THE SLEEPLESS KING (Libro 1)...

By SilviaVancini

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[Il cartaceo di THE SLEEPLESS KING è già disponibile su Amazon!] Taehyung non vuole diventare Re. Ha scoperto... More

PRIMA DI COMINCIARE LA LETTURA:
Prologo
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epilogo
SPAZIO AUTORE:

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By SilviaVancini


 

Il giorno dopo il castello pareva desolato.

Erano tutti a riposo, nessuno si faceva vivo da nessuna parte. La gente non si trovava neanche per i pasti, chi aveva fame scendeva a sgraffignare qualcosa nelle cucine.

In tutta l’innaturalità di quella pace, Taehyung e Jungkook erano gli unici ad essere attivi. Anche loro erano rimasti a letto più del solito, ma in tarda mattinata si erano sforzati di tirarsi su: avevano una mamma da andare a trovare.

Era da quando era sveglio che Jungkook si chiedeva se non avesse sognato tutto. Taehyung poteva anche non avergli fatto una proposta così assurda, ma trovarsi in quel momento nella stalla la diceva lunga. Persino il cavallo lo guardava fisso.

Fammi riposare, supplicavano i suoi occhioni.Almeno un pochino. Una notte di più.

Jungkook lo imbrigliò lo stesso. Aveva dato la sua parola d’onore.

“Siete sicuro che sia la strada giusta?”

“Sì, credo.”

“Credo?”

“Ho fatto questa strada mentre venivo rapito, non stavo esattamente ammirando il panorama.”

Jungkook smosse uno dei suoi ricci quando sbuffò. Lui e Taehyung cavalcavano a rilento, come se si stessero facendo una passeggiatina fra i campi. Erano ore che girovagavano.

Taehyung si raddrizzò tutto. Il suo cavallo continuò a mettere uno zoccolo davanti all’altro, ma se lui fosse stato sulle sue gambe si sarebbe piantato.

“Riconosco questo posto.”

Taehyung diede un colpo di briglie. Il suo cavallo partì al galoppo e Jungkook si affrettò a seguirlo giù per un sentiero.

Un paio di curve dopo, il principe balzò giù senza nemmeno aiutarsi con le staffe. Si strappò il mantello dalle spalle e lanciò la corona a Jungkook che la dovette prendere al volo. Taehyung attaccò a correre e Jungkook mise la corona in testa al cavallo.

Il ragazzo scese a sua volta e imbrigliò i due animali a un albero. Gli bastò fare un piccolo tratto di strada per capire finalmente perché al principe mancasse tanto casa sua.

Gli alberi del bosco si aprivano su una collina rivestita d’erba. C’era una piccola casa e tutt’intorno erano stati coltivati piccoli spiazzi di terreno. Sotto una tettoia c’erano una decina di barili e quelli che dovevano essere strumenti di pesca.

Il famoso laghetto si trovava una ventina di metri più in là. Assomigliava più ad una grossa pozzanghera e doveva essere brulicante di insetti, ma il modo in cui il sole ci si rifletteva faceva dimenticare certi particolari.  

Taehyung era corso incontro a tutto questo a braccia aperte, quasi volesse abbracciarne l’esistenza. Ci si era fermato nel bel mezzo, aveva inalato a pieni polmoni. L’emozione lo strozzava e quando si era voltato a cercare Jungkook brillava di luce propria. L’altro si era inchiodato sul posto, travolto da quell’energia.

Taehyung non aveva mai sorriso con tanta leggerezza. Il sole faceva magie anche su di lui e il color cenere dei suoi capelli rasentava l’argento. Era indubbiamente, immensamente, incomparabilmente felice.

Ma Jungkook si era sbagliato di grosso a credere che quello fosse il suo sorriso più bello. Ne ebbe prova un attimo dopo, quando una donna uscì dalla casetta.

“Mamma!”

La donna fece cadere tutto. Aveva in mano un cesto di verdura e i pomodori finirono a rotolare giù per la collina.

Taehyung!”

Madre e figlio si corsero incontro, più veloci della luce. Si strinsero in un abbraccio di ferro e per poco non fecero la fine dei pomodori. Ci vollero minuti interi prima che accennassero a separarsi.

“Dobbiamo partire ora?” chiese Greta. “All’istante?”

