Il ragazzo della 113

By SthefannyStories

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Le regole alla Columbia University sono poche e precise: puntualità alle lezioni, tenere uno studio costante... More

Cast
Prologo
1. Columbia
2. Frutto proibito
3. Guida Turistica
4. Connie
5. "Siamo amici"
6. Football&Cheesburger
7. Fuoco
8. Questione di fiducia
9. MagBlue's
10. Cappuccino
11. Rissa
12. Tregua
13. Il tuo tocco
14. Insieme
15. Bacio Rubato
16. Fratelli Protettivi
17. Fratelli giganti e buoni
17. Fratelli giganti e buoni
18. Nostalgia
19. Maglioni imbarazzanti
20. Momenti imbarazzanti
21. Il Ringraziamento
22. Goodbye Brother
23. Auschwitz 1941
24. Giro Turistico In Presidenza
25. Casa Walker
26. Mi affido a te
27. La partita
28. Il ballo
28. Il Ballo
29. Un mare di bugie
30. La verità
Epilogo
SEQUEL
Ringraziamenti
LULLABY

25. Casa Walker

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By SthefannyStories

Ho sperato di incontrare
quella persona,
che mi avrebbe trattato
come quelle canzoni che
mandi indietro prima
che finiscano.

▶️Hold My Hans - Lukas Graham

Prima Parte

Trattenni il fiato alla dichiarazione limpida e trasparente di Isaac, che mi sorprese tremendamente. Non mi sarei mai aspettata un'attitudine così importante da parte sua, da arrivare al punto di pronunciare tali parole davanti al proprio padre.

Isaac sembrò soddisfare le aspettative del Preside, tanto da farlo sorridere, alzando un angolo delle labbra sottili all'insù, coperte dalla barba sfumata dal grigio.
"Vi state frequentando?" Domandò con una tonalità di voce, che mi sembrò scendere in una tonalità più paterna ed amorevole, rispetto a quella ferma ed autoritaria che aveva usato qualche minuto prima.

Mi portai una mano dietro la nuca, sentendomi lievemente a disagio nel confidare qualcosa di personale al proprio Preside. Una situazione che considerai alquanto insolita. "Non mi sembra il caso di scendere nei dettagli." Parlò Isaac al mio fianco, provocando una risata genuina dal più anziano dei due uomini presenti in quell'ufficio.

"Sono semplicemente contento nel sentire che esista qualcuno, in grado di tenere a bada la tua testa calda." Affermò alzando le mani in aria, ridacchiando sotto i baffi dietro il mio sguardo divertito. Isaac in tutta risposta, si limitò ad alzare gli occhi al cielo. "È veramente sicura di avere la sana intenzione, di voler iniziare a frequentare mio figlio?" Mi domandò con una nota sarcastica nella voce, facendomi sentire lievemente in imbarazzo.

"La sto corteggiando ma, se continui a farle queste domande, non ci penserà due volte ad andarsene a gambe levate." Mormorò Isaac al mio fianco, prima di guardarmi e dedicarmi un'occhiata lievemente preoccupata.

"Che c'è? Volevo solo saperne un po' della tua vita privata." Parlò, prima di tornare a riacquisire un po' di serietà. "Hai intenzione di tornare a casa per pranzo, un giorno di questi? Magari questo fine settimana. Aurora sente la tua mancanza." Gli rivelò.
Aurora? Mi domandai mentalmente, pensando chi potesse mai essere. "Puoi portare anche la Signorina Johns, a mia moglie - Aurora - farebbe solo che un gran piacere conoscere la ragazza, che sta facendo breccia nel cuore di nostro figlio." Osò.

"Papà." Lo richiamò Isaac, come fa un genitore al proprio figlio, per insegnarlo a non ripetere gli stessi errori. Nonostante dovrebbe essere il contrario. "Non le chiederei mai una cosa del genere, non vorrei farla sentire a disagio." Guardò il padre con gli occhi tremendamente seri e cupi, come se la richiesta alla quale lo aveva sottoposto, fosse indiscussa. Le spalle larghe erano rigide, proprio come il suo umore attuale.

