La fisica dell'attrazione

Sapphire9_

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REVISIONE IN CORSO 1 -- editato 2 -- editato STORIA COMPLETA STORIA PRESENTE ANCHE SU EFP - AUTRICE Sapphire_... Еще

Capitolo uno ~ Di brutte sorprese e insulti
Capitolo due ~ Di interrogazioni mancate e autobus puntuali
Capitolo tre ~ Di altre cene e vino rosso
Capitolo quattro ~ Di incidenti e confessioni
Capitolo cinque ~ Di proposte e piccole vendette
Capitolo sei ~ Di locali e tanti drink
Capitolo sette ~ Di rivelazioni e chiarimenti
Capitolo otto ~ Di appuntamenti e prese di coscienza
Capitolo nove ~ Di spese natalizie e recite improvvisate
Capitolo dieci ~ Di chiacchiere ed ex molesti
Capitolo undici ~ Di ripetizioni e bugie svelate
Capitolo dodici ~ Di litigi e pranzi imprevisti
Capitolo tredici ~ Di gite scolastiche e tentativi di pace
Capitolo quattordici ~ Di San Valentino e disastri
Capitolo quindici ~ Di ritardi e scenate
Capitolo sedici ~ Di partenze e scivolate
Capitolo diciotto ~ Di rese e confessioni
Capitolo diciannove ~ Di problemi vecchi e nuovi
Capitolo venti ~ Di compleanni e imprevisti
Capitolo ventuno ~ Di compleanni (ancora) e notti insonni
Capitolo ventidue ~ Di ricordi e decisioni
Capitolo ventitré ~ Di semi-normalità e problemi in vista
Capitolo ventiquattro ~ Di consapevolezze e decisioni
Capitolo venticinque ~ Di esami e ricordi
Capitolo ventisei ~ Di mare e rivelazioni
Epilogo
La fisica dell'attrazione ~ Special
~La fisica dell'attrazione ~Special
~La fisica dell'attrazione~Special

Capitolo diciassette ~ Di scoperte e ascensori

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Sapphire9_


Il secondo giorno di gita passò rapido quasi quanto un battito di ciglia.
Amelia aveva avuto appena il tempo di accorgersi che la serata stava finendo ed era già addormentata, poi la sveglia aveva suonato e si era alzata come uno zombie dal letto – la sera prima erano stati liberi di andare dove volevano, per cui con Anna e Sofia ed altri della loro classe erano andati a ballare e aveva potuto appurare quanto fossero belle le discoteche parigine, e anche quanto potessero risultare affascinanti i parigini stessi. Se non era finita tra le braccia di una di loro doveva dare la colpa (o il merito, dipendeva dai punti di vista) solamente a dei persistenti occhi grigi che tormentavano la sua testa e l'avevano costretta a non lasciarsi andare con nessuno.
La mattina era stata a sua volta faticosa: sin dalle prime ore erano rimasti a fare un'interminabile fila per il Louvre e quando erano finalmente riusciti ad entrare la stanchezza era tale da non poter essere in grado di assaporare nel modo migliore le varie opere d'arte che costellavano il luogo.
«Non mi aspettavo la Monnalisa così piccola.» aveva commentato al fianco di Daniele, che aveva finito per darle ragione mentre come lei si metteva sulle punte per poter dare una migliore occhiata al quadro.
Il pranzo era stato altrettanto rapido e vorace – ma in fondo, dopo una mattina persa a camminare da una parte all'altra senza nemmeno il tempo di uno spuntino veloce, non si poteva pretendere di più.
«Adesso, ragazzi, andremo agli Champs-Élysées.» urlò la Rancati per farsi sentire dalla propria classe – ognuno era troppo preso a riposarsi su una fontana per prestarle attenzione, e quando furono costretti ad alzarsi fu come se fosse stato loro chiesto di suicidarsi.
Amelia però era troppo presa dal guardarsi attorno alla ricerca del proprio amico.
«Ragazze, avete visto Daniele?» chiese pensierosa, continuando a cercare.
«No, mi spiace.» rispose Anna, presa anche lei a guardarsi intorno alla ricerca del riccio.
«Mi pare di averlo visto con alcuni ragazzi delle altre classi, ma non ne sono sicura.» rispose invece Sofia.
