Sogni dipinti || Raccolta OS...

By metamorosvoice

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Una raccolta di OneShot Metamoro con diverse ambientazioni, unità di tempo e personaggi. AVVERTENZE: Si passa... More

Canzone di campane per dimenticarmi di te.
Non essere arrabbiato. (Emergency AU)
La stella più fragile dell'universo.
Ti ho dato un pezzo di cuore.

La felicità si vede.

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By metamorosvoice

Era una giornata normale, una di quelle che sprigionavano quotidianità da tutti i pori, e ad Ermal andava benissimo così.

Lui era una di quelli a cui non piaceva il rischio, non si buttava mai nella mischia, non opponeva petto alle cose, ma la ragione affrontava la vita con misura.

Non era mai stato uno di quelli a cui piace rischiare, lui odiava il rischio, perché preferiva ripararsi nella sicurezza della monotona routine.

Sicurezza che alcuni avrebbero definito fredda e insipida, ma che per Ermal era calda e statica, accogliente.

Accogliente a tal punto, che forse ci si era troppo accomodato, senza rendersene conto, aveva abbracciato completamente quella monotonia, mettendo da parte tutte quelle sensazioni che un uomo della sua età dovrebbe ancora provare.

La sorpresa di un imprevisto, la gioia di esplorare cose nuove, iniziare la giornata malissimo e concluderla con una piacevole sorpresa che ti rallegra l'umore.

Certo, le giornate di Ermal non iniziavano male, anzi, ma non finivano neanche bene, era tutto sempre tremendamente normale.

Il ragazzo, però, mentre versava i suoi cereali nella solita ciotola gialla, sembrava non curarsene minimamente, troppo immerso nel suo mondo perfetto per curarsi di tutti quei pensieri sbagliati.

Aveva una misura per ogni cosa e gli andava bene così, almeno questo credeva.

Dopo una decina di minuti si posizionò davanti allo specchio, ammirando il suo outfit, unica cosa nuova grazie alla sessione di shopping fatta con Sabina qualche giorno prima.

Camicia a sfondo giallo, con delle decorazioni floreali sul rosso, un paio di pantaloni neri attillati e dei mocassini neri con decorazioni strane, formate con dei brillantini.

Se, infatti, la sua vita era molto monotona e conforme a quella di molta altra gente, Ermal invece amava farsi notare per il suo look molto appariscente, era l'unica variante che si concedeva in una vita all'insegna della costanza.

Sorride soddisfatto nel vedere il suo riflesso, non indugiando troppo sul suo viso, dove si dipingeva sempre la stessa espressione ogni mattina, e poi prese tutto il necessario per poter uscire di casa e dirigersi verso il suo posto di lavoro: la scuola elementare.

Ermal aveva molte passioni, adorava la musica, suonava diversi strumenti e cantava sempre, in ogni momento del giorno che aveva libero, ma non aveva mai avuto il coraggio di provare quella strada, troppo rischiosa.

Ne scelse una più facile, che però lo rendeva felice perché aveva a che fare con la sua seconda passione: i bambini.

All'inizio era stato difficile abituarsi, perché Ermal non viveva molto bene i cambiamenti, però non ci volle molto per innamorarsi perdutamente della sua classe, formata da tanti piccoli angioletti.

I bambini lo amavano, lui amava loro, cosa poteva andare storto?

Le ultime parole famose, prima di varcare la soglia dell'aula e sentire tutte le sue certezze crollargli addosso.

Chi era quella bambina?

Perché era nella sua classe?

E soprattutto perché nessuno lo aveva informato dell'arrivo di un nuovo alunno?

Di sicuro se lo avesse saputo si sarebbe preparato psicologicamente, almeno un minimo, ma così...

Prese un respiro profondo, cercando di gestire al meglio la situazione, anche se non aveva la più pallida idea di come fare.

Si appuntò mentalmente di uccidere Monia per non averlo avvisato di questo piccolo cambiamento, per poi dipingersi il sorriso più falso che mai sul proprio viso.

-Buongiorno maestro Ermal!-

Il coro dei bambini lo fece sorridere, mentre rispose velocemente e notò lo sguardo della bambina puntato su di se, che lo guardava con due occhioni enormi ed enormemente curiosi.

Ermal stava quasi per sorriderle dolcemente, pensando di aver avuto una reazione esagerata, quando i suoi gesti vennero interrotti dalla piccola, che storse il nasino e prese parola.