Taehyung le strinse forte le mani, incapace di lasciarla andare. “Non ancora.”

“Come? Devi tornare al castello?”

Taehyung le fece un cenno con il capo, Greta guardò nella direzione che gli aveva indicato.

Jungkook fu una vista inaspettata. La sua divisa non lasciava dubbi riguardo la sua identità, ma li stava osservando da parecchi metri di distanza; madre e figlio potevano dirsi qualsiasi cosa.

“Chi è, una guardia di tuo padre?”

“Fa parte dei Dodici. Ricordi? L’alleanza tra Chestnut e Ophidia.”

“Ti riporterà al castello?”

“Non mi riporterà al castello.”

Greta non ci stava capendo niente. “Quindi io cosa devo fare? Faccio su le nostre cose? Quanto tempo ho?”

“Va’ via, mamma.”

“Cosa?”

“Va’ via.”

Greta alzò lo sguardo sul figlio. Era stato il modo in cui la voce gli si era affilata a prenderla alla sprovvista, ma ora che lo guardava negli occhi vedeva una scintilla bizzarra. Le mani di Taehyung avevano iniziato a tremare.

“Cos’hai? Non ti senti bene?”

“Resta via per qualche oretta, mamma. Va’ a fare un giro in paese, compra qualcosa da mangiare. Quando torni partiamo.”

“Non se non mi dici cosa sta succedendo.”

“Fidati di me, mamma. Fidati e non avere paura.”

Greta serrò più forte la presa sul figlio e lui le sorrise, terrorizzato fin dentro le ossa.

Prima ancora di essere una mamma, Greta era stata la ragazza di un futuro re. Sapeva quando era il momento di non fare domande e stare al gioco. Alzò la voce per farsi sentire anche da Jungkook, capacissima di recitare la sua parte.

“Ho una commissione urgente, Taehyung. Aspettami qui, ci metterò un paio d’ore.”

“Va bene.”

Il biondo le diede un bacio sulla guancia, le lasciò le mani. Greta raccolse il cestino che aveva fatto cadere a terra e andò sul retro della casa dove l’aspettava un ronzino. Imboccò un sentiero diverso da quello da cui i due ragazzi erano venuti e sparì alla loro vista.

Jungkook affiancò Taehyung solo quando furono soli.

“Com’è che voi non sapevate montare un cavallo neanche per sbaglio? Pensavo non ne aveste.”

“Lo ha sempre usato mia madre. Io di solito sto sul carretto a controllare che il carico non cada.”

“In mezzo ai pesci?”

“In mezzo ai pesci.”

Jungkook si fece scappare un suono derisorio, Taehyung non reagì. Stava ancora guardando il punto in cui era sparita la madre.

“Noi nel frattempo che facciamo, Altezza?”

“Ti va di allenarci? E’ da quando sei stato in infermeria che non tocco una spada.”

Jungkook scrollò le spalle, indifferente. Fece per ridiscendere la collina e andare a prendere le loro cose dai cavalli, ma Taehyung lo acchiappò per il braccio. Dopo tanta immobilità si era mosso di scatto, come risvegliato da un’ipnosi.

“No, aspetta. Andiamo a farci un giro in barca.”

Jungkook lo guardò divertito. Non c’era mai una volta che quel principe fosse a posto. “Va bene. Come volete voi.”

I due scesero in riva al lago. C’era un’imbarcazione legata ad un palo di legno ed era piccola, appena sufficiente per ospitare due persone. Taehyung aspettò che Jungkook si fosse seduto prima di slegarla e prendere i remi alla mano.

“Non è l’ora giusta per gettare le reti.” spiegò. “Altrimenti ti avrei fatto vedere come si fa.”

“Se ci pensate siete un po’ cacciatore anche voi, Altezza. Solo le tecniche sono diverse.”

“Suppongo di sì.”

Il sole picchiava forte sui visi dei due ragazzi, ma ormai era inverno. Il freddo rendeva quei due raggi caldi una vera e propria goduria.

Nonostante l’odore pregnante, lo sfrusciare dei remi rilassò Jungkook da subito. Il ragazzo si mise comodo per godersi il panorama, ma in un qualche modo finì a fissare il principe. Era sorpreso di vederlo remare. Doveva richiedere un certo sforzo, ma lui lo faceva con la stessa naturalezza con cui camminava.

