THE SLEEPLESS KING (Libro 1)...

By SilviaVancini

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[Il cartaceo di THE SLEEPLESS KING è già disponibile su Amazon!] Taehyung non vuole diventare Re. Ha scoperto... More

PRIMA DI COMINCIARE LA LETTURA:
Prologo
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epilogo
SPAZIO AUTORE:

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By SilviaVancini


 

Taehyung entrò nella stanza del prete e chiuse la porta appoggiandocisi contro. Aveva le spalle in tensione, il respiro affannoso.

Era l’ora della sua caccia al tesoro giornaliera e lo si poteva dire anche solo dai suoi vestiti: non indossava il mantello, non portava la corona. I capelli gli penzolavano liberamente davanti alla fronte e lui era costretto a rinviarli dietro alle orecchie in continuazione. Il borsello di pelle che teneva di tracolla era vuoto, ma da lì a poco non lo sarebbe stato più.

Taehyung chiuse il chiavistello della porta e si mise a frugare per la stanza. Aprì le panche, sollevò il tappeto, guardò sotto il cuscino. Non c’era granché, come ci si aspettava da un prete, tranne la cosa che stava cercando. La trovò all’interno del cassetto di uno scrittoio e non appena la vide la riconobbe subito.

Taehyung sollevò una catenina e la piccola croce che c’era appesa si mise a roteare tutta, come una ballerina. A guardarla poteva quasi capire perché ragazzo-spia la volesse tanto. Il suo luccichio d’orato pareva inestimabile in mezzo all’umiltà di quella stanza.

In realtà ragazzo-spia glielo aveva anche già detto perché la volesse. Voleva qualcosa da tenere sotto i vestiti, qualcosa che lo proteggesse da ogni male e che lo facesse sentire sicuro in battaglia. Taehyung avrebbe potuto dirgli che per quello gli bastava l’armatura che gli aveva già fatto avere, ma ormai aveva smesso di contestare.

Taehyung infilò la catenina all’interno del suo borsello, il luccichio sparì. Stava per richiudere il cassetto quando i suoi occhi si soffermarono su una boccetta d’inchiostro. Era nascosta sotto un paio di missive e di fianco c’era anche un pennino da intingerci, nuovo di zecca.

Le mani di Taehyung si mossero prima che la sua coscienza potesse intervenire.

Il ragazzo uscì dalla stanza con il borsello e il petto più pesante del previsto. Il corridoio era vuoto, aveva già controllato, ma due voci in lontananza gli fecero gelare il sangue nelle vene.

Taehyung mise le ali ai piedi. Avrebbe smascherato la sua presenza in un attimo se si fosse messo a correre con il passo pesante che si ritrovava, per cui si costrinse a camminare svelto. Non gli pareva che le voci lo stessero seguendo, ma quando vide una porticina sul fondo di un vicolo cieco tirò comunque un sospiro di sollievo.

Le sue aspettative? Non ne aveva. Solo non si immaginava di finire all’aria aperta.

Era un giardino. Un giardino interno piccolo, abbastanza grande da ospitare tre carrozze in fila, erboso e pieno di alberelli. Pullulava di donne, tutte con il loro grembiule e la loro gonnona, e queste tagliavano verdura, cantavano, raccoglievano acqua da un pozzo. C’era anche qualche pianta da frutto e un paio di pulcini.

Meravigliato, Taehyung mosse qualche passo avanti, poi si fermò.

Forse era meglio andare via. Sembrava tutto così pacifico e lui era il principe. Se tutte quelle donne avessero smesso di cantare per inchinarsi ai suoi piedi si sarebbe odiato.

Taehyung girò i tacchi, ma si ritrovò a saltare dallo spavento. Una bambina gli stava a neanche un metro di distanza e lo fissava con occhi sgranati. Lui stava già per chiederle di non dire niente quando questa tirò fuori da un cestino un pezzo di pane.

“L’ho fatto io!”

Taehyung batté gli occhioni, perplesso. “Eh?”

“L’ho fatto io! Mamma mi ha insegnato.” 

“Ah, uhm. Splendido.”  

La bambina aspettò impaziente che lui le prendesse di mano il panino, poi scappò via. Taehyung si ritrovò a sorridere, stranito.

Forse sarebbe potuto restare. Forse non avere corona e mantello era sufficiente per non attirare l’attenzione. Forse tra brutti anatroccoli ci si riconosceva e basta.

Taehyung camminò lungo una parete e andò a sedersi un po’ in disparte. Da dove si trovava aveva una bella visuale sul giardino e, nonostante non fosse nascosto da un mare di cespugli, non gli sembrava di essere tanto esposto agli sguardi altrui.

Per non doverlo appoggiare a terra, Taehyung si portò il panino intero alla bocca. Lo tenne stretto tra i denti per un po’, il tempo di togliersi il borsello, poi iniziò a mangiarlo normalmente. Non era arrivato neanche a metà quando la stessa porta da cui era arrivato sbatté contro la parete.

Le donne smisero di cantare, ma la persona che l’aveva aperta non si vedeva. Doveva essere rimasta in corridoio.

“Dove pensi di scappare, Sansone? Hai perso le forze?”

L’atmosfera tornò immediatamente a rilassarsi. La voce aveva urlato, ma quelle donne la conoscevano così bene che non si preoccuparono. Perfino Taehyung sapeva a chi apparteneva, il che era tutto dire.

