Come la pece

By lettrice_incognita

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Teen drama. "Trovai il coraggio di alzare gli occhi nei suoi. Erano neri come la pece e profondi come un pozz... More

1. La ragazza della porta accanto
2. Quando le tende sono inutili
3. Salvami
4. Dov'è andato?
5. Insonnia
6. Nessuno da cercare
7. Dubbi
8. Rosso Malpelo
9. False accuse
10. Il primo indizio
11. 72h in un solo giorno
12. Cosa mi succede?
13. Sepolte nella cenere
15. Algebra e pancake
16. Illegale
17. Cedimenti
18. Grigliate e salotti
19. Rotture
20. Vecchio giocattolo
21. Notti tormentate
22. Pozzanghere
23. Amleto
24. Chicago
25. Mc
26. Romeo e Giulietta pt.1
26. Romeo e Giulietta pt.2
27. Pool party
28. Così per sempre
29. Litigi e notti stellate
30. Ti prego, Wendy
31. Verità a galla
32. Boschi e grigliate
33. Alzarsi e sorridere
34. Hale
35. Rabbia, autocommiserazione, rabbia, isolamento
36. Riappacificamenti
37. La partita
38. Adrenaline in my veins
39. Toga e tocco blu
40. Prom
41. This girl is on fire
42. The end

14. E... se fosse lui?

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By lettrice_incognita

Quella notte non ero riuscita a chiudere occhio. Il fatto che il padre di uno dei miei migliori amici potesse essere coinvolto in un omicidio mi rendeva particolarmente nervosa. La madre di Josh era morta quando lui era solo un bambino, ciò significa che suo padre era l'unico che gli era rimasto.

Probabilmente avrei dovuto parlarne con Aiden. Era un argomento tanto pericoloso quanto delicato e non potevamo permetterci di prenderla alla leggera. Avrei tanto voluto capire se il signor Bolton, il padre di Josh, fosse a casa la notte della scomparsa di Stephen. Quel sabato erano andati tutti alla pista e Lisa, per non essere sola, aveva chiesto a Jennifer di accompagnarla. E, a dirla tutta, non avevo capito come andassero le cose tra lei e Dylan.

Io, ancora in punizione, ero andata al lavoro e poi ero rimasta a casa a fare i compiti. Ero sicura che a mia madre sarebbe passata in fretta. Avevo cominciato a comportarmi normalmente per non dare sospetti e lei era tornata a essere la persona gentile di sempre.

Sospirai stanca, sprovvista di voglia di studiare. Pensare ai miei amici che si divertivano alla pista mi rendeva solo più arrabbiata. Decisi che era il momento di una pausa e mi alzai per scendere a prepararmi uno spuntino.

Mia madre era armata di ferro da stiro e stava lottando contro una delle camicie di mio padre.

- Mamma, cosa c'è da mangiare? - le chiesi, sorpassandola per raggiungere la cucina.

- Uhm... Non so, guarda nella dispensa -.

Aprii l'armadietto di legno, alla ricerca di qualcosa di gustoso da divorare. Rovistai per un po' e alla fine trovai dei biscotti al cioccolato.

- Ah, stamattina si sono messi tutti d'accordo per una grigliata - mi annunciò mia madre, senza neanche guardarmi. - Uh, davvero? Verranno anche i Sanders? -.

Mi sembrava davvero strano che la famiglia di Stephen partecipasse ad una grigliata di quartiere dopo tutto quello che era successo recentemente. - Sì, l'hanno proposta loro -.

Alzai le sopracciglia, masticando quella goduria di biscotto. - E quando? -.

- Domenica prossima, a quanto pare -.

***

Quel martedì avevo già finito di scontare la mia punizione. Lo avevo capito quando quella mattina, prima di andare a scuola, avevo chiesto a mia madre se nel pomeriggio potevo restare a fare i compiti da Lisa. Aveva detto di sì senza fare storie. Ero andata a scuola e, per un motivo poco chiaro, avevo preferito evitare Josh. Avevo paura di guardarlo negli occhi. Non era detto che suo padre fosse coinvolto, ma c'era quella piccola percentuale di possibilità che mi faceva tremare.