-Ermal? Che nome strano che è!
Fa proprio ridere, sembra il nome di cane!-

Ermal alzò un sopracciglio, aprendo il registro e alzando un sopracciglio mentre cercava il nome della nuova alunna in quell'elenco immenso.

-Inutile che cerchi, ancora non mi hanno messa, sono arrivata oggi, eh!-

"Che bel caratterino."

Si ritrovò a pensare il maestro, mentre si avvicinava all'alunna in modo cauto e socievole, o almeno ci provò.

-E come ti chiami, di grazia?-

-Ma che grazia, io so Anita!-

La bambina lo guardò con disapprovazione, scuotendo la testa e stringendo a se il suo giocattolo, regalandogli poi una linguaccia.

Ermal trattenne il respiro per quella scena, non volendo rimproverarla in modo troppo duro già dal primo giorno, dopotutto si vedeva che era una bambina piccola, sicuramente aveva ancora 5 anni, data la sua vivacità.

-Ascolta tesoro, qui a scuola si parla bene, non in romanaccio, e non si possono portare i giocat-

Il tentativo di pace di Ermal venne miseramente fermato da Anita, che lanciò con forza il giocattolo contro il muro, lasciandosi andare a una risata divertita.

-A cuccia, cane! Bau bau!-

Dopodiché, mise una mano nei capelli di Ermal e iniziò a scuoterli, facendo sgranare gli occhi ad Ermal, che senza troppi convenevoli si decise ad allontanarsi, prendendo il giocattolo e guardandola duramente.

-No Anita, non si fa così, chiaro?
I giochi non si lanciano, è pericoloso, e poi tu sei qui per imparare, non per giocare, non siamo più all'asilo.-

La piccola lo guardò senza dire niente per qualche secondo, mentre nella mente di Ermal si stavano creando varie ipotesi di reazione da parte di Anita: si aspettava che si sarebbe messa a piangere, che avrebbe urlato, che sarebbe rimasta in silenzio, intimorita dalle sue urla.

Di certo mai e poi mai si sarebbe aspettato di vedere la bambina ridere, mentre batteva le mani come se avesse fatto un bel gesto e piano puntava un dito contro di lui.

-Seduto, cane!-

Le prime ore passarono così, fra i bambini che svolgevano gli esercizi e Anita che, completamente disinteressata, continuava a colorare i quaderni, il banco, a momenti anche i muri.

Ermal, così, raccolse un po' di coraggio e si avvicinò a lei, mentre la piccola non lo degnò di uno sguardo, troppo impegnata a ultimare la sua opera d'arte.

-Che cosa disegni?-

-Mio papà!-

Ermal sorride impercettibilmente per la dolcezza con cui la piccola aveva pronunciato quelle due parole, esprimendo tutto il suo amore.

-E perché ha.. un'armatura?-

-Perché mio papà è un cavaliere che protegge solo una principessa, io!-

Ermal storse il naso, fissando meglio il disegno e concentrandosi per capire il significato.

-E ti protegge da un drago! Chi è?-

-Tu, perché non mi fai giocare..-

La piccola lo guardò con un sorrisetto furbo, iniziando poi a fare gli occhi dolci per cercare di comprarlo.

Ermal, che rimase qualche secondo incantato da quel visetto dolce, scosse poi la testa e tornò severo mentre le prese il quaderno e i colori.

-Adesso basta signorina, sono stanco del tuo comportamento!
Se pensi di poter fare i tuoi comodi mentre gli altri lavorano, beh, con me caschi male.
Devi capire come funziona e finché non capirai mi comporterò come i draghi delle tue favole!-

Anita lo guardò con gli occhi spalancati, mettendo su un broncio infuriato, abbassando poi lo sguardo sul suo braccialetto e iniziando a giocarci.

Il riccio, infastidito dal fatto che la piccola non gli stesse prestando attenzione, si avvicinò a lei con uno scatto e le prese il braccialetto, poggiandolo sulla cattedra.

-No! Ridammi il mio braccialetto, me lo ha regalato il mio papà!-

-Lo riavrai alla fine delle lezioni, se ti comporterai bene.-

Gli occhi della bambina si riempirono prontamente di lacrime, mentre rivolse ad Ermal uno sguardo carico di tensione e tristezza mescolate l'una nell'altra.

-S-sei cattivo, ti odio!-

Ed Ermal chiamò prontamente una bidella, per far sì che controllasse i piccoli mentre lui andava in bagno.

