Lover's eyes

By This_is_a_puzzle

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❝ Mia bella amica, così è di noi: né voi senza di me, né io senza di voi. ❞ ▬ Maria di Francia, Chievrefoil... More

▬ LOVER'S EYES ▬
CHARACTERS
PLAYLIST + AESTHETICS
▬ PART I : LITTLE LION MAN
UNO
DUE
TRE
QUATTRO
CINQUE
SEI
SETTE
OTTO
NOVE
DIECI
UNDICI
DODICI
TREDICI
QUATTORDICI
QUINDICI
SEDICI
DICIASSETTE
DICIOTTO
DICIANNOVE
▬ PART II : THE WOLF
VENTI
VENTUNO
VENTIDUE
VENTITRE
VENTIQUATTRO
VENTICINQUE
VENTISEI
VENTISETTE
VENTOTTO
VENTINOVE
TRENTA
TRENTUNO
TRENTADUE
TRENTATRE
TRENTAQUATTRO
TRENTACINQUE
TRENTASEI
TRENTASETTE
TRENTOTTO
TRENTANOVE
QUARANTA
▬ PART III: WILD HEART
EPILOGO
▬ EXTRAS ▬
LONESOME WOLF
FRAGMENTA I
FRAGMENTA II
NAUSICAA

QUARANTUNO

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By This_is_a_puzzle

CAPITOLO 41 | AND I'LL KNOW MY NAME AS IT'S CALLED AGAIN

"We will run and scream, you will dance with me, fulfill our dreams and we'll be free."

(Mumford and Sons – Not with haste)

A META' GIUGNO, ho le unghie così rovinate da aver dovuto iniziare a mordicchiare le matite.

Il cielo è clemente con Oxford: regala mattinate tiepide e brezze sottili, qualche volta minacciate da quei rapidi temporali improvvisi, fatti per ricordare che la primavera non è ancora finita.

Ho dato a Will la mia piena disponibilità per ogni turno possibile in libreria. Oltre alle lezioni sono terminati anche i tutorati, e io posso soltanto incrociare le dita e sperare che i miei studenti del primo anno siano pronti ad affrontare la linguistica generale e la professoressa Lee.

La mia tesi è ormai davvero alle sue battute finali, e dopo tutto questo tempo, non ho ancora deciso come questo mi faccia sentire.

Dalla nostra conversazione in caffetteria, io e Kevin siamo placidamente scivolati nella quiete del lavoro: qualche volta lo raggiungo in ufficio e mi siedo alla scrivania, il pc davanti a me per compilare la bibliografia. Lui si sistema dall'altro lato, rispondendo con calma alle mie domande o immergendosi nella correzione di qualche elaborato. Quando legge, reclina il busto appena indietro sulla poltrona, lasciandosi assorbire dalle pagine con una tale devozione da costringermi a distogliere lo sguardo dalla ruga sottile sulla sua fronte.

"Ti si fredda il caffè," osservo distrattamente, abbandonando la scrittura a computer per annotare un appunto sul quaderno accanto.

Kevin alza lo sguardo dal plico di pagine pinzate – è la stesura definitiva delle mie conclusioni – incrociando i miei occhi chiari. Faccio un cenno con il mento alla tazza abbandonata davanti a lui sul legno della scrivania, un sorriso a piegarmi appena le labbra quando lascio la penna per tornare a scrivere al computer.

Anche con lo sguardo concentrato sullo schermo del pc, riesco a sentire i suoi occhi sul mio viso.

Questo posso farlo bene. Per te, aveva detto. Credo ci sia un po' d'amore anche in una frase così.

*

Ogni volta, di ritorno dall'università o da un turno in libreria, passo davanti al Nelson. Potrei evitarlo, ma è una tentazione di cui non riesco a fare a meno: osservo le luci gialle dei lampioni disegnare pieghe più profonde sul legno del portone, e mi chiedo cosa stia facendo in quel preciso momento il suo proprietario. Co-proprietario, mi correggo ogni volta con un mezzo sorriso.

Il ricordo della nostra ultima conversazione è il rumore di fondo della mia giornata, che ritorna prepotentemente assordante quando sono sola tra le mie lenzuola.

Ho una camicia di flanella nei toni del bordeaux sistemata sul mio appendiabiti, e qualche volta la indosso per zampettare in giro per la casa, anche se ormai inizia a fare quasi troppo caldo per averla addosso. Profuma di James e Marlboro rossa.

Nel suo appartamento ci sono le mie calze di lana, la felpa grigia che ho indossato per la maggior parte del mio tempo tra le sue quattro mura, e un pigiama decisamente poco seducente con delle allegre stampe di gufi.