Il Preside mi guardò. "Si sentirebbe a disagio se le chiedessi di accompagnare mio figlio, ad un semplice pranzo in famiglia questo fine settimana?" Mi domandò. "Vorrei veramente riaverlo a casa." Mi informò con una inclinazione nella tonalità della voce, cercando di non far trasparire la tristezza che si faceva spazio nei suoi occhi. Non mi si rivolgeva più in veste di Preside, ma di un padre che sentiva la nostalgia di passare del tempo con il proprio figlio.

Per quanto strana potesse sembrare l'idea di andare a pranzare a casa del preside, non riuscìì a declinare l'invito. Lo sguardo che leggevo negli occhi del padre, era la stessa che si poteva leggere nei miei, ogni qual volta che si parlava di mio padre. Avrei dato qualunque cosa per passare del tempo insieme a lui, però - purtroppo - i doveri lo trattenevano dal passare del tempo con la propria famiglia.

Sospirai. "È più che un piacere accettare il suo invito, Signor Walker." Accettai, allegando un sorriso alla mia conferma, notando il luccichio nei suoi occhi.

"Non voglio che ti senta costretta ad accettare nulla, che tu non voglia." Mi ricordò Isaac sfiorando il suo sguardo nel mio, mantenendo un'espressione preoccupata dipinta sul volto. Come se la proposta di pranzare dai suoi, alquanto prematura per entrambi, potesse farmi scivolare via dalle sue mani.

"Mi farebbe piacere esserci, se per te non risulta un problema." Risposi alzando e riabbassando le spalle.

Scosse la testa per più volte, prima di prendere la mia mano per intrecciarla con la sua - che sparì completamente sotto il suo palmo - portandola alle labbra per baciarla. "Assolutamente no." Parlò sincero.

Il Preside batté le mani, completamente contento nel sentire la notizia che suo figlio sarebbe tornato a casa, almeno solo per pranzo.

E questo, seppur semplice, mi riscaldò il cuore.

Dopo aver scambiato quattro chiacchiere al riguardo del pranzo, che si sarebbe svolto nel sabato di questo fine settimana, salutai il preside con una stretta di mano, prima di dirigermi in direzione dell'uscita insieme a suo figlio. "Mi è sembrato particolarmente contento, quando hai acconsentito alla sua richiesta." Parlò Isaac incamminandomi al mio fianco, con le mani nascoste nelle tasche dei suoi pantaloni da tuta. I capelli scompigliati sulla testa e gli occhi felici, proprio come un ragazzino.

"Chi non sarebbe felice di passare del tempo con la propria famiglia?" Dichiarai stringendomi nelle spalle, mentre strusciavo i calzini sul pavimento. "Darei qualunque cosa per passare del tempo con mio padre." Mormorai attirando lo sguardo di Isaac, che mi guardava dall'alto, prestando attenzione alle mie parole. "La patria, la guerra e l'esercito hanno bisogno di lui. Lo capisco perfettamente. Ma anche i suoi figli ne hanno bisogno." Sussurrai sentendo le lacrime agli angoli degli occhi. "Io e Aidan lo stiamo aspettando, con tutto l'amore e l'affetto che la cruda realtà che sta affrontando lì fuori, gli sta togliendo." Annunciai chiudendo le palpebre lasciando che le lacrime, mi scivolassero sulle guance.

Faceva davvero male pensare a papà.
Mi mancava, terribilmente tanto.

Le braccia accoglienti di Isaac non impiegarono molto tempo, ad avvolgermi strettamente in un abbraccio. Annusai il suo profumo, contenta di essere dove avrei voluto essere in quel momento.
"Nonostante sia immerso dai doveri burocratici e politici, non ho alcun dubbio che tuo padre non stia morendo dalla voglia di riabbracciarti. L'affetto dei propri figli, è ciò che lo tiene in vita nei momenti di difficoltà e nelle battaglie." Parlò Isaac al mio orecchio, cullandomi con il calore del suo corpo e del suo profumo maschile. "Bisogna farsi forza. Non ti chiedo di averne, perché è più facile a dirsi che a farsene. Ma non buttarti giù, perché tuo padre tornerà un giorno e dovrai avere tutte le forze per corrergli incontro ad abbracciarlo." Mormorò prima di staccarsi lievemente per guardarmi in volto, asciugando - con i pollici - le lacrime rimaste a metà percorso delle mie guance.