Amelia le lanciò un'occhiata stupita: insomma, era strano che Daniele si mettesse a socializzare con altri al di fuori di lei – era sempre stato un asociale e vederlo parlare con altri era sempre una sorpresa.
Alla fine però scrollò le spalle – non era la sua balia, in fondo, poteva fare quello che gli pareva e in caso di bisogno le avrebbe mandato un messaggio, quindi non si preoccupò troppo.
Il tragitto per andare agli Champs-Élysées fu alquanto faticoso, ma più per la stanchezza che tutti avevano addosso che altro. Anche i professori non erano da meno, ma nascondevano la cosa piuttosto bene.
Amelia, come dal giorno prima, costringeva se stessa a non buttare l'occhio verso il caro Angelis ed era stata così fortunata da non incrociarlo nemmeno una volta nel proprio piano o nell'ascensore.
Devo accendere un cero la prossima volta, aveva pensato ironica per la propria fortuna.
Il fatto che volesse stargli perennemente appresso era stato non troppo facilmente ignorato dalla mora che aveva fatto di tutto per distrarsi: tra contemplare opere d'arte con aria assorta, osservare i vari artisti di strada e perdersi in chiacchiere futili con Anna e Sofia, era stata discretamente impegnata per non concentrare la testa con altri pensieri molesti.
Quando arrivarono nella strada la loro prof si perse nelle mille descrizioni del luogo.
«...come forse saprete, ragazzi, la strada è lunga ben 1914 metri e alla fine c'è l'Arco di Trionfo che osserveremo con più calma domani mattina. È una delle strade lussuose di Parigi, ha tantissimi negozi e anche vari spazi verdi come Place Marigny...» spiegava.
Tutti però erano troppo presi a guardarsi intorno e quando finalmente i prof diedero loro via libera per girare nella lunga via, ordinandogli di presentarsi in hotel massimo per le sette, i vari studenti furono liberi di prendere il volo e andare ognuno per la propria strada.
«Dove volete andare?» chiese Anna alle due ragazze.
«Io voglio passare a Le Fouquet's!» intervenne Sofia eccitata.
Quando tutte furono d'accordo su fare una tappa al rinomato bar degli Champs-Élysées, ignorando che potessero spendere una fortuna, si diressero verso il locale trovandolo discretamente pieno di turisti e riuscirono a ordinare ciò che fu per loro la merenda – sempre non pensando a quanto, in effetti, si ritrovarono a spendere, concentrandosi sul fatto che fosse più che meritato.
Le successive passeggiate furono perse tra vetrine e negozi vari.
«Ragazze, io ho finito le sigarette.» intervenne a un certo punto Amelia, attirando le due amiche prese a osservare degli abiti all'interno di un negozio – aveva fumato abbastanza in quei giorni, ma le gite le facevano sempre quell'effetto.
«Non preoccupatevi, posso andare da sola, ho visto che poco più avanti c'è un tabacchino.» disse subito e ricevendo i sorrisi delle due «Mi aspettate qui?» domandò.
«Certo, non preoccuparti. Se ci spostiamo ti mandiamo un messaggio.» promise Anna alle prese con un vestito di un tenue rosa antico.
Amelia annuì e uscì dal negozio, ritrovandosi immediatamente nella fiumana di persone che passeggiava lì intorno.
In effetti, il tabacchino era proprio lì vicino e non ci mise troppo tempo a raggiungerlo: il tempo di entrare, mostrare la propria carta di identità e pagare, poi fu di nuovo fuori e pronta a raggiungere le proprie amiche.
Ma si sa, spesso si vede anche quello che non si vorrebbe vedere.
Così fu per Amelia, che per un fortuito caso si ritrovò affascinata da un artista di strada che creava magnifici dipinti paesaggistici.
Fu normale avvicinarsi per osservare meglio, così come fu normale guardarsi attorno – solo un'occhiata, una banalissima occhiata.
Fu abbastanza.
Abbastanza per riconoscere i ricci familiari di Daniele che sorrideva solare a Stefano – Daniele e Stefano? Come mai erano assieme? – abbastanza anche per vedere il biondo ricambiare, abbastanza anche per vedere i due avvicinarsi l'uno all'altro con consumata abitudine.
E baciarsi.
Un bacio non troppo profondo. Un bacio non troppo passionale. Un bacio a fior di labbra, dettato dalla consuetudine.