Sono innamorato di te. Ripensarci mi fa avvampare le guance. Quando poi ricordo quello che mi ha detto dopo, ricordo anche perché non sarebbe giusto uscire da casa in fretta e furia per nascondermi tra le sue braccia. Funziona, che funziona un po' come vuoi tu.

Sorrido appena, recuperando la camicia di flanella dall'appendiabiti a indossandola in silenzio, nella quiete della sera.

*

"Si chiama James."

È una mattina assolata, oltre la finestra dell'ufficio.

Ho bevuto pigramente l'ultimo sorso bollente di caffè – potrà anche far caldo, ma mai abbastanza da convincermi a privarmi del sapore di un americano – e ho abbassato lo schermo del mio computer portatile, per non avere impedimenti nell'incrociare lo sguardo di Kevin.

Lui sistema sulla scrivania il foglio che ha in mano e mi osserva in silenzio. Sto rispondendo a una domanda che mi è stata fatta più di un mese fa, e lo sto facendo adesso perché non c'è rabbia, nei suoi occhi azzurri: oggi, lui è pronto ad ascoltare, ed io a raccontare.

Non lo faccio per ferirlo, e credo che lo sappia. Lo faccio perché sto cercando di riannodare i fili della mia vita, e questo è un nodo da sciogliere per andare avanti, o tornare indietro.

Kevin aspetta e io mi mordo le labbra, mentre scelgo accuratamente cosa dire. Mi lascia raccontare, e io tratteggio brevemente i contorni della mia vita da gennaio a oggi, senza eccedere in dettagli ma senza tralasciare nulla. Proprio come quando ho spiegato a James di Kevin, questa volta mi chiedo quale immagine io lo stia aiutando a costruirsi del mio barista. Mio. Sì.

Lui incrocia di nuovo il mio sguardo, permettendomi di leggere l'emozione in attesa nei suoi occhi chiari. Malinconia. Bile nera, la chiamavano gli antichi.

"Sei felice, Olivia?" chiede con dolcezza. "Con lui?"

Non c'è fastidio nella sua voce, solo mite preoccupazione. Sincerità. Siamo ancora una volta oltre i limiti di quello che dovrebbe essere il rapporto tra un professore e una studentessa, ma ancora una volta, sono linee che abbiamo oltrepassato tanto tempo fa. Oggi, ci stiamo spingendo ancora più in là.

Amare, perdere, lasciar andare. Sta succedendo in questo momento.

"Sì."

*

La copia rilegata della mia tesi è pronta, chiusa, appoggiata sulla scrivania.

Kevin sistema delicatamente una mano sulla mia spalla, aggirandomi per tornare a sedersi, un sorriso gentile sulle labbra. "E' un ottimo lavoro," mi dice, mentre io ricambio la sua espressione. "A questo punto mi organizzerei per settembre, con le tempistiche."

Annuisco, sapendo che ad oggi siamo troppo in là per presentare l'elaborato per luglio. "Settembre è perfetto," commento, torcendomi le mani. "... finalmente potrò tornare a Galway per un po' di più di beh, due minuti."

Kevin percorre con la mano la copertina blu notte della mia tesi, le dita che si soffermano sui caratteri del mio nome. "La tua famiglia ti raggiungerà per la laurea?"

"Questa volta sì," rispondo tiepidamente. "Dovrò sistemarli in albergo, o inventarmi qualcosa."

Il mio sguardo incrocia il suo, mentre penso che finalmente Kevin incontrerà la mia famiglia. Dalla piega amara delle sue labbra, credo che lo stia pensando anche lui.

Mi stiracchio indietro sulla poltrona, i raggi caldi del sole sul viso. "E tu?" chiedo, sinceramente interessata. "Qualche programma per questa estate?"

Sorride appena, guardandomi con affetto. Questa volta, quando mi chiedo come siamo arrivati a questo punto, è una domanda velata di dolcezza.

"Jane sta organizzando un viaggio a Barcellona," mi spiega, la voce un po' ruvida ma il sorriso ancora sulle labbra. Siamo qui, seduti l'una davanti all'altro, e ognuno di noi sta cercando una strada per ricominciare. "... non abbiamo ancora deciso se portare i bambini..."

"Dio mio," commento, la traccia di una risata affezionata nella voce. "... di certo portatevi la protezione solare bambini. Per te, più di tutti."

Si sporge per pizzicarmi un braccio, un 'ehi!' divertito sulle labbra. Quando non mi ritraggo, le sue dita si allargano sulla mia pelle, scivolando dal tessuto leggero della camicetta su di me. Passa sull'incavo del mio gomito in una carezza sottile, mentre io sposto il braccio per intrecciare le dita tra le sue.