"Lo spero tanto, Isaac." Sussurrai appoggiando il volto sulla sua mano, lasciando che sfiorasse la mia guancia con il suo tocco attento e premuroso.

^~^

"Tu che cosa?!" Domandò Kara il giorno seguente, alzando di diversi gradi la tonalità della voce, attirando - su di noi - sguardi curiosi di alcuni studenti presenti nella mensa scolastica di quel giovedì. Teneva i capelli legati nel solito chignon - fedele e disordinato - in testa, che ondeggiava ad ogni suo movimento del capo, facendolo sembrare una piccola pallina da ping pong.

"Kara, abbassa la voce!" La rimproverai portandomi l'indice sulle labbra, per farle capire di fare più silenzio. E attenzione, le persone in quella scuola avevano le orecchie sempre in allerta e non avevo alcuna intenzione - almeno non dopo il giro turistico in presidenza del giorno prima - di far girare la voce su qualche possibile storia amorosa fra me e il ragazzo della 113. Nell'ultimo periodo ero riuscita a farmi notare più del necessario.

Faith ridacchiò, battendo le mani più volte, completamente divertita dalla situazione. Ricevendo un'occhiataccia da parte mia, che non sembrò farle alcun effetto. Sbuffai, alzando gli occhi al cielo, portandomi un cucchiaio della - calda e deliziosa - minestra di pasta e fagioli alle labbra. Quel giorno, le signore che lavoravano alla cucina della mensa, si erano davvero superate.
"Non posso credere che il Preside Walker, ti abbia invitata a pranzare a casa sua." Sottolineò Kara per la millesima volta da quando le avevo informato, su ciò che era accaduto meno di ventiquattro ore prima. Sembrava alquanto e più che sorpresa nel sentire quella notizia.

"Quindi fra te ed Isaac è una cosa seria?" Mi domandò Faith, gesticolando con una matita in mano, mentre si portava avanti con alcune relazioni. "Perché portarti a casa dei suoi genitori, è un gesto estremamente serio. Oltre ad essere alquanto importante." Mi fece notare.

Sospirai, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Non ne ho idea, Faith. Ci stiamo conoscendo, ma non sono molto brava in queste cose." Mormorai. "Vuole corteggiarmi e glielo sto lasciando fare, ma non ho la minima idea di dove tutto questo mi porterà."

"Un gesto estremamente romantico, cosa alquanto sorprendente dal ragazzo della 113." Dichiarò Kara, inarcando un sopracciglio biondo verso l'alto.

"Che cosa vuoi dire?"

"Eisel, sai il quanto Isaac sia temuto in questa scuola. Il suo titolo, non è che sia ben voluto da tutti. Non è il tipico ragazzo della porta accanto, che si presenta con rose e fiori. Isaac è molto più bravo ad intimorire le persone e ad allontanarle, non a farle innamorare." Parlò la bionda, attirando l'attenzione mia e di Faith sul suo discorso. "Trovo sorprendente che con te, in un modo o nell'altro, cerchi di mostrare la sua facciata vulnerabile." Continuò Kara. "Non voglio insinuare niente ma, stai attenta. Non voglio che ti succeda qualcosa di spiacevole." Dichiarò facendomi aggrottare la fronte.

Cosa sarebbe mai potuto succedermi? Mi domandai mentalmente, per poi scuotere la testa. Kara era da sempre preoccupata e paranoica fin dal giorno in cui aveva saputo, che avevo rivolto la parola al ragazzo da cui - a detta sua - avrei dovuto starne alla larga. Non mi stupiva più di tanto sentire raccomandazioni da parte sua.