E Amelia si bloccò in mezzo alla folla, gli occhi gelati, la mente bloccata su ciò che aveva appena visto.
Il cuore che sembrava aver interrotto il proprio battito come tutto il resto del corpo, preso dalla immobilità.
E, allo stesso modo, proprio come la ragazza si era per caso guardata attorno, anche Daniele lo aveva fatto.
Ad attenderlo però aveva trovato gli occhi sgranati e scioccati della propria migliore amica che lo fissavano increduli, senza saper esattamente cosa succedeva.
Ma mentre Amelia era ancora presa dallo shock e non sapeva come comportarsi, per il ragazzo fu quasi automatico correre da lei mentre anche Stefano si rendeva conto della situazione.
«Amelia...»
Il giovane pronunciò solo il suo nome mentre arrivava di fronte a lei, la fronte aggrottata e l'indecisione negli occhi.
Amelia, però, non diceva ancora nulla. Non disse nulla nemmeno quando anche Stefano si avvicinò e la chiamò come aveva fatto l'altro.
«Ame...» altro richiamo, questa volta accompagnato da un tentativo di contatto del riccio, che protese una mano sempre con indecisione.
Il contatto fu come fuoco e Amelia si spostò scottata – una scena che si ripeteva, solo con il co-protagonista differente.
«Non toccarmi.» sibilò la mora gelida.
Quella frase fu sufficiente per rompere gli argini e colmarle gli occhi di lacrime. Un attimo tutto il mondo divenne umido e sfocato, ma la ragazza era concentrata solo sui due ragazzi che la fissavano incerti su cosa dire.
A lei però non importava, sentiva soltanto il dolore all'interno di sé.
Dolore per cosa?
«Avevo capito che mi nascondevi qualcosa...» iniziò con la voce rotta la ragazza.
«Amelia, senti...»
«Zitto.» sibilò, per poi lanciare uno sguardo a entrambi – uno sguardo ferito «Ma questo...» continuò, poi scoppiò a ridere in maniera acida.
«Dio santo, Dani, proprio con lui? Con la mia cotta di anni?» continuò presa dal momento – non gliene fregava nulla di ammettere i sentimenti, non quando il ragazzo che le era sempre piaciuto era ormai gay.
«Posso spiegare...»
«Ormai è tardi.» lo frenò Amelia, guardandolo gelida. Poi però la sua espressione si trasmutò in un sorriso amaro «Sai, avrei almeno voluto saperlo da te. Dalla tua bocca, non vedendolo per caso come avrebbe potuto fare qualsiasi altra persona.»
Non diede il tempo ai due di dire qualsiasi altra cosa: si girò e se ne andò. Non si mise a correre, camminò sì spedita, ma con un finto passo sicuro che però non era vero.
Andò dalle proprie amiche, lasciandosi fissare sconvolta alla vista di quelle lacrime.
Dentro di sé, però, si sentiva tradita.
Perché per un amore impossibile poteva biasimare se stessa, ma per un'amicizia tradita non poteva che odiare l'altro. Poi, odiare se stessa.


Il resto del pomeriggio passò per Amelia in una nuvola di confusione, tristezza e rabbia.
Che poi, alla fine, la cosa che più le dava fastidio era di essere passata per la stupida e cieca della situazione. Insomma, come aveva fatto a non accorgersi di nulla?
Presa dalla quinta sigaretta nel giro di un'ora, stretta nella propria giacca nel balcone della loro camera d'hotel, rifletteva su tutti i segni che non aveva colto: come non mostrasse interesse per nessuna ragazza, il suo essere assolutamente evasivo negli ultimi mesi, il leggero sollievo dopo aver saputo che l'uscita con Stefano era andata male...
E anche Stefano me lo stava facendo capire, quando mi ha rifiutata, si accorse in quel momento, infastidita dalla propria stupidità.
La sua rabbia, si era accorta, non riguardava il fatto che i due stessero insieme. Cioè, alla fine per Stefano le era passata da parecchio e aveva già la testa altrove, e per Daniele era contenta che avesse qualcuno.
Ma mi ha nascosto tutto...
Le aveva nascosto di essere gay – come se non si potesse fidare di lei! Come sei lei fosse in qualche modo omofoba o razzista, Daniele la conosceva da anni e mai avrebbe potuto presupporre una cosa del genere.
E allora perché non mi ha detto niente?