I tabaccai avevano già detto ad Aiden che gli acquirenti erano pochi, ma non avevo appunto detto che si trattasse di una persona sola. Avevo una grande paura, in realtà. Prima che cominciasse la lezione di matematica, ne avevo parlato con Aiden. Io parlavo, lui si limitava a fare cenni, come sempre. Alla fine avevamo deciso di andare alla pista. Lì avrei potuto parlare con Josh. Il mal tempo si era incentrato solo in quelle poche ore del venerdì precedente, lasciando che West Chester si riscaldasse alla luce del sole.

- Aiuto, Wendy! - urlò stridula Lisa. Riemersi dai miei pensieri, guardandola. Era seduta sulla poltrona della sua camera con un evidenziatore giallo in mano.

- Che c'è? -.

- Era per farti svegliare - rispose con nonchalance. Presi il piccolo peluche abbandonato sul letto e glielo lanciai in faccia, prendendola alla sprovvista. - Cretina! -.

Scansai l'orsetto azzurro con un piccolo movimento, sentendolo atterrare al pavimento alle mie spalle. Sorrisi soddisfatta e mi sollevai a sedere. - Allora, che mi racconti di nuovo? - le chiesi. Chiusi il libro di spagnolo, stufa di studiare. - La mi vita è noiosa -. Fece spallucce e si infilò il tappo dell'evidenziatore in bocca.

Alzai gli occhi al cielo per il suo pessimismo, poi li riportai su di lei. Mi guardava in modo strano, con circospezione. Aveva la faccia di chi avrebbe voluto dire qualcosa ma si stava trattenendo. La conoscevo bene.

- Perché mi guardi così? - sbuffai, fulminandola con lo sguardo. - Cosa avevate tu e Rosso Malpelo da discutere oggi? -.

Lo sapevo.

Sapevo che sarebbe andata a parare lì, ne ero certa.

- Mi ha chiesto una cosa sui compiti da fare per casa -.

- Wendy c'è bisogno che ti ricordi che so quando menti? -.

La guardai mettendo il broncio. - Non sto mentendo -.

- E allora perché guardi da un'altra parte e sei rimasta con la bocca aperta dopo aver finito la frase? - domandò retorica. Anche lei mi conosceva bene. Forse più di quanto io conoscessi lei.

Le lanciai un'occhiataccia, arrendendomi. - Abbiamo parlato di venerdì sera -.

Questa volta non era bugia. Avevamo parlato davvero di venerdì, non di quello che avevamo fatto o degli altri, ma pur sempre venerdì. Non era un bugia, era un'informazione poco dettagliata.

- Non mi è ancora chiaro quale sia il rapporto tra lui e Dylan - constatò.

- Che poi si erano pure presi a pugni - aggiunsi.

- I ragazzi sono strani. Fanno tutto semplice -.

- Io la trovo una cosa positiva. Hanno chiarito e sono diventati amici. Tra due ragazze non accadrebbe mai -.

- Ovvio, le ragazze non fanno a pugni -.

Scoppiai a ridere per la sua pessima ironia.

- Sono seria, i ragazzi vivono meglio - affermai.

- Mi stai cercando di dire che vuoi diventare maschio? Sai che questo tipo di chirurgia costa tanto? -.

Sgranai gli occhi e gli lanciai direttamente il cuscino questa volta. Scoppiò a ridere. - La tua faccia... - singhiozzò tra un singulto e un altro.

- Sei pessima - la insultai, ma stavo ridendo anch'io. Ero felice che avessimo sistemato tutto. Mi erano mancati questi tipi di giornate.

Il cellulare di Lisa prese a squillare e lei si alzò per prenderlo.

- Ehi! -. Si voltò a guardarmi, con il labbro incastrato fra i denti.

- Okay, ciao -.

- Chi era? - chiesi mentre riattaccava. - Josh, dobbiamo sbrigarci. È già qui -.

Raccattai le mie cose e scesi di corsa al seguito della mia migliore amica. Josh era lì con la sua jeep, quindi non perdemmo altro tempo.

- Ciao - dissi semplicemente, sedendomi accanto a lui. Ero agitata, non sapevo come chiederglielo. Non avevo pensato a come farlo e mi sentivo in fibrillazione. Mi passai le mani sudate sui jeans.

- Hai portato le ciambelle? - domandò Lisa, dopo essersi sporta dai sedili posteriori. Josh prese una busta di carta bianca dal cruscotto e la fece dondolare davanti i suoi occhi.