"Il ragazzo della 113 si è preso soltanto una gran bella cotta, per la nostra Eisel, ecco cosa." Annunciò Faith indicandomi con la matita, facendomi sentire lievemente in imbarazzo. Potevo sentire le guance surriscaldarsi, nell'udire le sue parole.

Sabato arrivò in un batter d'occhio, rendendomi tremendamente nervosa. Non ero mai stata a casa dei genitori del ragazzo che avevo appena iniziato a frequentare. Anzi, non ero mai stata invitata a casa di nessuno dei genitori di qualunque ragazzo, con cui io sia mai uscita. Mi trovavo nel più puro e completo stato di ansia, seduta nel mio letto - avvolta dal mio piagiama arancione - a gambe incrociate, mentre mi portavo il pollice sulle mie labbra, per poter mordicchiarne l'unghia.
Lo so, era un gesto poco aggraziato e femminile.

Oltre al non avere la minima idea di come comportarmi con il padre di Isaac, che oltretutto era anche il Preside della scuola che frequentavo, non avevo la più pallida idea di cosa indossare per il pranzo che si sarebbe svolto fra meno di tre ore. Non volevo apparire agli occhi della signora Walker, come la ragazza sciatta con cui suo figlio usciva.
Guardai il mio pigiama arancione con le paperelle gialle, i calzini color giallo ocra ai piedi. Passando un palmo della mano sui capelli disordinati, continuando a mordicchiarmi l'unghia.
Già, avevo l'urgente bisogno di una grande trasformazione.

Sbuffai, prima di alzarmi dal comodo letto su cui ero seduta, per dirigermi in direzione del mio guardaroba, accorgendomi - subito dopo aver aperto le ante - di non avere un granché da indossare, oltre a grandi maglioni e un paio di jeans comodi.

Erano in casi come questi, che mi ricordavo delle parole delle mie amiche e di mio fratello, che protestavano ed insistevano sul farmi rinnovare i miei vestiti. Ero sempre stata contrariata al riguardo, amavo ed ero una grande fan sfegatata dei tessuti larghi e comodi. Non mi sarei mai immaginata di trovarmi in una situazione, in cui mi sarei vergognata dei miei indumenti. Non mi erano mai sembrati tanto fuori luogo, come quest'oggi.

Sospirai, prima di prendere un maglioncino color crema e un paio di jeans neri, dirigendomi verso il bagno per farmi una doccia veloce. Mi asciugai velocemente il caschetto con l'asciuga capelli, dopo essere uscita dalla doccia calda in cui mi ero immersa per più di trenta minuti. E dopo essermi vestita, mi portai gli occhiali lungo il naso prima di guardarmi davanti allo specchio.
Feci una smorfia, non ero cambiata più di tanto.

Ero sempre e solo io.

Alzai e riabbassai le spalle, prima di sospirare ed uscire dal bagno.
"Sei pronta?" Parlò la voce calda di Isaac, seduto comodamente sul bordo del mio letto, completamente disordinato, facendomi sussultare per lo spavento. Alzò un angolo delle labbra piene, davanti alla mia faccia sconvolta. Da quanto tempo era lì seduto? Non avevo sentito rumori quando ero entrata all'interno del bagno. "Ho bussato, ma non mi ha risposto nessuno. La porta era aperta, ho pensato di aspettarti qui, ovunque fossi finita." Parlò indicando la porta con il pollice. Indossava un giubbotto in pelle nero, sotto un maglioncino color crema identico al mio, che gli risaltava le braccia muscolose perfettamente fasciate dal morbido tessuto. I jeans chiari gli ricadevano lungo i fianchi, come se fosse stato cucito apposta per lui, mettendo in mostra i glutei più sodi dei miei. I capelli scompigliati dall'aria sbarazzina, coprivano leggermente i suoi occhi, che erano appoggiati su di me. "Andiamo?" Mi domandò passando i palmi delle grandi mani, sui jeans, mentre si alzava in piedi.