Sospirò mentre le veniva ancora da piangere, ma resistette all'impulso stropicciandosi gli occhi.
Avrebbe voluto andare da lui e chiedergli il perché di tutto quel mistero, ma la rabbia nei suoi – nei loro – confronti era ancora forte e non aveva intenzione di parlargli, per il momento.
Era infantile? Abbastanza.
Le importava qualcosa? Non particolarmente.
La portafinestra che si apriva e dei passi la distolsero dai suoi cupi pensieri.
«Amelia, stiamo per scendere a cena, tu vieni?»
La voce di Anna la costrinse a girarsi e vide l'amica che si affacciava dalla stanza, il viso leggermente preoccupato.
«Sì, arrivo subito.» rispose con un tiepido sorriso. La bionda però non accennò a spostarsi e la fissò ancora.
«Stai meglio?»
No, assolutamente no, ma che poteva farci? Le aveva già fatte preoccupare abbastanza quel pomeriggio, quando era piombata da loro in lacrime senza però dar loro spiegazioni di alcune genere – aveva solo borbottato qualcosa su Daniele ma non aveva specificato nulla, motivo per il quale le due pensavano avesse semplicemente litigato con lui. Cosa anche vera, solo che non sapevano il motivo.
«Così.» ammise però e, dopo aver spento la cicca finita, rientrò in stanza dove Sofia le rivolse un sorriso incoraggiante.
«Se non ti senti bene possiamo dirlo ai prof e farti portare qualcosa in camera.» le propose la rossa.
Amelia però scosse la testa.
«No, non preoccupatevi. Ho solo bisogno di distrarmi un po', mi farà bene non stare da sola.»
Le due ragazze la guardarono per un attimo ancora poco convinte, poi sorrisero e insieme uscirono dalla stanza, dirigendosi nell'ascensore e incrociando altri compagni di classe che scesero con loro al ristorante.
Arrivata al piano però Amelia non si scollò nemmeno per un attimo da Anna e Sofia, rendendosi conto di trovarsi tra due fuochi verso cui non si voleva per niente avvicinare: da una parte c'era Daniele che, seduto vicino a Stefano, la fissava corrucciato, dall'altra Alessandro, perso a chiacchierare con altri prof ma che, si era accorta, le aveva lanciato uno sguardo appena era entrata.
Perché non c'è Nicole?
Dentro la sua testa piagnucolava e chiedeva per la sua migliore amica, ma alla fine, mentre prendeva un vassoio per servirsi dal self-service, decise di concentrarsi sulle altre due ragazze che avevano passato tutto il pomeriggio a tentare di tirarle su il morale.
«Domani è già l'ultimo giorno.» bofonchiò depressa Sofia. Anna annuì triste.
«Vorrei non dover tornare.» aggiunse la bionda.
«Dai, ragazze, non ha senso deprimersi su questo: cerchiamo invece di goderci stasera e tutto domani.» intervenne Amelia con un sorriso tirato – doveva cercare di pensare a cose positive, pensare che poi sarebbe tutto tornato alla solita monotonia non la esaltava.
«Sapete dove dobbiamo andare domani?» aggiunse poi, guardando le altre due.
«Dobbiamo andare a vedere l'Arco di Trionfo e la Basilica del Sacro Cuore.» rispose Sofia.
«A dire il vero...» intervenne Anna, abbassando la voce con aria cospiratrice e costringendo le altre due ad avvicinarsi a lei – Amelia per un attimo rischiò di intingere una ciocca di capelli nel piatto nel gesto, ma se ne accorse subito e spostò il ricciolo sfuggente.
«Cosa?» bisbigliarono in coro le due, per poi vedere la bionda che si guardava intorno quasi circospetta.
«Ho sentito dire dai prof che domani sera, dopo cena, vogliono portarci a vedere la Torre Eiffel di notte!» rivelò esaltata.
In effetti, pensava Amelia, era strano che non fosse tra le mete designate durante il giorno. Ecco perché non c'era tra la lista degli altri monumenti, volevano portarli di notte per osservarla al fascino delle luci serali.
«Ah, la Torre Eiffel di notte... Quanto vorrei vederla con un ragazzo.» sospirò Sofia, mostrando un lato romantico di sé che suonò nuovo alla mora.