A far tanto baccano era Bertha, una delle inservienti più aggressive e materne del castello. Non si sarebbe mai detto che dietro a un viso tanto tondo ci potesse essere tanto fuoco, ma a quella donna mancavano solo la coda a punta e gli occhi rossi per impersonare Satana. Taehyung non aveva mai capito quali fossero le sue mansioni dato che era sempre a sbraitare dietro a qualcuno.  

La donna tornò ad aprire la porta con una manata. Qualsiasi animale stesse cercando di tirarsi dietro non le stava dando vita facile e lei si stava spazientendo. Quando finalmente riuscì a mettere piede nel giardino stava tenendo la sua preda per un orecchio.

Taehyung trasalì.

Ragazzo-spia era una furia. Stava artigliando il polso di Bertha con entrambe le mani e si dibatteva come un salmone.

“Dovrai passare sul mio cadavere!”

“I cavalieri hanno l’onore di rappresentare il Re in battaglia. Vuoi diventare uno di loro? E allora non andare in giro come un selvaggio.”

Jungkook provava a frenarsi con i piedi, ma Bertha riuscì a trascinarlo per tutto il giardino. Lo fece sedere sul gradino su cui era costruito il pozzo e quando lui fece per alzarsi gli piantò un piede sullo stomaco. I capelli dell’altro erano liberi da ogni laccio e la donna ne tirò una manciata verso l’alto, una lama già alla mano. Disperato, Jungkook ne stringeva quanti più poteva tra i pugni, come per nasconderli.

"Togli le mani!"

"No!"

“Toglile!”

“No!”

"Jungkook, smettila!"

Nel disordine del momento, lui cercò di alzarsi, lei fece un gesto di stizza.

Cadde il silenzio. I due si immobilizzarono.

Sullo zigomo di Jungkook c’era un taglio lungo quanto un mignolo. Era sottile, ma il rivolo di sangue che ne colava giù lasciava intuire quanto fosse profondo.

Bertha non si scompose, ma sulla sua faccia non era rimasto un briciolo di rabbia. Tirò fuori dalla manica del vestito un fazzolettone di flanella e gli diede due sventolate per aprirlo, poi passò in rassegna le persone attorno a lei con lo sguardo.

I suoi occhi trovarono Taehyung.

“Ehi, tu!” urlò. “Puliscigli la faccia!”  

“Io?”

“Non ho tutto il pomeriggio!”

Taehyung deglutì. Lasciò il resto del panino sopra il borsello e si alzò da terra, titubante. Bertha non lo aveva riconosciuto a causa della distanza, per cui per tutto il tragitto verso il pozzo si assicurò di tenere la testa bassa. Per una volta la tenda di capelli che si ritrovava si rivelò utile.

Afferrato il fazzoletto, Taehyung prese un bel respiro e si chinò su Jungkook.

Ragazzo-spia reagì proprio come aveva immaginato: quando lo vide ebbe un primo momento di stupore, poi i suoi occhi vennero inondati di tuoni, fulmini, saette. Si voltò di profilo con uno scatto.

Taehyung iniziò a tamponare la ferita e il bianco del fazzoletto si macchiò di rosso. Dopo un po’ dovette scrollare il braccio, perché Bertha aveva iniziato a tagliare i capelli dell’altro e la sua manica si stava riempendo di virgole scure.

Più la chioma di Jungkook veniva accorciata, più diventava riccia e pomposa. Il suo viso era così sgombro e pulito che fissarlo era da sfacciati. Doveva esserne consapevole anche lui, perché per ogni secondo che il principe usurpava il suo spazio vitale, lui serrava i pugni sempre di più.

“Tieni, usa questa.”

Un secchio d’acqua venne poggiato di fianco a Taehyung. La ragazza che lo aveva portato non se ne andò subito, ma rimase lì a guardare con le mani sui fianchi. Rise apertamente quando vide Taehyung tamponare.

“Ma no,” fece. “Così non fermerai l’emorragia. Devi tenere premuto.”

La ragazza si fece spazio e afferrò prima il fazzoletto, poi il mento di Jungkook. Quest’ultimo cercò di svincolare via, ma lei strinse la presa.

“Sta buono, Jungkook.”

La fronte di Taehyung si appiattì. Gli occhi di ragazzo-spia saltarono subito addosso ai suoi, minacciosi.

“Jungkook?”

“Non ha niente di meglio da fare, Vostra Altezza?”

La ragazza del pozzo si lasciò sfuggire un verso nasale, come se l'altro avesse fatto una battuta. "Da quando mi chiami vostra altezza-AH!"

Il secchio d'acqua si rovesciò a terra. La ragazza si era catapultata in un inchino così profondo che sarebbe stata capace di toccarsi le ginocchia con il naso.

“Altezza, io- mi, mi dispiace, non l’aveva riconosciuta.”

“Altezza?” fece Bertha dall’alto. Lo sguardo le cadde su Taehyung. “Vostra Altezza!”

Nel giardino ci fu un momento di panico generale. Le donne smisero di pelare la verdura, di cantare, di raccogliere acqua dal pozzo. I brutti anatroccoli si inchinarono davanti al cigno impostore, tutti arruffati.

Taehyung lanciò un’occhiata di biasimo a Jungkook, ma questo non lo considerò. Era troppo perso a guardare le ciocche dei suoi capelli per terra.

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