decisa fino a ritrovarmela dinanzi alla porta spalancata. Il suo sguardo divenne attonito,  si asciugò le mani sul suo grembiule viola e degluì prima di fiondarsi fra le mie braccia.

«Mia, tesoro ci hai fatti talmente preoccupare!!» farfugliò, con il viso immerso fra i miei capelli, ricambiai il suo abbraccio sorridendo appena ma non riuscì a dire nulla.

«Entra cosa ci fai ancora qui, dammi le valige» le rivolsi un sorriso accompagnato da un leggero cenno, quando varcai la soglia tolsi il cappotto adagiandolo all'appendi abiti, osservai le decorazioni natalizie e le ghirlande intrecciate al corrimano della scala bianca in legno intrasitato. Abbozzai un sorriso, tutto era rimasto com'era e come era sempre stato fin da piccola. Mio fratello si sorpese nel vedermi, si tolse gli occhiali da lettura, incredulo, li adagiò sulla scrivania.

«Mia..» sibilò, egli mi venne incontro e mi abbracciò saldamente. Esitai per un attimo ma poi ricambiai l'abbraccio fievolmente.

«Perchè non hai risposto alle mie chiamate? Potevi almeno avvisami del tuo arrivo sarei venuto a prenderti in aereporto. Eravamo molto preoccupati, tutti» sottolineò, quasi con le lacrime agli occhi.

«Sto bene Jamie» riuscì a dire, la voce mi tremava un po'.

«Non andartene più cosi, d'accordo?» mi supplicò con gli occhi.  Sospirai profondamente adagiando delicatamente la mia piccola mano alla sua guancia strofinandola piano.

«Sta tranquillo, mi dispiace tanto sul serio» sorrisi, o almeno ci provai. Poi la figura piena e graziosa di mia nonna si fece avanti nel salotto, emozionata e colma di adrenalina come sempre.

«Tesoro.. sei tornata» ero sempre stata legata a mia nonna, fin da piccola. Le sorrisi leggermente sprofondando fra le sue braccia.

«Oh nonna.. » sussurrai al di là delle sue spalle, le baciai la guancia mentre lei cercò di togliermi il suo rossetto rosso dalla guancia strofinandola con il polpastrello.

«Va a disfare le valige, magari dopo possiamo uscire tutti e quattro insieme cosa ne dici?» propose mio fratello, nella speranza di non ricevere un rifiuto da parte mia, le due donne che non tardarono a fare un cenno d'apporvaizone.

«Si, va bene» confermai loro, nonostante non ne avessi molta voglia ma decisi ugulamente di non deludere ma mia famiglia, infondo avevo glielo dovevo non avevo parlato con nessuno per un mese intero ne risposto alle loro chiamate e aggiornato su quanto stesse accandendo. Salì in camera pronta a cambiarmi e a darmi una rinfrescata, ma i fogli sparsi la tastiera elettrica e le cuffie distrassero la mia attenzione. Mi soffermai su quegli oggetti, complici dei miei momenti intimi e durati un eternità: mai come allora odiai la musica profondamente. Ero delusa, in collera con me stessa e con il mondo: fu un secondo, nel quale non ragionai minimamente e scaraventai con violenza le scartoffie che erano sistemate sulla mia scrivania, con foga tentai di stracciare i fili delle cuffie ma con scarsi risultati, ridussi i in mille pezzi i miei spartiti e alcuni stracci di inediti, non mi accorsi neanche che le lacrime avessero iniziato a scorrermi sul viso, non avevano alcuna voglia di fermarsi. Con rabbia stracciai le foto alla mia bacheca dei miei cantanti preferiti, persi di mira i peluche che era sul mio letto, li morsicai scaricai tutta la rabbia che avevo in corpo prendendola con tutto ciò che mi ritrovavo  davanti. Mi riempì un immenso vuoto, attorno i suoni divennero ovattati il dolore si era tramutato in una rabbia costante e incrontrollabile. Rassegnata mi accovacciai  a terra alla porta, restai li seduta con il volto piangente fra le mani, la musica era stata tutta la mia vita ma in quel momento divenne la mia più grande nemica.

***

La pizza era abbastanza buona, tant'è che ne mangiai anche il cornicione quella pizzeria che scelse mio fratello era semplice ma al contempo accogliente e di buon gusto, i tavoli erano coperti da semplici tovaglie rosse bicchieri bassi in vetro e posate ad ogni postazione. Contemplai per un tempo indeterminato l'acqua frizzantina contenuta nel vetro trasparente del bicchiere, quel tempo mi sembrò infinito, quando però mio fratello ricevette una telefonata drizzai le orecchie non appena sentì il suo nome.