Taehyung era nel suo habitat naturale, non c’erano dubbi. Era vivido, messo ben a fuoco. Respirava, inspirava, si muoveva, parlava, ma sembrava tutto diverso lì. Tutto l’ambiente era come lui e lui era come tutto l’ambiente. Non c’era da stupirsi che al castello fosse così fuori luogo.

La barchetta arrivò al centro del lago, Taehyung ritirò i remi. Dichiarò che era il momento del pisolino, come se fosse un passaggio fondamentale nel processo della pesca.

Lui e Jungkook si sdraiarono per il lato corto della barca. I loro polpacci fuoriuscivano e le loro schiene erano tutte incurvate, ma avevano ancora così tanto sonno da recuperare che non era un problema. Coi dondolii dell’acqua gli occhi si chiudevano in automatico.

I due restarono in silenzio per i minuti successivi, ma Taehyung non dormiva. Osservava le palpebre chiuse di Jungkook, la sua mascella a riposo. Guardava anche la linea del suo naso, la cicatrice sullo zigomo, i capelli arruffati.

Stava dormendo? Stava facendo finta? Riusciva a sentire i suoi pensieri?

No, Jungkook non li sentiva. Se fosse stato così avrebbe tirato fuori quella croce che portava appesa al collo.

“Da quando è che abbiamo smesso di odiarci?”

“Io vi odio ancora, non so voi.”

Era sveglio, allora.

“Dai, sul serio. Io ho smesso di odiarti dopo il torneo. Mi sentivo talmente in colpa.”

Jungkook tenne gli occhi chiusi, ma la sua faccia si piegò in una smorfia lo stesso. Buttò fuori le parole con uno sbuffo, come se qualcuno lo stesse costringendo. “Non c’è un momento preciso. Ho semplicemente smesso.”  

Jungkook si aspettava una qualche battutina, ma quando questa non arrivò decise di dare una sbirciatina. Aprì un solo occhio e lo richiuse subito. L’altro lo stava fissando e lui si ritrovò a sorridere, imbarazzato.

Doveva essere Jungkook quello colto in flagrante, ma era Taehyung quello a sentirsi esposto. Si sentiva indifeso, come un guscio di cui qualcuno si sarebbe mangiato il cuore di nocciola.

Per un po’ nessuno disse niente, parlò il lago.

“Torniamo a riva, Altezza? Se aspettiamo ancora verrà buio e non potremo più allenarci.”

“No, stiamo ancora un po’ qui.”

“Sempre il solito pigro.”

“Dai, remo io. Così voi vi tenete fresco per dopo.”

La barca si mosse tutta quando Jungkook si mise seduto composto. Si allungò verso i remi, ma Taehyung afferrò il più vicino dei due per non farglielo prendere.

“Aspetta, Jungkook. Solo un altro minuto.”

“Cosa aspetto, la vecchiaia?”

“Esattamente quella.”

Jungkook si scrollò una risata. Fece un po’ di forza per prendersi il remo e diresse la barca a riva. Una volta sceso andò a legare la fune al palo, ma Taehyung dovette scendere per rifare tutto nel modo corretto. Insieme raggiunsero il punto in cui avevano lasciato i cavalli e Jungkook passò una spada a Taehyung.

“Vediamo se vi ricordate come si fa o se è andato tutto perso.”

Jungkook prese fuori la sua, quella dei Dodici, e i due si posizionarono: distanza fissa di un paio di metri, gambe divaricate, occhi in quelli dell’avversario.

“Come volete fare, attacco e difesa?”

“Perché non duelliamo e basta? Come se fossimo di nuovo al torneo.” 

Jungkook fece roteare la spada con un movimento del polso. “Non dovete trattenervi, allora.”

La mano di Taehyung sudava.

“Neanche tu.”

Quando Greta tornò al lago si era fatto buio.

Aveva detto a Taehyung che sarebbe stata via solo un paio di ore, ma alla fine si era talmente angosciata che aveva aspettato quanto più possibile. Ora che vedeva la luce delle finestre di casa sua, però, si ritrovò a correre.

“Taehyung!”