Avrebbe tanto voluto dire che non gliene importasse nulla della sua opinione, che far piangere quella bambina non lo aveva fatto sentire in colpa.

Avrebbe voluto dire che il suo rapporto così forte con il padre, così puro e bello, non lo aveva infastidito, che non gli aveva ricordato il tuo passato totalmente opposto.

Avrebbe voluto dire tante cose.

Ma semplicemente, in quel momento non poteva, perché sarebbero state tutte enormi bugie.

Si decise ad uscire da quella stanza solo quando, dieci minuti dopo, la campanella suonò in modo assordante, segnando la fine delle lezioni.

Raccolse la sua roba, mentre si perse nei suoi pensieri, ancora una volta, in quella giornata dove il suo cervello ne sfornava dieci ogni millisecondo.

Si ritrovò ad avere il desiderio di andare al mare, l'unico posto in cui riusciva a sentirsi se stesso, perché il mare era rigenerante, ti faceva sentire meglio in ogni situazione.

Ma le onde, quelle maledette onde erano un rischio troppo grande per lui.

Era come se il mare fosse così tanto bello, così prezioso per lui, che immergendosi completamente aveva paura di rovinarlo, o peggio, restare intrappolato nella sua bellezza e finire col farsi male.

Un po' come quando ci si innamora.

Spinto da quel desiderio, si mise velocemente in macchina e guidò senza una meta, dirigendosi semplicemente verso la spiaggia più vicina.

Stese un telo, ci si sedette su e iniziò a godersi quel bellissimo panorama, che per un attimo ebbe l'illusione di potersi godere in una piacevole solitudine, un solo attimo, finché non girò la testa dalla parte opposta della spiaggia.

E fu lì, lì che lo vide.

Lo vide sulla spiaggia, in un giorno in cui il mare cercava di scappare dal suo immenso letto.

Ombrellone, protezione solare, il mare però solo negli occhi, non nelle mani, non sulla pelle.

Troppo rischio per lui.

Lui invece correva e saltava, per agguantare quella felicità che solo i bambini riescono a vedere, come delle farfalle invisibili.

Le stesse che puoi sentire nello stomaco quando ti innamori.

I pensieri di Ermal vennero interrotti per via di una palla da calcio che lo colpì, dritto sulla fronte, mentre due figure gli si avvicinavano preoccupate e mortificate.

-Papà, hai ucciso il mio nuovo maestro! Quello cattivo!-

Ermal sgranò gli occhi, puntandoli in quelli della bambina e lasciandosi andare a una risata isterica quando capì che si trattasse di Anita.

E ancora di più, quando capì che l'uomo che stava avidamente studiando pochi istanti prima, era suo padre.

Suo padre.

-Gesù, me spiace tanto!
Nun te volevo fa male, giuro!-

-Invece sì, perché lui è cattivo, tratta male Ani!-

La piccola borbottò, salendo in un batter d'occhio in braccio al padre e fissando Ermal con un'espressione offesa sul viso.

-Anita, nun fa la maleducata, su..
Comunque piacere, io so Fabrizio.-

Ermal strinse la mano dell'uomo difronte a se, permettendosi di fissarlo solo per pochi istanti, prima di distogliere lo sguardo imbarazzato.

-Ermal, sì..-

Fabrizio sorrise divertito, notando il rossore sulle guance dell'altro e rivolgendogli un sorriso incoraggiante dopo poco, che fece tranquillizzare un po' il riccio, mettendolo a suo agio.

-Allora, come se comporta Anita a scuola?-

-Bene!-

-Male.-

Ermal e Anita pronunciarono quelle sue parole contemporaneamente, lasciandosi poi uno sguardo di sfida.

-È una bambina con davvero molta fantasia, e non ha fatto fatica a legarsi con i compagni, solo che ha ancora una scarsa concentrazione.. non penso che sia ancora pronta per la scuola elementare..-

Fabrizio rimase un po' interdetto, mentre la piccola mise su un'espressione triste, che fece sciogliere Ermal a tal punto da passarle una mano fra i capelli.

-Niente che un po' di tempo e forza di volontà non possano risolvere!
Solo sicuro che col tempo migliorerà.-

Anita sgranò gli occhi per quel gesto, mentre gli regalò un piccolo bacino sulla fronte, lasciando il riccio un po' interdetto.