Quelle parole però furono abbastanza per scaturire nella testa della giovane un pensiero che, fino a quel momento, non era stato minimamente contemplato: il fatto di essere a Parigi, nella città dell'amore per eccellenza, e che ci fosse anche colui per cui aveva un'enorme cotta.
Una cotta impossibile, si corresse, per poi aggiungere, di cui però non credo di essere la sola ad essere la vittima.
Fu istintivo a quel punto sollevare lo sguardo verso Angelis che sorrideva in direzione della Rancati che parlava a lui e agli altri due prof che annuivano convinti al suo discorso.
Osservò le sue braccia lasciate scoperte dalla camicia arrotolata, i capelli neri leggermente scompigliati, la posa sciolta e abbandonata sulla sedia mentre il piatto era già vuoto – non il bicchiere di vino, a metà come quello dei colleghi.
Era già pronta a spostare lo sguardo – sentiva caldo e non credeva che fissarlo in quel modo fosse sicuro in mezzo a tutti i suoi compagni di classe – ma prima che potesse davvero farlo, l'uomo alzò per caso gli occhi, il sorriso ancora tra le labbra, e finì per incrociare quei dannati occhi grigi che si cristallizzarono dopo aver visto Amelia.
La ragazza, se possibile, si immobilizzò ancora di più di quanto già non fosse e vide il sorriso spegnersi tra le labbra dell'altro.
Fu questione di un solo istante prima che l'altro assottigliasse lo sguardo con uno strano sentimento negli occhi e distendesse il viso in un sorriso che si poté definire solo ammiccante. Poi però riprese una facciata tranquilla e si rivolse verso i colleghi, smettendo di fissarla.
«Amelia, stai bene? Che guardi?»
Le domande di Anna le arrivarono solo per un orecchio.
Bene? Come potrei stare bene quando mi guarda in quel modo? Quando mi sorride in quel modo? Quando si allontana da me ponendo paletti, per poi spazzarli via tutti in un colpo con quel sorriso che sembra volermi dare fuoco?
«Nulla di importante.»
E sperava lo fosse davvero, ma purtroppo i desideri non rispecchiano sempre la realtà.
Il resto della cena passò piuttosto in fretta e alla fine le tre si alzarono in contemporanea, decise a tornare in camera per darsi una sistemata prima di uscire. Non avevano tenuto il conto che qualcuno potesse pararsi di fronte a loro e bloccarle.
«Scusate, ragazze...» un sorriso affascinante come poche volte l'aveva visto fare, e Amelia osservò Daniele rivolgersi ad Anna e Sofia che per un attimo parvero rimanere interdette a quel tono affettuoso «Vi dispiacerebbe lasciarmi da solo un attimo con Ame?» chiese sempre gentile.
La mora era già pronta a intervenire e urlargli contro di sparire, ma l'occhiata lampeggiante dell'amico la costrinse a tacere e le due amiche, dopo qualche sguardo di incertezza, presero il volo – traditrici, pensava Amelia irritata.
«Dobbiamo parlare.»
Amelia assunse un velenoso sorriso.
«A me sembra che il tempo per parlare sia passato da un po'.» frecciò sarcastica. Daniele assottigliò gli occhi.
«Senti, so che ho sbagliato a tenerti nascosto tutto, ma capisci che non era così facile parlarne...»
«Sì, hai sbagliato.» lo interruppe fredda la ragazza «E per quanto possa essere difficile affrontare il discorso, sono comunque tua amica e ci hai provato con il ragazzo che mi piaceva.»
Dio, sto litigando su un ragazzo con il mio migliore amico... Che cosa assurda.
Daniele sospirò – sembrava stanco ed esasperato, ma ad Amelia non importava granché, era troppo arrabbiata in quel momento.
«Hai detto bene, ti piaceva.» fece però il riccio, per poi distendersi in un sorriso a metà tra il triste e il vittorioso «Quando ho iniziato a frequentare Stefano tu avevi la testa già presa per Angelis e, infatti, quando poi siete usciti mi hai detto chiaramente di non essere troppo delusa da come fosse andata.»
Fu sufficiente nominare il professore per porre Amelia sulla difensiva.
«Non tirarlo fuori come ti pare, il fatto che io sia interessata a lui non cambia il tuo atteggiamento!» esclamò.
Daniele scoppiò a ridere, ma in maniera acida e non divertita.