Picchiò le nocche contro la porta, forte.

“Taehyung!”

La porticina venne aperta, Greta fu inondata di luce. Il viso del figlio era tutto in ombra, ma non ebbe bisogno di vederlo quando questo si buttò tra le sue braccia.

“Non l’ho ucciso, mamma.” singhiozzò. “Non l’ho ucciso.”

Il sollievo investì Greta in pieno petto.

La donna chiuse le braccia attorno alla schiena di Taehyung, caldo come chi sta piangendo. Lo cullò appena e questo pianse più forte, tutto mani e lacrime.

“Che succede qui?”

Greta raddrizzò la schiena. Il ragazzo del castello era dentro casa sua, tinto dalla sua luce, scaldato dal suo focolare. Anche lui era tutto un’ombra. Si vedevano solo le punte dei ricci.

La donna non sapeva come reagire, ma Taehyung la tranquillizzò. Si tolse dal suo abbraccio e si asciugò la faccia prima di voltarsi e porgere una mano verso Jungkook.

“Jungkook, questa è mia madre. Mamma, questo è Jungkook dei Dodici. Il mio allenatore.”

Il castano si mise subito sull’attenti, richiamato all’ordine. Greta dovette ricevere un’occhiata rassicurante da Taehyung prima di farsi avanti.

“Allora, Jungkook dei Dodici.” disse. “Hai fame?”

La casa era davvero piccola, ma era perfetta per tre persone. Si era scaldata in fretta e i profumi della cucina avevano raggiunto tutte le stanze quando il cibo fu messo sul fuoco.

I tre si erano seduti a tavola prima a cucinare, poi a mangiare. Madre e figlio parlavano, parlavano, parlavano, tutto il tempo. Jungkook cercava di intervenire il meno possibile per attenersi al suo ruolo di accompagnatore, ma Greta attaccò a fargli così tante domande che iniziò a conversare. Si era guadagnato addirittura qualche sorriso, soprattutto da quando si era tolto il mantello rosso.

A fine cena Taehyung aveva accennato al fatto che Jungkook volesse imparare a leggere, Greta era impazzita. Era andata a tirargli fuori il libro con cui aveva imparato Taehyung e il castano non aveva smesso di ringraziarla per un minuto intero. La serata era continuata fra le chiacchiere, ma di tanto in tanto Jungkook si metteva a sfogliare il libro senza dire niente, tutto preso. Taehyung rideva ogni volta e l’altro chiudeva tutto.

Taehyung si sentiva così felice in quei momenti. Non sapeva se fosse perché aveva passato il pomeriggio più scuro di tutta la sua vita, ma lo era, davvero.

Alla fine il tempo era volato via. Quando Taehyung e Jungkook si decisero ad alzarsi da tavola era notte fonda e fuori faceva un freddo cane. 

Jungkook lasciò a madre e figlio un ultimo momento di intimità. Li guardò stringersi sul ciglio di casa da lontano, mentre dava da bere ai cavalli. Taehyung consegnò a Greta quello che pareva un mazzetto di missive e lei gli baciò la fronte.

Il principe era poi arrivato da lui, l’espressione già malconcia. Jungkook gli passò le briglie del suo cavallo, ma non le lasciò andare.

“E’ questo il momento in cui mi tramortite con un colpo alla testa e affondate il mio corpo nel laghetto?”

Il fiato di Taehyung si mozzò.

Incontrò lo sguardo di Jungkook, gli occhi sgranati. “Lo sapevi?”

“Certo che lo sapevo.”

Jungkook lasciò le briglie.

Taehyung era a dir poco mortificato, ma Jungkook salì in groppa al suo cavallo come niente fosse. Tolse la corona all’animale e la appoggiò in testa all’altro ragazzo, tutta storta.

“Non dispiacetevi, Altezza. Chiunque avrebbe fatto lo stesso.”

“No, non è vero.”

Gli occhi di Taehyung erano acqua nella notte. Non potevi distinguerne bene i contorni, ma quello sfavillio di riflessi ti diceva dov’erano. Jungkook si disse di non fissarli troppo a lungo o rischiava di annegarci.

“Avete ragione anche questa volta, Altezza.” disse. “Io non lo avrei fatto.”  

 
SPAZIO AUTORE:
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