-Papi, fuori da scuola è più simpatico!-

Fabrizio ridacchiò, puntando lo sguardo su Ermal e squadrandolo attentamente, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal piccolo piercing che il riccio aveva sul sopracciglio.

-Allora me sa che ce tocca vederlo fori..-

-Sarebbe poco professionale.-

Ermal, che nel frattempo era diventato un pomodoro umano, sussurrò quella frase in modo così silenzioso che pensava quasi di non essere sentito da nessuno.

-E se te nvitiamo co noi a mangia qualcosa è pure poco professionale, o ce lo concedi?-

-Papà è ottimo cuoco!-

Ermal sorrise appena alla piccola, mentre lottava contro ogni singola parte di se per rifiutare quella proposta, tanto invitante quanto rischiosa.

-Allora?-

"Sì, sì, sì, sì."

-No, umh, ho davvero del lavoro da fare, non posso rimandare..
Magari un'altra volta.-

Fabrizio e Anita annuirono, un po' delusi ma per niente demoralizzati, mentre gli rivolsero un piccolo sorriso di circostanza.

-Hai detto n'altra volta eh, sei ndebito!-

Ermal annuì a sua volta, salutandoli velocemente e dirigendosi verso la macchina, non riuscendo a mettere a tacere i suoi pensieri.

"Stupido, ma perché?"

Una volta tornato a casa, sospirò pesantemente come per togliersi tutta quella tensione accumulata, ma continuò a portarsela dietro come un macigno.

Macigno che non aveva mai provato, che un po' lo spaventava, ma che non poteva assolutamente ignorare.

Si stese sul suo letto, fissando il soffitto e cercando di fare un resoconto della giornata, per un bilancio delle cose positive e negative.

Stilò un lungo elenco, e quando arrivò a Fabrizio e ad Anita indugiò, per le prima volta indeciso dopo tanto tempo.

Indugiò solo un po', quel poco che bastò per non fargli chiudere occhio, tutta la notte.

—————

La mattina dopo, il risveglio fu ancora più traumatico, perché per la prima volta non si era svegliato sereno.

Cercò di mantenere la calma, pensando che fosse solo una questione di abitudine, che presto sarebbe passato tutto.

Doveva solo aspettare.

Aspettare, sì, allora perché sembrava che ogni secondo il macigno diventasse un po' più pesante?

Scacciò quei pensieri, mentre si diresse verso la scuola e con piacere salutò i suoi alunni.

Ermal non poteva fare a meno di notare che lo sguardo di Anita, dopo il loro incontro del pomeriggio precedente, era cambiato nei suoi confronti.

Era più sincero e rilassato, mentre gli sorrideva in modo dolce e Ermal poteva giurare di sentire il proprio cuore saltare per la gioia, scombussolandogli qualsiasi cosa.

Entusiasmo che si spense, qualche ora dopo, quando per l'ennesima volta Anita si era distratta e non stava lavorando come il resto dei suoi compagni.

-Anita, vi ho assegnato un lavoro.-

La più piccola sbuffò, guardandolo dal basso e posando il suo gioco, mente lo guardava dispiaciuta.

-Io no voglio deluderti, ma non riesco proprio a farli! Poi mi viene voglia di giocare e lascio perdere tutto..-

-Allora perché vuoi fare la primina?-

Anita sorride soddisfatta, prendendo un pennarello e facendo un piccolo cuoricino sulla guancia di Ermal.

-Hei!-

-Perché io sono una bimba grande, e le bimbe grandi vanno a scuola.. però vogliono anche giocare!-

Ermal sospirò arreso, pensandoci su e guardandola con fare scherzoso.

-Allora facciamo che per ogni esercizio giusto che fai, faccio il cane per qualche minuto..-

Gli occhietti della piccola si illuminarono, mentre puntò gli occhi sul quaderno e con determinazione iniziò a svolgere l'esercizio richiesto.

Dopo qualche minuto, poi, consegnò il quaderno al riccio e sorride soddisfatta, attendendo un riscontro.

Ermal sorrise compiaciuto, mentre le fece battere il cinque e le diede un piccolo pizzicotto su una guancia paffuta.

-Lo vedi che se ti impegni sei pure brava?-

-Sì, sì, ogni promessa è un debito eh!-

Il riccio, come promesso, iniziò ad abbaiare in modo minaccioso, che però lo faceva sembrare un bambino di tre anni per niente minaccioso, facendo ridere la piccola, che senza pensarci portò una mano fra i capelli del riccio, scuotendola come la scorsa volta.