«Certo Mike mi farebbe piacere passare in questi giorni» ebbi una forte fitta all'altezza del petto che mi fece perdere improvvisamente l'appetito che ancora avevano per rimanere a bocca asciutta. Poi continuò.

«Va bene mandami il nuovo indirizzo così sono sicuro di non sbagliare»

Indirizzo nuovo?

Di che cosa?

Mio fratello, finita la telefonata, ripose il cellulare nella sua tasca rivolgendosi poi a sua moglie.

«In questi giorni andrò nel nuovo appartamento di Michael, mi ha detto di dovergli dare una mano ma non mi ha spiegato con cosa»

«Oh, chissà. Be' sono a sua completa disposizone, lo sa bene» aggiunse Lily.

«Ci sono anch'io a dare una mano» esclamò mia nonna, sorseggiando dell'acqua minerale. Aggrottai la fronte, in un nano secondo mi resi  conto di essere ormai l'unica a non sapere di cosa stessero parlando.

«Michael ha cambiato appartamento?» chiesi, enormente stupita e con un groppo alla gola nel momento in cui le mie labbra assaporarono il suo nome. Jamie volse uno sguardo a Lil per un secondo per poi prestare a me l'attenzione. L'anziana donna si limitò ad osservare il tutto leggeremente divertita.

«Annie e Michael hanno divorziato e Michael si è trovato un nuovo appartamento» scrollò le spalle con noncuranza mio fratello. Non riuscivo a crederci, ne rimasi attonita quasi esterrefatta.

Cosa diamine era successo?

Ero rimasta all'aborto, ad Annie felice ma piangente fra le braccia di Michael.

Nel periodo in cui non c'ero stata cos'altro era successo?

Furono queste le domande che mi torturarono l'intera serata fino a ritrovarmi sotto le lenzuola senza aver modo di farmi dormire. Michael ed Annie si erano lasciati. Ma perchè Michael non mi aveva più cercata dopo la prima settimana?Perchè aveva lasciato sua moglie? Con i pensieri in subbiglio mi addormentai, sognando nuovamente occhi color mare.




Michael's point of view

Non avendo trovato ancora una domestica e quindi una cuoca, Lily con molta gentilezza mi aveva invitato a cenare a casa loro assieme a nonna Grace e a suo fratello, mancava soltanto una persona. Guardai l'orario sul display del mio cellulare, mi sentivo frustrato all'idea di non poterla sentire, di non poterle chiedere della sua salute, anche soltanto sentire la sua limpida voce mi avrebbe fatto stare meglio. Sperai in un suo ritorno, sperai che lei venendo a conoscenza di tutta la verità si fosse fiondata fra le mie braccia per non lasciarmi mai. Con questi pensieri arrivai nella strada principale di West Seattle dove era collocata la casa del mio migliore amico, il quartiere era molto movimentato datome il venerdì, giorno fine settimana. Sostai l'auto poco più vicino all'appartamento di Jamie e con l'amaro in bocca pronto a rimembrare tutti i bei momenti passati in quella casa con la giovane ragazza, bussai al campanello. Attesi con pazienza l'arrivo di qualcuno che non tardò però ad arrivare.

«Mike, sei arrivato finalmente sei in ritardo!» mi canzonò Grace con una pacca sulla spalla, provocandomi una leggera risata.

«Hai ragione Grace mi dispiace e solo che..» la donna non mi lasciò finire.

«Non dire schiocchezze non sei in ritardo per niente, ti prendevo soltanto un po in giro ma tu come al solito ci caschi come un babà» esclamò diveritita, lasciandomi passare e quindi di entrare nell'appartamento riscaldato dal termostato.

«La cena è pronta fra poco, nel frattempo siediti li sul divano, caro» mi indicò l'anziana donna, non feci in tempo a rispondere che lei sparì al di la della cucina dove per un secondo sbucò Lily per salutarmi con un cenno della mano e un sorriso.

«Ciao Michael, Jamie arriverà fra poco» sorrisi altrettanto.

Tenni salde le mani in grembo, nell'attesa mi ritrovai di nuovo ad osservare quelle cornici sulle mensole che oramai conoscevo a memoria, notai anche ma ghirlanda che era stata sistemata alla scala che portava al piano di sopra. Mi sbizzarrì con lo sguardo, ero un po' ficcanaso ma soltanto quando non c'era nessuno a guardarmi. Quando arrivai all'arcata del salotto mi accinsi ad entrare ma mi frenai sul colpo, ero allibito e confuso. Per un attimo, i polmoni si aprirono permettendo loro la giusta e ritmica respirazione, quel massiccio peso che mi si era formato all'altezza del cuore venne affievolito in un colpo solo. Mia era lì, in un semplice abitino verde di velluto con le maniche a tre quarti, lungo fino al ginocchio, qualcosa però in lei era cambiato potevo percepirlo dall'aura non del tutto serena che emanava. Quando si accorse della mia presenza, si voltò di scatto ingogiando il groppo che probabilmente le si era formato in gola.