«Forse è vero, ma mi stai accusando di averti tenuta nascosto qualcosa che a me causava imbarazzo e disagio.» continuò il giovane.
Amelia a quel punto era stanca anche solo di continuare quella conversazione.
«Beh, hai ragione.» tagliò corto all'improvviso, per poi sorridere amara «In fondo, non siamo di certo migliori amici, questi insulsi dettagli puoi tenerli di sicuro per te.» terminò gelida.
Non gli diede il tempo di replicare – anche se, in effetti, il ragazzo era rimasto così spiazzato dall'ultima frase che non sembrava in grado di dire qualcosa a tal proposito – e si diresse fuori dal ristorante, raggiungendo l'ascensore e premendo il tasto per chiamarlo.
Quando esso arrivò però e le porte si aprirono, dietro di lei raggiunse un'altra persona.
La seconda persona che in quel momento proprio non aveva voglia di vedere.
«Salve.» sibilò seccata verso Alessandro che le lanciò un'occhiata stranita da quel tono tanto infastidito – lui si limitò a un cenno prima di seguirla e premere per il terzo piano.
«Brutta serata?»
L'uomo aveva evidentemente deciso di essere in vena di conversazione, anche se per Amelia di certo non era il momento più adatto.
«Le interessa?» frecciò perciò.
«Se ti dicessi di sì?»
Adesso mi dà del "tu"?
«Ti direi di farti gli affari tuoi.» si lasciò sfuggire con un finto sorriso di cortesia e passando a sua volta a toni meno formali.
Alessandro per un attimo tacque, poi stirò un ghigno poco rassicurante.
«Eppure, mi sembrava che avessi litigato con il tuo amichetto, oggi.» frecciò.
Quella frase fece quasi ringhiare la ragazza.
«Fatti i cazzi tuoi.» sibilò a quel punto, non cercando minimamente di sembrare educata.
A quel punto le porte dell'ascensore si aprirono, ma prima che Amelia potesse uscire l'uomo fece in fretta a trattenerla e a far richiudere le porte scorrevoli.
«"Fatti i cazzi tuoi" lo dici a qualcun altro, ragazzina. Non sono un tuo amico.» sibilò il professore avvicinandosi a lei e finendo per metterla in soggezione.
Quello però fu troppo per Amelia: lo stress per Daniele, la confusione per l'uomo che aveva di fronte a lei, la stanchezza di quei giorni movimentati fecero sì che si mettesse a piangere di fronte al prof.
Prof che, a vedere quella scena, si allontanò quasi scioccato.
«Amelia...?» tentò, indeciso.
«Smettila!» strillò la ragazza, presa da un improvviso attacco isterico «Sono una ragazzina, eh?» iniziò, stendendo un sorriso ironico tra le lacrime «Beh, in fondo è vero: sono la stupida cieca che si mette in ridicolo con il proprio prof perché le piace, sono l'amica di merda che si arrabbia per un ragazzo con il proprio migliore amico. Tanto, alla fine, ho solo scoperto che è gay e se la fa con la mia vecchia cotta di anni.» continuò con tono acido e isterico.
Di fronte a lei, Alessandro la guardava scioccato – tutto mentre le porte dell'ascensore rimanevano ostinatamente chiuse.
«Amelia...» riprovò l'uomo.
«So come mi chiamo!» continuò la mora, partita ormai per la tangente «Smettila di pronunciare il mio nome con quel tono, dannazione.»
Un paio di secondi. Furono solo un paio di secondi quelli necessari per spingere la ragazza sulla parete dell'ascensore, chinarsi su di lei e darle un bacio così lieve e rapido che per un attimo la mora pensò di esserselo sognato.
Diventò una statua di sale.
«Almeno ora stai zitta.» fece con tono neutro Alessandro – ma quando la ragazza alzò gli occhi verso di lui, l'uomo non la guardava e rimaneva rigido, come a disagio. Come se volesse ignorare quello che aveva appena fatto.
«Tu mi hai appena...» sussurrò Amelia, quasi in trance.
«Baciata? Sì, credo di sì.» rispose sarcastico l'uomo, per poi voltarsi verso di lei con uno sguardo sardonico «Ma tu hai ammesso che io ti piaccio, quindi siamo pari direi.» disse schietto.
Cazzo.
Amelia divenne bordeaux nel giro di tre secondi netti e prima che potesse dire qualsiasi cosa l'uomo la bloccò.