-Bravo cane!-

Ermal le sorrise, non facendo caso a quel gesto, perché per la prima volta non gli diede fastidio essere toccato in quel modo.

Aveva appena abbattuto una barriera.

Fu con quella consapevolezza che affrontò il resto della giornata, mentre nel tardo pomeriggio si affrettava a raggiungere la palestra del suo migliore amico Marco, per iniziare il suo corso di boxe.

Ermal odiava la violenza, fin da piccolo era stato costretto a subirla e riteneva che fosse decisamente il modo peggiore per affrontare ogni tipo di avvenimento.

Tuttavia, suo padre stava recentemente cercando di rientrare nella sua vita e in quella dei suoi fratelli, con lui erano ritornati l'ansia e gli attacchi di panico, così Marco, suo migliore amico da anni, gli ha consigliato di iscriversi a questo nuovo corso.

Ermal non era poi così tanto propenso, però penso che fosse un buon modo per imparare a difendersi, e soprattutto per difendere i suoi piccoli amori dalle grinfie di quel bastardo.

Varcò la soglia dell'edificio, e sospirò mentre si dirigeva alla reception, chiedendo del suo personal trainer.

-Mi scusi, cercavo il signor Mobrici..-

La signora alla segreteria lo bloccò con un movimento della mano, mentre continuava a parlare al telefono.

Fu una seconda voce, però, che lo fece sobbalzare mentre arrivò chiara e forte alle sue spalle.

-So io, chi me cerca?-

Ermal sgranò gli occhi, girandosi velocemente verso di lui e restando sbigottito quando incontrò lo sguardo compiaciuto di Fabrizio.

-Ermal!-

-Oh, ciao Fabrizio..-

Il riccio era completamente incantato, mentre osservava senza pudore le braccia scoperte e tatuate del romano, che in quel momento indossava semplicemente una canotta nera e un paio di pantaloncini.

Fabrizio non era da meno, e mentirebbe se dicesse che, quando era ancora girato di spalle, non gli aveva fissato il sedere, perfettamente avvolto in quei pantaloncini aderenti.

-Sei costretto a sopportarmi me sa, guarda che strano er destino!-

Il più piccolo si lasciò andare a una risata isterica, mentre seguiva il suo istruttore che lo guidava verso la sala da boxe.

-Già, ma tanto sopporto già tua figlia, che è più o meno la stessa cosa!-

-Anita mi ha detto che è riuscita a svolgere gli esercizi oggi e che le sei stato molto vicino..
Te volevo ringrazia.-

Ermal non poté fare a meno di notare il modo in cui gli occhi del romano si erano illuminati quando aveva nominato la figlia, così scollegò per un attimo il cervello, guardandolo con un sorriso sincero.

-Si vede che la ami tanto, lo sai?-

-Me lo dicono tutti, ma io nun la trovo na cosa strana, credo che dovrebbe esse così pe tutti i padri, tutti dovrebbero ama i loro figli in questo modo.-

Quelle parole colpirono così forte Ermal, che tornò immediatamente a chiudersi nella sua bolla, non lasciando nemmeno il tempo all'altro di terminare la frase.

Si infilò i guantoni e senza guardarlo salì sul ring, rivolgendogli poi un sorriso di cortesia, cercando di non pensare a quelle parole che tanto lo avevano destabilizzato.

A Fabrizio, però, non sfuggì il comportamento di Ermal, ma decide di lasciar perdere per evitare di farlo chiudere ancora di più in se stesso.

Lo raggiunse, fermandosi a pochissima distanza da lui e sorridendogli dolcemente, prima di sferrargli un colpo dritto sul braccio, mentre Ermal lo guardava sorpreso è indignato.

-Ahia, ma cosa ti prende?!-

-Devo insegnarti a combattere o no, che dici?-

Fabrizio si lasciò scappare una risatina, mentre fissava il broncio che Ermal aveva messo su.

-Allora, quello che devi cerca de fare è analizzare i punti deboli dell'altro e atterrarlo più che poi, semo intesi?
Quando invece te devi difende, basta che porti entrambe le braccia davanti ar viso, okay?-

Ermal annuì un po' insicuro, così Fabrizio, resosi conto della sua indecisione, prese delicatamente le sue mani, salendo a carezzare il polso e poi il resto del braccio, per poi alzargli entrambe le braccia e creare la posizione di difesa.