"Kevin?" chiedo, poco più di un sussurro.

"Olivia?"

Il suo pollice accarezza il dorso della mia mano. Osservo le nostre dita unite ancora per un momento, e poi alzo lo sguardo su di lui.

"Sei felice?"

La sua mano solleva la mia, e un bacio delicato viene deposto sulle mie nocche.

Amare, perdere, lasciar andare. Sta succedendo in questo momento.

"Sì."

*

"Dimmi," rispondo rapidamente, incastrando come meglio riesco il cellulare tra spalla e orecchio. "Tutto bene?"

All'altro capo, la voce di Kevin mi sembra inaspettatamente agitata. "Puoi raggiungermi in ufficio? Ho bisogno di parlarti."

Un nodo di tensione spiacevole si stringe alla bocca del mio stomaco, mentre quasi rischio di attraversare la strada a un semaforo rosso. "Sono uscita adesso da La Libellula, posso essere lì in dieci minuti," considero, continuando a camminare. Abbandono la strada di casa per virare verso l'università.

"Grazie."

"Kevin, è successo qualcosa?"

"A tra poco."

*

Quando apro la porta dell'ufficio, sono trafelata: ho corso lungo il corridoio, le scarpe stringate che scricchiolavano spiacevolmente sotto il legno del parquet.

Kevin è in piedi accanto alla scrivania, una mano tra i capelli e le maniche della camicia bianca arrotolate fino ai gomiti. Tutto, dal nodo della cravatta allentato, alla luce agitata dei suoi occhi, alla tensione delle sue spalle, mi richiama alla mente l'immagine a cui l'ho tante volte paragonato. Un leone in gabbia.

"Stai bene?" chiedo in un respiro, richiudendomi la porta alle spalle. Percorro la sua figura, mentre lui si spinge verso di me in un unico e fluido movimento. "... è per la tesi?"

Le sue mani si chiudono sulle mie spalle, e c'è soltanto un attimo di insicurezza nei miei occhi sgranati, prima che lui si fermi senza entrare ulteriormente nel mio spazio personale. "La professoressa Morris ha letto il tuo elaborato in questi giorni. Dobbiamo parlare."

*

Mezz'ora dopo si è fatto buio, io ho bevuto una tazza di caffè e sono accoccolata sulla mia poltrona preferita davanti alla scrivania di Kevin. Non avevo matite con me e non volevo rubarne una dal portapenne sul tavolo, così mi sono mordicchiata la pelle a lato del pollice fino a farla sanguinare.

"Non devi decidere adesso," mi dice nuovamente Kevin. Continua a fare avanti indietro per la diagonale dell'ufficio, e io inizio a chiedermi se il tappeto non si stia consumando sotto i suoi piedi.

Abbandono la tortura delle unghie, cercando una nuova posizione sulla poltrona mentre lui si ferma per ascoltare il mio lungo sospiro.

La professoressa Morris è rimasta così colpita dalla mia tesi, da ritenermi un candidato più che competente per il posto di dottorando di filologia. Vorrei ringraziarla, ma vorrei anche ucciderla.

"Non è il tempo, Kevin," ammetto, prendendomi il viso tra le mani. Faccio una pausa, liberandomi le guance e tornando a cercare il suo sguardo, mentre cerco le parole giuste per correggermi. "Anzi, è il tempo. È superficiale, ma devo dirlo ad alta voce: se questa offerta fosse arrivata prima, l'avrei accettata senza battere ciglio."

Dovevo dirlo ad alta voce, ho detto, ma in fondo credo che Kevin lo sapesse già: la frustrazione che leggo nei suoi occhi da quando sono entrata in questo ufficio ne è la prova.

Mi raggiunge, piegandosi appena quanto basta per accarezzarmi una guancia. La sua mano indugia sul mio viso. "Lo so," mormora. "Livia, io non voglio che tu sacrifichi il tuo futuro accademico per questo." Fa un passo indietro, la sua furia mal contenuta. "Lavoreresti con lei, con me, più di tutti, e io-" stringe lo schienale dell'altra poltrona fino a far diventare bianche le nocche. "Se tu rimanessi, io-"

Vuoi che resti, Kevin, o vuoi che vada via?

Dunque, è così, ancora non hai imparato. Di nuovo, anche se in modo così sottile, tu sei sempre davanti a me. Ma io non ho più il desiderio di fartene una colpa.

Gli sorrido appena, alzandomi sotto il suo sguardo. Gli sfioro un avambraccio, superandolo per raggiungere la mia tracolla sistemata sull'appendiabiti.