«Senti, non credo sia il momento di parlare di questo.» tagliò corto, quasi infastidito «Ma da quel che ho capito hai scoperto di Daniele e Stefano.» affermò.
Questo cambio di discorso però attirò abbastanza Amelia per farle mettere da parte il bacio appena avvenuto.
«"Scoperto"?» gli fece eco la ragazza stralunata «Tu lo sapevi?»
Alessandro scrollò le spalle.
«Certo, non ci vuole un genio per capirlo.» frecciò ironico, poi aggiunse «E una volta li ho visti baciarsi nel retro del cortile della scuola.»
Oddio...
Amelia tacque, sempre più sconvolta.
«E non mi hai detto niente?»
Fu il turno dell'altro ad assumere uno sguardo confuso.
«Che avrei dovuto dirti? Sono affari suoi, non vado in giro a sbandierarli in questo modo. Pensavo te ne parlasse lui, ma a quanto pare l'hai scoperto per caso.»
«Sì, se per caso intendi averli visti baciarsi agli Champs-Élysées come una coppia.» rispose riprendendo la propria verve sarcastica.
Alessandro sospirò.
«Senti, non c'entro nulla in questa storia, ma dato che non mi piace vederti così sarò chiaro.» iniziò schietto e, dopo essersi reso conto di aver ottenuto la completa attenzione della ragazza, continuò «Non posso dargli tutti i torti per avertelo tenuto nascosto: per quanto siate amici è comunque un discorso che può mettere seriamente in difficoltà e il fatto che si stesse frequentando con qualcuno per cui tu hai provato qualcosa lo bloccava ulteriormente.» si interruppe per osservare qualche reazione «Anche tu non hai tutti i torti, è normale sentirsi ferite e tradite per una cosa del genere. Ma alla fine lui non l'ha fatto per cattiveria – o almeno non credo – e dargli una seconda possibilità non sarebbe male. Poi ormai lo sai, quindi...» terminò vago l'uomo.
Amelia tacque e continuò a fissarlo. Era così profondo il silenzio che Alessandro assunse un'espressione dubbiosa.
«Ehi...»
«Hai ragione.» fece a quel punto Amelia, per poi sorridere amareggiata «Si vede che sei più maturo di me.» scherzò debolmente, il tono un poco incrinato.
Alessandro era di nuovo impassibile, poi però riassunse il ghigno perfido.
«Ma non ho detto di certo che non ti devi vendicare. Fagli sudare un po' questo perdono.» suggerì divertito.
Amelia scoppiò a ridere.
«Questo è quello che dovrebbe dirmi un professore?»
«Non te l'ho detto da professore.»
Nuovo silenzio, nuova tensione.
«Per prima...» iniziò la ragazza.
«Ehi! Ehi, tutto bene lì dentro?»
Delle urla li fecero sobbalzare, per poi girarsi in contemporanea verso le porte ancora bloccate.
«Oh, merda.» si lasciò sfuggire Alessandro con una smorfia «Mi ero dimenticato di averle tenute chiuse.» ammise.
«Io però volevo sapere...» continuò ostinata la mora, per poi ricevere un'occhiata stanca dall'uomo.
«Un'altra volta, Amelia.» disse solo, prima di premere il tasto per far riaprire le porte.
Un attimo e si ritrovarono davanti due uomini del personale dell'hotel con la Rancati, che li fissava preoccupata.
«Alessandro, Moretti! State bene?» disse subito avvicinandosi a loro.
«Sì, scusa Daniela. C'è stato un piccolo problema pare, ma si è sbloccato tutto da solo.» fece pacato Alessandro. La prof si voltò verso la studentessa.
«Amelia, lei stai bene?»
«Sì, prof, grazie.» rispose cortese la mora.
A quel punto la Rancati sospirò e poi si voltò verso i due uomini dell'hotel iniziando a parlare rapida in francese – evidentemente spiegando loro di non doversi preoccupare.
«Le conviene andare in camera, le sue amiche la staranno aspettando.» disse a bassa voce Alessandro.
Ad Amelia non sfuggì che avesse ripreso a darle del "lei".
Annuì.
«Certo, professore. Buona serata.» disse a bassa voce, finendo però per lanciargli un'occhiata confusa prima di dargli le spalle e tornare in camera.
La sua testa, però, ci capiva sempre meno.

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