Ermal, che si era completamente lasciato andare a quei tocchi, aveva sentito fin troppi brividi su tutto il corpo, mentre i loro visi erano vicinissimi e i loro sguardi incatenati l'uno nell'altro.

Fu una questione di secondi, prima che Fabrizio approfittasse della distrazione del riccio per tirargli un altro colpo, stavolta sulla gamba.

-E questo per cos'era?-

Ermal lo guardò male, mentre Fabrizio si piegò a sfiorare il suo lobo con le labbra, per poi sussurrare con tono sensuale al suo orecchio.

-Regola più importante: mai abbassare la guardia.-

Gli ci vollero tutte le sue forze per trattenere un sospiro, ma alla fine Ermal ci riuscì, per poi annuire e iniziare a tirare colpi a Fabrizio come lui gli aveva insegnato.

Ma i colpi di Ermal erano deboli, fin troppo deboli, tanto che se ne rese conto da solo e sospirò, incrociando le braccia al petto.

-Ricciolì ascolta, nun te devi demoralizza.. nun è che se mpara in un giorno solo, mh?-

-No, sono una schiappa!
Non riuscirò mai ad imparare, queste cose non fanno per me e non sono abituato..-

Fabrizio sospirò, posando una mano sulla sua spalla e guardandolo con determinazione.

-Ma se sei qua nmotivo ce l'hai, o no?
Focalizzate su quel motivo, nun pensa a me, pensa alla persona che vorresti colpì, quella da cui te voi difende e pensa al male che t'ha fatto.-

Quelle parole bastarono per far risollevare Ermal che, dopo essere stato qualche minuto in silenzio, immerso nei suoi pensieri, si avvicinò come una furia a Fabrizio e iniziò a colpirlo, con una forza e una rabbia che Fabrizio non si aspettava assolutamente.

Più i ricordi aumentavano, più la situazione degenerava.

Ogni pugno, ogni cicatrice, ogni sera passata a piangere nel ricordare tutto il male che gli era stato inflitto.

E quella sera, quella dannata sera...

Fabrizio non reagì, si difese soltanto dell'ira del riccio, che aveva iniziato a piangere disperatamente mentre continuava a colpire con sempre più forza, determinato a sfogarsi fino all'ultimo residuo di ricordo.

-Bastardo, non mi hai fatto niente!-

Urlò quella frase a pieni polmoni, prima di fermarsi e lasciarsi cadere sul pavimento, pavimento che non toccò mai, perché venne prontamente sorretto da Fabrizio.

Quest'ultimo, d'altro canto, non sapeva assolutamente cosa fare, non si aspettava una reazione del genere e non sapeva come gestire qualcuno con un carattere come quello di Ermal, ma sentiva di dovere fare qualcosa per lui.

Così, fece la cosa più spontanea che gli venne in mente: lo abbracciò.

-Sssh, stai calmo ricciolì, nun t'ha fatto niente, nessuno te farà mai niente..-

Ermal non riusciva più a smettere di tremare, ma quando sentì le braccia possenti del romano stringerlo in quell'abbraccio delicato, non poté evitare di poggiare la testa sulla sua spalla.

Non riusciva a ricambiare quella stretta, per quanto in quel momento lo desiderasse, la paura lo frenava sempre, quella paura maledetta che da anni si portava dietro.

-Nun lo permetterò.-

Quella frase venne sussurrata da parte di Fabrizio, così piano che era certo di averla quasi solo pensata.

Ma Ermal la sentì, e tanto bastò per far sì che ricambiasse quell'abbraccio, del tutto inaspettato e inaspettatamente desiderato.

Ermal non seppe mai quanto tempo rimasero lì, stretti l'uno nell'abbraccio dell'altro, ma una cosa era certa.

Quella sera, tornato a casa, si addormentò con un macigno più leggero sullo stomaco.

Quella sera, tornato a casa, si addormentò felice.

————

Erano passati ormai diversi mesi da quell'incontro, ed Ermal non si era ancora abituato alla sua routine completamente stravolta.

E se da una parte questa cosa gli premeva, perché era abituato a costanti certezze nella sua vita, dall'altra sperava di non abituarsi mai, perché quelle sensazioni un po' gli piacevano.

Era felice della presenza di Anita e Fabrizio nella sua vita, soprattutto del bell'uomo, ma non abbastanza per permettersi di correre un rischio.