Mi guardai prima di posare lo sguardo su di lui, trasformando il mio volto in una smorfia. Cosa diamine aveva trovato in me, per avere il gran coraggio di volermi frequentare?
Isaac era tremendamente bello, sexy e da togliere il fiato, mentre io..

Arricciai il naso.
La mia poca autostima bussava alla porta, puntualmente nel momento sempre meno opportuno.

Isaac inclinò il volto di lato, aggrottando la fronte come a voler capire cosa potesse mai passarmi per la mente. Mi limitai a sorridere, prima di acconsentire alla sua domanda e seguirlo fuori dalla porta della mia stanza, prima di indossare il giaccone, prendere la borsa con alcune cianfrusaglie buttate dentro e la torta di mele dal tavolo, che avevo sfornato quella mattina stessa, sotto il suo sguardo curioso. "Lo hai preparato tu? La torta di mele è la mia preferita." Mi domandò allungando una mano per dare una sbirciatina.

Gli schiaffeggiai una mano, facendo attenzione a non fare cadere la torta. "Hei, dovrai aspettare fino al momento del dolce." Lo richiamai, ottenendo il broncio da parte sua che mi fece sorridere. Anche con l'espressione di un bambino capriccioso, rimaneva tremendamente sexy.

Alzò le mani in aria.
"Sì, signora!" Dichiarò facendomi ridere.

Mi accomodai sul sedile del passeggero accanto a quello del guidatore, allaciandomi successivamente la cintura di sicurezza. Isaac dopo essersi assicurato che tutte le portiere fossero chiuse e che l'unico passeggero presente nella sua auto, avesse preso le giuste misure di sicurezza, spostò il cambio manuale per mettere in moto la macchina. Uscì dal parcheggio dedicato agli studenti della Columbia, senza troppe cerimonie, tenendo - durante il tragitto - una guida tranquilla. Rispettava perfettamente i cartelli stradali e si fermava quando il semaforo era ancora giallo, completamente ignaro dei pensieri e di ciò che stavo provando in quel momento.

Ero nervosissima.
Tesa quanto una corda di violino.
E le dita che continuavo a picchiettare in continuazione sulle mie ginocchia fasciate dai jeans, dimostravano perfettamente ciò che provavo in quel momento.
Ero agitata, tremendamente agitata.

E se ai genitori di Isaac non fossi piaciuta? E se mi avessero trovata banale? Sapevo benissimo di non essere all'altezza del loro figlio, ma diamine, tutto quello che volevo era stargli vicino senza sembrare un imbranata.
"A cosa stai pensando?" Mi domandò Isaac togliendo una mano dal volante, per appoggiarla sul mio ginocchio, facendo una leggera pressione, che mi fece battere il cuore più del dovuto.

"Sono solo un po nervosa." Dichiarai.
Un po? Domandò la voce di Eisel so tutto io, seduta a gambe incrociate, all'interno della mia mente intenta a ridere.

"E perché mai?"

Sospirai. "Ho paura di non piacere ai tuoi genitori." Confessai, ottenendo immediatamente su di me il suo sguardo attento. "Oltre ad ottenere buoni voti a scuola, non me la cavo un granché in altri ambiti. Non sono mai stata la ragazza che qualcuno sceglierebbe, per far conoscere ai propri genitori. Anzi, non sono mai stata la ragazza che qualcuno sceglierebbe per qualsiasi cosa. Trovo sorprendente il fatto che mi ritrovo ancora seduta sulla tua macchina, dopo aver indossato un paio di jeans e un maglioncino per conoscere i tuoi. Non mi sono mai preoccupata di risultare presentabile per queste occasioni, perché di occasioni non ne ho mai avute. E la cosa mi turba terribilmente, perché per una volta, avrei voluto essere carina per compiacerti." Mormorai alzando lo sguardo, trovando i suoi occhi pronti a trovare i miei, prima di riportarli sulla strada.