- Dammele subito - sbraitò, un secondo prima di strappargliele di mano. Josh ghignò divertito, ma a me si era solo chiuso lo stomaco. Arrivammo picco dopo -grazie a Dio- e aspettai che Lisa scendesse dalla macchina, cosa che risultò più facile del previsto: era già corsa a salutare Bryan.

- Josh... - lo chiamai. Conficcai le mie stesse unghie nella carne delle braccia, pregando che non la prendesse male e che riuscissi ad essere il più naturale possibile.

Si voltò verso di me, scrutandomi scettico. I capelli gli facevano ombra sul viso, rendendolo più tenebroso del solito. Prima Josh non era così, era tutt'altro. Probabilmente somigliava a Dylan più di quanto pensiate. Era un bambino allegro e solare, di quelli estroversi e un po' monelli. D'un tratto, poi, era diventato così. Si era trasformato in un nuovo Josh Bolton.

- Volevo chiederti se stai bene -. Non so nemmeno il motivo per cui glielo chiesi, ma mi fece stare inaspettatamente bene.

- Sì, sto bene. Sei sicura che sia tutto okay, Wendy? -.

Sospirai, cercando quel briciolo di coraggio che possedevo. - No, perché... Sai, tuo padre venerdì è uscito davvero tardi. Sei sicuro di non aver paura di stare laggiù solo di notte?-.

Alzò un sopracciglio, in un arco perfetto. - No, non ho paura - affermò quasi infastidito da tutto quel labirinto di parole. - Dopo la morte di Stephen ho un po' paura a stare sola la notte, anche mentre torno dal lavoro - confessai, e quello non era la battuta di un copione. Avevo sempre quel briciolo di paura all'angolo della mente che faceva trasformare tutto in cose negative.

Sentivo passi immaginari dietro di me e bisbiglii, creati semplicemente dal vento. Mi aggrappavo alla presenza dei vicini o dei passanti, sperando che qualcun altro uscisse prima che quello fosse rientrato. Questa sensazione era aumentata dopo le raccomandazioni dei miei e soprattuto dopo essere stata sul luogo del delitto. Mi sembrava una parola buffa, quella che senti solo in telefilm polizieschi. Invece era la realtà.

- Perché non chiedi ai tuoi di prestarti la macchina? - suggerì. Annuii distrattamente, tornando sul filo del discorso. - Tuo padre era uscito anche quella notte? - sussurrai a sguardo basso.

Mi sorpresi di aver avuto quel tono di voce cosi ingenuo e delicato. Sembravo davvero preoccupata per suo padre, quando in realtà cercavo di capire se fosse un assassino. Mi sentivo sleale, cattiva nei confronti di uno dei miei più cari amici.

Josh era così intelligente da aver probabilmente già capito cosa volessi fare, ma si limitò a rispondere con un - Non ricordo, esce spesso  -.

Pensai a quella notte, a quanto fossi felice prima di uscire, in auto con i miei amici. A Dylan che mi parlava di lui e Jennifer. Volevo ritornare a quella vita.

Prima di uscire...

Il mio subconscio attivò una sorta di allarme, ripetendomi quelle parole.

Presi la borsa e mi affacciai dalla porta del salotto. - Mamma, sto andando - dissi.

- Comportati bene e ricorda a chiunque guidi di non bere -.

- Certo. Dov'è papà? Se ho bisogno può venire a prendermi? - chiesi, ma la mia voce venne sovrastata dal clacson. Stavo facendo aspettare troppo i miei amici. Non ascoltai la risposta e uscii in fretta, prima che i vicini iniziassero a lamentarsi.

Mio padre lavorava fino a sera, ma mai dopo le sette. Alcune volte tornava prima, perché non aveva più nulla da fare nell'azienda vinicola che gestiva, specialmente fuori stagione come in quel periodo.

- Wendy? Che succede? - mi scosse Josh. Lo fissai, senza metterlo a fuoco. Avevo lo sguardo velato dal terrore.

***

Risposero all'unisono quando scesi dall'auto, prima che scendessi dalla macchina di Josh e corressi via. Avevo con me lo zaino pieno di libri ed ero sicura che si fossero quasi sciolti per le secchiate d'acqua che cadevano dal cielo. Da piccola ero convinta che fossero le lacrime di Gesù. Mia nonna mi diceva che la pioggia arrivava ogni qual volta qualcuno commetteva un grosso peccato -che per me, all'età di cinque anni, equivaleva a dire una bugia- e che per questo motivo, Gesù iniziava a piangere. In quel momento mi sembrava la storia più vera che avessi mai sentito.