I suoi occhi però rimasero gli stessi,

Non del tutto felici e pieni di vita, ma pur sempre lucenti. Si mordicchiò il labbro inferiore nervosamente e con abbassò del tutto lo sguardo. Restò ferma al su posto, a testa bassa e torturandosi le piccole mani.

«Ciao» sibilò, com evidente sorpresa.

Era torntata, Mia era tornata ed io avevo intenzione di riprendermi ciò che mi rendeva felice ciò che avrei amato per il resto della mia vita, ero pronto. Mia non poteva fuggire così io pretendevo una speigaizone plausibile.

«Ciao.. » contraccambiai nel medesimo modo, mi feci coraggio e parlai ancora.

Avrei usato milioni di scuse per poter anche soltanto per sentire anche il suono della sua voce.

«Hai tagliato i capelli» avanzai, tenendo un tono secco.

Ed era vero, stava molto bene.

La sua capigliatura era leggermente mossa e le arrivava poco più sopra le spalle ed erano poi raccolti alle tempie da alcune forcina.

«Grazie ,sei gentile.. » abbozzò un lieve sorriso.

«Mia..io..» in quel momento il suono della voce di Jamie mi fece sobbalzare così da farmi morire le parole in gola.   

«Allora? Sei contento Mike? Volevo farti una sopresa!» esclamò entusiasta il mio migliore amico mentre mi strattonava per le spalle coperte dal mio golfino grigio scuro. Non risposi, ridacchiai cercando di far finta di nulla.

«Be' mettiamoci tutti a tavola cosa aspettiamo?!»

Contento e vispo Jamie sorrise per l'intera serata, entusiasta per il ritorno di sua sorella, anche io lo ero, ma Mia non poteva di certo passarla liscia pretendevo e avevo bisogno di spiegazioni soprattutto in vista della mia nuova vita senza la mia ex moglie. La ragazza non spicciò parola per quasi tutta la premanenza a tavola, poi d'un tratto si scusò e si alzò recandosi in corridoio.

«E' cambiata» confessò d'improvviso Jamie, io corrugai le sopracciglia.

«Che cosa vuoi dire?» egli esitò, per poi tirare un lungo sospiro.

«Il provino alla Juilliard l'ha devastata, ha rotto tutto in camera sua perfino alcune foto dei suoi cantanti preferiti elettrica» mormorò amareggiato, cerando di non farsi sentire da sua sorella..

«Si riprenderà» intervenne Grace strofinando amorevolemente la mano di suo nipote mentre Lil gli sorrise dolcemente.

«Scusate» mi congedai, alzandomi da tavola dopo essermi pulito gli angoli della bocca con un tovagliolino.

Dovevo assolutamente parlare con Mia

Mi diressi in corridoio, la intravidi al di là della veranda che portava ad un piccolo giardino retrostante della casa, rannicchiata nel suo cappotto e fra le dita una disgustosa sigaretta. Recuperai il mio di cappotto, pronto a raggiungerla e ad avere spiegazioni di ogni tipo. Mia non si accorse ancora della mia presenza, fissava la luna quasi in uno stato di trance e di tanto in tanto sospirava e tirava via quel fumo che le avrebbe ucciso i polmoni. Mi avvicinai con cautela per paura che da un momento all'altro potesse girare i tacchi e andarsene di nuovo.

«Fa freddo qui fuori» esordì, tenendo un tono calmo e pacato. Finalmente si voltò verso la mia figura, tenendo strette fra le labbra la sua sigaretta appena accesa. Poi però tornò a fissare malinconicamente la sua amata luna.

«Allora dovresti rientrare dentro» rispose, con un tono incolore che quasi mi fece gelare le vene.

«Perché sei scappata senza dirmi niente?» probabilmente non fu proprio la mossa giusta da adottare soprattutto a casa del mio migliore amico ma da quando ero in compagnia di quella ragazza perdevo il nume della ragione.

«Avrei dovuto dirtelo?» continuò, senza guardarmi in volto. Mi avvicinai, le strinsi il braccio delicatamente ma quel giusto per invogliarla a voltarsi verso di me.

«Guardami però quando ti parlo» fece ciò che le avevo detto, fu un gesto così rabbioso che per timore istintivamente tirai via la mia mano dalla sua spalla.

«Rispondimi perchè sei scappata Mia?» insistetti.