Aggrottò la fronte, come se improvvisamente se la fosse presa per qualcosa o si fosse arrabbiato.
"Diamine Eisel, ringrazia il fatto che sto guidando. Altrimenti ti avrei già infilato la lingua in bocca, con tutta la buona intenzione di farti togliere dalla testa queste assurdità." Parlò facendomi avvampare, potevo sentire le mie guance surriscaldarsi sempre più.
Oh, diamine a te Isaac!

Alzò un angolo delle labbra carnose all'insù, togliendo la mano dal mio ginocchio per cercare la mia mano, stringendola fortemente dopo averla trovata.
Spostai lo guardo in direzione del finestrino, completamente in imbarazzo. "Non è per un bel vestito, che ho perso la testa. La testa, l'ho tremendamente persa per te. Sei un pochino impacciata, forse. Alquanto timida, amante delle calorie e sorprendentemente intelligente. Altruista, puntualmente gentile e con un ottimo senso dell'umorismo.
Hai un sorriso mozzafiato, oltre ad avere degli occhi e delle labbra sexy da morire." Dichiarò, facendomi mordere le labbra e trattenere il fiato. "Credimi, hai talmente troppe qualità, che risulterebbe difficile a chiunque soffermarsi a dei bannalissimi vestiti." Mormorò stringendomi la mano più forte, mentre il mio cuore si stringeva inconsciamente, tornando a battere fortemente.

Certo che Isaac, con le parole, ci sapeva proprio fare. Mi limitai a stringere la mano destra con la sua, coprendo entrambe con la mano sinistra. Il calore della sua mano fra le mie, mi diede un conforto immenso.

Gli edifici di New York scorrevano lungo i finestrini della macchina, facendomi allungare il viso per poterli ammirare da un angolazione migliore. La Grande Mela era un'attrazione allettante per gli occhi, riusciva ad affascinarti nello stesso modo in cui Eva è rimasta ammaliata dal frutto proibito.

Quel sabato le strade erano immerse dal fedele traffico, ospitando innumerevoli veicoli e i fedeli taxi gialli, dando alle autostrade una sfumatura di colori. Alcuni alberi prendevano posto nei marciapiedi, soffocati dalla presenza della gran massa di persone, che occupavano quello spazio. E a rendere quella scenografia ancora più bella, era il colore del cielo. Seppur fossimo oramai nel mese di Dicembre, la grande sfera di fuoco illuminava il punto più alto di quello sfondo azzurro, donando - nella sua miglior forma - calore a questa città.

Il tempo che dedicai nell'ammirare ciò che Dio aveva creato, mi fece distrarre dal luogo in cui ci stavamo incamminando.

Ci eravamo oramai immersi, all'interno di un quartiere di villette molto simili fra loro. Una casa seguiva l'altra, ognuna accompagnata da un giardino ben curato e uno steccato perfettamente dipinto di bianco.
Molti bambini giocavano allegramente a pallone nel giardino, altri erano intenti a saltare la corda e alcune bambine andavo nelle piccole biciclette rosa con i lustrini viola, immuni all'arietta fredda che circolava.
Qualcuno aveva coraggiosamente deciso di andare a fare una passeggiata, altri erano andati a correre, con l'intento di smaltire il gran cenone del giorno del Ringraziamento, non ricordandosi probabilmente delle calorie che avrebbero digerito alla Vigilia e al giorno di Natale, che sarebbero arrivati a breve.

La macchina si fermò davanti ad un piccolo vialetto, che ospitava già una macchina grigia, appartenente al preside Walker.
Trattenni il fiato, mi tremavano le mani al pensiero di entrare all'interno della casa - dall'aspetto accogliente - che avevo di fronte. Era di norme dimensioni, tinteggiata dal color verde e dal tetto bianco, con un giardino perfettamente tagliato a circondare la proprietà.

"Possiamo andarcene in qualsiasi momento lo desideri, non voglio che ti senta a disagio in alcun modo e in nessun momento." Parlò Isaac, una volta usciti dalla macchina.

Presi la torta fra le mani e la mia borsa dai sedili posteriori, prima di chiudere la portiera e alzare lo sguardo su di lui.
Mi strinsi nelle spalle, come a voler dire: posso farcela.