Entrai in casa. Mia madre stava asciugando l'acqua che entrava da sotto le finestre, mentre mio padre non era ancora rientrato. Pensare a mio padre mi provocò una fitta allo stomaco che mi fece tremare. Avevo iniziato a ripetermi che fosse stata solo una coincidenza e avevo continuato a farlo anche mentre aiutavo mia madre ad asciugare il pavimento e a preparare la cena.

- Vado a fare una doccia - annunciai dopo aver messo su la pasta. Avevo un gran bisogno di sciogliere i muscoli e rilassarmi. Salii in camera a prendere un pigiama pulito. La suoneria del mio cellulare mi fece sussultare per la chiamata inaspettata. Alzai le sopracciglia: non mi ero ancora abituata alle sue chiamate.

Presi un lungo sospiro e accettai la chiamata.

- Pronto? -.

La voce mi tremava.

- Ciao, Wendy - mi salutò Aiden dall'altro lato del telefono. Probabilmente era nella sua stanza, a pochi metri da me. Non aveva detto nulla, probabilmente voleva che fossi io a parlare.

- Josh non ricorda se suo padre era a casa - dissi tutto d'un fiato. Non avevo nessuna voglia di parlare con lui. Quello che stavamo facendo era diventato d'un tratto rischioso e il mio sistema nervoso stava per crollare. Avevo iniziato a dubitare di mio padre, solo perché non era rientrato allo stesso orario di tutte le altre sere.

Da quando Aiden era arrivato la mia vita era cambiata, era diventata un disastro. Non c'era più niente che andasse come prima. Avevo persino litigato con i miei migliori amici, sebbene le cose si fossero sistemate.

- Bene - mormorò con voce ferma. Doveva essere felice di aver il primo sospettato. Perché non pensava alle conseguenze? Sarebbe stato un colpo basso per Josh, bisognava agire con cautela. Sospirai e mi sedetti ai piedi del letto: sentivo che le mie gambe non avrebbero retto a lungo. Ero davvero troppo stanca. Guardai fuori dalla finestra, verso la sua camera. Pioveva a dirotto, ma riuscivo comunque a vedere il bagliore della luce della sua camera nella miscela che offuscava i vetri.

Mi morsi il labbro. Mi sentivo a pezzi, avrei voluto piangere, ma non lo avrei rifatto davanti a lui. Odiavo il fatto che si fosse introdotto in casa mia per consolarmi. Non avevo bisogno di lui, della sua pietà.

- Ci vediamo a scuola - tagliai corto, allontanai il telefono per riagganciare, ignorando il brusio che proveniva da esso. Chiusi gli occhi e trattenni il fiato.

Doccia, relax, letto. Il mio subconscio mi dava ordini, ma qualcosa di oppose. Mi trascinai fino alla scrivania, recuperai il foglio strappato dal quaderno insieme ad Aiden e una penna.

LISTA DEI SOSPETTATI

Carrie Hamilton

Mi tremava la mano, lo vedevo dal movimento traballante della penna, ma mi sforzai di scrivere.

- Wendy! Tuo padre è tornato! - urlò mia madre dal pieno inferiore. La ignora, fissando le tre parole che la penna blu aveva tracciato. Non so quanto tempo restai così, ma fu abbastanza per costringere mio padre a chiamarmi.

- Scendi a cenare, tesoro? -.

Lo immaginavo mentri si allentava il nodo alla cravatta e si faceva i risvolti alla camicia, alla fine della scala a giorno. Mi voltai lentamente verso la porta e, cercando di dare un tono stabile e sicuro alla voce, urlai: - Arrivo -.

Poi tornai con gli occhi sul foglio e, senza perdere ulteriore tempo, lasciai che le mie dita strette attorno alla penna completassero il loro lavoro.

Mr. Bolton
Zack Jones.

Spazio autrice

Oh mio dio! Cosa ne pensate? Zack Jones, proprio lui, nella lista dei sospettati?

Voglio sentire tutte le vostre teorie.

Xx

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