C'è stato un solo uomo ad avermi fatto dono della libertà. No – un solo uomo ad aver rispettato quella libertà che era già mia fin dall'inizio.

"Ho una cosa per te," gli dico, frugando nella borsa.

Porto con me un libro, al sicuro in quella tasca interna, da almeno un paio di settimane. Aspettavo che il momento giusto si presentasse davanti ai miei occhi, e sapevo che allora , sarei stata davvero pronta. Ad andare avanti, senza guardarmi indietro.

La mia calma gentile sembra aver assorbito la sua angoscia. Quando mi volto, un sorriso appena accennato sulle labbra, gli occhi di Kevin scivolano dal mio viso al libro dalla copertina blu notte che tengo tra le mani, e poi di nuovo su di me.

"Livia."

Senza paura, cancello la distanza tra di noi. "È stato l'inizio, e questa è la fine," dico, cercandogli una mano con la mia e porgendogli Tristano e Isotta. "Voglio che lo abbia tu."

Cerco i suoi occhi, le sue dita sotto le mie che si chiudono sulla copertina consumata, e mi lascio guardare in questo modo un'ultima volta, mentre ripeto quella frase che non lascerà mai il mio cuore.

"Anelo più alla tua salute di quanto voglia giungere a riva, tanto è grande il mio amore per te." (*)

Mi alzo in punta di piedi, le mie labbra che premono leggere sulle sue, una mano stretta nella sua a tenere il libro tra di noi, vicino al cuore.

È stato l'inizio, e questa è la fine.

*

Nell'aria fresca della sera, quasi rimpiango di non aver afferrato una giacca prima di uscire di corsa da casa. Mi muovo rapida nel caos degli universitari in festa per la fine della settimana, il vestito blu scuro a fiorellini gialli che lascia scoperta decisamente una buona quantità di coscia – più di quanto ricordassi, per lo meno.

Ho addosso le mie Dr. Martens, come l'ultima volta, ma oggi ho coscientemente scelto di evitare quella diavoleria di reggicalze. Mi tremavano già le dita mentre mi sistemavo i capelli, e non c'era proprio altro tempo da perdere.

Il Nelson è chiassoso e affollato come ogni venerdì sera. Mi faccio largo tra la calca, perdendo di vista quasi immediatamente il ciuffo di capelli rossi di Sibyl; i miei nervi curiosamente si distendono all'odore famigliare di birra, fritto e sigarette, ma finiscono per riannodarsi quando riesco a sorpassare un gruppo nutrito di ragazze e a guadagnare una buona visuale del bancone.

Lui è là, impegnato con metodica precisione a riempire il boccale del cliente che ha davanti, attento come al solito a non far strabordare la schiuma sul legno. Che sarà mai, gli ho detto una volta, ammiccando, come se il tuo bancone non ne avesse viste di peggiori.

Ha addosso quella camicia blu che non è niente rispetto al colore dei suoi occhi, le maniche arrotolate fino ai gomiti. Si piega appena in avanti per rispondere all'uomo seduto sullo sgabello accanto, ridendo a una qualche battuta. Osservo la piega di una risata allargarsi sul suo viso, l'espressione gioviale mentre si passa una mano tra la barba rossiccia.

I due clienti si alzano, liberando la visuale davanti a lui, e quando il suo volto si solleva a sorvegliare il locale i suoi occhi incontrano i miei. Sorrido, avanzando ancora tra la gente, le guance che bruciano alla sensazione del suo sguardo che corre sulla mia figura e sul mio vestito blu.

Appoggio finalmente i gomiti al bancone. Avevo preparato così tante cose da dire, ma all'improvviso mi rendo conto che c'è soltanto una domanda capace di rendere giustizia a questo momento.

"Posso avere una Gordon, per favore?"

James inarca divertito un sopracciglio e io rido, perché sono libera, perché sono felice, perché sono innamorata. Sorride, spingendosi appena in avanti con il busto per sistemarmi con affetto una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Tutto quello che vuoi, Holly."

C'è stata una fine, ma questo è l'inizio.

(*) Thomas, Tristano e Isotta







Voglio ringraziare tutte le persone che commentando o anche soltanto leggendo hanno intrapreso questo lungo viaggio insieme a me e alla mia Holly, perchè senza il vostro riscontro o i vostri pareri non sarebbe stato lo stesso. Più di tutti, gli altri pezzi di questo puzzle: scrivere è sempre stata una delle più grandi gioie della mia vita, ma farlo insieme a voi, amiche mie, ha reso tutto questo un'esperienza indimenticabile.

(Ehi, manca ancora un epilogo! Sarà passato un po' di tempo, e... le sorprese non sono finite!)

Holly.

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