Ci aveva provato, decine di volte in quel periodo, ma non ci era mai riuscito per mancanza di coraggio, il problema è che più andava avanti nella sua conoscenza, più si sentiva bene con lui e più diventava difficile fare un passo simile.

Questi erano i pensieri che per l'ennesima volta accompagnarono Ermal, mentre si dirigeva verso la sala da boxe dove, ad aspettarlo, c'era Fabrizio.

-Buon pomeriggio Fabri.-

Fabrizio sorrise mentre sentì quel soprannome e si avvicinò a lui, lasciando un piccolo bacio sulla sua fronte.

Ermal arrossì violentemente, allontanandosi da lui e tossicchiando mentre infilava i guantoni da boxe, salendo sul ring come al solito.

-La smetterai mai de evita le mie attenzioni?-

Il riccio alzò gli occhi al cielo, aspettando che lo raggiungesse per poi sospirare.

-Io non evito proprio niente.. tranne i tuoi colpi.-

Esclamò mentre riuscì a schivare il colpo del suo maestro, sorridendo soddisfatto.

Fabrizio gli regalò un sorriso dolce, sporgendosi ad abbracciarlo forte, mentre Ermal si rifugiava, come tutte le volte, fra quelle braccia che ormai sapevano di casa.

-Stai a diventa bravo ricciolì eh!-

Ermal, in tutta risposta, sfregò il naso contro il suo collo, inibendo i sensi dell'allenatore, quanto bastava per sferrargli un piccolo colpo, in grado di farlo cadere.

-Mai abbassare la guardia!-

Ma Ermal non aveva di certo messo in conto la possibilità che Fabrizio avesse dei buoni riflessi, per questo rimase spiazzata quando lo portò giù con se, ribaltando poi la situazione, ritrovandosi con il suo corpo muscoloso sopra di se.

-Mai abbassare la guardia..-

Ermal rilasciò un sospiro che non sapeva di aver trattenuto fino a quel momento, mentre portò le mani sulle sue guance, accarezzandole piano e mordendosi il labbro mentre puntò lo sguardo sulle sue labbra.

Fabrizio, nel frattempo, stava cercando di trattenersi, ma fu impossibile quando vide Ermal mordersi il labbro.

E così successe, entrambi si mossero nella stessa direzione: l'uno verso l'altro, mentre le loro labbra si sfiorarono prima dolcemente, poi in modo sempre più focoso, lasciandosi trasportare dal momento.

Come delle farfalle invisibili, le stesse che puoi sentire nello stomaco quando ti innamori.

Ed è così che andò.

Le sentì nello stomaco quelle farfalle e scoprì che tutto quel rischio che aveva sempre evitato, adesso doveva affrontarlo, viverlo.

Uscirono velocemente da quell'edificio e Fabrizio chiede ad Ermal dove volesse andare, mentre il giovane aveva in mente una sola meta: il mare, dove tutto era iniziato.

Si alzò e corse verso il mare.

Lo aveva già fatto un milione di volte nella sua mente, ma non era mai stato così.

Si prese il rischio più grande di tutti: quello di essere felice.

Sì, perché la felicità brilla, non la puoi nascondere, ti scarnifica le difese, ti rende bersaglio dell'infelicità degli altri.

La felicità si vede.

Molti anni dopo, si ritrovò a guardare una delle innumerevoli foto scattate quel giorno e sorrise.

Sorrise mentre si ricordò di quel momento, mentre guidava verso casa e un sorriso gli si sedette sul viso.

Pensava a quanto era stato bello giocare per la prima volta con le onde.

Guardò Fabrizio dormire sulla loro poltrona, mentre pensava che, finalmente, aveva tutto quello che aveva sempre desiderato.

Niente più paura del rischio, niente più quotidianità monotona.

Solo amore.

Aveva 67 anni.

Spazio biscotto 🍪:

Come sempre, voglio ringraziare la mia squad unaMETAfincheMORO  e in particolare thisismandy93  per avermi ispirata con foto e racconti avvenimenti reali, e per spronarmi sempre a far vivere i miei pensieri.

Piccola curiosita, per chi non lo sapesse, il testo in grassetto è un racconto realmente scritto da Ermal, a cui mi sono ispirata.

È forse la OS più lunga che io abbia mai scritto, scusate se un po' dispersiva.

Grazie a tutti per essere arrivati fino a qui.

Alla prossima.

Erika 😈

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