«Dovresti saperlo Mike, sono di troppo nella tua vita»

«No, non più. Ci sei soltanto tu adesso» sussurrai, timoroso della sua risposta o di qualsisi altra sua reazione.
Improvvisamente iniziò a ridere istericamente, gettando sull'erba la sua sigaretta quasi finita.
Quando fu spenta ebbi io la decenza di alzarla dal prato, odiavo a morte quei gesti di noncuranza.

«Non dovresti fumare, ne abbiamo già parlato»

«Adesso hai soltanto me? E perchè? Non avresti dovuto lasciare tua moglie, portava in grembo tuo figlio. E' stata una pessima mossa» sorrise di sghembo.

Rimasi di sasso, come faceva a saperlo? Chi glielo aveva detto? Incruvai le sopracciglia, ma la rabbia per il suo tono arrogante e disinteressato cresceva sempre di più. Abbassai lo sguardo, guardandomi le scarpe ma l'implusività ebbe il sopravvento, tant'è che le presi un braccio esile costringendola a voltarsi nuovamente verso di me, entrambe le mani si ritrovarono a stringere le sue spalle, l'avevo avvicinata a me.

«Tu, non puoi parlarmi cosi. Se ho fatto ciò che ho fatto è soltato per noi ma evidentemente a te non importa» ringhiai furioso, lei mi scrutò come un animale inferocito liberandosi energicamente della mia presa.

«Smettila. Smettila di dire che ciò che fai lo fai per me, per te sono soltato uno stupito giocattolo» strillò, serrando i piedi per terra.

«Tu saresti  un giocattolo? Be' ti sembra modo di trattarmi? Andartene via così senza dirmi nulla?» Strillai altrettanto.

«Avevi promesso di Michael, dovevi farlo ma come al solito qualcos'altro ha preso il spravvento, hai dato importanaza ad altro invece che a noi e scappare lontano da te mi è sembrata l'unica scelta giusta da fare» finì, respirava affannosamente.

«Wow, sul serio wow Mia? Sei una ragazzina» sorrisi di sghembo, lei non disse nulla si limitò a fissarmi in viso stringendo i denti.

«Ti sembra una soluzione scappare via? Sono stato di merda Mia, sul serio  mi sembrava di impazzire senza di te. Smettila di dire che per me sei soltato un giocattolo perchè ti giuro Mia non lo sei e non lo sei mai stata. Io.. Io, ho difficolta a dirti ciò che sento provo ma tu non mi rendi di certo le cose facili» misi le mani ai fianchi, per poi lasciarle andare lungo il corpo affranto.

«Mi dispiace.. » si limitò a dire, con voce rotta dal pianto, non mi ero nemmeno accorto del suo viso bagnato.

«Che cosa dovevo fare? Ero li, e tu avevi promesso di non lasciarla mai quando invece il giorno prima l'avevi promesso a me. Sono rimasta così... delusa da te che ti ho odiato come mai non avevo mai odiato nessun altro e..» non la lasciai finire, il dolore nella sua voce era arrivato a toccarmi l'anima: lei era scappata ma se lo aveva fatto, seppur sempre un gesto infantile, per fuggire da me e dalla mia vigliaccheria. Mi fiondai su di lei, stringendola in un abbraccio forte fino quasi a romperle le ossa. Le massaggiai delicatamente la capigliatura ramata, quanto mi erano mancati i suoi capelli. Lei esitò per un attimo ma poi deisderosa ed esuasta dalla nostra assenza, mi strinse il busto sprofondando il capo nel mio petto.

«Ti prego, non piangere.. » le supplicai, vederla piangere per merito mio mi spezzava il cuore Mia era così piccola rispetto alla mia età era ancora una bambina ed io mi ero promesso di proteggerla sempre, anche da me stesso. Momentamentamente stavo fallendo, ma la vita continuava ed io non aspettavo altro che rimediare.

«Ti amo» quelle parole, ancora una volta mi fecero spalancare gli occhi e aumentare i battiti del cuore tanto da minaccere di esplodermi al di la del petto.

Ingoiai il groppo che avevo in gola, incapace di risponderle. Lei mi amava e l'amavo anch'io più di quanto avessi mai amato in vita mia ma perchè non riuscivo a dirglielo dirtto negli occhi? Quelle parole pronunciate dalla sua sottile voce mi ero mancate e mai fino a quel momento avrei voluto che le avesse ripetute all'infinito.

«Anche io..» probabilmente non mi sentì, per via del tono sommesso e quasi ipercettibile che avevo usato e per di più col viso immerso nei suoi morbidi capelli.



#SPAZIOAUTRICE

Buongiorno!!!! ☀️ allora cosa ne pensate di questo capitolo? Michael ha fatto la scelta giusta?❤️❤️😊

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