Dal porticato uscì una donna, con addosso un grembiule di fiori a coprirle i jeans e il maglione bordeaux. Metteva in mostra i denti bianchi, lasciando i lunghi capelli scompigliarle il viso mentre scendeva velocemente gli scalini, per venire in nostra direzione.
"Oh mio Dio!" Esultò quest'ultima aprendo le braccia, per chiuderle attorno al mio corpo in un abbraccio amorevole. "David aveva raccontato la verità, la ragazza di Isaac esiste davvero." Mormorò prima di staccarsi da me, guardandomi con gli stessi occhi di Elia, regalandomi un sorriso enorme che mi contaggiò all'istante.
Guardai Isaac, che era intento a guardare in un modo sconvolto, la donna che avevo di fronte. Non potei fare a meno di scoppiare a ridere, stringendo la torta fra le mani, per evitare di farla cadere a terra. "Quella che vedo è una torta di mele?" Mi domandò allungando una mano per dare una sbirciatina, sotto il panno che avvolgeva il piatto.

Isaac mi guardò.
Interpretai il suo sguardo con un: "Perché lei sì, ed io no?"

Mi limitai ad alzare le spalle, per poi riabbassarle in segno di scuse, la signora Walker mi aveva colta alla sprovvista. "Mia madre mi diceva sempre, che una buona torta è sempre ben accetta." Sussurrai alzando lievemente un angolo delle labbra in un sorriso, lasciando che il ricordo di mia madre mi scivolasse nel cuore.

La signora Walker mi guardò attentamente, facendomi trattenere il fiato. "Tua madre era proprio saggia." Annunciò prendendo la torta dalle mie mani, qualche secondo più tardi, appoggiandola su un palmo delle sue mani. "Mia cara, devi sapere una cosa su di me. Io vado letteralmente fuori di testa per le torte. Se ti presenterai qui, ogni volta con una di queste, non farti problemi a venire."

"Non lo hai detto sul serio." Parlò Isaac al mio fianco, alzando gli occhi al cielo - questa volta più che sconvolto - facendo ridere la donna.

"Forza entriamo, qui fuori si gela." Annunciò la signora Walker, imcamminandosi all'interno della casa con un sorriso raggiante stampato sulle labbra colorate di rosso, mentre canticchiava qualche canzone degli anni 80.

Isaac mi guardò scuotendo la testa, lasciando che i capelli gli cadessero lungo la fronte, mentre mi allungava la sua mano. "Sei sicura di non volertela dare a gambe? Sei sempre in tempo." Mi informò.

Allungai la mia mano, per stringere la sua. Le sue dita erano talmente grandi, che coprì le mie, facendole sparire totalmente. Ridacchiai. "Non possiamo andarcene. Si è appena portata dietro la tua torta preferita." Mormorai abbassando la voce per non farmi sentire, facendolo ridere.

Isaac mi strattonò, facendomi andare a sbattere contro il suo petto. Non mi diede il tempo nemmeno di rendermi conto di ciò, che stesse accadendo in quel momento. Portò l'altra mano sotto il mio mento, prima di alzare il mio viso in sua direzione ed appoggiare le sue labbra violentemente sulle mie.
Mi baciò, esplorò la mia bocca in un arco brevissimo di tempo, prima di staccarsi.

Cosa? Mi domandai mentalmente, leggermente stordita.
"Preferisco di più te.
Decisamente molto di più."

Oh cielo.

Commenti alquanto inutili dell'autrice:
Eccomi qui con un nuovo aggiornamento, purtroppo non sto spostando regolarmente i capitoli perché ho notato l'assenza di molte di voi.
E questo mi demoralizza molto.
A questa storia tengo particolarmente, ma non vedo alcuna crescita.
I commenti scarseggiano e sono arrivata alla conclusione di cancellarla, o fare una pausa per capire cosa farne della storia.
Non ho idea di cosa fare, fatemi sapere.
Alla prossima, se ci sarà.
Fanny.

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